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La butto in caciara ma, in realtà, credo si tratti di un argomento pesante, specie per il pubblico femminile.
Non disporre di un partner di ballo. Praticamente l’80% delle donne danzanti che conosco vive questa condizione.
Non avere un parter fisso cosa comporta?
Sicuramente mette in gioco ed esalta le qualità di follower: ogni uomo un abbraccio, ogni uomo una lettura musicale diversa, con ogni uomo un mix fisico diverso. [BENEFICIO]
Starci, seguire, leggere tutte le sfumature, proprio perchè non si conoscono, non sono “casa”, di certo accresce molte qualità della tanguera: sensibilità, connessione. [BENEFICIO]
Ciò detto, mi vengono in mente cose:
percorso di studio: sempre più complicato trovare qualcuno con cui studiare, e penso non solo ai corsi ma agli stages, alle private…
stile personale: se la follower sente dentro di sè di avere qualcosa da esprimere come tanguera, chiamiamolo uno “stile personale” un po’ più spiccato che si distingue dal tipico canone di “seguidora”, fatta eccezione per alcune follower di dichiarato talento, per tutte le altre sarà ben difficile poter lavorare ed esprimere la loro cifra stilistica più personale
la fame: le vedi in sala, in attesa di quello sguardo, di quel battito di ciglia che prelude una tanda. Affamate di tango, in perenne attesa di venir soddisfatte. Molto spesso se ne tornano a casa con le pive nel sacco, perchè… non abbastanza brave, non abbastanza seguidore, non abbastanza giovani, non abbastanza qualcosa.
Eventi: no leader, (quasi mai) no party. Siamo troppe e loro, sempre troppo pochi. Liste di attesa, e tantissimi no.
Da 1 a 4 solo criticità.
Poi c’è tutta la sfera psicologica che si attiva negativamente quando la follower non fa parte della/e cerchie, perchè è una cosa che si sente sulla pelle appena metti piede nella sala che “stai fuori”. Puoi essere dannatamente brava ma se non fai parte del cerchio magico, avrai poche chances di giocarti delle tandas. Come si fa a dimostrare la propria bravura se non vi è l’invito.
Non si tratta di piangersi addosso, si tratta di trovare una soluzione.
Studiare, ma stavolta da leader. Studiare da paura in versione maschia. Le migliori lo fanno già da tanto tempo, sono ballerine di livello decisamente superiore, richieste dalle loro amiche follower e pure dai leader che ne riconoscono le indubbie qualità.
Ballare il tango non è un’attività democratica, non è come fare sport che se ti alleni migliori, magari solo rispetto a te stesso.
Ballare il tango ti sbatte in faccia la realtà della vita che se non sei in equilibrio sui tacchi e con te stessa, l’energia che emani è contaminata e tutti se ne accorgono, lasciando la malcapitata a fare da sfondo alla tappezzeria.
No leader, no party.
Non scambierei comunque, per nessuna ragione al mondo, il fatto di stare nel gruppo follower, non fosse per le mie amatissime scarpe con il tacco.
Tra i molteplici benefici di avere una passione è quella di poterla condividere con gli amici. Se poi ci porta a spostarci, si creano delle situazioni da gita scolastica estremamente piacevoli, quando non esilaranti.
Nella macchinata che ha portato me e una coppia di meravigliosi amici, oltre che tangueros sopraffini, a raggiungere l’agognata meta della maratona, è stata occasione per ciarlare amabilmente di tango, ça va sans dire.
Le chiacchiere più interessanti sono sempre quelle che si fanno post evento dove si scambiano opinioni, esperienze e – normalmente- si condivide l’assoluta soddisfazione, unita al godimento, di avervi partecipato.
Il mio post maratona è come se avesse acceso tutte le lampadine del cervello, per gli enormi stimoli che ho ricevuto.
In questo articolo vi racconterò della “firma tanguera”, ovvero di quell’impronta assolutamente soggettiva e personalissima che ogni tanguer* lascia, o, a mio parere, dovrebbe lasciare.
Non si tratta della forma in cui si esprime la danza, non è questione di stile, non di preparazione tecnica, neppure di abbraccio è una sfumatura sottile, unica, personalissima che non tutti i danzator* riescono a scrivere.
Cerco di spiegarmi meglio: vi sarà capitato di riuscire – dopo lunga attesa- a ballare la tanda con quel particolare ballerin* con il quale da tempo desideravate ballare. Ebbene, alla fine vi resta un’immensa delusione, non determinata dalla incapacità del soggetto ma, semplicemente, dalla mancanza di un colore personale della sua danza che, all’interno dell’abbraccio, non avete percepito.
Una tanda che definisco “neutra”, non cattiva ma nemmeno particolarmente saporita, una pasta al burro, per cercare la metafora culinaria. Anche qui si può aprire una discussione: moltissime persone adorano la pasta al burro, anche la pasta al burro ha una sua dignità e un suo senso. Certamente ma… nell’economia di uno scambio molto frequente con tantissimi soggetti, la pasta al burro ha un’intensità che, probabilmente, la nasconde, facendola passare in secondo piano.
