LA COPPIA NEL TANGO. Più costi o più benefici?

Argomento stuzzicante la coppia sentimentale nel tango.

Se ne vedono moltissime nell’ambiente, se ne formano altrettante e… per equilibrio cosmico, un buon numero scoppia.

È un bene o è un male essere una coppia e ballare il tango? È un rischio o un’opportunità?

La prima risposta che mi viene in mente è: ognuna di queste.

In prima battuta i vantaggi sono indubbi:

  • si frequentano insieme i corsi/stages/lezioni
  • ci si iscrive agli eventi e di solito si entra
  • si possono condividere le spese
  • si viaggia in compagnia

Poi però ci sono aspetti che cominciano a delinearsi e che, non sempre, vestono il rosa del “va tutto nel migliore dei modi”. Spesso, il tango per la coppia, è come un catalizzatore di quello che non funziona, a partire dalla comunicazione.

Si vedono a lezione le coppie che si prendono a male parole, che litigano per incomprensioni su un movimento, sulla sua esecuzione. E tornano a casa ancora più frustrati quando non arrabbiati, con i volti scuri.

L’altra faccia della medaglia è rappresentata dagli innamorati della prima ora che, a lezione pur non capendo una cippalippa di quanto richiesto, si guardano in faccia con gli occhi a forma di cuore. E se ne tornano a casa, ancora più contenti di come sono arrivati.

Ciò che fluisce o che trova ostacoli nella coppia tout court, il tango tira fuori. A quel punto non si può fare finta che tutto funzioni, perché non è così.

Inserisco questo aspetto in quelli che definisco “rischi” ma che, a ben guardare, risulta una incredibile “opportunità”: di riparlarsi, di trovare il modo di comunicare ancora, di ritrovarsi.

Avere un partner sentimentale con cui condividere la passione tanguera può sicuramente contribuire a scrivere la cifra stilistica della coppia tanguera: gli amanti danzano la loro relazione, le loro affinità, il loro modo di stare insieme. Esce tutto: l’energia vibra forte, l’abbraccio è catartico, l’espressione corporea esprime un sottile legame, una profonda complicità, una intimità radicata. Mi sembra indubbiamente meraviglioso ballare una tanda, esprimendo e godendo di tutto questo.

Possono, in taluni casi e circostanze, entrare dei rumori di fondo, come la gelosia, il fastidio come se qualcun* entrasse a casa nostra senza essere invitato. Lì la coppia deve essere forte, ben strutturata per affrontare questo genere di “sfide relazionali”.

Ne ho visti tantissim* cadere, sedott* da uno sguardo più torbido ed emozionante della loro quotidianità senza onde. Cedere alle sirene di un abbraccio sconosciuto ed avvolgente. Anche questa è vita, non resta che accettarlo. Il tango accelera i tempi: se la coppia è destinata a scoppiare, lo fa con anticipo.

Ho in mente meravigliose coppie che, al contrario, nel tango hanno trovato un cemento che ha reso ancora più solida la relazione, regalando momenti di gioia condivisa, di stimoli funzionali a nutrire un percorso insieme rendendolo nuovo ogni giorno.

Ho pure negli occhi molti tanguer*s rifiorit* dopo la chiusura di una relazione divenuta arida.

Concludendo, specie per tutte le amiche che non hanno mai provato il tango in coppia, credo che sperimentare cosa significhi ballare con il proprio partner sentimentale, sia un’esperienza potente, molto emozionante ma, aggiungo, non per tutti.

Pimpra

IMAGE CREDIT: UNUSUALLENS.COM

ONLYFANS. PRENDERE O LASCIARE?

Alla sera, mentre allestisco il desco felino e umano, mi diletto ad ascoltare “La Zanzara” di Cruciani e Parenzo. La deriva erotosessuale della trasmissione radiofonica, racconta sicuramente uno spaccato sociale che, volenti o nolenti, non possiamo fingere non esista.

Personalmente ritengo la sessualità di ognuno uno dei campi di maggiore espressione della libertà soggettiva nel senso che – fatta la premessa dell'”accordo tra le parti”- tra le lenzuola ognuno è padrone di viversi la cosa come meglio lo aggrada.

