APPUNTI TANGUERI.

Il fine settimana lungo di aprile traghetta nello splendido mese di maggio, dove fioriscono rose e spose mentre la primavera ancora non ha fatto capolino.

Per quasi tutti la piccola sosta consente di aprirsi a una piacevole occasione di relax, di gite fuori porta e grigliate con amici.

Il concetto di “pausa” è ignoto al tanguero di tipo errante o stanziale: dove c’è un ponte o un fine settimana allungato, c’è una ghiotta occasione da non farsi sfuggire, un evento imperdibile, una milonga di quelle giuste.

Anche se l’armadio urla “cambio di stagione”, l’appartamento “mettimi in odine”, il balcone “occupati di piante e fiori”, la crew felina “vogliamo stare tutti in compagnia”, pure la sottoscritta non è sfuggita alla sacra regola: A BAILAR!

Con una organizzazione del mio tempo libero degna di una “bionda e svampita”, ho pensato bene di recarmi per due giorni di fila, a due eventi lontani 250 km da casa, facendo ritorno all’ovile dopo ogni serata. Due conti alla mano, circa 5 ore di macchina per ballarne al massimo 6. Irrazionalità allo stato puro. Ma tant’è.

La prima pomeridiana qui, mi ha sorpresa per la spumeggiante offerta musicale che, per la prima volta, mi ha fatto soffermare sull’importanza delle cortinas a cui, in precedenza, non avevo mai dato particolare peso.

La musica, nella mia testa famelica di tango, partiva dall’inizio brano alla scansione delle tande previste, pausetta e via un nuovo giro, una nuova corsa. Il tempo in mezzo l’ho sempre vissuto come “funzionale a”: tornare al posto/cambiare posto/mirare/riballare.

Invece, nel dì del 30 aprile dell’anno del Signore 2023, ho capito che una cortina ben pensata, è un catalizzatore emotivo/energetico/d’atmosfera che prelude e prepara alla tanda successiva. La pomeridiana, benchè sovraffollata, con la pista che buttava in caciara per l’entusiasmo fuori controllo dei danzanti, ha regalato un su e giù energetico coinvolgendo i presenti in una buonissima onda come non ricordavo da tempo.

La cortina dava l’accordo, la tanda completava il movimento.

Il giorno successivo, nella mia personale maratona più chilometrica che tanguera, ho festeggiato il primo maggio, in quel luogo pazzesco che è lo spazio Orvett. Ogni volta che vi ho ballato, sono tornata a casa appagata, l’atmosfera del luogo unita alla cordialità del gruppo degli organizzatori, rende la festa una bellissima festa.

Inizio il mio martedì di maggio con un solo miraggio davanti agli occhi: una dormita di almeno 6 ore.

E da domani si ricomincia…

Pimpra

IMAGE CREDIT: GAZ BLANCO

Ps: l’abito dell’immagine un modello di Modecreator Quincedemayo Anita

#ditantointango LE CHIACCHIERE CHE FANNO MALE.

Chi è assiduo frequentatore di eventi, specie di quelli più lunghi, da weekend come le maratone, i festival, sa benissimo che, tra le ciarle a margine delle tandas, ci sono sempre i commenti più disparati sui partecipanti.

“Quell* è brav* ma non mi invita, quell’altr* se la tira e balla solo con i suoi, non capisco perchè quella (i commenti sulle donne, espressi dalle donne, sono sempre i più tremendi) balli così tanto che è una principiante, ovvio perchè è giovane e figa e ha pure le tette in mostra (ecc ecc)” vi risparmio.

Una sorta di analisi sociologico/comportamentale/sputtanatoria dei tangueros/as in pista.

Non si dovrebbe mai cadere dentro questo genere di trappole perchè tornano indietro come un boomerang.

Innanzitutto ognuno di noi partecipa per stare bene, per divertirsi, per ballare, per socializzare, chi anche per trovare una nuova fiamma. Quale che sia la motivazione l’imperativo categorico rimane uno: godersela. Vivere il momento della socialità con gaia apertura, con animo e cuore leggero. Così facendo, ovvero impostando il proprio asset mentale su pensieri positivi “Oggi starò bene, ballerò bene, mi divertirò” la modalità energetica si predispone correttamente, facendoci diventare sorridenti, aperti verso l’altro senza giudizio, senza ansia, senza paure senza sentimenti di frustrazione e men che meno senza retropensieri negativi.

Provate, funziona!

La PNL insegna che per il nostro cervello realtà e immaginazione sono la stessa cosa, il cervello non distingue i pensieri prodotti da situazioni “reali” e quelli solo immaginati. Provate ad andare in milonga, la prossima volta, immaginando che ballerete assai, godendo assai. Vi stupirete dei risultati!

Troppo spesso ho sentito donne, solo perchè nell’attesa di una tanda mi trovo tra il pubblico femminile, lamentarsi per questo e quello, criticare questo e quello per poi ritrovarsi inchiodate alla sedia che quasi nessuno si accorgeva di loro.

Siamo tutti animali sociali e, specie in contesti legati al ballo, andiamo alla ricerca di leggerezza, desideriamo non pensare ai problemi, al lavoro e a tutto ciò che nella nostra vita è difficile e pesante.

Parola d’ordine: leggerezza.

A chi mi ribatte “io ci vado in milonga con i bei pensieri ma poi nessuno mi si fila” rispondo che crede di avere bei pensieri, invece c’è un forte rumore di fondo legato ad ansia, preoccupazione, frustrazione, paura dell’insuccesso e queste sensazioni, malgrado ciò che crediamo, vengono percepite all’esterno, producendo effetti contrari a quelli sperati.

Mi sto perdendo in questo pippolotto, ma era tanto che non ne scrivevo uno, per esortare TUTTI a vivere pensando al lato positivo dell’esistenza, sforzandosi di trovare ogni piccola scintilla di bene. In sala da ballo i risultati saranno immediati, lo garantisco, e porteranno una sferzata di benessere di cui tutti abbiamo bisogno.

Teniamo sempre a mente che noi meritiamo di essere felici.

AMEN.