Tornando al concetto della firma, mi sono fatta l’idea che sia un fattore legato al carattere: la firma racconta di noi, non come ballerini, ma come persone. Ci sono soggetti che detestano mostrarsi, far conoscere all’altro chi sono una volta smessi i panni del tanguer*. Timidezza, riservatezza, altre ragioni, li portano a darsi nelle tande in maniera più “neutra”, privando così l’altro del piacere di fare la conoscenza ANCHE della persona che sta dietro al ballerin*.
Per firmarsi serve l’esperienza, lo studio, la pratica, tutte cose che restano imprescindibili in un buon tanguer* ma entra forte anche la dominanza soggettiva: mi scopro veramente, fingo astutamente, resto in silenzio, parlo a voce alta, mi esprimo sottovoce.
Personalmente in pista adoro chi mi racconta anche altro, mi parla della sua vita in qualche modo, solo abbracciandomi e portandomi nell’incredibile viaggio che può essere ogni tanda.
Forse firmare è legato all’empatia, me lo chiedo.
Ad ogni modo, la prossima volta che ballerete, provate a percepire se quanto ho scritto in questo articolo vi risuona, mi piacerebbe sentire la vostra opinione, se vi va.
Marzo è il mese delle gite scolastiche e della Tosca. Due certezze nella vita che non guastano, specie la seconda.
Mancavo dal lontanissimo 2019, in senso assoluto non è un tempo infinito, lo diventa se consideriamo tutto quello che c’è stato in mezzo, fortuntamente superato, alle spalle, dimenticato o quasi.
I segni degli ultimi terribili anni in realtà si sentono eccome. Un specie di ferita, rimarginata – certamente- ma ancora fresca, troppo fresca.
La villa monumentale e il suo parco accolgono gli ospiti nella consueta magnificenza, varcato l’ingresso gli amici di sempre, le Tosche e il team di supporto regalano sorrisi, abbracci e sguardi che raccontano il piacere e la gioia di ritrovarsi.
La Tosca è casa, non si discute.
Rivedere prima, rivivere poi gli abbracci a lungo lontani è un’emozione potente, capace di far sgorgare quel fiume incontrollato di sensazioni, di ricordi, di momenti incastonati come perle nella memoria.
Ho portato in valigia l’umiltà, dovuta, al mio periodo inglorioso di pausa. Inglorioso perchè, per ciò che si ama, ci si deve battere ed io mi sono lasciata sopraffarre, allontanandomi troppo, dall’oggetto del mio amore.
Ho portato in valigia la curiosità di osservare il cambiamento che è essenza implicita del tango. Sono rimasta sorpresa da quanto ha saputo raccontarmi.
Appoggio quanto sto per scrivere a una breve premessa che mi è utile per definire lo scenario. La Tosca è una maratona. Tradizione vuole che chi sceglie il genere si aspetti un certo tipo di partecipanti e di musica, andando alla ricerca di un’energia molto particolare, che spinge, sostiene, motiva, promuove l’impegno che ogni maratoneta mette nelle lunghissime sessioni di ballo.
La maratona non incontra i gusti di coloro che prediligono un genere di evento più “intimista”, raccolto, dalle vibrazioni molto soffuse – sebbene potenti ma, in qualche modo, interiorizzate.
Il maratoneta ha una testa e un ballo di pulsazione più marcata, nel senso che ingaggia, si muove molto, a volte rischia, spesso esagera. Per queste ragioni, deve essere tanguer* preparat*, dal momento che “la potenza è nulla senza il controllo”.
Il primo clamoroso cambiamento che ho percepito è stato nel linguaggio musicale. Ho assistito a sessioni in cui le tandas proponevano una ricerca di gesto necessariamente intimista e raccolta, ho ascoltato numerosissimi blocchi di brani con una venatura particolarmente malinconica, a tratti cupa, struggente, estremamente romantica. Il ritmo, le battute, senza guizzi come a dipingere un cuore stanco, provato da una lunga sofferenza.
Prima del buco nero degli anni Covid, il racconto in note durante la maratona era un’esplosione di colore: si ballava sulle onde di un mare molto mosso, seguendo un’onda che ti portava via veloce, lasciandoti senza fiato, senza forze ma carico di una gioia vitale che ricompensava ogni energia spesa.
Oggi è come se la gioia facesse paura, o fosse, oramai, una emozione di cui non fidarsi perchè – e lo abbiamo imparato a nostre spese – può esserci tolta da un secondo all’altro.
L’intimismo musicale si è tradotto in un messaggio diverso rimandato dagli abbracci che si sono fatti più avvolgenti e calorosi.