I tempi moderni, però, hanno portato una ventata incredibile di nuove possibilità. Se torno con la mente agli anni 80, la “formazione” dei giovani attraverso cosa avveniva? Esperienza reale, confronto con i coetanei, “giornaletti”, filmetti, credo nulla più.

Il massivo ingresso nelle nostre vite della rete ha esploso di possibilità il reperimento e lo scambio di sessualità.

Da adulta non mi pare ci sia nulla di male, non fosse che – forse- manca una certa cultura di base e un certo discernimento di fondo, ma non voglio di certo fare la bacchettona.

Arriviamo all’oggi, sono rimasta incuriosita dal fenomeno di Onlyfans, sito sul quale, ciascheduno di noi, può offrire al mercato globale una quota parte o l’intero di se stesso, declinandolo nelle mille mila sfumature che la sessualità e l’erotismo consentono, guadagnando, pare, cifre considerevoli.

La Zanzara, nelle interviste che propone quotidianamente, riferisce di giovani che sono entrati in questo mercato traendone immense soddisfazioni economiche.

Riesce incredibile pensare che esistano nel mondo persone interessate all’acquisto di contenuti virtuali di ogni sorta, ascoltate la trasmissione per farvene un’idea.

Il dibattito si accende tra i “liberali” e i “conservatori”, tra chi depreca l’uso del corpo a fini commerciali, chi – al contrario- non ci vede nulla di male.

Se fossi un genitore, e meno male che non lo sono, immaginare i miei figli impegnati a fare soldi su un sito del genere, mi creerebbe non poche perplessità, lo confesso. Ma, dal momento che non amo chiudere la mente, immagino che anche questa, possa divenire una “professione”.

Se proprio una persona sente delle pulsioni che la portano ad avvicinarsi a tale mondo, immagino che sia decisamente meglio diventare i manager di se stessi piuttosto che dipendere da altri, con le terribili conseguenze del caso. A sentire gli intervistati, avere un proprio profilo sul sito, li impegna a costruirsi anche un “piano editoriale”, a monitorare l’andamento del mercato di genere, insomma ad essere totalmente proattivi in questa attività.

In fondo, penso, che male c’è? Come tutte le leggi di mercato dove c’è forte richiesta, nasce l’offerta.

Ci stiamo perdendo qualcosa? Difficile dare una risposta che non poggi esageratamente sulle nostre tradizioni, sulla nostra morale, difficile essere imparziali il giusto per esprimere una riflessione equilibrata.

La sola cosa che mi perplime è la ricerca di strade “facili”. Penso a coloro che investono risorse e tempo sui social cercando di farne una professione (diventare “influencer”), senza prima munirsi degli strumenti culturali necessari e non mi rieferisco unicamente a Onlyfans.

La forbice tra le generazioni si evince particolarmente in questo: prima dei millenials si era costretti al lavoro (o intellettuale o fisico) e al sacrificio nella costruzione di una propria identità professionale anche perchè non esistevano queste possibilità alternative.

Ad oggi mi chiedo se siamo noi “anziani” ad avere perso delle occasioni per esprimere e realizzare al meglio noi stessi, oppure sono i giovani che, proiettati molto pesantemente in un mondo estremamente virtuale e non sempre virtuoso, bypassano certe esperienze importanti per la loro evoluzione personale.

In medio stat virtus, la mia risposta.

Pimpra

LA SUPER EMPATIA

C’era un tempo in cui una persona a me vicina mi definiva “La signora Alberti” appellativo conquistato sul campo a forza di “consulenze del cuore” offerte a piene mani ad amici e conoscenti.

E’ così da quando sono poco più di una bimbetta che alcune persone, mosse da non so quale ragione, mi venissero vicino a chiedere consigli.

E’ molto facile, per me, mettermi nei loro panni, ascoltarli, ragionare insieme sulla situazione e darne la mia personale interpretazione. Giusta o sbagliata che sia, ha sortito sempre un positivo effetto sulla persona perché, almeno, si sente ascoltata.

