“AMARCORD” SI VESTE DI NUOVO #ditantointango

Amarcord è una delle mie maratone preferite da sempre, tanto che, quest’anno, non vedendo arrivare la notizia dell’edizione, mi sono preoccupata e ho scritto direttamente agli organizzatori.

Non era un ritardo voluto, ma necessario perché, l’edizione 2023 ha riservato moltissime sorprese.

La location: una sala affacciata sul giardino di un complesso chiamato casa di quartiere Katia Bertasi che da “centro sociale per anziani (…) diventa “casa di quartiere”, ma non cambia la sua natura inclusiva e tanto meno il suo nome, che è dedicato a una delle 85 vittime della Strage del 2 Agosto e rappresenta quindi un pezzo di storia particolarmente importante per la città.” ( cit. ).

La nuova veste di maratona “non stanziale”, come tutti i cambiamenti, ha portato i suoi pro e i suoi contro.

I pro: doversi trovare l’alloggio permette anche di scoprire nuovi quartieri della città ed entrare in un contatto più profondo con il cuore pulsante di una realtà urbana e sociale che non è la propria.

La sala dove si è ballato, ha offerto una vista piacevole e aperta su uno spazio verde, essendo costruita con due pareti a vetrata. I frequentatori del luogo, giovanissimi o adulti, spesso si fermavano dinnanzi alla grande parete di vetro, incuriositi. C’è chi faceva foto, chi si tratteneva per un lungo momento dinnanzi a quello spettacolo così inusuale: persone di tutte le età che si abbracciavano lanciandosi in un ballo dalle mille sfumature.

La novità più interessante che la nuova livrea di Amarcord ha riservato è stato l’orario: oltre a quello solito di maratona che tutti conosciamo, c’era la possibilità di ballare la “matinée”, ovverosia dalle 10.00 del mattino alle 15.00 senza intervallo con la pomeridiana che prendeva il via alle 15.00.

Una sorta di passaggio di testimone tra tj pensata, in particolar modo, per favorire le numerose coppie con bambini ancora molto piccoli che, in questo modo, potevano fare staffetta tra accudimento pupo e ballo. Una proposta che ho trovato particolarmente interessante oltre che un segno di grande sensibilità degli organizzatori.

Il contro: la difficoltà di trovare alloggi/hotel/b&b a prezzi accettabili (e disponibili!) poiché nello stesso weekend, la città ospitava tre fiere ed altri eventi sportivi di grande rilievo.

Per ovviare al problema, e in esaltazione dello spirito da sempre molto ospitale degli emiliano-romagnoli, così come si fece a Trieste con il bellissimo evento Trieste Tango y Tù che in molti, quando vi dico che sono triestina, ancora ricordate, per la prossima edizione si potrebbe proporre ai bolognesi di “portarsi un* maratonet* a casa”.

Per esperienza garantisco che sia per l’ospite che per l’ospitante si creano meravigliosi legami e ricordi.

Un’altra chicca che voglio assolutamente citare è la seguente: il braccialetto maratona che ha riportato parole importanti/simboliche/amate/divertenti di noi partecipanti.

A me è capitata “ESTASI” e posso confermare che le emozioni, le gioie, le risate, le tandas che ho ballato mi hanno traghettato senza dubbio alcuno in quella dimensione.

Cari Antonella e Fabio e tutta la splendida crew che vi ha supportato, avete il cuore grande e Amarcord, una volta in più, lo ha dimostrato!

Pimpra

COME UN SOGNO DI ALTRI TEMPI: LA MARATONGUERA.

Ci sono luoghi che, appena li vedi, ti vibrano dentro come se ti sentissi a casa.

Arrivo a pomeriggio inoltrato accompagnata da una brezza di mare che riconosco molto bene, un bel venticello teso, fresco e piacevole che toglie di dosso la stanchezza delle lunghe ore di viaggio e l’arsura di questa estate da poco iniziata.

Le note sono già nell’aria e danzano lievi come i filamenti di un soffione rendendo quel primo impatto ancora più suggestivo.

Sono alla mia prima Maratonguera, incredula di poter finalmente apprezzare di persona quel luogo così particolare affacciato sull’acqua. La realtà supera di molto l’immaginazione e mi procura un’emozione forte come al primo appuntamento con l’amore.