Ho goduto dei momenti in cui l’onda cresceva per poi lasciarmi cullare dalla sua morbida risacca, nel flusso di un respiro dolce.
Tutto cambia. A volte è faticoso accettarlo ma standoci dentro noi stessi diventiamo cambiamento e scopriamo nuove forme, nuove frasi, nuovi linguaggi.
Grazie, per una volta ancora, a questa maratona del cuore e a chi con fatica, cura e dedizione la organizza da 13 anni. Ogni edizione è una nuova scoperta.
Chi è assiduo frequentatore di eventi, specie di quelli più lunghi, da weekend come le maratone, i festival, sa benissimo che, tra le ciarle a margine delle tandas, ci sono sempre i commenti più disparati sui partecipanti.
“Quell* è brav* ma non mi invita, quell’altr* se la tira e balla solo con i suoi, non capisco perchè quella (i commenti sulle donne, espressi dalle donne, sono sempre i più tremendi) balli così tanto che è una principiante, ovvio perchè è giovane e figa e ha pure le tette in mostra (ecc ecc)” vi risparmio.
Una sorta di analisi sociologico/comportamentale/sputtanatoria dei tangueros/as in pista.
Non si dovrebbe mai cadere dentro questo genere di trappole perchè tornano indietro come un boomerang.
Innanzitutto ognuno di noi partecipa per stare bene, per divertirsi, per ballare, per socializzare, chi anche per trovare una nuova fiamma. Quale che sia la motivazione l’imperativo categorico rimane uno: godersela. Vivere il momento della socialità con gaia apertura, con animo e cuore leggero. Così facendo, ovvero impostando il proprio asset mentale su pensieri positivi “Oggi starò bene, ballerò bene, mi divertirò” la modalità energetica si predispone correttamente, facendoci diventare sorridenti, aperti verso l’altro senza giudizio, senza ansia, senza paure senza sentimenti di frustrazione e men che meno senza retropensieri negativi.
Provate, funziona!
La PNL insegna che per il nostro cervello realtà e immaginazione sono la stessa cosa, il cervello non distingue i pensieri prodotti da situazioni “reali” e quelli solo immaginati. Provate ad andare in milonga, la prossima volta, immaginando che ballerete assai, godendo assai. Vi stupirete dei risultati!
Troppo spesso ho sentito donne, solo perchè nell’attesa di una tanda mi trovo tra il pubblico femminile, lamentarsi per questo e quello, criticare questo e quello per poi ritrovarsi inchiodate alla sedia che quasi nessuno si accorgeva di loro.
Siamo tutti animali sociali e, specie in contesti legati al ballo, andiamo alla ricerca di leggerezza, desideriamo non pensare ai problemi, al lavoro e a tutto ciò che nella nostra vita è difficile e pesante.
Parola d’ordine: leggerezza.
A chi mi ribatte “io ci vado in milonga con i bei pensieri ma poi nessuno mi si fila” rispondo che crede di avere bei pensieri, invece c’è un forte rumore di fondo legato ad ansia, preoccupazione, frustrazione, paura dell’insuccesso e queste sensazioni, malgrado ciò che crediamo, vengono percepite all’esterno, producendo effetti contrari a quelli sperati.
Mi sto perdendo in questo pippolotto, ma era tanto che non ne scrivevo uno, per esortare TUTTI a vivere pensando al lato positivo dell’esistenza, sforzandosi di trovare ogni piccola scintilla di bene. In sala da ballo i risultati saranno immediati, lo garantisco, e porteranno una sferzata di benessere di cui tutti abbiamo bisogno.
Teniamo sempre a mente che noi meritiamo di essere felici.
La giornata grigia e piovigginosa di dicembre, un lunedì per giunta, non aiuta a tenere gli occhi aperti sul mondo. Sono davanti al pc dell’ufficio con il corpo, solo con quello.
Sto inseguendo pensieri colorati, girandole di emozioni vibranti, spicchi di allegria scanzonata che mi hanno accompagnato durante il weekend bolognese.
L’Emilia Romagna è sempre un bel stare. Quale che sia l’ingrediente segreto non so di preciso, ma azzardo nel dire che sta custodito negli abitanti. A Bologna c’è casa, quella che sa di tortelli, di quintalate di carboidrati che ti mettono allegria per forza, di popolosa gioventù che i miei occhi non sono abituati a trovare.
I colori stessi della città, o quantomeno del suo centro, sono caldi e terrosi, a differenza dei toni ghiacciati del neoclassico di casa mia, all’estrema periferia “dell’impero”.
A Bologna si è, in totale pienezza.
Ho rimesso piede su un parquet dopo molto tempo, con l’anima in subbuglio, in un misto di adrenalinica emozione e un pizzico di ansia. Ho legato alle caviglie i laccetti delle scarpe preferite, ritrovando, nell’affacciarsi mogano dello smalto passato sulle dita, un punto di vista familiare.