La mia passione per l’animo umano doveva – probabilmente- diventare la mia professione, ma altre strade hanno preso il sopravvento, e tant’è.

Ciò detto, ho riscontrato incredibili e profonde ferite esistenziali, in quella categoria di persone che possiedono un dono preziosissimo: la super empatia.

Da Treccani

Empatia

In psicologia per empatia (termine derivato dal greco ἐν, “in”, e -πάθεια, dalla radice παθ- del verbo πάσχω, “soffro”, sul calco del tedesco Einfühlung), si intende la capacità di comprendere lo stato d’animo e la situazione emotiva di un’altra persona, in modo immediato e talvolta senza far ricorso alla comunicazione verbale. Il termine viene anche usato per indicare quei fenomeni di partecipazione intima e di immedesimazione attraverso i quali si realizzerebbe la comprensione estetica.

Voi capite che questa capacità di comprendere va assolutamente gestita, poiché, trattandosi di un’energia psichica potentissima, come una macchina sportiva, bisogna saperla guidare.

Uno dei rischi più grandi che corre l’empatico (per non parlare del super empatico, colu* che è così sensibile e in connessione da anticipare desideri, sensazioni dell’altra persona), è di perdere completamente la capacità di percepire/analizzare i dati oggettivi, i comportamenti reali, la situazione che condivide con l’altro.

Di solito sono queste persone così dotate che si mettono a completa disposizione, ascolto, supporto, sostegno… dell’altro perdendo completamente di vista se stessi, i loro desideri, la loro vita, divenendo, molto spesso, bersaglio prediletto di coloro che- assolutamente privi di empatia, ne fanno fonte primaria di approvvigionamento, in tutti i sensi che vi vengono in mente.

L’empatico, diciamocelo, se non è ben strutturato, è il primo dei fragili, di quelli che vengono manipolati e manco se ne accorgono, tanto il loro cuore è buono e pure fesso diciamocelo.

Di contro, bisogna dire che l’empatia non si insegna, è la capacità di entrare in vibrazione con altri esseri viventi, animali, piante, in modo così forte da riuscire a creare relazioni, legami.

Faccio parte pure io della squadra dei super empatici.

Fino ad ora, lo ammetto senza reticenze, ho avuto molti riscontri “di cuore” che mi hanno regalato un profondo senso di gioia, ma, molte più ferite e dolori inferti da quelle persone che l’empatia non sanno manco come si scrive.

La cura l’ho trovata, e mi ricollego a quanto ho scritto poco sopra: l’empatia è una macchina da corsa, potentissima, bisogna saperla guidare o ci si schianta.

Come si impara? Innanzitutto convergendo quelle potentissime antenne vibrazionali all’interno di noi stessi, non verso il mondo, come sempre facciamo, andando a scoprire chi realmente siamo, cosa nascondiamo, quali sono le NOSTRE ferite che non ci diamo mai il tempo di curare.

Fatta la connessione tra l’io e il me, bisogna STUDIARE, approfondire, andare alla ricerca di quel senso profondo di cui percepiamo la nota sonora ma facciamo fatica a cogliere l’intera melodia.

Quando l’orchestra che siamo comincerà a suonare e noi ad ascoltarla, sarà il giorno in cui la nostra empatia, non solo aiuterà chi ci verrà vicino, ma non permetterà a nessun* di usarla contro di noi.

Pimpra

IMAGE CREDI DA QUI

SIX.Q L’INTERVISTA DOPPIA. MICHELE GAMBA E SILVIA GIANARDI

Chi mi segue da tempo sa che accanto alla giaguara tanguera dentro di me vive anche una scalcinata “ForrestPimpra”.

Scalcinata perché, da quando iniziai a correre a 30 anni suonati, non è passato giorno in cui il mio corpo non mi presentasse il conto di mille e uno dolori/doloretti come a volermi convincere di smettere. Ho combattuto per 10 anni prima di essere costretta ad appendere quelle scarpette al chiodo, ma, dentro di me, ForrestPimpra è sempre viva e vegeta e, di tanto in tanto, con molta dolcezza e tranquillità, si concede ancora di correre o, almeno, di camminare veloce.