Pimpra

Image credit da qui

TANGO POST COVID . NE PARLIAMO CON MARIA ELENA CAPORALETTI

Dopo due anni e più di delirio, in cui la comunità tanguera è stata costretta ad attaccare le scarpette al chiodo, torniamo finalmente a respirare. Le milonghe sono aperte e con esse il circuito mondiale degli eventi di tango.

Ma questo periodo incredibile che abbiamo da poco buttato dietro alle spalle, è scivolato via senza lasciare segni? Siamo sempre gli stessi tangueri? Il significato e l’approccio alla milonga, all’abbraccio sono cambiati?

Lo abbiamo chiesto alla globetrotter tanguera per eccellenza, Maria Elena Caporaletti che, credo, sia una delle ballerine italiane più conosciute all’estero, per le sue indiscusse qualità di tanguera e per la valigia sempre pronta a partire per ballare in tutto il vecchio continente. E, per non farsi mancare nulla, è parte attiva del team che organizza la favolosa maratona milanese Pensalobien Tango Marathon.

Dopo due anni di stop forzato, come è stato tornare in milonga?

Tremendo e bellissimo allo stesso tempo. Il primo pensiero appena entrata in milonga è stato “cosa ci faccio io qui?” trovarsi in un luogo affollato, abbracciare di nuovo un estraneo senza paura, lasciarsi andare ….erano azioni cancellate dal file del mio cervello. Poi il corpo, a poco a poco, ha ritrovato se stesso: i piedi hanno cominciato a muoversi secondo passi conosciuti, il corpo ha ritrovato  antichi  movimenti e l’anima ha ricominciato a sentire!  tutto è stato di nuovo bellissimo…e come ai vecchi tempi ho fatto chiusura!!

Nella tua doppia veste di ballerina e di organizzatrice di maratona, percepisci un “prima” e un “dopo” pandemia nel modo di vivere il tango?

Come ballerina, a parte avere due anni in più nelle gambe (che non aiuta ) direi non molto. Sono più “matura” e il tango europeo è sempre più giovane. Bene per il tango un po’ meno per me….. 🙂 però la maturità ha portato anche un nuovo rapporto con il ballo: meno tande, più qualità e  senza fretta.  Come organizzatrice rimettere in moto la nostra PTM ad esempio è stata una fatica: le nuove norme ci hanno costretto a cercare una nuova location mentre vaccino e guerra hanno bloccato molti ballerini provenienti dall’est. Inoltre c’è ancora una paura diffusa del virus: molti ancora non se la sentono di ricominciare ….o semplicemente hanno coltivato nuovi interessi che hanno sostituito il tango. Direi che noto più una differenza nelle milonghe regolari che non negli eventi: con grande dispiacere molte milonghe  oggi sopravvivono a malapena e molte serate vanno deserte. Un peccato: personalmente amo le milonghe e, pur andando spesso in maratona, cerco di non mancare mai agli appuntamenti locali. 

Nel 2022 si balla in modo diverso dal pre pandemia? Qualcosa nell’anima del tango, è cambiata nell’ultimo periodo?

Modalità e paradigmi non sono cambiati. Alcuni eventi si sono ritrovati un po’ meno affollati e glamour rispetto a prima,  mentre nuovi eventi sono nati e hanno subito avuto un grande successo. Come dicevo prima il tango europeo ha nuovi protagonisti sia in termini di ballerini che di paesi.  La Polonia (Varsavia e Cracovia in primis) direi che è senza dubbio  il nuovo “centro europeo” del tango.

La pandemia ha forzato a riscrivere certi paradigmi nell’organizzazione degli eventi di tango, e non mi riferisco alle regole tout court richieste dal Ministero della salute, o nulla è cambiato nella sostanza? Continueranno a (ri)fiorire eventi finalizzati unicamente far fondo cassa o vi è una nuova consapevolezza nelle scelte della comunità di tangueros?

Come prima Continuano ad esserci entrambe le tipologie: eventi per fare cassa ed eventi di qualità. Tutto dipende dagli organizzatori, da cosa vogliono per il loro evento. Organizzare un evento spesso rispecchia l’anima tanghera di chi lo organizza. Come sempre tutto dipende da noi. Cosa ci piace di più? Cosa scegliamo? A parte forse i primi mesi della riapertura al ballo dove “andiamo dove andiamo basta ballare” oggi gli eventi sono tornati numerosi come in pre-pandemia. Quindi …torniamo a scegliere. Cosa vogliamo per il nostro tango?

Secondo te è rimasta una vena sottile di timore, quell’istintivo ritirarsi dall’abbraccio? O il potere trascendente del tango supera ogni barriera?

Vedo ancora qualcuno ballare con la mascherina però balla…..Mah, direi che se ti trovi  in milonga vuol dire che non ci pensi più…

Se ti fosse permesso esprimere un “desiderio tanguero” cosa chiederesti?

Uno? Oddio ne ho tantissimi ….quanto tempo hai? Alcuni sono già andati delusi… altri sono troppo “intimi” per essere espressi. Se proprio devo……Auguro al “mio tango” una lunga vita e alle milonghe locali di tornare piene.

Ringrazio Maria Elena “MEC” Caporaletti per aver partecipato all’intervista!

Per contattare Maria Elena Caporaletti

Pimpra

TANGO E PSICHE POST COVID

Prima o poi, a dio e al governo piacendo, torneremo in pista. A dire il vero, molti di noi già ci sono tornati: i più gagliardi andando a ballare all’estero, dove era consentito farlo, alcuni nostrani potendo dedicarsi alle pratiche con partner fisso (… ma davvero avete ballato solo con il vostro partner..? ) e poi tutti quelli come me che stanno ancora aspettando l’apertura “ufficiale”.

Dopo questi due anni di delirio, mi chiedo, rimetteremo piede in pista come se nulla fosse accaduto o, qualcosa, dentro di noi, è cambiato?

Ne parlavo con alcune amiche, alcuni giorni addietro. Meditavamo sulla possibilità di andare a un Festival molto famoso che viene organizzato nella vicina Slovenia. Tappa fissa del peregrinare tanguero autunnale, divertimento assicurato, un gran bel festival. Inutile dire che alla sola idea, fiotti di acquolina tanguera inumidiscono la nostra bocca rimasta asciutta di tandas per troppo tempo, eppure…

Le regole sono chiare: certificato vaccinale, tampone, lo stesso schema preventivo e di controllo utilizzato da altri paesi europei, Svizzera in primis.

