ENERGIA VIBRAZIONALE. #ditantointango

Prima di proseguire, leggetevi il post che sta sopra. E’ la premessa.

Discutevo di “energia femminile” e invito. Era l’oramai lontano 2018 ma lo spunto di riflessione torna molto utile per indagare ancora, aprendo, però, un nuovo scenario.

All’epoca, forse per la mia verde età ( 😀 ) dividevo l’universo delle tanguere sostanzialmente in due macro classi:

Seguidoras

Giaguare

Le prime, le “ballerine”, oggi le definirei le “danzatrici classiche” del tango, nel senso di fulgide rappresentanti della Tradizione.

Le seconde, al contrario, le “rivoluzionarie”, le “sessantottare” del tango, quelle che hanno rotto certi schemi.

L’invito dove arriva più facilmente, mi chiedevo allora. Risposta, come io stessa scrissi, piuttosto ovvia.

L’esperienza, quest’oggi, mi ha aperto una nuova via di indagine sull’energia dell’abbraccio, sulla connessione. E’ una cosa che ho sperimentato su di me: mi ritrovo nella seconda macro categoria, quella delle ribelli, non sono mai riuscita a seguire brava, buona, puntuale, l’uomo. Hoi bisogno – da sempre, di dire la mia, senza voler essere arrogante o – peggio- aggressiva e che mi piace assai parlare/confrontarmi con l’altro e questo esce anche quando ballo.

L’età, dicevo, l’esperienza di tanti tanti tanti chilometri passati a ballare mi ha fatto scoprire, o forse meglio dire trovare, una nuova strada: si può ballare da giaguare rivoluzionarie in modo “nuovo” ovvero sintonizzando un altro tipo di energia con il partner che non è più quella cinetica (dinamica di movimenti) o quella emozionale (connessione e abbraccio), ma si tratta di una sfumatura più eterea ma estremamente potente: l’energia vibrazionale.

Fateci caso, se nel primo abbraccio ci mettiamo in un ascolto profondo dell’altr* che non è solo delle emozioni che ci arrivano dal semplice fatto di “toccarsi”, ma mettiamo in campo quella sensibilità oserei dire “felina, animale, istintiva” che ci guida a percepire le vibrazioni energetiche dell’altro essere umano, esce un dialogo assolutamente fenomenale. Si entra in una dimensione di trascendenza che supera la pura connessione, la dinamica, e si balla in modo diverso, entrambi.

Questo tipo di ricerca richiede di fare una sorta di vuoto mentale, nel quale ci si abbandona completamente, senza paracadute. Se entrambi riescono a liberarsi, la tanda si librerà in una dimensione così assoluta da risultare indimenticabile.

Di sicuro un simile attegiamento mentale richiede esercizio e – probabilmente- non si può mettere in campo in ogni tanda, solo in taluni speciali momenti. Mi sento di suggerire di sperimentarsi in questa nuova ricerca, il tango farà un salto quantico dal quale sarà difficile tornare indietro. Provare per credere.

Pimpra

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IL TEMPO DELLE MELE. #ditantointango

Non passa giorno che sui social non escano gli album dei numerosissimi eventi di tango che hanno luogo in giro per l’Italia, l’Europa, il mondo. Mi piace guardare le immagini di volti rapiti, di sorrisi, di linee corporee avvolte nell’abbraccio, coppie dentro quel flow unico che rapisce ogni ballerino di ogni tipo di danza, di ballo.

Le luci non luci della milonga creano molto spesso quadri suggestivi, restituendo sotto forma di frammenti visivi, le emozioni e l’energia vissuta dai tangueros.

Mi delizio e osservo e vedo nuovi abbracci, fluide dinamiche e guardo ancora e noto un particolare che ricorre sempre più spesso: i volti sono giovani, non sono quasi mai segnati da rughe.

In questi album fotografici certo sono presenti anche miei coetanei/ee ma, nel bilanciamento globale delle immagini, il loro numero sta calando…

Allora, da buona sportiva, mi sono chiesta: quando è corretto appendere le scarpette al chiodo? Il ritiro dalla scena tanguera è in funzione dell’età anagrafica del tanguer* o ne è completamente slegato? E’ opportuno mettere in campo un certo pudore rendendosi conto che, per raggiunti limiti di età, si cede il proprio posto alle nuove generazioni?