Ho sempre ammirato gli atleti, quelli veri, di tutti gli sport. Appena mi è stato possibile, ho colto l’occasione per proporre la SIX.Q a un runner professionista e alla sua compagna.

In tempi di COVID, di forzata chiusura di impianti sportivi e di palestre, tempi in cui si lavora in smart working, si passa tanto tempo senza fare attività fisica, è quindi bene trovare una motivazione per indossare le scarpette e … mettersi a correre.

Il resto verrà da solo.

Godetevi quindi l’intervista a Michele Gamba e Silvia Gianardi che ringrazio di aver partecipato.

***

1. Condividere la stessa passione sportiva aiuta la coppia? Se sì in quale modo?

M. Sicuramente condividere la stessa passione sportiva unisce ancora di più una coppia e soprattutto se lo sport in questione è la corsa, perché non è solo un’attività per mantenersi in forma, ma un vero e proprio stile di vita che si ripercuote sulle tue abitudini e sulla tua quotidianità.

S. Avere la stessa passione per la corsa, almeno per noi, è un fattore molto importante.

Condividere la stessa mentalità da “runner” ti porta inconsapevolmente a fare scelte comuni come svegliarsi all’alba per fare km e rinunciare quindi a serate con gli amici o scegliere mete per le vacanze in cui si possa correre… Per noi questo è un collante perché è condividere il nostro tempo libero facendo quello che più ci appaga e insieme.

2. Michele nella corsa ha trovato la sua professione, mentre la Silvia una grande passione. Correre, ha aggiunto qualcosa alla vostra vita di coppia, qualcosa vi ha tolto?

M. Noi ci siamo conosciuti correndo quindi direi che la corsa ci ha uniti e continua a farlo grazie anche all’impegno che entrambi dedichiamo alla nostra società A.S.D. Promorun e alle manifestazioni che organizziamo. 

S. Come “coppia di sportivi” ci ha unito e ci rende ogni giorno più complici, come “coppia che organizza eventi” spesso invece è stata causa di confronti animati  (d’altronde siamo due pignoli, testardi e perfezionisti 🙂 ) e ci ha tolto molto del poco tempo libero che abbiamo.

3. A una coppia che non ha mai praticato sport suggerireste di avvicinare il mondo del running e di farlo insieme? Quale è l’approccio che proporreste?

M. Assolutamente si, purché sia un desiderio di entrambi.

Il suggerimento che posso dare è quello di non avere fretta e di non fare il passo più lungo della gamba. È fondamentalmente all’inizio seguire un programma che ti aiuti a crescere e che allenamento dopo allenamento ti faccia vedere dei miglioramenti e ti invogli a continuare a correre.

S. Sono d’accordo con Michele correre è uno sport faticoso, ma faticare in due è sicuramente più confortante e soprattutto all’inizio ti aiuta a non arrenderti e a rispettare le tue sessioni di allenamento.

4. Quali sono i benefici fisici/mentali che ricavate correndo? E quando vi allenate insieme?

M. I benefici fisici e mentali della corsa se ti alleni con regolarità si notano subito. Oltre alla perdita di peso e alla tonificazione, che sono i motivi principali per cui i neofiti si avvicinano a questo sport, la corsa ti aiuta a essere più energico e ad affrontare meglio la giornata.

Generalmente corro con Silvia quando deve fare degli allenamenti specifici e impegnativi in previsione di una maratona. Grazie alla mia esperienza come atleta professionista, riesco a guidarla nei momenti di sforzo più intensi con equilibrio  aiutandola a portare a termine il programma nel modo più efficiente possibile. 

S. I benefici mentali per me superano quelli fisici. La corsa mi aiuta ad affrontare le giornate con il sorriso e a combattere lo stress.. merito delle endorfine, provare per credere!!

Noi ci alleniamo a volte insieme, a volte in gruppo, ma anche soli. Non abbiamo una regola fissa, non dobbiamo per forza fare sempre tutto insieme. Spesso abbiamo voglia di correre soli, magari ascoltando un po’ di musica, al nostro ritmo e preservando i nostri spazi. 