Abbiamo tutte concordato che è il solo modo, per il momento, per affrontare la pista ma, dopo pochi istanti, ad ognuna è venuto un rigurgito di ansia. “Ma chi abbraccerò? E se si è contagiato e non lo sa? E se mi attacca qualcosa? E se… ?”

La riflessione di oggi è questa: la prima milonga post pandemica, come ci troverà da un punto di vista psicologico? Di sicuro non uguali a prima.

Le persone che hanno vissuto questi due anni di clausura attenendosi ai precetti: niente vicinanza, niente abbracci, niente di niente, pure se vaccinate o guarite dal Covid, quale tipo di emozioni dovranno gestire la loro prima volta?

La fiducia, elemento imprescindibile dell’abbraccio tanguero, avrà la stessa potenza, la stessa intensità di sempre?

Saremo ancora capaci di abbracciarci realmente, senza schermi, senza limiti, mettendo tutto ciò che siamo dentro quell’abbraccio?

Me lo chiedo, perché, al momento, ancora non l’ho sperimentato.

La voglia c’è, ed è potente, quasi un’urgenza dell’anima, ma esiste anche quella fastidiosa sensazione di timore che crea un’emozione stonata, incompatibile con la bellezza del tango.

Non resta che saltare il fosso e, come tutte le prime volte, gestire l’emozione, lasciare andare via l’ansia e godersi l’esperienza!

BUONI – RITROVATI – ABBRACCI A TUTTI !

Pimpra

Riscrivere il significato di “Comunità tanguera”

Le buone notizie stanno arrivando, pare che la pandemia sia entrata nella curva decrementale, ci si ammala di meno e – fortunatamente – in modo meno grave.

Dal 3 giugno, finalmente, saremo liberi di muoverci nel nostro paese e, con qualche difficoltà che verrà presto risolta – mi auguro, anche verso il resto del mondo.

Le attività stanno tutte riaprendo e, ne sono certa, anche per quanto concerne le danze di coppia, verranno proposte soluzioni a breve e… torneremo in pista.

Questo sciagurato periodo, ahimè, ha mostrato degli aspetti della comunità tanguera che mi hanno fatto molto riflettere.

La politica portata nel tango, il pensiero critico verso le soluzioni messe in atto dai governi, lo scagliarsi gli uni contro gli altri in dibattiti on line relativamente la gravità della situazione, mi hanno colpito profondamente.

Dopo l’ultimo post che ho scritto, qui, e le numerose bordate personali che ho ricevuto (si sa che i leoni da tastiera sono sempre vigili e pronti a sferrare attacchi), desidero chiarire la mia posizione e invitarvi a un dialogo costruttivo, leale e scevro da offese gratuite e poco utili al dibattito.

Credo fermamente che la comunità tanguera debba riscrivere se stessa.

Prima era tutto semplice, ognuno sceglieva “il suo mondo” ideale dove portare la sua danza: gli amanti del tango milonguero nei loro circuiti, così come i maratoneti i loro weekend, andavamo ai Festival, alle milonghe, agli stages e chi più ne ha più ne metta.

Poi, come se un colpo di spugna avesse cancellato la lavagna, ci ritroviamo con le scarpette in mano ad aspettare che ne sarà di noi, della nostra voglia, del nostro bisogno di incontrarci e ballare.

Non sarà più come prima, temo.

Dobbiamo ancora capire se, come, quando, in che modo potremo riprendere ma, ciò che a me preme massimamente, è il modo in cui entreremo in relazione.

Vi propongo la mia personalissima visione.

Chi mi conosce da anni lo sa. La mia vita è impostata sul concetto “LOVE AND PEACE” e “VIVI E LASCIA VIVERE”.

Agire nella propria vita la LIBERTA’ significa, innanzitutto, rispettare quella dell’altro.

Vivere in una società civile, significa avere rispetto delle sue regole. [Questa frase è dedicata a coloro che non hanno saputo/voluto leggere con gli occhiali giusti, l’ultima frase del post precedente, una iperbole provocatoria ].

Fatta questa premessa, il mio mondo tanguero ideale rappresenta in assoluto il concetto più bello di “COMUNITA’ ” .

Partiamo dall’assunto che “(…) Come notava Z. Bauman, “oggi la comunità è considerata e ricercata come un riparo dalle maree montanti della turbolenza globale, maree originate di norma in luoghi remoti che nessuna località può controllare in prima persona” (2001, p. 138). Citazione da Treccani qui.

Riprendiamo il concetto di “riparo dalle maree montanti della turbolenza globale” e chiediamoci quanto il tango come comunità può fare per essere riparo, specie dopo questa pandemia.

La prima riflessione dovremmo portarla all’interni di noi stessi, chiedendoci quanto siamo disposti a dare e quali rinunce accettare affinché la comunità risorga come riparo, porto, isola felice.

Saremo capaci di bandire i giudizi che abbiamo sempre a fior di labbra su ogni cosa riguardi il tango, giudizi che – purtroppo – sono animati da critica feroce più che da spunto di riflessione e dialogo costruttivo?

Saremo capaci di essere meno egoisti? Di gioire se i nostri amici di altri paesi nel mondo danzeranno prima di noi? O inveiremo contro questo nostro stato assassino che tarpa le ali ai nostri desideri?

Personalmente ho pensato molto in questo periodo, rivalutato mille pensieri, rivisto scelte.

Oggi posso affermare di essere una persona fortunata ad avere questa passione e di poterla condividere con voi, con tutta la gioia, l’apertura mentale, la curiosità e il rispetto possibili.

Spero che anche per voi possa essere lo stesso, in libertà, senza bandiere, senza confini, senza colori, uniti dal quel “CUM” latino che ci porta “INSIEME”.

Buon nuovo inizio, Amici miei

PIMPRA

TANGO E TECNOLOGIA

Ormai ho perso il conto dei giorni, stare a casa ovatta il senso del tempo. Mi accorgo dello scandire delle giornate osservando il piumaggio di foglie del carpino che domina il giardino. E’ lui che funge da calendario.