La formula è perfetta: si balla ininterrottamente dalle cinque del pomeriggio a notte inoltrata, chi non ce la fa, si concede una pausa gaudente, tra il buon cibo dell’antica locanda “Il pilota” che allestisce i tavoli a ridosso della pista così che, volendo, tra una portata e l’altra, ci si possa concedere proprio quella tanda speciale lì che è un peccato perdere.

Arrivare in milonga a pomeriggio inoltrato è una strategia ideale che permette agli ospiti di dedicarsi al mare/turismo senza quel retro pensiero di “mi sto perdendo qualcosa la pomeridiana è già iniziata”. E poi, diciamocelo, regala un tempo di recupero utilissimo dalle fatiche del giorno precedente.

Il luogo ha il sapore di bei tempi andati, si balla su tessere di mosaico come si usava posare negli stabilimenti balneari degli anni ’50. È perfetto, cosa posso dire, i piedi non ci provano neanche a lamentarsi che la superficie è dura perché ci pensano gli abbracci, la musica, i sorrisi di tutti i partecipanti a lenire qualsiasi acciacco. E poi c’è il brufen, ma questo i tangueros esperti lo sanno già!

Ad ogni modo l’impianto scenico è nullo se non è animato da quella sana accoglienza che impronta di sé ogni evento ben riuscito e questo lo è stato senza dubbio. Si sa che molta parte dell’atmosfera è data dai padroni di casa e di certo Marcella e Flavio e il loro staff, sanno bene cosa significhi ricevere.

Un miscuglio meravigliosamente stimolante di stili di tango diversi, di persone gioiose e sorridenti in una cornice che regala un sapore di vacanza al mare. Ma che vogliamo di più? Ne vogliamo ancora!

Pimpra

ETDS 10: LA GLORIOSA

Mi sono fatta un’idea: se un evento tanguero scollina le 10 edizioni , significa che è per forza un evento di qualità, un evento amato, una pietra miliare nell’immensa offerta ricreativa del settore.

Mi sono fatta un’altra idea: se l’evento si svolge nella terra di Emilia-Romagna, è praticamente una garanzia di successo.

Mi sono fatta un’idea ancora: se l’evento dura una serale e due pomeridiane (ed eventualmente after party) è il top.

Sono stati due giorni molto speciali per la sottoscritta, dove ho abbracciato e respirato un tango assolutamente Amico, animato da una selezione musicale di assoluto spessore e privo di quei “fastidi relazionali” che, a volte, si incontrano in pista. Chi va in Emilia-Romagna trova uomini e donne che vogliono ballare assai e, certamente desiderano – come sempre accade- farsi la tanda super special con quell* “famos*” o più “bell*”, più “ggiovane” ma, oltre a questo, considerano nei loro inviti tutt*gli altr* partecipanti alla festa. Esatto festa, perchè è quello il sapore che prende un incontro in cui tutti i presenti esistono agli occhi degli altri.

Un vero piacere il tango “sociale”, un evento “facile” come direbbero i più giovani. Evviva dico io, la gioia di abbracciare senza limite, nell’entusiasmo di condividere passione, musica, allegria di passi, sorrisi tanti proprio tanti sorrisi.

ETDS in questa edizione ha visto partecipare un nutrito gruppo di miei conterranei che non potevano credere ai loro occhi, alla magia di una mirada andata a segno senza doversi impegnare in incredibili peripezie, un sorriso ammiccante e via a ballare, a godere.

Sottotitolo LA GLORIOSA. Mi sembra il termine migliore per definirla questa decima edizione, ricca, accogliente, assolutamente generosa.

Due pomeridiane e una serale sono l’ideale mix per il popolo tanguero della mia generazione: quelle sei ore abbondanti di fila nel pomeriggio, un ulteriore assaggio serale e via ancora con una pomeridiana la fulmicotone sublimata da una chiusura di tutto rispetto, per quelli più audaci, più forti o, semplicemente, liberi di dormire il lunedì mattina. 🙂

In tutta questa gioia che mi ha letteralmente avvolta, travolta e resa assolutamente felice, posso dire di aver sperimentto anche la mia chicca di tango siderale, quello che sta su un altro livello, partimonio di pochi eletti. Che fortuna trovarmi dentro quell’esperienza che, nell’arco di una manciata di minuti – sempre troppo pochi!- mi ha fatto sperimentare un significato, un sapore, una dimensione, di assoluta magia.

Sono pervasa di sensazioni potenti, di endorfine cangianti che hanno spazzato via la fatica esistenziale di quest’ultimo periodo.