5. Quale è stata la scintilla o il caso o la motivazione che un bel giorno vi ha fatto venire voglia di macinare km?

M. S. Per entrambi la risposta è una e una soltanto: LA MARATONA.

Avremmo comunque corso km e km per il piacere e le sensazioni che ti dà la corsa, ma un obiettivo importante come quello di correre una maratona non si raggiunge senza avere tantissimi km sulle gambe.

6. Fate un appello a chi ci legge: perché smettere lo “sport del divano”, alzarsi, indossare le scarpette e via come Forrest Gump

M. Per sentirsi meglio, per stare meglio con se stessi perché correre ti connette con la  parte più profonda di te e con la natura e i posti che vedi e scopri correndo.

S. Aggiungerei per scoprire quanto sei forte e determinato, per dimostrare a te stesso che se vuoi raggiungere un obiettivo, con tanta fatica e impegno, ce la puoi fare. 

***

Se vi è venuta voglia di provare ecco i riferimenti di contatto:

ASD Promorun Trieste

info@promorun.it 

ASD PROMORUN TRIESTE   Via Coroneo 17 – 34133 Trieste 

FACCIAMO IL PUNTO

Fine giugno.

Solstizio estivo: fatto.

Profezia Maya: scollinata senza effetti apocalittici.

Progetti per l’estate? M A H .

Tango in milonga? M A H. M A H .

Non so come state messi voi ma è giunto il tempo di fare il punto della situazione.

Personalmente sopravvivo con una discreta dignità a questo strano momento storico.

Lo definisco così perché tutto quello che ho e non ho intorno mi pare strano: la gente con le mascherine, il gel igienizzante ovunque, le regole dello stare insieme (sempre più lasse a dire il vero), il tango argentino ancora ghettizzato e quindi impraticabile nella sua veste più sociale, quella della milonga, lo smart working che amo, ma che mi sembra comunque legato alla calamità, il mare che ancora non ho raggiunto perché non riesco a immaginarlo con il distanziamento.

Non so come vi sentiate voi, io definirei il mio stato attuale STRANO.

La vita casalinga, leggi da smart worker, se da un lato mi rende una lavoratrice migliore – l’habitat consono e le relazioni sociali completamente assenti fanno bene al mio spirito – dall’altro mi ha resa la fotocopia della “zia Abelarda”.

Non ho più quella voglia insistente di uscire per il giro di vetrine e shopping connesso, sono diventata appassionatissima di verde e piante che curo con amore, il mio lato animalista è vieppiù rafforzato eppure…

Percepisco come una situazione di sospensione, come se i mesi da poco trascorsi non fossero completamente sotterrati e volutamente dimenticati, come se, poco più avanti, altre difficili prove ci stiano attendendo.

La mia è solo una sensazione “animalesca”, una specie di istinto, nessun pensiero razionale o ansia di fondo che non sono roba mia.

E comincio a sognare di quando ballavo, di quando tutti noi ballavamo e facevamo progetti meravigliosi e le vacanze estive erano il massimo per la programmazione di viaggi e di weekend da tango-dipendenti. Adesso percepisco silenzio, o piccole voci soffuse e mi sembra così strano, ai limiti del surreale.

La mia sarà un’estate scondita di viaggi e, probabilmente, di incontri, di persone, di quella vita caotica e colorata che tanto amo.

Mi auguro solo che la lupa che porto dentro si sbagli e che quella strana vibrazione di fondo che percepisco, si dissolva nell’alba del mattino.

Pimpra

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AMORE A-TOSSICO

Guardavo i tuoi occhi nocciola intenso, uno sguardo su cui poso il mio da tantissimo tempo. Oggi siamo quasi dei veterani, i sopravvissuti della relazione.

Ti guardo, amando i segni che la vita poco a poco ti ha scritto sul volto e sul corpo, li sento miei. So che vedi lo stesso in me e mantieni lo sguardo, in un legame che ha superato tempeste, celebrato estati, oltrepassato impenetrabili nebbie.