Come molti di noi, lavoro da casa e, se possibile, sono più iperconnessa di prima. Nel carosello di pixel che fiammeggiano quotidianamente dinnazi ai miei occhi, sto notando un grande cambiamento “adattativo” riservato a noi, i “droGatti” tangueros.

Molti professionisti (e non) si sono affacciati alle piattaforme virtuali per continuare a mantenere vivo il rapporto con i loro allievi e, perché no, non perdere completamente la fonte del loro reddito.

Una delle piattaforme che vanno per la maggiore è Zoom, ma sicuramente ve ne sono altre di validissime.

Personalmente non mi sono ancora mai iscritta a uno di questi webinair, ma conto di farlo prima o poi. So di molti amici che seguono lezioni di ogni tipo in modalità on line, da quelle più tipicamente “intellettuali”, i classici corsi di formazione per capirci, a vere e proprie lezioni che implicano il corpo.

Ecco che mi chiedo come cambierà il mondo tanguero, anche alla luce di queste possibilità offerte dalla tecnologia moderna.

Facendo un salto nel passato, ripenso ai miei esordi a metà del 2000, ricordo perfettamente come molti tangueros dell’epoca facevano indigestione di video di esibizioni per carpire i movimenti dei professionisti. Poi si presentavano in pista e usavano l’inconsapevole ballerina/o quale strumento di verifica dei loro progressi. Inutile dire che per il 90% di loro gli effetti erano nefasti.

Ma torniamo ad oggi, come cambia, se cambia, la didattica on line? Il fatto che io veda il mio maestro effettuare dei movimenti, spiegarmeli, mi permette comunque di apprendere? Il maestro, via etere, ha la possibilità di osservare i movimenti degli allievi e di offrire le sue correzioni?

Oppure le lezioni on line poggiano piuttosto sulla condivisione con l’aula di esercizi che vengono dettagliatamente spiegati alla classe che poi, in autonomia, li riproduce?

Si possono fare domande? I maestri interagiscono o il rapporto è “one to many“?

Non nascondo che questa possibilità di apprendimento, non solo mi incuriosisce, ma mi pare un’ottima ancora di salvataggio sia per i professionisti, gravemente privati della possibilità di lavorare, sia per gli allievi che si sentono mancare i loro punti di riferimento.

Ancora, come si può rendere questo strumento il più efficace possibile, in modo che, una volta l’emergenza risolta (accadrà prima o poi!), non ci si ritrovi in pista completamente a digiuno dei movimenti, con tutti i nostri punti deboli in esaltazione?

La domanda è rivolta sia ai maestri che avranno il piacere di rispondere, sia agli allievi che hanno esperienza del metodo.

Ad ogni buon conto e a prescindere da tutto, apprezzo la voglia di trovare soluzioni, di reagire a una situazione drammatica, all’arte di arrangiarsi che, messe insieme, ci faranno rialzare la testa e riprendere le nostre vite.

VI ABBRACCIO.

Pimpra

IMAGE CREDIT DA QUI E DA QUI

TANGO AI TEMPI DI CORONAVIRUS: FORSE NON CI SIAMO CAPITI.

Non è proprio nelle mie corde essere allarmista o, peggio, ansiosa relativamente alle malattie, ma, in questo caso particolare di epidemia, bisogna ribadire concetti che sembrano così evidenti ma che tali non sono.

Tutti, quotidianamente, ad ogni telegiornale, siamo invitati/esortati/consigliati ad agire comportamenti atti ad evitare che il contagio dilaghi incontrollato, con le conseguenze del caso.

E’ un momento difficile per ognuno di noi, per gli abitanti delle zone rosse pure peggio quindi, è assolutamente necessario comportarsi da cittadini responsabili. Anche per non rendere vano il sacrificio di quelli che rispettano i divieti.

La comunità tanguera internazionale, composta da persone che sono portatrici sanissime del “virus da tango dipendenza”, è in evidente crisi da astinenza (io per prima!) NON potendo ballare adesso e per chissà quando, fino a fine emergenza.

RIPETIAMO INSIEME: NON POSSIAMO BALLARE, NON POSSIAMO BALLARE, NON POSSIAMO BALLARE.

Il mantra che dovrebbe sgorgare dalla nostra coscienza civile, dovrebbe essere un altro: ADESSO SCELGO DI NON BALLARE, ADESSO SCELGO DI NON BALLARE, ADESSO SCELGO DI NON BALLARE.

La differenza è evidente: obbligo a fronte di scelta consapevole e matura.

Quasi tutte le scuole e molti privati organizzatori, ordinanza o meno, hanno chiuso i battenti, sospendendo lezioni, milonghe, eventi i cui costi sono già stati parzialmente anticipati, rispondendo a un’emergenza che – ricordiamolo!- ha carattere GLOBALE, evitando responsabilmente di contribuire al contagio che porta ricadute, non solo sulla salute pubblica ma anche sull’economia – già provata, della nostra nazione.

Ben comprendo il danno economico, specie di coloro che con il tango ci vivono, ma, temo, non ci siano altre possibilità (forse predisporre lezioni e video da inviare ai propri studenti, così da portare avanti una sorta di didattica a distanza? almeno per il momento?).

A tutti gli altri, a quelli come me, che ballano PER LORO PIACERE, SMETTETELA DI LAMENTARVI E COMPORTATEVI COME SI DEVE, ASTENENDOVI DALLE DANZE!!!!

Leggo su FB di un sacco di eventi “carbonari”, tanto per dire che a noi non succede che tanto sono fatalista che si tratta solo di influenza.

Siete degli sciagurati irresponsabili e immaturi. Provate a riempire la vostra vita con altre attività consentite e sappiate aspettare, non è questo il momento storico per comportarsi da sciocchi.

AMEN.

Pimpra

LEGGETE QUESTO ARTICOLO ESTREMAMENTE INTERESSANTE SULL’ARGOMENTO QUI IN INGLESE.

TITOLO ORIGINALE:

Tango during/after #coronavirus crisis

3 March 2020 by Daniel de Kay

TRADUZIONE IN ITALIANO A CURA DI VERONICA ANNA FEDERICA e SHEILA KATOUZIAN:

La pandemia globale è ancora in corso. Notiziari, media, specialmente i social, sono pieni di post, opinioni ed articoli, di diversa utilità per il lettore. La confusione e la paura sono le reazioni maggiormente osservabili, insieme all’incertezza sul da farsi, su cosa aspettarsi, e soprattutto sul cosa capiterà.