Confesso che il solo pensiero di “ritirarmi” mi procura una fitta di dolore, non sono pronta, non sono affatto pronta, ma mi rendo anche conto che le situazioni relazionali in pista, stanno mutando molto velocemente. Sicchè che fare?

Per le gentili signore la faccenda si complica all’aumentare dell’età molto prima di quanto non accada all’uomo. Mi sento di dire (magari per consolarmi) che se la qualità di ballo che riusciamo ancora ad offrire rientra nel criterio del “dignitoso”, possiamo concederci di calpestare ancora le assi di legno. Se la qualità cala una domanda me la farei, sono sincera.

Quanto agli uomini, loro affrontano una tematica affine ma diversa su altri aspetti, direi che pure per loro possa valere lo stesso discorso: a che punto sta la qualità del tango che posso offrire? Certo entrambi i sessi devono essere molto sinceri con se stessi e posizionare la loro asticella nel punto corretto della scala. Senza abbondanze e senza sconti.

Non siamo porteñi, in Italia/Europa non abbiamo la tradizione della milonga come normale asset sociale, per noi è e rimane una passione importata e come tale non possiamo viverne appieno le sfumature che ci consentirebbero la gioiosa partecipazione alle milonghe anche a 80 anni compiuti, se le gambe ci reggessero.

Mi auguro di poter godere ancora per molto del sapore unico di abbracci scambiati dentro le note incantevoli del tango, spero di non scadere mai nel ridicolo e di accorgermi per tempo quando sarà il mio tempo di salutare la milonga.

Nel frattempo però… DAJE!

Pimpra

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COLEGIALA N. 8 E FATTORE “A” #DITANTOINTANGO

Per chi non lo sapesse ancora, questi cinque volti sorridenti sono l’anima pulsante della Colegiala, maratona in quel posto pazzesco, ex colonia estiva della Fiat, che rappresenta – per me- la chiusura con bacio sulla fronte, delle maratone “estive”.

Quest’anno giunta alla sua 8 edizione, con una verve, un desiderio di stupire, di divertire, ai massimi livelli infatti i numeri ne sono stati la testimonianza: 300 e più persone di fedelissimi e nuove leve. Questi sono i numeri del successo!

Quando la data del weekend si avvicina mi sale un’allegria mista di curiosità e desiderio immaginando le sorprese che sempre ho trovato, in tutte (5?) le mie Colegiala.

Ogni anno mi ripeto e dico che l’ultima maratona è la più bella, anche questa lo conferma. Ogni anno ne assaporo maggiormente i dettagli e le sfumature organizzative. Una macchina da divertimento perfetta.

Su 300 eravamo un gran bel mix di provenienze, di età, di “stili” che hanno creato un curry di tango speziato di gran gusto.

Ai miei Colegiali del cuore, a quelle Anime adorabili che l’hanno pensata e ogni anno l’organizzano, il mio sentito GRAZIE, dal profondo della mia anima tanguera! ❤

Affrontiamo adesso il “fattore A”. Avete già capito? Se non vi è chiaro vi offro un esempio: una sala enorme, piena di gente, di gente che fa una cosa per cui praticamente tutti sono accettabilmente brav*, dove – ovviamente – vi sono dei soggetti particolarmente brav*, dove quella cosa accade con brama e desiderio in una zona particolare della sala dove prendono posto quell* dai 20 ai 39 che a 40 butta già male.

Il fattore età, miei cari, quei maledetti segni su pelle e sul corpo che ci qualificano come “passati, andati, decrepiti, vecchi, cariatidi ecc. (…)”. Chi ha superato la boa ed ha messo piede nei meravigliosi “anta” e balla il tango, comincia a farci i conti: si diventa, piano piano, come persone trasparenti oppure invisibili, non si occupa più uno spazio fisico, si fatica a portare la propria luce tra le mura della milonga.

Ci sono “anta” da sballo, giovanili, virtuos* ballerin* che riescono ancora a giocarsela molto bene, ma se tiriamo i remi in barca e smettiamo di darci da fare, la simbolica morte sulla pista è garantita.