La tua mano mi riscalda ancora, anche se è sempre fredda, così i tuoi pensieri che poche volte mi sveli ma che mi arrivano comunque.

Un tempo non sapevo amare. Mi sono impegnata per riuscire a farlo e ci lavoro ancora.

Amare non è “facile”. Innamorarsi lo è, essere presi da passione lo è.

Amare è lo schema successivo, quello per pochi, solo per chi lo vuole veramente. E’ la ricerca del guizzo che mantiene viva la fiamma che si trasforma, perdendo quella sembianza di fuoco, ma aumentando considerevolmente il calore.

Amare è una scelta. Concentrarsi su una persona alla volta.

Quante volte sono rimasta intrappolata in relazioni “tossiche”…

Le più temibili sono quelle che si nascondono sotto il velo iridescente dell’amore mentre iniettano il loro veleno poco a poco fino a farci stare male, in un’agonia senza fine.

E’ difficile riconoscerle perché è impossibile accettare che l’amore possa fare male. Ma così è, semplicemente perché di amore non si tratta.

Come uscirne?

Credo che la ricetta sia trovare il coraggio di guardare la situazione come è in realtà e in verità e scegliere di salvare il proprio c…o. Non si può immaginare di “redimere” il/la tossico/a se questi non vogliono ed è davvero sciocco continuare a perdere tempo in situazioni dove il dolore della relazione si è cronicizzato.

Continuo a guardare i tuoi occhi nocciola intenso, uno sguardo su cui poso il mio da tantissimo tempo. Ho capito che siamo molto fortunati.

Pimpra (in love San Valentino is coming!)

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ZIBALDONE DI FINE ANNO

Lo saluto così, senza grandi lamentele e neppure rimpianti. Un anno che è stato, ne sono certa, preparatorio a qualcosa di nuovo, di interessante e coinvolgente.

Lo saluto con un sorriso, di quelli che ci si scambia con gli estranei nella metro di Parigi, complice la bellezza della città e le sue meraviglie. L’anno prossimo ci torno, ne sono sicura.

E’ stato l’anno del giro di boa boa che mi ha resa una donna più libera e più forte. Invecchiare nel corpo è inversamente proporzionale alla crescita interiore che continua ad arricchirsi di significato e di sfumature. Quindi, perché non esserne felice?

Ho ricevuto un dono speciale che sta rendendo la convivenza con me stessa finalmente piacevole. Ti ringrazio, davvero, tantissimo G. M.

Ho imparato che la casa va ringraziata con un semplice rito che può essere laico o religioso.

Basta munirsi di incenso in grani dell’aroma che più troviamo piacevole, prendere una candela e, da soli o con le persone con cui viviamo, ringraziare ogni stanza della casa per quello che fa e per come ci accoglie. Concluso il rito ci accorgiamo immediatamente di come l’energia dell’appartamento sia cambiata. In meglio. Gli animali domestici sono i primi a beneficiarne e a dimostrarlo.

Se la resilienza è il solo modo di affrontare le avversità, quest’anno che si sta chiudendo, mi ha insegnato a farlo con il sorriso. Tutto diventa più semplice.

Sarà un capodanno molto intimo il mio, senza il bagliore dei lustrini e degli abiti da sera. Poco male, ci penserà la fiamma del caminetto a riscaldare l’ambiente e a creare la giusta atmosfera.

In alto i calici! CIN CIN!

Pimpra

POST SESSISTA

Oggi mi concedo l’immenso piacere di lanciarmi in un post dichiaratamente sessista.

Uomini, siete avvisati.

L’argomento del contendere è la devianza comportamentale che il testosterone provoca su maschi cinquantenni e oltre. Su numerosi soggetti maschili, non su tutti, ovviamente.

Credo che si tratti di accettazione, o meglio del suo contrario: la non accettazione che il tempo passa per tutti, pure per gli uomini più virili.

Noi donne ci siamo abituate, come se la natura ci insegnasse, da subito, che abbiamo delle tappe fisiche che segnano, inesorabili, l’andamento verso la vecchiaia.