Questo articolo non tenta di aggiungere altri fatti in merito al coronavirus, come la R0, tassi di mortalità, numero dei casi rilavati. Questo viene lasciato ad altre sedi.

Se ne parla abbastanza altrove, e non ancora con abbastanza fatti e verità. Andate sulle fonti ufficiali (OMS), e non (solo) sui social media. Se volete leggere qualcosa di utile su FB, guardate i post di Marvin Hansen

Avviso
Questo articolo vuole evidenziare l’impatto del coronavirus sulla comunità tanguera, oltre a proporre e discutere sulle opzioni per il futuro, dopo che tutti saremo tornati ad una (nuova) normalità.
Prima del coronavirus

Breve storia

Il Tango viene ballato sempre più in un abbraccio chiuso

La comunità globale del tango è strettamente connessa e i ballerini arrivano da ogni dove

Ogni fine settimana hanno luogo diversi eventi internazionali, che radunano persone di differenti nazionalità, insieme, per un intenso scambio.

Ma: negli scorsi anni, ho visto, specialmente negli eventi internazionali, ballerini essere presenti, impegnati e tra loro interagenti in abbraccio stretto, nonostante alcuni di loro fossero malati.

Solitamente si trattava di un normale raffreddore, o qualche altra malattia infettiva. E non vi è mai stata alcuna discussione in merito a questo. La reazione comune e tacitamente accettata era di empatia e supporto emotivo per il ballerino malato che avrebbe potuto perlomeno farsi qualche tanda.
Andava bene essere malati e partecipare, ballando, ad eventi internazionali.

Entra: Coronavirus
Storia parallela, estranea al tango: un uomo di 47 anni arriva in ospedale, positivo al coronavirus e con sintomatologia grave.

Viene messo in terapia intensiva, ed hanno inizio le indagini. Quattordici giorni prima del suo ricovero in ospedale aveva preso parte ad una festa di carnevale con 300 partecipanti in una piccola città tedesca.

Dopo l’inizio delle indagini, gli altri partecipanti furono visitati e 60 di loro risultarono positivi al test per il coronavirus, pur senza mostrare sintomi gravi o aver bisogno della terapia intensiva.
Questo accadeva intorno al 28 febbraio 2020, e da allora sono stati identificati circa 150 partecipanti, dei 300 che avevano partecipato all’evento. Non sono riusciti ad individuare l’origine dell’infezione, il cosidetto paziente 0.
Le autorità decisero perciò di mettere in quarantena per 14 giorni circa altre 1000 persone, che vivono nell’area interessata.
La festa di carnevale aveva avuto luogo intorno al 14 febbraio, e i primi sintomi nei contagiati si sono manifestati intorno al 28 febbraio.

Le persone contagiate al carnevale hanno ulteriormente contagiato altre persone, in un’area più grande, e, oggi come oggi, i casi conosciuti sono più di 180 (tre volte tanto!). Si prevede di testare soltanto le persone che presentano dei sintomi, quindi probabilmente il numero delle persone asintomatiche è molto maggiore.
La festa di carnevale è comparabile al Tango, con tre eccezioni:

  • Le persone non ballano in abbraccio chiuso, o non si abbracciano per 10 minuti con un estraneo
  • L’evento non dura tra giorni
  • I partecipanti non arrivano da tutt’Europa.
  • Avanti veloce: IL CORONAVIRUS NEL TANGO
    Ferrara: il primo caso documentato nel tango
    Un ballerino spagnolo ritorna da un Encuentro in Italia e viene testato per il coronavirus: positivo.
    Conseguenze: le autorità contattano tutti i partecipanti e prescrivono una quarantena di 14 giorni a casa. Il paziente 0 in questo caso: sconosciuto.
    Ho postato una domanda su FB per avere maggiori chiarimenti ed ho ricevuto risposta tramite messaggio privato: c’è anche qualche altro caso di ballerino positivo, proveniente da quell’evento.
    L’encuentro si è tenuto nel week end del 21 febbraio, e la notizia è stata pubblicata il 2 marzo.

    Ed ancora: il calendario di TMD mostra 9 eventi nel week end del 21 febbraio, incluso l’Encuentro di Ferrara. Il week end successivo solo 5 eventi. Il prossimo week end: 5 eventi, tra cui La Tosca, che è stata posticipata proprio ieri (l’altri ieri, nota mia).
    Tutto questo fa intuire che: il virus è già presente tra i ballerini che viaggiano per tango, e si diffonde.

    LA TOSCA: POSTICIPATA
    Mettiamo da parte, per un momento, le conseguenze dell’infezione, e focalizziamoci su quello che sarebbe potuto succedere a Signa, se la Tosca avesse avuto luogo come previsto:
  • I 400 ballerini da ogni parte d’Europa si sarebbero incontrati per un intero week end di tango, un sacco di abbracci, per almeno una tanda.
  • Il rischio di essere infettati diventa molto alto se si balla con un partner infettato. Molto più che a una festa di carnevale con 300 persone, dove ne sono state contagiate 60.
  • Ma prendiamo questi numeri e facciamo un calcolo per analogia: 400 ballerini, 80 contagiati. La diagnosi viene fatta probabilmente dopo 14 giorni. Per ognuna di queste persone malate si possono ipotizzare circa 150 contatti di primo grado, prima della diagnosi. E questo senza calcolare un secondo o terzo grado di contatto.
    Vorrebbe dire mettere più di 1000 persone in quarantena per 14 giorni.
  • Nella città tedesca dell’esempio, era stato facile: la maggior parte dei partecipanti viveva nella città, quindi il contagio era stato più facilmente contenibile.
  • Nel caso del tango, molte persone arrivano da diverse città. Quindi, per la Tosca, con 400 ballerini, si presume arrivino da almeno 150 diverse città.