Ero pronta e tremante, vibrante di una vita rimasta troppo a lungo come sospesa.
Le prime note sono entrate potenti e, senza pensarci, una mano amica mi ha condotto nei solchi di quella musica grassa di argilla e di stelle, e il mio corpo, come se nulla fosse, si è connesso.
Noi che abbiamo questo potente alleato nella nostra vita, dovremmo sempre ricordarci di onorarlo. Noi balliamo il tango, siamo dentro il flusso della sua vita che scorre, sempre, anche se a volte non la vediamo, come un fiume carsico.
Si è mostrato davanti a me, tremate e sudata, mi ha rincorso, abbiamo giocato insieme, a prenderci a nasconderci, insieme abbiamo suonato una nuova musica, la nostra, accompagnata dai diversi abbracci e dalle orchestre che creavano un prisma colorato di gioia.
Questi i doni che mi porto a casa, ebbra di me e di lui, di questo assurdo e fenomenale tango meraviglioso che mi ha sua. Per sempre.
La mia magia assoluta si chiama Amarcord. Perchè solo chi ama veramente, sa come si crea amore.
Grazie Antonella Fabio e crew per questo nuovo dono.
Una volta in più, ce ne fosse mai stato il bisogno, la maratona di tango mi ha insegnato qualcosa. Non penso alle dinamiche evoluzioni dei tangueros, quanto agli altri insegnamenti che ne ho ricavato.
L’ho sicuramente già scritto in passato e lo ripeto oggi: ballare il tango è come rappresentare la vita, nel suo corso, nelle sue dinamiche, nelle sue relazioni. Ed è su questo ultimo aspetto che desidero soffermarmi.
Dopo due anni abbondanti di stop per pandemia, anche quando si poteva ballare con “con attenzione”, non mi sono affacciata alle milonghe, sono finalmente rientrata in pista direttamente in maratona (matta che sono!!!).
Riempiti gli occhi e il cuore di tutte le sfumature di emozioni, di stupore, di curiosità che potevo contenere, ho osservato le dinamiche relazionali perchè percepivo qualcosa di nuovo a cui non sapevo dare voce.
Al secondo giorno di ballo, tanto ballo, tanto bel ballo, ho capito: esiste una “frattura” abbastanza netta tra le generazioni che popolano la pista che, riassumo per brevità, in giovanissima, nuova e vecchia. La prima, arriva fino ai 30 enni, la seconda più o meno dai 30 ai 45, la terza dai 45 in poi.
Fascia 1 e 2 interagiscono discretamente, specie se i soggetti appartengono ai primi anni del secondo gruppo. Le cose diventano molto diverse con gli abitanti del terzo, i 45 enni e oltre, con una spaccatura decisamente evidente dai 50 in su.
Cosa significa?
Mirade che non arrivano o che scivolano via, scelte precise di campo: con la terza fascia no.
Se indossiamo gli occhi di un giovanissimo/a non è difficile immaginare come veda quelli più grandi: assolute mummie, sia in termini fisiologici che tangueri. Possiamo dare loro torto? Non credo, nel senso che anche noi a 20 anni e poco più non andavamo alla ricerca di un abbraccio così maturo, lontano dal nostro universo generazionale. Si sta con coloro che sentiamo “vicini” e, simpatia e bravura a parte, l’età è una discriminante potente.
Speravo in una maggiore democrazia tanguera nella relazione tra seconda e terza fascia, in special modo tra i più “vecchi” della seconda e i più “giovani” della terza. Anche in questo caso sono rimasta sorpresa. Certo l’interazione c’è, è più fitta che tra la prima e la terza, ma con riserve.
Uomini e donne volgono lo sguardo – preferibilmente – ai giovani che rappresentano la novità sia in termini di ballerini/e, sia in termini di “freschezza” fisica. E come fai a non accorgerti della bellezza ingenua e potentissima di un corpo non ancora segnato dal tempo, dell’energia vitale e sessuale che emanano i ragazzi/e? Come fai? La vedono tutti, i coetanei, e quelli più grandi.
Far parte, oramai, della “vecchia guardia” temevo diventasse un problemone difficile da gestire psicologicamente nel senso che a nessuno piace essere trasparente, non essere quello scelto o prescelto, insomma diventare parte della tappezzeria della sala. E sticazzi!
L’insegnamento che ho colto è agire un sano distacco dalle dinamiche che mortificano la propria autostima, le mirade che non vanno a segno non sono un fallimento di tutto, la “Waterloo della tanguera”, nel mio caso, ma semplicemente una delle possibilità che accadono in milonga.
In maratona ho mirato incuriosita dei ballerini che nemmeno se fossi caduta tra le loro braccia, si sarebbero accorti di me, e infatti non si sono accorti di me, allora? dove sta il problema? Ho scambiato altri sguardi andati a segno che mi hanno portato a tandas che mi hanno felicissimamente sorpresa, divertita e fatta emozionare.