ETDS è primavera, è rinascita, è l’abbraccio corale che si rinnova. Ne voglio ancora.

Pimpra

#ditantointango LE CHIACCHIERE CHE FANNO MALE.

Chi è assiduo frequentatore di eventi, specie di quelli più lunghi, da weekend come le maratone, i festival, sa benissimo che, tra le ciarle a margine delle tandas, ci sono sempre i commenti più disparati sui partecipanti.

“Quell* è brav* ma non mi invita, quell’altr* se la tira e balla solo con i suoi, non capisco perchè quella (i commenti sulle donne, espressi dalle donne, sono sempre i più tremendi) balli così tanto che è una principiante, ovvio perchè è giovane e figa e ha pure le tette in mostra (ecc ecc)” vi risparmio.

Una sorta di analisi sociologico/comportamentale/sputtanatoria dei tangueros/as in pista.

Non si dovrebbe mai cadere dentro questo genere di trappole perchè tornano indietro come un boomerang.

Innanzitutto ognuno di noi partecipa per stare bene, per divertirsi, per ballare, per socializzare, chi anche per trovare una nuova fiamma. Quale che sia la motivazione l’imperativo categorico rimane uno: godersela. Vivere il momento della socialità con gaia apertura, con animo e cuore leggero. Così facendo, ovvero impostando il proprio asset mentale su pensieri positivi “Oggi starò bene, ballerò bene, mi divertirò” la modalità energetica si predispone correttamente, facendoci diventare sorridenti, aperti verso l’altro senza giudizio, senza ansia, senza paure senza sentimenti di frustrazione e men che meno senza retropensieri negativi.

Provate, funziona!

La PNL insegna che per il nostro cervello realtà e immaginazione sono la stessa cosa, il cervello non distingue i pensieri prodotti da situazioni “reali” e quelli solo immaginati. Provate ad andare in milonga, la prossima volta, immaginando che ballerete assai, godendo assai. Vi stupirete dei risultati!

Troppo spesso ho sentito donne, solo perchè nell’attesa di una tanda mi trovo tra il pubblico femminile, lamentarsi per questo e quello, criticare questo e quello per poi ritrovarsi inchiodate alla sedia che quasi nessuno si accorgeva di loro.

Siamo tutti animali sociali e, specie in contesti legati al ballo, andiamo alla ricerca di leggerezza, desideriamo non pensare ai problemi, al lavoro e a tutto ciò che nella nostra vita è difficile e pesante.

Parola d’ordine: leggerezza.

A chi mi ribatte “io ci vado in milonga con i bei pensieri ma poi nessuno mi si fila” rispondo che crede di avere bei pensieri, invece c’è un forte rumore di fondo legato ad ansia, preoccupazione, frustrazione, paura dell’insuccesso e queste sensazioni, malgrado ciò che crediamo, vengono percepite all’esterno, producendo effetti contrari a quelli sperati.

Mi sto perdendo in questo pippolotto, ma era tanto che non ne scrivevo uno, per esortare TUTTI a vivere pensando al lato positivo dell’esistenza, sforzandosi di trovare ogni piccola scintilla di bene. In sala da ballo i risultati saranno immediati, lo garantisco, e porteranno una sferzata di benessere di cui tutti abbiamo bisogno.

Teniamo sempre a mente che noi meritiamo di essere felici.

AMEN.

Pimpra

Image credit da qui

3 GENERAZIONI E TANGO. LA CONVIVENZA CHE CI PIACE

Una volta in più, ce ne fosse mai stato il bisogno, la maratona di tango mi ha insegnato qualcosa. Non penso alle dinamiche evoluzioni dei tangueros, quanto agli altri insegnamenti che ne ho ricavato.

L’ho sicuramente già scritto in passato e lo ripeto oggi: ballare il tango è come rappresentare la vita, nel suo corso, nelle sue dinamiche, nelle sue relazioni. Ed è su questo ultimo aspetto che desidero soffermarmi.

Dopo due anni abbondanti di stop per pandemia, anche quando si poteva ballare con “con attenzione”, non mi sono affacciata alle milonghe, sono finalmente rientrata in pista direttamente in maratona (matta che sono!!!).

Riempiti gli occhi e il cuore di tutte le sfumature di emozioni, di stupore, di curiosità che potevo contenere, ho osservato le dinamiche relazionali perchè percepivo qualcosa di nuovo a cui non sapevo dare voce.