    Non voglio continuare con i calcoli. Non perché i numeri siano troppo alti e demotivanti, ma perché è troppo complicato a causa della diffusione internazionale. Un giornale belga ha fatto un’analogia con l’influenza “normale” di ogni anno, ed è arrivato alla conclusione di 850000 persone contagiate e 50000 decessi.
    Quindi, già solo per questo aspetto, è stata una buona idea posticipare l’evento. Onore alle ragazze che hanno preso questa difficile decisione.

RESPONSABILITA’

E’ molto sexy al giorno d’oggi essere un organizzatore. Creare un bell’evento per i tuoi amici. Chiunque può farlo e molti lo fanno, basta guardare l’esplosione di eventi negli ultimi anni.

Organizzare un evento è un lavoro duro, e il lavoro durante l’evento è la cosa più facile da vedersi. Serve un numero infinito di ore per organizzare, negoziare, fare marketing, tessere relazioni, correre dietro ai leader…

La maggior parte degli eventi portano a nessun guadagno, o un guadagno minimo. Ci sono i contratti con le location ed il catering. I DJ devono essere ingaggiati e vanno organizzati i viaggi. E questo è solo per cerare l’evento. Poi ci sono i partecipanti, che sostengono spese di viaggio, prenotazioni di hotel e altre spese.

Una maratona di tango che costa 130 euro, comporta che facilmente per ogni persona si spendano circa 300 euro in tutto. Quindi un evento come La Tosca con 400 partecipanti muove denaro tra 50k (solo costo dell’ingresso) e 100k euro (spese di viaggio aggiuntive da parte dei partecipanti). E molti di questi soldi non sono rimborsabili.

Posso dirvi questo: gli organizzatori che se ne rendono conto, sentono quel denaro e pressione sulle loro spalle. Il solo pensiero che l’evento non piaccia ai partecipanti è già negativo, ma pensare alla cancellazione: è catastrofico.
E poi i partecipanti potrebbero persino pensare a chiedere rimborsi agli organizzatori poiché i biglietti aerei e gli alloggi a buon prezzo spesso non sono rimborsabili. E poi: gli organizzatori hanno contratti, obblighi, per lo più non rimborsabili.

Quindi: come organizzatore, sei praticamente fottuto in questa situazione. Dal punto di vista medico e sotto le aspettative della società ti senti obbligato a cancellare l’evento. Come ballerino, organizzatore e amante del tango, non vuoi nemmeno pensare a deludere i tuoi ospiti.

E: chi lo sa, forse nessuno verrà contagiato? Non può andare sempre tutto male, giusto?

È una decisione difficile, soprattutto perché quella decisione non è solo tua. Come organizzatore, non sei tu che resti a casa e che forse non riavrai i soldi già spesi per ballare. In questo caso, prendi una decisione che riguarda molte persone. Ad ogni modo, allo stato attuale tutti sono già confusi nel tentativo di capire cosa faranno se l’evento non viene cancellato: parteciperanno? E poi ci sono tutti i media, la famiglia, la società che ci dicono qual è la cosa giusta da fare. Ma si tratta solo di alcune belle tande, e sicuramente i ballerini malati rimarranno a casa, comunque.

Non pensiamo nemmeno all’aspetto della responsabilità. Cosa succede se qualcuno viene contagiato in quell’evento e muore? Chi è il responsabile? Chi sarà incolpato? E se anche legalmente non ci fosse colpa, gli organizzatori e i partecipanti saranno in grado di conviverci e gestirla?

ORA

TANGO, CORONA E BUENOS AIRES

Ad oggi: casi di coronavirus sono stati riscontrati in tutta Europa, anche se si tratta magari di un caso solo. Non conosciamo i numeri reali, perché i casi riportati si riferiscono solo a chi è stato sottoposto al test, non ai numeri reali.

I casi al di fuori della Cina stanno aumentando esponenzialmente. In Germania i casi raddoppiano ogni 3 giorni, il che significa: 2 in 3 giorni, 4 in 6 giorni e 8 in 9 giorni. Il periodo di incubazione è comunemente indicato in 14 giorni, ma sono stati segnalati casi con un’incubazione massima di 24 giorni.

Come organizzatore:

  • Dovresti comunicare con i tuoi ospiti.
  • Non aspettare che questa cosa sparisca da sola. I tuoi ospiti sono già preoccupati.
  • Dovresti valutare le opzioni e idealmente già essere in trattative con i tuoi fornitori e location per le diverse opzioni: rinviare l’evento sarebbe meglio.

Come ballerino

  • Decidi tu stesso in base alla tua situazione. In particolare, considera chi hai vicino, come la famiglia, i parenti e le potenziali conseguenze.
  • Sii consapevole della valutazione della situazione del tuo ministero degli esteri e del tuo datore di lavoro.
  • Comunica con i tuoi compagni di viaggio e con gli organizzatori.
  • Sii comprensivo verso qualsiasi decisione venga presa e comunicata dagli organizzatori.

FUTURO

Dopo il coronavirus/prima del coronavirus/altro-virus
Mentre questa pandemia in via di sviluppo fa il suo corso, è tempo che parliamo di responsabilità, opzioni e azioni.
Non ho risposte, quindi ecco alcune idee:

ORGANIZZATORI

  • Stipula un’assicurazione!
  • Abbi un piano B
  • Abbi cura dei tuoi partecipanti: i bagni: devono essere puliti regolarmente; offri disinfettanti per le mani; sapone; asciugamani di carta usa e getta.
  • Cibo: preparate e servite cibo con i guanti; fate attenzione ai capelli quando si serve cibo… controlla i regolamenti per la somministrazione di cibi
  • Offri rimborsi ai partecipanti che decidono di rimanere a casa perché sono malati.
  • Sii consapevole delle esigenze di salute dei tuoi partecipanti.
  • Hai ospiti con più di 60 anni o incinte? Sono a rischio più elevato.

BALLERINI

  • Non partecipare agli eventi quando sei malato. Non importa quanti amici ci sono e quanto hai bisogno di ballare. Infetterai gli altri.
  • Sii responsabile di te stesso e di coloro che ami ( la famiglia, i bambini, i nonni, …)
  • Lavati le mani regolarmente e per almeno 20 secondi!
  • Prenditi cura del tuo sistema immunitario. Mangia sano. Bevi abbastanza. Prendi le vitamine. Dormi abbastanza.