Per noi, si chiama menopausa. Mica facile eh, sia chiaro, a parte i fastidi fisici/umorali connessi a questo cambiamento, l’impossibilità dichiarata di non poter avere più figli, decreta, in una certo senso, una nostra “fine”, o meglio un limite, la soglia verso una nuova età.

Non è che ci buttiamo alle ortiche, per carità, ma, in coscienza nostra, sappiamo che si apre un nuovo capitolo ci piaccia o no. Impariamo che è nostro dovere quello di tenerci in forma per non svaccare, dobbiamo prestare più attenzione alla salute perché si fa più fragile, approcciamo il mondo con occhi diversi molto più ricchi di sfumature e di sensi.

Il post sessista che sto per buttare giù è questo: troppi uomini cadono malamente nella trappola dell’età, perché pure loro, sebbene non gli si fermi nulla nel corpo, come a noi le mestruazioni, invecchiano. Punto.

Ciò che noto è che, quando ne prendono consapevolezza – capelli bianchi o non capelli, muscoli molto meno guizzanti, rughe, bisogno di occhiali da vista da vicino e lontano anche se prima erano aquile, pelle che perde tonicità, doloretti in giro per il corpo, cose naturalissime ovviamente – in alcuni soggetti scatta qualcosa dentro.

Urge impellente la necessità di dimostrare al mondo e a se stessi di possedere lo stesso vigore degli anni verdi. Vigore che, ahimè, non si esprime in tutto il fascino dell’intelligenza, dell’esperienza, della maturità che la vita e le esperienze hanno dato loro ma… nel corpo.

Il corpo è il più bel tempio che conosciamo, sono la prima a dirlo, ma ritengo non debba essere il solo motivo che dà senso alla nostra esistenza.

Li vedo, compiuti i 50, che decidono di andare in palestra, mai frequentata prima, nella vana speranza di rimettersi in forma, illudendosi di mettere su un fisico da paura, ricorrono ai peggiori artifici per arrivarci prima e senza fare troppa fatica.

Li vedo, compiuti i 50, risvegliarsi un giorno e rinnegare la donna che li ha accompagnati nella vita fino a quel momento, mentre loro lasciavano andare la relazione senza viverla e poi aprire gli occhi un giorno e dire basta.

Li vedo, liberi, ringalluzziti di questa nuova aria piena di profumi, a fare le fusa a donne troppo giovani per loro, per poterle portare a braccetto, manifesto della loro ritrovata virilità.

Sono crudele e per niente politically correct, lo so, ma vi avevo avvisato.

Ho una domanda per voi, Ragazzi anta anta, perché? C’è un universo ancora da scoprire, vita da vivere, esperienze da fare senza il bisogno di indossare gli abiti di un adolescente o poco più.

La vita nel suo scorrere è bella e pure voi lo siete, così come lo sono i giovani e pure gli anziani. Ogni istante ha un perché. E credo che armonia sia viverlo nel tempo sincronizzato con il proprio tempo.

Poi liberi di giocare come preferite, ma la tinta ai capelli, almeno quella, no.

Pimpra

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NE VALE LA PENA?

Stamane maggio si è presentato con l’abito svolazzante a fiori con il quale siamo abituati a riconoscerlo a braccetto di un tiepido sole che ha fatto capolino dopo giorni di umido grigiore.

Scivolare per le strade in scooter, percependo i sottili aromi che erbe, alberi, gemme fiorite rilasciano nell’aria, mi mette sempre il buonumore.

Il cavallo d’acciaio ha bisogno del suo fieno liquido e mi fermo alla pompa di benzina. Mi serve Luca, un ragazzone alto e muscoloso, già abbronzato per le lunghe ore trascorse all’aperto. Ha gli occhi azzurri come una piscina, oggi particolarmente liquidi.

“Sei stanco Luca? Ti sei allenato tanto?”

“No, non è quello, è un periodo giù”

“La tua compagna fa la matta?” affermo scherzando, inconsapevole di aprire il vaso di Pandora.