Al secondo giorno di ballo, tanto ballo, tanto bel ballo, ho capito: esiste una “frattura” abbastanza netta tra le generazioni che popolano la pista che, riassumo per brevità, in giovanissima, nuova e vecchia. La prima, arriva fino ai 30 enni, la seconda più o meno dai 30 ai 45, la terza dai 45 in poi.

Fascia 1 e 2 interagiscono discretamente, specie se i soggetti appartengono ai primi anni del secondo gruppo. Le cose diventano molto diverse con gli abitanti del terzo, i 45 enni e oltre, con una spaccatura decisamente evidente dai 50 in su.

Cosa significa?

Mirade che non arrivano o che scivolano via, scelte precise di campo: con la terza fascia no.

Se indossiamo gli occhi di un giovanissimo/a non è difficile immaginare come veda quelli più grandi: assolute mummie, sia in termini fisiologici che tangueri. Possiamo dare loro torto? Non credo, nel senso che anche noi a 20 anni e poco più non andavamo alla ricerca di un abbraccio così maturo, lontano dal nostro universo generazionale. Si sta con coloro che sentiamo “vicini” e, simpatia e bravura a parte, l’età è una discriminante potente.

Speravo in una maggiore democrazia tanguera nella relazione tra seconda e terza fascia, in special modo tra i più “vecchi” della seconda e i più “giovani” della terza. Anche in questo caso sono rimasta sorpresa. Certo l’interazione c’è, è più fitta che tra la prima e la terza, ma con riserve.

Uomini e donne volgono lo sguardo – preferibilmente – ai giovani che rappresentano la novità sia in termini di ballerini/e, sia in termini di “freschezza” fisica. E come fai a non accorgerti della bellezza ingenua e potentissima di un corpo non ancora segnato dal tempo, dell’energia vitale e sessuale che emanano i ragazzi/e? Come fai? La vedono tutti, i coetanei, e quelli più grandi.

Far parte, oramai, della “vecchia guardia” temevo diventasse un problemone difficile da gestire psicologicamente nel senso che a nessuno piace essere trasparente, non essere quello scelto o prescelto, insomma diventare parte della tappezzeria della sala. E sticazzi!

L’insegnamento che ho colto è agire un sano distacco dalle dinamiche che mortificano la propria autostima, le mirade che non vanno a segno non sono un fallimento di tutto, la “Waterloo della tanguera”, nel mio caso, ma semplicemente una delle possibilità che accadono in milonga.

In maratona ho mirato incuriosita dei ballerini che nemmeno se fossi caduta tra le loro braccia, si sarebbero accorti di me, e infatti non si sono accorti di me, allora? dove sta il problema? Ho scambiato altri sguardi andati a segno che mi hanno portato a tandas che mi hanno felicissimamente sorpresa, divertita e fatta emozionare.

Ognuno di noi, se messo nella possibilità e ribadisco “possibilità” di scegliere, lo fa secondo criteri unici, individuali, personalissimi: chi cerca un corrispondente tecnicamente affine, chi predilige la sensualità della persona, chi la simpatia, chi vuole quello/a “famoso/a” ecc ecc. Quindi se, malauguratamente, non siamo destinatari di “attenzioni” leggi mirade, non siamo noi ad essere “sbagliati” in alcun modo, semplicemente non corrispondiamo alla sfera del gusto dell’altro. Facile no?

Nel tango, come nella vita, è chiaro che bisogna viaggiare leggeri, rimanendo fluidi e resilienti. E così, dal nulla, arriva la tanda della serata, quella che aspettavi da anni e oramai non ci speravi più. Invece arriva…

Concludo dicendo che “Fin che c’è vita c’è speranza, fin che c’è il tango, c’è vita” e se in più ci aggiungo un sorriso è tutto ancora più bello!

Pimpra

IMAGE CREDITS MARCO VAGHESTELLE

TANGO E PSICHE POST COVID

Prima o poi, a dio e al governo piacendo, torneremo in pista. A dire il vero, molti di noi già ci sono tornati: i più gagliardi andando a ballare all’estero, dove era consentito farlo, alcuni nostrani potendo dedicarsi alle pratiche con partner fisso (… ma davvero avete ballato solo con il vostro partner..? ) e poi tutti quelli come me che stanno ancora aspettando l’apertura “ufficiale”.

Dopo questi due anni di delirio, mi chiedo, rimetteremo piede in pista come se nulla fosse accaduto o, qualcosa, dentro di noi, è cambiato?