IMAGE CREDIT DA QUI

VOLA BASSO

L’amico e grande tanguero Bobo, ieri ha pubblicato una personale riflessione sul tango che riporto integralmente qui e che mi ha fatto tanto pensare:

VOLA BASSO, e vedi di ballare meglio!

All’ultimo festival di tango, forse il più famoso in Europa, sicuramente tra i più importanti, non ho ballato con chi avrei desiderato, specie con ballerine davvero bravissime che conosco anche personalmente, professioniste o meno, argentine italiane o di qualsiasi altro paese: un dramma, o quasi.

Pensiero ricorrente, sia maschile che femminile:

ballano tra di loro, se non sei nella cerchia eletta non ti cagano, sono snob, fino a qualche anno fa ti chiedevano loro di ballare, oggi che sono in tour quasi non ti salutano ed hanno l’ansia di guardarti, sia mai tu fraintenda che vogliano ballare con te.

Ecco, in questo festival a me è successa sta cosa e devo dire che ci ho pensato e pensato, ed alla fine sono giunto alla conclusione che segue:

caro bobo, vuoi ballare con quelle brave? Quelle bravissime? Bene, studia di più, forse ci ballerai, forse.

Vola basso e balla meglio!

Da domani intensifico il mio studio del tango, forse mi sono accontentato un po’ troppo di me stesso, avallando una considerazione più alta del mio tango effettivo, che forse è un po’ noioso o certamente di livello inferiore a quello che ho visto ballare dai ballerini con cui le mie desiderate ballerine stavano ballando, che ballavano in maniera incredibile.

SOTTOLINEO: non è solo tecnica e livello, ma condivisione di un tango che forse è diverso dal nostro!

NON BALLANO TRA LORO, è che condividono un tango diverso da quello che puoi offrire tu.

E poi oh, la verità è che magari a quel Tango tu non ci arriverai mai, il che non ti deve far smettere di criticare te stesso e provare a migliorare.

Ora cerchiamo uno stage adeguato 🙂

e W il tango.

P.S.

Le ballerine con cui ho ballato SONO BRAVISSIME! E pure professioniste, ecco…. non vorrei essere frainteso da loro; infatti non è solo una riflessione sul livello di tango e di tecnica, spero si sia inteso, ma di condivisione di certo tango.

VOLA BASSO E STUDIA DI PIU’.

In senso assoluto, condivido il postulato al 1000% e lo estendo a più settori della vita. Cercare di perfezionarsi ed avere contezza che ci sarà sempre qualcuno migliore di noi. Accettarlo e continuare a lavorarci su. Tutto positivo, costruttivo, molto formativo.

Ma non è questo il fulcro: dopo anni e anni passati a calcare le piste, qualcosa nell’animo del tanguer@ si modifica.

Da una parte ci sono coloro che si sentono arrivati, quelli che sono persuasi di avere conquistato la vetta e di rimanerci issati che di meglio non si può fare.

Dall’altra parte ci sono coloro che continuano a studiare e mantengono una sorta di “basso profilo”, perché la consapevolezza intellettualmente onesta racconta che nella danza e nella vita non si arriva mai. E fanno pace con questa idea.

Sono assolutamente convinta che noi i “non argentini” e dico TUTTI, abbiamo storpiato il significato originario del tango: il piacere, il divertimento, un momento da dedicare a noi stessi e da condividere con l’altro.

Noialtri, i non nativi, abbiamo portato dentro l’abbraccio le nostre frustrazioni.

Fatico a comprendere perché un tanguero di indiscusso talento si senta a disagio verso un modo di leggere, interpretare il tango che è diverso dal suo “(cit.) condivisione di un tango che forse è diverso dal nostro! “.

Se accettiamo il fatto che si possa associare a un linguaggio, la bellezza sta nella differenza, perché funziona da stimolo, ci si può avvicinare e comunicare a gesti, oppure non ci si guarda neppure perché troppo simbolicamente “distanti”. Non è sempre possibile entrare in relazione con tutti, anche se siamo innegabilmente bravi e talentuosi.

Non possiamo pretendere di “abbeverarci con la vita tanguera” di un’altra persona. Il percorso di ognuno di noi è quanto di più soggettivo, unico, assoluto, possa esistere.

Parlo di frustrazione perché stiamo troppo spesso perdendo di vista il puro divertimento, quello leggero, soave.

Forse per le ballerine donne è più facile da comprendere poiché il gioco del tango prevede l’attesa, il rifiuto, o, meglio, l’impossibilità di esercitare una persuasione con lo sguardo. La situazione ci è nota e così impariamo da subito a convivere e a sopportare la frustrazione.

Le donne che non ce la fanno, dopo un po’ abbandonano. Le altre imparano, milonga dopo milonga, a divertirsi sempre di più.

A chi non piacerebbe essere l’interesse tanguero indiscusso, l’idolo della pista quello con il quale tutti/e vogliono ballare, quello che quel tango è solo suo? Certo tali fenomeni esistono ma, attenzione, durano lo spazio della loro generazione. Ne ho visti tantissimi passarmi sotto agli occhi, sbocciare, fiorire e spegnersi, come essiccati dalla loro stessa fama.

A conclusione di questo infinito pippolotto, sento di dire, a me stessa in primis, di cercare il divertimento quando ballo e di farlo con lievità e la generosità di donare al mio partner la versione migliore di me come ballerina. In questo scambio a due, quello che più conta, secondo me, è regalare all’altro qualcosa, sia un’emozione, un sorriso, un momento di sintonia e rilassatezza, di gioco. Ricordiamoci che, per noi, non è un lavoro.

Tutto il resto sono sovrastrutture che ci fanno male. Inquinano il nostro tango e l’atmosfera magica della milonga.

AMEN.

Pimpra

PS

Ritengo doveroso riportare una chiosa che lo stesso Roberto Bobo Corsano ha fornito su FB che chiarisce, in termini inequivocabili, la sua posizione e che, a mia volta, sento di condividere assolutamente. Buona lettura.