Ognuno di noi, se messo nella possibilità e ribadisco “possibilità” di scegliere, lo fa secondo criteri unici, individuali, personalissimi: chi cerca un corrispondente tecnicamente affine, chi predilige la sensualità della persona, chi la simpatia, chi vuole quello/a “famoso/a” ecc ecc. Quindi se, malauguratamente, non siamo destinatari di “attenzioni” leggi mirade, non siamo noi ad essere “sbagliati” in alcun modo, semplicemente non corrispondiamo alla sfera del gusto dell’altro. Facile no?
Nel tango, come nella vita, è chiaro che bisogna viaggiare leggeri, rimanendo fluidi e resilienti. E così, dal nulla, arriva la tanda della serata, quella che aspettavi da anni e oramai non ci speravi più. Invece arriva…
Concludo dicendo che “Fin che c’è vita c’è speranza, fin che c’è il tango, c’è vita” e se in più ci aggiungo un sorriso è tutto ancora più bello!
Ho chiuso le mie ferie estive con una bellissima gita a Marina di Massa. Scarpette da tango in borsa, tre amici deliziosi, chiacchiere e allegria.
La prima vera maratona dopo… 3 anni?! Un periodo infinito che ho vissuto in totale “astinenza”.
Ripresentarmi in pista dopo così tanto tempo ha richiesto una dose incredibile di coraggio e faccia tosta. Epperò, mi sono detta, dopo tutti questi anni, qualcosa sarà pure rimasto.
Basta organizzare la mente e il beauty: il mantra interiore ripeteva “Vai e goditela”, il beauty attrezzato con brufen e fiori australiani contro l’ansia. Questo è invecchiare in modo intelligente e furbo, dicevo a me stessa preparando il bagaglio.
Non potevo scegliere evento migliore. La Colegiala è una navicella spaziale che ti proietta nello spazio siderale del piacere e del divertimento. La location nella vecchia colonia della Fiat, in quegli spazi anni 30′ dove sono passate generazioni di ragazzini, la spirale sulla quale si affacciano le camere, spartane come un monastero, ma, alla fine, dotate di ciò che è strettamente necessario, creano un’atmosfera unica.
La proposta della serata a tema, manco a dirlo il sabato, è una provocazione in più per lanciarsi in creative mise che, di solito, in pista, producono un effetto esilarante.
Ho sentito per la prima volta dei Dj che lavorano in tandem. Mi sono chiesta il perchè in coppia rispondendomi che, in questo modo, la pausa pipì non interrompe il flusso musicale. Probabilmente non è la risposta giusta, ma solo il punto di vista da donna che ha più spesso necessità di… “blin blin” 😉
Oltre all’accoglienza calorosa dello staff molto nutrito, che peraltro ho sempre ritrovato in ogni edizione, sono stata letteralmente abbracciata dalla straordinaria energia positiva dei partecipanti.
Ho incontrato persone che vedevo solo nei pixel virtuali del pc, ho rivisto amici che, nel frattempo, hanno allargato la famiglia, è stato un tripudio di sorrisi e di abbracci.
La buena onda alla Colegiala, nasce già fuori dalla pista, in questa vibrante allegria che i padroni di casa spruzzano nell’aria, i ferormoni della felicità.
In tutto questo, il mio tango arrugginito, dal sapore “vintage”, si è riaffacciato alla pista risalendo verso il cuore, emozionandomi, divertendomi, lasciandomi sorpresa, dando una sferzata di Vita a tutta me, facendomi sudare (di più) per l’emozione, facendomi (ri)sentire fibre del corpo di cui non ricordavo l’esistenza.
La magia era tutta lì, davanti ai miei occhi e non me la sono lasciata sfuggire.
Prima o poi, a dio e al governo piacendo, torneremo in pista. A dire il vero, molti di noi già ci sono tornati: i più gagliardi andando a ballare all’estero, dove era consentito farlo, alcuni nostrani potendo dedicarsi alle pratiche con partner fisso (… ma davvero avete ballato solo con il vostro partner..? ) e poi tutti quelli come me che stanno ancora aspettando l’apertura “ufficiale”.
Dopo questi due anni di delirio, mi chiedo, rimetteremo piede in pista come se nulla fosse accaduto o, qualcosa, dentro di noi, è cambiato?
Ne parlavo con alcune amiche, alcuni giorni addietro. Meditavamo sulla possibilità di andare a un Festival molto famoso che viene organizzato nella vicina Slovenia. Tappa fissa del peregrinare tanguero autunnale, divertimento assicurato, un gran bel festival. Inutile dire che alla sola idea, fiotti di acquolina tanguera inumidiscono la nostra bocca rimasta asciutta di tandas per troppo tempo, eppure…
Le regole sono chiare: certificato vaccinale, tampone, lo stesso schema preventivo e di controllo utilizzato da altri paesi europei, Svizzera in primis.