Ne parlavo con alcune amiche, alcuni giorni addietro. Meditavamo sulla possibilità di andare a un Festival molto famoso che viene organizzato nella vicina Slovenia. Tappa fissa del peregrinare tanguero autunnale, divertimento assicurato, un gran bel festival. Inutile dire che alla sola idea, fiotti di acquolina tanguera inumidiscono la nostra bocca rimasta asciutta di tandas per troppo tempo, eppure…

Le regole sono chiare: certificato vaccinale, tampone, lo stesso schema preventivo e di controllo utilizzato da altri paesi europei, Svizzera in primis.

Abbiamo tutte concordato che è il solo modo, per il momento, per affrontare la pista ma, dopo pochi istanti, ad ognuna è venuto un rigurgito di ansia. “Ma chi abbraccerò? E se si è contagiato e non lo sa? E se mi attacca qualcosa? E se… ?”

La riflessione di oggi è questa: la prima milonga post pandemica, come ci troverà da un punto di vista psicologico? Di sicuro non uguali a prima.

Le persone che hanno vissuto questi due anni di clausura attenendosi ai precetti: niente vicinanza, niente abbracci, niente di niente, pure se vaccinate o guarite dal Covid, quale tipo di emozioni dovranno gestire la loro prima volta?

La fiducia, elemento imprescindibile dell’abbraccio tanguero, avrà la stessa potenza, la stessa intensità di sempre?

Saremo ancora capaci di abbracciarci realmente, senza schermi, senza limiti, mettendo tutto ciò che siamo dentro quell’abbraccio?

Me lo chiedo, perché, al momento, ancora non l’ho sperimentato.

La voglia c’è, ed è potente, quasi un’urgenza dell’anima, ma esiste anche quella fastidiosa sensazione di timore che crea un’emozione stonata, incompatibile con la bellezza del tango.

Non resta che saltare il fosso e, come tutte le prime volte, gestire l’emozione, lasciare andare via l’ansia e godersi l’esperienza!

BUONI – RITROVATI – ABBRACCI A TUTTI !

Pimpra

TANGO E PANDEMIA. Una ricorrenza che non avremmo voluto celebrare

Tempus fugit. Meno male, dico a me stessa, mentre constato che sono circa 365 giorni che non frequento più una milonga, per non parlare di una maratona, festival o weekend “tango esclusivo”.

Nella mia carriera di tanguera, non ho mai superato le due settimane di inattività, se e quando accadeva, il motivo era sempre e solo uno: l’infortunio.

365 giorni sono una piccola vita. Un bimbo che inizia a muovere i primi passi nel mondo, a gorgheggiare le prime parole.

Un anno di stop per me e per moltissimi appassionati rappresenta un sacrificio enorme, di certo impossibile da paragonare rispetto a coloro – e ne conosco un’infinità -che nel tango esercitavano la professione, si guadagnavano da vivere, mantenevano la famiglia.

Per questa gloriosa comunità spero che la luce in fondo al tunnel non tardi ad arrivare, anche se, fatico ancora a credere la fine della pandemia sia vicina. Possiamo solo aspettare.

Nel frattempo spesso mi chiedo come sarà quella prima volta in cui rimetterò piede su una pista da ballo. E’ un sogno che faccio spesso, ripercorrendo con la mente i luoghi che mi sono più cari. L’immaginazione mi sta giocando uno scherzo crudele poichè li presenta alla memoria sempre vuoti.

Torna dinnanzi allo sguardo il salone a vetrate della Tosca, percepisco la musica e i ballerini in ronda con il musicalizador al centro, degno deus ex machina, burattinaio delle danze e del divertimento. Ho negli occhi i colori degli abiti delle donne, sgargianti, seducenti, espressione unica di una femminilità conquistata e vissuta con allegria e consapevolezza. E gli sguardi, quanto mi mancano quegli sguardi che, magnetici, si agganciavano nell’etere per poi convergere in un abbraccio denso di promesse e di misteri che la tanda avrebbe raccontato.

Ho ballato per tre lustri senza mai fermarmi, con ardore, mossa da una passione che bruciava e mi spingeva a continuare, a cercare, a scandagliarmi, in ogni abbraccio che ho dato e che ho ricevuto.

Oggi è come essere rimasta orfana di una parte importantissima di me, di quel lato prezioso e intimo, ma anche estroverso e solare, la sensibilità del corpo e dei sentimenti come rarefatta e in attesa.