Mentre osservavo le dinamiche cercavo di capire certe motivazioni alla base di un invito accettato o respinto, volevo chiarirmi i motivi che spingono molte persone a voler ballare sempre/solo con cert* senza avere l’azzardo, la curiosità di provare o riprovare altri “sapori”. Credevo che 3 giorni di balli matti e forsennatissimi aprissero la possibilità di fare tande nuove, intendo fuori dagli schemi: giovane/figa+adulto normale, giovane/figo+”madre di famiglia” (definizioni che vogliono essere scherzose, sia chiaro), magari che so osando un giovane/adultissim* così, magari per farsi una risata.

Eh no, i tempi non sono affatto maturi per produrre simili acrobazie relazionali. Accettiamolo e basta. Nel mentre, però, per chi è entrato a pieno diritto nella soglia “anta, anta…” il consiglio rimane sempre lo stesso: bisogna STUDIARE. Già il corpo, ci piaccia o no, invecchia, non ci basta più (ma credo non fosse mai sufficiente) dedicarsi a ballare e ballare e ballare. Bisogna affinare, migliorare, smussare ovvero studiare.

È questo il punto a cui siamo giunti, insieme ai miei compagni di viaggio, nella disamina del perché, a un certo momento del nostro percorso di tangueros, cominciamo a stare fermi al palo. Forse, senza saperlo, siamo diventati ballerini arrugginiti, pertanto le lamentele ci tornano indietro.

Il piacere di ballare in una maratona oramai va conquistato con la volontà e il sacrificio. Non ci sono alternative possibili. Una, in realtà: il divano di casa. 😀

Pimpra

ESTATE 2023. QUI E ORA

La ricorderò questa estate 2023. Nessun viaggio in mete lontane, nessuna festa da fuochi d’artificio, eppure è stata un’estate carica di significato, densa di un fluido di benessere e pienezza che mancava nella mia vita, da troppo tempo.

Ho riscoperto passioni antiche. L’acqua, primo fluido che ha accolto una mini me, dopo quello del ventre di mia madre. L’acqua azzurra di una piscina all’aperto in cui ho ritrovato gesti familiari, sensazioni intime e profonde che sonnecchiavano da qualche parte, nascoste.

Avevo bisogno di meditare in silenzio, ma il silenzio vuoto dell’aria si riempiva ogni volta di pensieri che mi portavano lontano, in acqua non è così, si sta. Nella mente, solo il numero delle vasche nuotate, come un faro ad indicare la strada del porto, nel mentre, nel ritmico susseguirsi di bracciate e di respiri, ecco manifestarsi prepotente quel Vuoto tanto atteso, carico di un pieno immenso di coscienza presente. Si affaccia e mi guarda.

In acqua sono tornate le amicizie del tempo ed altre se ne sono aggiunte, rendendo la piscina comunale un luogo magico, carico dell’odore familiare di candeggina, un tempio di gioia.

Quest’estate ho indossato per la prima volta le scarpe da trekking e ho camminato su sentieri di montagna, accompagnata da un allegro e coinvolgente gruppo di amiche. Il mantello verdeggiante delle colline dapprima e dei monti poi ha vibrato nei miei occhi come un delicato suono d’arpa. Non ho resistito e ho scattato un selfie con la mucca pezzata nocciola e beige come quella che ho sul letto di casa. Adoro le mucche, mi procurano tenerezza e rispetto.

Il mare cittadino, nel luogo a me più caro, ha regalato giornate roventi del calore delle amicizie incontrate e di quelle celebrate che hanno, troppo presto, lasciato questo corpo fisico. Erano tutte lì, a godere insieme a me della semplicità di un asciugamano appoggiato sulla terrazza del Bivio, ad abbronzarsi in compagnia, tra nuotate, chiacchiere e qualche aperitivo sotto le stelle.

Il tango non è mancato, anche se, quello che oramai sta più vicino al mio cuore, ha lasciato la città, lo ritrovo in altro luogo, fisicamente lontano. Come l’amore cambia forma, anche il tango cambia luoghi, cambia cuori, e vive di un nuovo respiro.