Abbiamo tutte concordato che è il solo modo, per il momento, per affrontare la pista ma, dopo pochi istanti, ad ognuna è venuto un rigurgito di ansia. “Ma chi abbraccerò? E se si è contagiato e non lo sa? E se mi attacca qualcosa? E se… ?”
La riflessione di oggi è questa: la prima milonga post pandemica, come ci troverà da un punto di vista psicologico? Di sicuro non uguali a prima.
Le persone che hanno vissuto questi due anni di clausura attenendosi ai precetti: niente vicinanza, niente abbracci, niente di niente, pure se vaccinate o guarite dal Covid, quale tipo di emozioni dovranno gestire la loro prima volta?
La fiducia, elemento imprescindibile dell’abbraccio tanguero, avrà la stessa potenza, la stessa intensità di sempre?
Saremo ancora capaci di abbracciarci realmente, senza schermi, senza limiti, mettendo tutto ciò che siamo dentro quell’abbraccio?
Me lo chiedo, perché, al momento, ancora non l’ho sperimentato.
La voglia c’è, ed è potente, quasi un’urgenza dell’anima, ma esiste anche quella fastidiosa sensazione di timore che crea un’emozione stonata, incompatibile con la bellezza del tango.
Non resta che saltare il fosso e, come tutte le prime volte, gestire l’emozione, lasciare andare via l’ansia e godersi l’esperienza!
L’ho vista ballare un giorno, per caso, in una pista affollata. Si vedeva solo lei, la sua dinamica fluida e veloce, scattante ed eterea, il tango attraversava il suo corpo come corrente elettrica, elegante e bellissima.
Potevo farmela sfuggire? Certo che no!
Sono felice di proporvi la Six.Q tango intervista di oggi con Camilla Curatolo, buona lettura!
***
SIX.Q
Nome e città di provenienza Camilla Curatolo – Milano
2. Dal tuo punto di vista di artista, professionista e insegnante, quanto incide nella tua danza, la femminilità della donna che sei fuori dalla pista e, al contrario, quanto ti è di ostacolo? La mia femminilità trova nello spazio-tempo di un brano di tango ballato abbracciati le condizioni perfette per esprimersi: l’atmosfera creata dalla musica, il contatto della pelle, la connessione e lo scambio con l’altra persona. E’ una questione molto intima la femminilità, che a mio avviso si traduce nel tango in armonia e naturalezza dei movimenti. Ha poi una forte componente istintiva e necessita come presuppostiequilibrio e comodità che io ritrovo ai massimi livelli indossando scarpe basse. La sfida per me, quando si tratta di ballare di fronte al pubblico, sta nel coniugare l’estetica di una scarpa con tacco alto alla potenza espressiva che ottengo in scarpe da ginnastica. La dicotomia che sperimento tra essenza e apparenza (in senso statico) ed il fatto che dia spesso precedenza alla prima ha ostacolato il mio “successo” nel tango professionale? Può essere, ma d’altra parte il mio ballo è molto sincero e l’espressione è necessità e ragione stessa dell’atto. Nell’insegnamento utilizzo la mia idea e percezione di femminilità per spronare le persone a sperimentare ed esprimere la propria in modo autentico.
3. Quando insegni quale è il cambiamento psicologico, se avviene, che noti nelle allieve? Nel tango le persone si mettono in gioco mentre sperimentano un modo tutto nuovo di muoversi e relazionarsi. Coloro che si appassionano, prendono man mano confidenza con se stessi, affrontano tante paure e insicurezze, si creano obiettivi e aspirazioni: il cambiamento psicologico è inevitabile. Dal mio punto di vista trovo stupendo e superappagante riuscire a facilitare lo sblocco di quelle tensioni che si riflettono sul corpo ma che derivano in realtà dal profondo. Vedere allievi che si avvicinano sempre più all’idea che si sono fatti di se stessi ed accompagnarli nel processo è il massimo.
4. La follower moderna non è più legata al sesso femminile. Lo stesso vale per il leader. Nel caso specifico della/del follower, elenca quali sono, secondo te, vizi e virtù dello studio di ruoli non tradizionalmente riconducibili alla coppia Maschio/femmina. Penso che tutti dovrebbero cimentarsi anche nello studio del ruolo opposto al proprio (che per altro non deve essere necessariamente legato al sesso), non vedo alcuna controindicazione bensì innumerevoli spunti di riflessione e miglioramento. Ovviamente gli allievi devono essere guidati in modo corretto durante il processo, bisogna sicuramente evitare atteggiamenti caricaturali dei vari ruoli e gli insegnanti devono essere di esempio in questo ed all’altezza del compito. Lo stereotipo per cui le donne che studiano da leader poi diventano ingestibili nel ruolo di follower secondo me è assolutamente falso, penso semplicemente che ci siano alcune donne il cui ruolo più spontaneo sia quello di leader. Fino a qui ho parlato di studio (lezioni e pratiche). Quando si tratta invece di ballo in milonga trovo perfettamente legittimo che le persone non intendano cimentarsi nel ruolo opposto e/o non vogliano ballare con qualcuno del proprio sesso: il ballo deve essere inananzitutto piacere ed ognuno deve poter seguire le proprie inclinazioni liberamente.