“Se finisce male ho chiuso”.

“Ma che dici mai? Sei giovane, non puoi chiudere all’amore”.

“Lei è la donna che ho sempre cercato. Non ci sono dubbi. Se va male, ho chiuso per sempre”.

L’ho esortato a pensare positivo, illudendolo e illudendomi che l’amore vince sempre su tutto.

Nella nostra esistenza troviamo un “ne vale la pena?” e noi lo siamo per qualcuno?

Sembra una banalità ma forse non lo è.

Quante volte ci accovacciamo in una comfort zone che ci allontana dai sapori pieni della vita?

Il pensiero che mi ha ispirato la sosta benzina di oggi è questo: estirpare le mie comfort zone e scoprire quello che succede.

Sticazzi.

Pimpra

INVECCHIARE IN TEMPO DI SOCIAL

Ci penso da un po’ a come sta cambiando la vita di relazione, la socialità, il rapporto tra il singolo e il resto del mondo, a come si diventa grandi oggi, ma, soprattutto, a come si invecchia.

Cerco di non uscire dalla modernità, perché spero, in questo modo, di continuare a capire il mondo anche se, come tutti i “giovani attempati”, molto spesso, il richiamo al tempo passato, a come si stava meglio, arriva a fior di labbra.

Sono presente sui social, mi faccio grandi scorpacciate di foto, di storie. Ho desiderio di capire, di leggere cosa racconta la società dei giovani, di quello che sono stata anche io, qualche anno fa.

Per certi versi trovo la modernità di relazione assolutamente spaventosa. Noi tutti, in potenza, disponiamo di mezzi atti a disegnare delle finestre di realtà “verosimile”, ovvero costruita, immaginata, creata ad arte su quanto noi vorremmo essere. C’è sempre una base di verità, poiché, lo esprime perfettamente il termine stesso “verosimiglianza”, quella siamo noi. Poi c’è la creazione, l’immagine che vogliamo offrire a chi ci guarda.

Facendo un salto quantico alla mia adolescenza degli anni 80, credo si possa far partire da lì l’inizio del culto dell’immagine della persona a discapito della persona nel suo complesso. Ricordo i fenomeni dei paninari e di tutte le categorie di giovani che indossando la loro divisa, facevano parte del loro clan, esprimevano l’appartenenza a una classe sociale.

Ora come allora, l’ambizione anche inconscia, era quella di fare parte del ceto agiato, ovvero di coloro che potevano permettersi di “griffare” loro stessi con gli stilemi del benessere.

Già a quel tempo, benché avessi frequentato il liceo dei fighetti, oggi definibili radical chic, facevo parte di quella parte fluida e non precisamente identificata di giovani che non rientravano di preciso in nessuna delle giovanili classificazioni.

Sin da allora ho amato essere parte per me stessa, mi chiedo se per vero sentire o per necessità ma, tutto sommato, poco importa, fino a giungere, coerente a me stessa, alla mia età adulta.

La riflessione che mi si impone attualmente è come si invecchia in tempo di social, dal momento che, da quanto posso osservare, la “vecchiaia” è la peggio malattia, ha perso tutta l’aura di esperienza, di saggezza e di rispetto che ha rappresentato nei secoli.

Non esiste più la saggezza dei nonni, poche volte ci si riferisce a un Maestro anziano e saggio. L’immagine brucia l’essenza delle persone che, come un buon vino, invece, migliora con il tempo.

Faccio fatica a vivermi con leggera armonia questo passaggio di vita e ho pure un po’ di timore del contesto in cui mi trovo, dato che, come Natura prevede, il mio corpo esprime con onestà il mio percorso di vita, il tempo.

La mente torna ai giovani, a come se la vivono la loro età se, poco poco non rientrano nella categoria di quelli “fighi“, quelli che hanno un sacco di “follower“, quelli con il successo a pixel.

La gioventù è un bacino meraviglioso di potenzialità. Resto positiva e credo che i ragazzi sapranno trovare il loro senso, oltre i like.

Quanto a me, chi può dirlo, è la prima volta che invecchio!

Pimpra

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