Mi chiedo spesso se avrò paura di avvicinarmi all’altro, di appoggiare con fiducia il mio corpo al suo, di abbracciarlo come se tra di noi non ci fosse ostacolo alcuno, perfetta simbiosi di due essenze in una sola, come nell’amore.

Sono molto stanca di avere paura, perché amo profondamente la mia comunità tanguera, nelle sue infinite sfumature e provenienze.

Ma mi chiedo come sarà, come sarò e non trovo la risposta.

Il salone delle feste del giardino d’inverno di Villa Castelletti è ancora chiuso, le luci spente, la musica silenziosa, il parquet perfettamente lucido. Solo la goccia di una lacrima cade a terra, è la mia.

Ma torneremo, ne sono certa.

Pimpra

VOLA BASSO

L’amico e grande tanguero Bobo, ieri ha pubblicato una personale riflessione sul tango che riporto integralmente qui e che mi ha fatto tanto pensare:

VOLA BASSO, e vedi di ballare meglio!

All’ultimo festival di tango, forse il più famoso in Europa, sicuramente tra i più importanti, non ho ballato con chi avrei desiderato, specie con ballerine davvero bravissime che conosco anche personalmente, professioniste o meno, argentine italiane o di qualsiasi altro paese: un dramma, o quasi.

Pensiero ricorrente, sia maschile che femminile:

ballano tra di loro, se non sei nella cerchia eletta non ti cagano, sono snob, fino a qualche anno fa ti chiedevano loro di ballare, oggi che sono in tour quasi non ti salutano ed hanno l’ansia di guardarti, sia mai tu fraintenda che vogliano ballare con te.

Ecco, in questo festival a me è successa sta cosa e devo dire che ci ho pensato e pensato, ed alla fine sono giunto alla conclusione che segue:

caro bobo, vuoi ballare con quelle brave? Quelle bravissime? Bene, studia di più, forse ci ballerai, forse.

Vola basso e balla meglio!

Da domani intensifico il mio studio del tango, forse mi sono accontentato un po’ troppo di me stesso, avallando una considerazione più alta del mio tango effettivo, che forse è un po’ noioso o certamente di livello inferiore a quello che ho visto ballare dai ballerini con cui le mie desiderate ballerine stavano ballando, che ballavano in maniera incredibile.

SOTTOLINEO: non è solo tecnica e livello, ma condivisione di un tango che forse è diverso dal nostro!

NON BALLANO TRA LORO, è che condividono un tango diverso da quello che puoi offrire tu.

E poi oh, la verità è che magari a quel Tango tu non ci arriverai mai, il che non ti deve far smettere di criticare te stesso e provare a migliorare.

Ora cerchiamo uno stage adeguato 🙂

e W il tango.

P.S.

Le ballerine con cui ho ballato SONO BRAVISSIME! E pure professioniste, ecco…. non vorrei essere frainteso da loro; infatti non è solo una riflessione sul livello di tango e di tecnica, spero si sia inteso, ma di condivisione di certo tango.

VOLA BASSO E STUDIA DI PIU’.

In senso assoluto, condivido il postulato al 1000% e lo estendo a più settori della vita. Cercare di perfezionarsi ed avere contezza che ci sarà sempre qualcuno migliore di noi. Accettarlo e continuare a lavorarci su. Tutto positivo, costruttivo, molto formativo.

Ma non è questo il fulcro: dopo anni e anni passati a calcare le piste, qualcosa nell’animo del tanguer@ si modifica.

Da una parte ci sono coloro che si sentono arrivati, quelli che sono persuasi di avere conquistato la vetta e di rimanerci issati che di meglio non si può fare.

Dall’altra parte ci sono coloro che continuano a studiare e mantengono una sorta di “basso profilo”, perché la consapevolezza intellettualmente onesta racconta che nella danza e nella vita non si arriva mai. E fanno pace con questa idea.

Sono assolutamente convinta che noi i “non argentini” e dico TUTTI, abbiamo storpiato il significato originario del tango: il piacere, il divertimento, un momento da dedicare a noi stessi e da condividere con l’altro.

Noialtri, i non nativi, abbiamo portato dentro l’abbraccio le nostre frustrazioni.

Fatico a comprendere perché un tanguero di indiscusso talento si senta a disagio verso un modo di leggere, interpretare il tango che è diverso dal suo “(cit.) condivisione di un tango che forse è diverso dal nostro! “.