La pioggia esagerata, seppur crudele in certe sue manifestazioni, ha portato a galla i ricordi di un passato molto lontano, in un altrove davvero distante da qui. L’ho celebrata correndo insieme alle gocce grasse, godendo di quella sensazione unica che nasce dalla profonda connessione con gli elementi. Siamo Natura, terra, acqua, fuoco, aria. Sentirli tutti dentro la pelle, nel sangue che scorre, nei profumi che arrivano a stimolare l’olfatto, mi ha resa potente, immersa nell’immensità del Tutto, come ne facessi interamente parte.

Estate 2023, metafisica e immanente, ambrosia d’anima, dolce come una freccia che trafigge il cuore e lo fa traboccare di senso.

Sono grata.

Pimpra

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12 ORE DI TANGO. MA PERCHE’?

Giovedì. E’ trascorso un giorno e mezzo dalla “mia” 12 ore, in realtà “solo” 6 ore. Sto iniziando a riprendere il corretto ritmo circadiano sonno/veglia, benchè punteggiato – ancora! – da insistenti sbadigli.

Giunta quest’anno alla sua 15 edizione, la kermesse “triestina”, in realtà in quel di Sistiana per dovere di geolocalizzazione, continua a richiamare appassionati, anche foresti. Ottimo per il movimento tanguero regionale, in specie, triestino.

In tanti mi hanno scritto per accertarsi che la comunità tanguera oriunda partecipasse a questa milonga “doppia”? si potrebbe definire così? per essere vieppiù certi di trovare pane per le loro zanne affamate di tandas indimenticabili.

C’è sempre un particolare fermento quando si avvicina la data fatidica, “tu ci sarai? quando pensi di andare?” e domande simili.

Questa tipologia di evento non è affatto rara, se ne organizzano parecchie in ogni regione italiana e all’estero ovviamente, ma per i triestini e non ha un sapore particolare.

La nostra 12 ore scandisce inesorabile l’arrivo del culmine della stagione estiva, avendo luogo esattamente la settimana che precede ferragosto, indicando l’inizio del lento avvicinarsi di settembre e del cambiamento di stagione.

Sono ben 15 anni che gli amanti del tango si danno appuntamento a Sistiana, nell’incantevole baia che con le sue falesie e il respiro della risacca, contribuisce a rendere unici gli abbracci scambiati in pista, aggiungiamoci la falce di luna e un bel venticello di borino a raffrescare gli animi roventi e abbiamo lo scenario perfetto!

Ma perchè 12 ore? Cosa andiamo mai cercando per sottoporre il nostro fisico a una tenuta così pesante, a tante ore di ballo? Dalle prime luci del tramonto fino a quelle dell’alba?

Mi sono data più spiegazioni: dal tramonto all’alba è una meravigliosa metafora del cerchio della vita celebrata dentro un abbraccio, godendo dei colori rossastri del sole adagiato sul mare e delle luci acquerellate dell’alba.

E’ una prova fisica importante ballarle tutte e 12 le ore, può essere una sfida per i più audaci, il desiderio di dimostrare a se stessi di poterlo fare.

Fame, desiderio, curiosità che esplodono al loro meglio con più tempo a disposizione? Chissà forse per taluni è così.

Personalmente la mia formula esce dal paradigma 12, poichè me la vivo a metà, per me 6 ore sono più che sufficienti. Ma non scelgo mai delle ore a caso. Arrivo dopo la mezzanotte, con il corpo ancora addormentato (mi scuso con i primi ballerini che mi hanno invitata!), entro nella notte come fossi un gatto, delicatamente i piedi diventano polpastrelli ovattati e il corpo inizia a rispondere a musica e abbracci. La mente si perde ed è come se, ballando, riprendessi a sognare, ma ad occhi aperti.

L’alba arriva dolcemente accarezzando gli occhi ancora abituati alla notte. Foto di gruppo di rito e, come tanti pipistrelli, voliamo alla ricerca del buio e di un buon sonno ristoratore.

Pimpra

DATEVI UNA REGOLATA. #ditantointango

Avete presente il traffico congestionato stile esodo di ferragosto, le lunghe code, il fastidio di quelli – disgraziati! – che pensano di avere il diritto di arrivare in villeggiatura prima di te, ecco, è quello che ancora accade in certe milonghe.