5. Secondo te il tango fa bene alle donne? Nel corpo ma, soprattutto nello spirito? Aiuta le donne a ritrovare se stesse, la loro femminilità, ad esaltarla, a farci pace… ? Hai avuto riscontri in tal senso dalle tue allieve? Il tango fa bene e fa male. Ho visto donne sbocciare, deprimersi, arrabbiarsi, sciogliersi, affrontare i propri demoni, buttarsi a capofitto alla ricerca di sé o di un ballerino, morire di invidia, sopportare i tacchi, amare i tacchi, scoprirsi, vincere la timidezza, abbracciare per la prima volta, sentirsi indipendenti all’interno di una coppia. Ho visto donne scomode, scomodissime ed altre lucenti. Ho visto donne sopportare, accontentarsi, vincere, fare amicizia, innamorarsi, sentirsi forti, scegliere, fare un salto di qualità. Ho visto e vissuto esperienze contrastanti, ognuno arriva al tango con il proprio bagaglio ed i propri sogni. Come sempre nella vita ci vuole anche un pò di fortuna nell’incontrare le persone giuste con cui condividere il cammino.
6. Dì quella cosa che avresti sempre voluto dire ma che non hanno mai osato chiederti. Per rimanere in tema con l’intervista chiudo come segue (chi mi conosce di persona probabilmente mi ha già sentito pronunciare frasi simili). In generale, la maggioranza numerica ed il fatto che gli uomini studino poco possono rendere il ruolo femminile frustrante. Vedere uomini mediocri che appena mettono due passi in fila si sentono superman è ancora più frustrante e squallido. Forza donne, restiamo unite e sosteniamoci a vicenda con gioia. Valorizziamo noi stesse e gli uomini che se lo meritano ;P Viva il tango.
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Per studiare e per contattare la Maestra:
Contatti personali: fb Camilla Curatolo – cell. +39 340 710 7123 Corsi regolari presso A.S.D. TangoZeroDue a Spazio Lambrate, viale delle Rimembranze di Lambrate 16, Milano Sito web: tangozerodue Pagina fb: tangozerodue
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Ringrazio molto Camilla per aver partecipato all’intervista!
La Six.q di oggi si sposta a nord Ovest per incontrare un’artista che ho visto più volte esibirsi apprezzandone i gesti sinuosi e la grande capacità tecnica, vi presento con piacere Francesca Brandi!
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SIX.Q
Nome e città di provenienza Francesca Brandi – Genova
2. Dal tuo punto di vista di artista, professionista e insegnante, quanto incide nella tua danza, la femminilità della donna che sei fuori dalla pista e, al contrario, quanto ti è di ostacolo?
E’ una domanda a cui ho pensato tanto prima di rispondere. Ho pensato a me all’interno dell’abbraccio e ho cercato di paragonarlo al mio modo di essere al di fuori del tango, all’immagine che gli altri possono avere di me! In realtà dovrebbero essere quelli che mi conoscano bene a rispondere ! Io credo che coincidono anche se non in tutto o meglio, forse quando ballo prevale la parte di me della mia femminilità che nella vita di tutti i giorni tengo un pò nascosta. Nell’abbraccio sono molto di più accondiscendente, accogliente, cerco una soddisfazione che arrivi passando dall’accontentare l’altro, dal riuscire a soddisfare le richieste, il desiderio di chi mi sta abbracciando. La magia accade quando anche l’altro la pensa come me. Credo che ci voglia molta generosità nell’abbraccio, molto ascolto, è quello che io vedo come femminilità, del resto io sono molto di più un maschiaccio. La femminilità come seduzione serve nella ricerca della sicurezza in se stesse, bisogna stare bene con il proprio corpo e con il proprio io per ballare bene. Da qui secondo me non si scappa.
3. Quando insegni quale è il cambiamento psicologico, se avviene, che noti nelle allieve?
Insegno oramai da più di 15 anni, ho visto un grande cambiamento nell’approccio delle allieve al mondo del tango. I primi anni arrivavano con molte meno aspettative, erano più pazienti, crescevano insieme al proprio compagno di ballo , a volte lo “aspettavano” essendo il ruolo di leader sicuramente più complesso.Si approcciavano alla milonga con meno aspettative, coscienti che ci fosse un percorso da rispettare e gustandosi comunque quello che il perso riservava nelle sue tappe. Con il tempo le ho viste diventare un pò più pretenziose, convinte che la vetta si dovesse raggiungere con un balzo. Forse troppa aspettativa ha portato avanti più frustrazione e delusione. Banale dire che dal punto di vista fisico , ovviamente riscontro, come del resto è successo anche a me, a un ritornato piacere al tacco alto , in un’epoca di sneackers dipendenza , della gonna e delle armi seduttive classiche. E questo è sicuramente positivo, secondo me se fosse anche accompagnato a un ritorno alla lentezza vero, del resto con i tacchi non si corre bene ;-)) sarebbe perfetto per gustarsi appieno quello che il tango può dare.