Grazie per avermi condiviso, Pimpra 🙂 forse il mio post necessita una riformulazione necessaria a sgomberare il campo da possibili fraintendimenti che, evidentemente, si sono creati tra i lettori tangueri 🙂 Il focus del mio post non era precisamente sulla mia crisi, quello era il pretesto. Ora, mi fa piacere che ci siano persone che mi considerano vivente nello spazio e che con il mio post sono sceso sulla terra, ma mi piacerebbe che Elisabetta conoscesse un po’ della mia storia tanguera e forse capirebbe che sulla terra ci sono fin dai miei primi passi, quando per un uomo privo di alcuna cultura propriocettiva e di danza in generale, non più giovanissimo e molto grasso, ho dovuto passare anni a bordo pista con l’ansia di ballare ed entrare in pista come il più grasso di tutti, con la certezza che nessuna donna avrebbe mai accettato di ballare con un uomo grasso con la pancia perché proprio non si poteva immaginare che uno con questo fisico potesse ballare.

Quindi sulla terra ci sono da molti anni, ed il mio focus era proprio dalla terra, è proprio da lì che l’ho scritto.

Il focus del mio post, infatti, non era il livello di ballo ma la riflessione su sé stessi, che secondo me manca nel tango, e non solo nel tango, poiché il tango è vita reale, almeno per me.

Il focus era proprio incentrato su quelle che Pimpra chiama “sovrastrutture” a cui lei pare non essere interessata, ed invece per me fanno la differenza, e mi spiego.

E’ ricorrente il lamento a bordo pista di chi non balla, sia uomo che donna, ed è rivolto sempre a chi non ci invita ed a chi non ha accettato il nostro invito, sempre, sempre e sempre; questa situazione non ha mai esiti di riflessione sul proprio tango, mai e, secondo me, come ha detto Fernando Sanchez, manca proprio tanto nel tango.

Ognuno ha le difficoltà a bordo pista, questo era il focus, a tutti i livelli, il punto è che, e riporto una mia frase scritta in un’altra mia riflessione, dopo molti anni di tango la verità vera è che “smetti di giudicare il tango altrui e giudichi solo il tuo tango”.

Il mio post voleva ribadire questo; null’altro. Non il livello, non la bravura, il punto è che non potremmo ballare tutti con tutti,certo, ma non è così banale; il mio anelito non è quello di migliorare il mio tango, ma di allargarne la comprensione, il suo linguaggio, dominarne ogni aspetto, aumentare il mio lessico tanguero per poter meglio “parlare/ballare” di tango.

Invece non riesco mai a condividere questa cosa con nessuno, perché tutti ogni volta vomitano addosso ad altri le loro frustrazioni, tanguere e non, ed anche a Porec ho sentito questi lamenti, insistenti ma aridi perché autoreferenziali.

Temo dovrò riscrivere il mio post 🙂

Roberto Bobo Corsano

Image credit da qui

GENIUS LOCI.

Più passa il tempo, più apprezzo le cose semplici, naturali, poco manomesse dall’intervento umano. Si tratti di creme per il viso o di pietanze da gustare, la naturalezza sta divenendo, per me, ingrediente irrinunciabile.

Hai presente quando addenti una piadina fatta bene? La croccantezza del pane a sfoglia, la scioglievolezza delicata dello stracchino raccolto dalla rucola ed esaltato dal salato del prosciutto? Ecco, una compilation di sapori semplici ma estremamente efficaci.

Così, con questa gustosa immagine, ricordo il mio fine settimana a Riccione, dove, abbracci, sorrisi, benessere totale, hanno regalato momenti di puro svago.

Credo che di “Genius loci” si tratti perché dentro le sale del centro congressi, nel cuore di Riccione, traspirava la tipica accoglienza e convivialità delle persone che ci vivono.

La Romagna, non è un’opinione. E’ certezza. I romagnoli sono calorosi, accoglienti, sorridenti, sanno come farti sentire a casa, sempre.

La seconda edizione di “Romana porteña” tango marathon è stata pure meglio della prima, che sembrava già difficile bissare, invece sono andati oltre.

E’ un fatto accertato, oramai, lo spirito della festa lo regalano i padroni di casa, puoi fare i salti mortali carpiati ma se sei “freddo”, “altero”, “snob”, l’incontro prenderà quella sfumatura di atmosfera.

Beh, in Romagna questo rischio non si corre, per fortuna.

Nemmeno la pioggia di questo maggembre infestato è riuscita a creare una falla nell’armonia contagiosa degli abbracci tangueri.

Per i cercatori di maratone “lievi” (di calviniana memoria), divertenti, dal mood rilassato e gioioso, segnatevi questa. Ne vale la pena!

Pimpra

IMAGE CREDIT DA QUI

ETDS 2019. E.’ T.UTTA D.ROGA S.ANA (cit.)

E’ la prima volta che mi capita di partecipare a un evento che preveda una sfida a colpi di ingegno poetico con tanto di pubblica premiazione.

Il titolo del post riproduce la sagace lettura dell’acronimo ETDS dell’amica Gloria Miccolo, vincitrice dell’agone. Mai definizione fu più appropriata per delineare i tratti della sostanza psicoattiva che prediligiamo in moltissimi: il tango argentino!

Simona e il gruppo di Spazio Tango Bologna, anche per questa ottava edizione, ci hanno deliziato con il loro irriducibile senso di accoglienza e di humour.

Prima di ritirare il braccialetto alla reception, passi davanti a una postazione allestita per il selfie d’ordinanza, munita con tutti il necessario: da cappellini marinareschi ai baffi, financo il boa di piume colorate e la parrucca rosso fiamma. A Bologna si vive di gaiezza e questa traspare in ogni centimetro di spazio e in ogni atomo d’aria che si respira.

Oramai sono di casa, apprezzo la bella location sui colli bolognesi, la comodità di scendere dalla camera e ritrovarsi pronti in pista. E poi adoro tutti gli emiliano romagnoli (che per me non c’è differenza, non vogliatemene!), perché sono amorevoli e aperti e favoriscono la nascita di un’atmosfera piacevole e rilassata.

E’ finita da poche ore e già mi diverto a pensare cosa inventeranno per la prossima. Mi sa che la sfida a colpi di versi, anagrammi, endecasillabi è piaciuta così tanto che… siamo già pronti con la penna in mano per la prossima sfida!

“Infinity love edition” continua nel ricordo delle belle tande che sono state e il lunedì inizia con un sapore molto più dolce.

Pimpra

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