E’ passata una settimana dalla serata in uno dei luoghi sicuramente più entusiasmanti dove ballare a Trieste, quello che noi locali chiamiamo ancora “Cantera” che ad oggi è stato rinominato “Base Sistiana”.

Un musicalizador meraviglioso che non era possibile pensare di star sedut*, meteo bizzarro come l’estate che stiamo vivendo e quindi utilizzo esclusivo della sala interna. Mica piccola sia chiaro. Pavimento adatto, nuovo piacevole allestimento, non fosse per quella assurda luce sulla pista che rendeva gli abiti fosforescenti (il mio caso – sorvolo sull’imbarazzo).

Osservando la ronda-fracassina, ricordo di aver pensato “meno male che non ballo da leader”, garantisco che una pista più maleducata fatico a ricordarla. Allora mi chiedo: PERCHE’.

Se esiste quella che si chiama ronda un motivo ci sarà: si gira IN TONDO, non si fanno i zig zag, non si supera a destra e a manca, non si centra la coppia che precede o che segue. Si balla, si rispetta il flusso, come si fosse fatti d’acqua.

I principianti devono stare nel cerchio interno, perché è loro sacrosanto diritto prendersi il tempo per ragionare sul da farsi- passo, musica, ballerina, e, allo stesso modo, per lasciare spazio ai più avanzati di procedere con maggiore fluidità nel perimetro esterno.

Non è difficile, lo capisco pure io che con numeri/geometria e scienza esatta faccio a pugni!

Questo roteare informe, farcito di fretta ingestibile, ha reso, quella che poteva essere una serata strepitosa, un incubo.

E così non va bene per niente e non lamentiamoci poi, se i pochi foresti che passano da noi a ballare, non tornano più. Per tutti, si rende vieppiù necessaria la patente del milonguero. Ecco, l’ho detto.

Pimpra

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IL TANGO NON MENTE

Ho preso la sana abitudine di ascoltare il podcast di una coach americana, tale Mel Robbins, mentre mi accingo a fare la passeggiata quotidiana che mi porta in ufficio. Trovo sia un eccellente modo di sfruttare 30 minuti della mia giornata ascoltando argomenti interessanti, esercitando al contempo una lingua straniera.

L’argomento di oggi: il linguaggio del corpo, tema per la sottoscritta, estremamente affascinante, come lo sono tutte le discipline che indagano l’essere umano, nella psiche e nel fisico.

Il corpo non mente assioma condiviso da tutti, saper leggere i micro segnali che esso invia (lo fa 5” prima della parola), è strumento potente per comprendere chi si ha di fronte.

Ho provato ad immaginare tutti i segnali che ricevo quando ballo con qualcuno e pure quelli che io stessa – il più delle volte inconsciamente- invio agli altri.

Facendo mente locale, la prima cosa che ho pensato è che, con un po’ di esercizio all’ascolto, dai primi secondi in cui tocchiamo la mano dell’altro, anche prima di abbracciarlo, inizia il processo di decodifica e interpretazione dei messaggi fisici.

Trovo molto interessante che lo facciamo senza accorgercene, lasciando semplicemente accese le antenne di ricezione che parlano in linea diretta anche al nostro subconscio.

È lì che ce la giochiamo senza saperlo (a livello cosciente), perché, gran parte delle nostre “voci” interiori che si esprimono in atti, in gesti e poi in parole, trovano casa in queste nostre profondità.

Se accettiamo questo postulato, allora è molto più facile capire la diffidenza di taluni, l’ansia di talaltri, così come pure la gioia, la seduzione e tutte le sfumature che possiamo leggere, percepire, immaginare passino dentro un abbraccio tanguero.

È questo tipo di approccio fisico che il tango regala che è capace di sconquassare le fragili pareti delle maschere che ci siamo costruiti strada facendo, perché, e lo sappiamo molto bene, nell’abbraccio c’è tutto: noi e la nostra essenza, senza finzione e senza sconti.

Rileggendo con questa lente come ho ballato ieri sera alla pratica (malissimo – ahimè), ho interpretato in modo diverso i messaggi che il mio subconscio mi ha trasmesso, li ho accolti e, al posto della frustrazione mi è entrata una sensazione di “ok, tranquilla, posso lavorarci su e sistemarla questa faccenda. C’è rimedio, non è tutto da buttare”.