Se accettiamo il fatto che si possa associare a un linguaggio, la bellezza sta nella differenza, perché funziona da stimolo, ci si può avvicinare e comunicare a gesti, oppure non ci si guarda neppure perché troppo simbolicamente “distanti”. Non è sempre possibile entrare in relazione con tutti, anche se siamo innegabilmente bravi e talentuosi.

Non possiamo pretendere di “abbeverarci con la vita tanguera” di un’altra persona. Il percorso di ognuno di noi è quanto di più soggettivo, unico, assoluto, possa esistere.

Parlo di frustrazione perché stiamo troppo spesso perdendo di vista il puro divertimento, quello leggero, soave.

Forse per le ballerine donne è più facile da comprendere poiché il gioco del tango prevede l’attesa, il rifiuto, o, meglio, l’impossibilità di esercitare una persuasione con lo sguardo. La situazione ci è nota e così impariamo da subito a convivere e a sopportare la frustrazione.

Le donne che non ce la fanno, dopo un po’ abbandonano. Le altre imparano, milonga dopo milonga, a divertirsi sempre di più.

A chi non piacerebbe essere l’interesse tanguero indiscusso, l’idolo della pista quello con il quale tutti/e vogliono ballare, quello che quel tango è solo suo? Certo tali fenomeni esistono ma, attenzione, durano lo spazio della loro generazione. Ne ho visti tantissimi passarmi sotto agli occhi, sbocciare, fiorire e spegnersi, come essiccati dalla loro stessa fama.

A conclusione di questo infinito pippolotto, sento di dire, a me stessa in primis, di cercare il divertimento quando ballo e di farlo con lievità e la generosità di donare al mio partner la versione migliore di me come ballerina. In questo scambio a due, quello che più conta, secondo me, è regalare all’altro qualcosa, sia un’emozione, un sorriso, un momento di sintonia e rilassatezza, di gioco. Ricordiamoci che, per noi, non è un lavoro.

Tutto il resto sono sovrastrutture che ci fanno male. Inquinano il nostro tango e l’atmosfera magica della milonga.

AMEN.

Pimpra

PS

Ritengo doveroso riportare una chiosa che lo stesso Roberto Bobo Corsano ha fornito su FB che chiarisce, in termini inequivocabili, la sua posizione e che, a mia volta, sento di condividere assolutamente. Buona lettura.

Grazie per avermi condiviso, Pimpra 🙂 forse il mio post necessita una riformulazione necessaria a sgomberare il campo da possibili fraintendimenti che, evidentemente, si sono creati tra i lettori tangueri 🙂 Il focus del mio post non era precisamente sulla mia crisi, quello era il pretesto. Ora, mi fa piacere che ci siano persone che mi considerano vivente nello spazio e che con il mio post sono sceso sulla terra, ma mi piacerebbe che Elisabetta conoscesse un po’ della mia storia tanguera e forse capirebbe che sulla terra ci sono fin dai miei primi passi, quando per un uomo privo di alcuna cultura propriocettiva e di danza in generale, non più giovanissimo e molto grasso, ho dovuto passare anni a bordo pista con l’ansia di ballare ed entrare in pista come il più grasso di tutti, con la certezza che nessuna donna avrebbe mai accettato di ballare con un uomo grasso con la pancia perché proprio non si poteva immaginare che uno con questo fisico potesse ballare.

Quindi sulla terra ci sono da molti anni, ed il mio focus era proprio dalla terra, è proprio da lì che l’ho scritto.

Il focus del mio post, infatti, non era il livello di ballo ma la riflessione su sé stessi, che secondo me manca nel tango, e non solo nel tango, poiché il tango è vita reale, almeno per me.

Il focus era proprio incentrato su quelle che Pimpra chiama “sovrastrutture” a cui lei pare non essere interessata, ed invece per me fanno la differenza, e mi spiego.

E’ ricorrente il lamento a bordo pista di chi non balla, sia uomo che donna, ed è rivolto sempre a chi non ci invita ed a chi non ha accettato il nostro invito, sempre, sempre e sempre; questa situazione non ha mai esiti di riflessione sul proprio tango, mai e, secondo me, come ha detto Fernando Sanchez, manca proprio tanto nel tango.

Ognuno ha le difficoltà a bordo pista, questo era il focus, a tutti i livelli, il punto è che, e riporto una mia frase scritta in un’altra mia riflessione, dopo molti anni di tango la verità vera è che “smetti di giudicare il tango altrui e giudichi solo il tuo tango”.