4. La follower moderna non è più legata al sesso femminile. Lo stesso vale per il leader. Nel caso specifico della/del follower, elenca quali sono, secondo te, vizi e virtù dello studio di ruoli non tradizionalmente riconducibili alla coppia Maschio/femmina.
Credo che lo studio nei due ruoli possa diventare un’arma a doppio taglio. E’ bello, ma molto difficile da gestire. Nel ruolo della donna follower c’è una buona dose di istintività, data da un ruolo un poco più passivo (permettetemi di dirlo senza uccidermi!!!) che possa venire “inquinato” da una troppa consapevolezza tecnica
Vizi per la follower : perdere in spontaneità, perdere in ascolto, rischio di saltare il sottile filo fra la proposta e la conduzione, perdere in femminilità, perdere la piacevole sensazione di abbandonarsi all’ascolto senza coinvolgere la testa .Quest’ultimo punto ho sentito di provarlo io nel momento che ho iniziato ad insegnare e quindi gioco forza ho dovuto far entrare di più la testa codificando movimenti che per me erano spontanei. Virtù per la follower : consapevolezza di quello che si fa e soprattutto di quello che non si dovrebbe fare!! A scuola, per esempio, provando nell’altro ruolo si può capire davvero bene quale sia il confine fra la risposta all’input del ballerino e partire per i cavoli propri e quindi anticipare :-)) come il corpo debba essere “sostenuto”, quali siano le caratteristiche piacevoli di una brava ballerina. Vizi per il leader : non mi vengono in mente, non credo ci siano. Virtù per il leader : consapevolezza dell’importanza della connessione, consapevolezza del confine fra la giusta marca e la violenza ;-))) importanza di un abbraccio deciso ma piacevole, ascolto dei tempi di risposta, comprendere l’importanza che ha una guida chiara e soprattutto sicura. Per tutti i ruoli direi può aiutare alla comprensione e alla tolleranza evitando i chi te l’ha chiesto? Non me l’hai detto, mi anticipi, non mi ascolti, quello mi porta meglio, quella mi abbraccia meglio, quello mi dice che sono bravissima, quella mi dice che con me si diverte…ecc..ecc.. ;-))
5. Secondo te il tango fa bene alle donne? Nel corpo ma, soprattutto nello spirito? Aiuta le donne a ritrovare se stesse, la loro femminilità, ad esaltarla, a farci pace… ? Hai avuto riscontri in tal senso dalle tue allieve?
Il tango fa bene a tutti. Attiva una trasformazione profonda, o meglio riporta ad un ascolto di noi stessi, del nostro corpo, del nostro istinto, del nostro io a volte sommerso, dimenticato o lasciato da parte. A me ha aiutato ad aprirmi agli altri soprattutto a superare le mie barriere fatte di timidezza e riservatezza. Il più grande scoglio da superare, l’ho provato io e lo riscontro nelle allieve , è l’abituarsi al contatto fisico così intimo, all’abbraccio che mette quasi a nudo il tuo corpo e il tuo modo di essere Mi ricordo una volta un ballerino mi disse alla fine di una tanda, tu non ti lasci mai andare fino in fondo, arrivi fini ad un certo punto e poi torni indietro. Questo mi fece molto riflettere, aveva proprio ragione, ero io. Quando le donne riescono a superare questo scoprono il piacere dell’affidarsi, di sentirsi protette, del dialogo che può avvenire anche senza le parole attraverso il corpo. Non è un caso che in questo periodo di distanziamento sociale, dove il contatto fisico è stato ridotto o addirittura eliminato, abbiamo avuto tutti più bisogno delle parole, quasi a colmare il vuoto che riempivamo con i gesti , gli abbracci, le carezze.
6. Dì quella cosa che avresti sempre voluto dire ma che non hanno mai osato chiederti.
Mi sa che ne ho dette già troppe ! 😉 Mi piacerebbe ricordare perchè mi sono innamorata del tango….mi ha affascinato molto vedere come la differenza generazionale fosse tranquillamente annullata nella fusione di un abbraccio che funziona, un abbraccio che supera la differenza di età , di ceto, di bellezza, di credo….come certe barriere fra le persone vengono superate velocemente da una passione comune, quante volte ho pensato che quell’uomo sconosciuto a cui mi abbracciavo se mi avesse avvicinata in un bar per offrirmi un caffè mi avrebbe fatta allontanare :-)) w il tango!
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