Prestare un ascolto diverso a quanto ci accade come singoli tangueros e come coppia (ovvero i due singoli danzatori che uniscono l’abbraccio per la tanda) può essere una ulteriore chance per la crescita individuale, soggettiva e di ballerini, che ci permette di resettarci in modo consapevole anche durante la tanda, al fine di far fluire al meglio il dialogo danzante.

Alla fine torna sempre un concetto: osservazione, ascolto attivo, desiderio di comunicare.

Per oggi il pippolotto è finito, ballate in pace. 😀

Pimpra

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LA COPPIA NEL TANGO. Più costi o più benefici?

Argomento stuzzicante la coppia sentimentale nel tango.

Se ne vedono moltissime nell’ambiente, se ne formano altrettante e… per equilibrio cosmico, un buon numero scoppia.

È un bene o è un male essere una coppia e ballare il tango? È un rischio o un’opportunità?

La prima risposta che mi viene in mente è: ognuna di queste.

In prima battuta i vantaggi sono indubbi:

  • si frequentano insieme i corsi/stages/lezioni
  • ci si iscrive agli eventi e di solito si entra
  • si possono condividere le spese
  • si viaggia in compagnia

Poi però ci sono aspetti che cominciano a delinearsi e che, non sempre, vestono il rosa del “va tutto nel migliore dei modi”. Spesso, il tango per la coppia, è come un catalizzatore di quello che non funziona, a partire dalla comunicazione.

Si vedono a lezione le coppie che si prendono a male parole, che litigano per incomprensioni su un movimento, sulla sua esecuzione. E tornano a casa ancora più frustrati quando non arrabbiati, con i volti scuri.

L’altra faccia della medaglia è rappresentata dagli innamorati della prima ora che, a lezione pur non capendo una cippalippa di quanto richiesto, si guardano in faccia con gli occhi a forma di cuore. E se ne tornano a casa, ancora più contenti di come sono arrivati.

Ciò che fluisce o che trova ostacoli nella coppia tout court, il tango tira fuori. A quel punto non si può fare finta che tutto funzioni, perché non è così.

Inserisco questo aspetto in quelli che definisco “rischi” ma che, a ben guardare, risulta una incredibile “opportunità”: di riparlarsi, di trovare il modo di comunicare ancora, di ritrovarsi.

Avere un partner sentimentale con cui condividere la passione tanguera può sicuramente contribuire a scrivere la cifra stilistica della coppia tanguera: gli amanti danzano la loro relazione, le loro affinità, il loro modo di stare insieme. Esce tutto: l’energia vibra forte, l’abbraccio è catartico, l’espressione corporea esprime un sottile legame, una profonda complicità, una intimità radicata. Mi sembra indubbiamente meraviglioso ballare una tanda, esprimendo e godendo di tutto questo.

Possono, in taluni casi e circostanze, entrare dei rumori di fondo, come la gelosia, il fastidio come se qualcun* entrasse a casa nostra senza essere invitato. Lì la coppia deve essere forte, ben strutturata per affrontare questo genere di “sfide relazionali”.

Ne ho visti tantissim* cadere, sedott* da uno sguardo più torbido ed emozionante della loro quotidianità senza onde. Cedere alle sirene di un abbraccio sconosciuto ed avvolgente. Anche questa è vita, non resta che accettarlo. Il tango accelera i tempi: se la coppia è destinata a scoppiare, lo fa con anticipo.

Ho in mente meravigliose coppie che, al contrario, nel tango hanno trovato un cemento che ha reso ancora più solida la relazione, regalando momenti di gioia condivisa, di stimoli funzionali a nutrire un percorso insieme rendendolo nuovo ogni giorno.

Ho pure negli occhi molti tanguer*s rifiorit* dopo la chiusura di una relazione divenuta arida.

Concludendo, specie per tutte le amiche che non hanno mai provato il tango in coppia, credo che sperimentare cosa significhi ballare con il proprio partner sentimentale, sia un’esperienza potente, molto emozionante ma, aggiungo, non per tutti.

Pimpra

IMAGE CREDIT: UNUSUALLENS.COM

IO BALLO DA SOLA. Punti di forza, di debolezza, le opportunità e le minacce.