Il mio post voleva ribadire questo; null’altro. Non il livello, non la bravura, il punto è che non potremmo ballare tutti con tutti,certo, ma non è così banale; il mio anelito non è quello di migliorare il mio tango, ma di allargarne la comprensione, il suo linguaggio, dominarne ogni aspetto, aumentare il mio lessico tanguero per poter meglio “parlare/ballare” di tango.

Invece non riesco mai a condividere questa cosa con nessuno, perché tutti ogni volta vomitano addosso ad altri le loro frustrazioni, tanguere e non, ed anche a Porec ho sentito questi lamenti, insistenti ma aridi perché autoreferenziali.

Temo dovrò riscrivere il mio post 🙂

Roberto Bobo Corsano

Image credit da qui

GENIUS LOCI.

Più passa il tempo, più apprezzo le cose semplici, naturali, poco manomesse dall’intervento umano. Si tratti di creme per il viso o di pietanze da gustare, la naturalezza sta divenendo, per me, ingrediente irrinunciabile.

Hai presente quando addenti una piadina fatta bene? La croccantezza del pane a sfoglia, la scioglievolezza delicata dello stracchino raccolto dalla rucola ed esaltato dal salato del prosciutto? Ecco, una compilation di sapori semplici ma estremamente efficaci.

Così, con questa gustosa immagine, ricordo il mio fine settimana a Riccione, dove, abbracci, sorrisi, benessere totale, hanno regalato momenti di puro svago.

Credo che di “Genius loci” si tratti perché dentro le sale del centro congressi, nel cuore di Riccione, traspirava la tipica accoglienza e convivialità delle persone che ci vivono.

La Romagna, non è un’opinione. E’ certezza. I romagnoli sono calorosi, accoglienti, sorridenti, sanno come farti sentire a casa, sempre.

La seconda edizione di “Romana porteña” tango marathon è stata pure meglio della prima, che sembrava già difficile bissare, invece sono andati oltre.

E’ un fatto accertato, oramai, lo spirito della festa lo regalano i padroni di casa, puoi fare i salti mortali carpiati ma se sei “freddo”, “altero”, “snob”, l’incontro prenderà quella sfumatura di atmosfera.

Beh, in Romagna questo rischio non si corre, per fortuna.

Nemmeno la pioggia di questo maggembre infestato è riuscita a creare una falla nell’armonia contagiosa degli abbracci tangueri.

Per i cercatori di maratone “lievi” (di calviniana memoria), divertenti, dal mood rilassato e gioioso, segnatevi questa. Ne vale la pena!

Pimpra

IMAGE CREDIT DA QUI

DI TANTO IN TANGO. AMARCORD, LA MARATONA DA LECCARSI I BAFFI!

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Ci pensavo e mi chiedevo, con tutta l’offerta di gozzoviglio tanguero, per tutti i gusti e per tutte le tasche, perché – invece di esplorare il mondo –  torno sempre negli amati luoghi?

Amarcord è una tappa annuale di quelle che non voglio perdere. Anzi che non posso perdere. Annovero questa maratona tra quelle in cui mi sollazzo maggiormente, sia in termini di socialità, sia in termini di abbracci scambiati, di sorrisi dati e ricevuti e di piacevolezze da mettere sotto i denti.

Perché mai dovrei cambiare?

C’è una magia tutta speciale a Bologna, come l’aceto balsamico sul pezzettone di Parmigiano Reggiano, come il tortellino nel brodo, per dire. Un abbraccio largo, inclusivo e sorridente che è poi quello che cerco nel mio girovagare tanguero.

Mi piace che, quando ti rivedi o ti vedi per la prima volta, permanga quella gioia allegra di condividere tango e non solo.

Amarcord garantisce questa atmosfera, questo mood particolare che lambisce di sé tutti i partecipanti.

Mi vien voglia di dire che si tratta di una maratona “adulta” perché sa bene quale è la sensazione che vuole dare, sa esattamente quale è il colore emotivo che cerca e, di anno in anno, tutto questo cresce, si espande e noialtri fortunati tangueros ne godiamo a piene mani.

Oggi è lunedì, c’è lo scirocco, fa troppo caldo per essere quasi novembre eppure, sorrido dal profondo.

Grazie Fabio e Antonella che ci mettete il cuore e avete reso possibile un’altra magia!

Pimpra

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