Che il tango non fosse un ambiente “democratico” l’ho sempre saputo, quando misi per la prima volta piede in una milonga. Passai molti anni di lotte interiori prima di accettare e comprendere le dinamiche dell’invito ed altrettanti anni a combattere con certe logiche non premianti, non meritocratiche che pure si esprimono in milonga.

Il mio ingresso nel mondo tanguero l’ho fatto con il ballerino di allora e l’ho continuato, per molti anni, con un successivo partner. La ruota del tempo gira portando con sé il cambiamento, massima espressione di vita, sono quindi diventata una ballerina senza partner.

All’inizio ho fatto fatica a riconoscermi nel mio nuovo status, dentro di me, da qualche parte, era come se avessi perso qualcosa. Non posso negare che l’abbraccio che mi aveva accompagnato per lunghi anni in molte ore di ballo, rappresentasse oramai la mia “casa” del tango e quindi, le prime volte, il distacco è stato piuttosto pesante. I nuovi abbracci però hanno fatto il loro dovere, ridefinendo la nuova tanguera che sono diventata: felice senza partner fisso.

A tutte le amiche che si riconoscono nella mutata situazione o che non hanno mai avuto un ballerino con cui allenarsi e ballare con assiduità, dico che non tutto il male viene per nuocere. Vi spiego il perché.

Partiamo dalle MINACCE. Che si intendono qui, ovviamente, in senso metaforico.

Non avere qualcuno con cui studiare/ballare con costanza può sicuramente limitare le possibilità di:

  • frequentare un corso con un partner di qualità (di solito sono già impegnati)
  • iscriversi ad eventi di livello più alto (mediamente finiamo in “waiting list“)
  • poter lavorare sulla definizione del proprio stile personale di ballo. (La ballerina tipicamente seguidora avrà probabilmente un po’ meno problemi di un ballerina dal carattere danzereccio più “spinto”).

Quanto ai punti di DEBOLEZZA, a mio parere, vanno a toccare maggiormente la sfera emozionale della donna, ovvero:

  • Non essere invitate perché ci “cade la faccia”, quando nessuno ci vede, ci nota, ci invita.
  • Non avere la possibilità di dimostrare le proprie capacità, l’espressività, la competenza, chi siamo in termini di tanguere perché balliamo con partner che non vogliono rischiare e quindi richiedono una personalità più delicata quando non accomodante
  • inutile aggiungere che a tutte sarà capitata almeno una volta la sindrome del “brutto anatroccolo” che sono brutto e nero e non mi vuole nessuno (e così restiamo per davvero a fare tappezzeria per l’intera serata).

Essere una ballerina senza partner offre, in realtà, delle incredibili opportunità.

Se saprò trovare la lezione in ogni brano ballato con ogni persona con cui intreccerò il mio abbraccio, diverrò sicuramente una tanguera migliore.

La motivazione (punto di forza) di crescere ed imparare mi porterà a cercare il miglior elemento per lo studio in quel momento storico della mia formazione.

La cerchia delle amicizie tanguere subirà un impulso notevole, regalando, oltre al piacevole momento della milonga, deliziosi e divertenti “fuori pista”.

Psicologicamente costringe a guardarsi dentro, costringe a tirare fuori l’energia vitale, obbliga al confronto con i propri demoni (se ci sono) per poterli rendere innocui. Rende la donna completamente indipendente, meravigliosamente avventuriera, libera come un refolo di bora.

Amiche care, mai mi stancherò di dire quanta fantastica vita c’è dentro il tango. Andiamo a prendercela tutta.

Lunga vita alla Giaguara!

Pimpra

IMAGE CREDIT: frame da foto di Mauro Tonkic

APPUNTI TANGUERI.

Il fine settimana lungo di aprile traghetta nello splendido mese di maggio, dove fioriscono rose e spose mentre la primavera ancora non ha fatto capolino.

Per quasi tutti la piccola sosta consente di aprirsi a una piacevole occasione di relax, di gite fuori porta e grigliate con amici.

Il concetto di “pausa” è ignoto al tanguero di tipo errante o stanziale: dove c’è un ponte o un fine settimana allungato, c’è una ghiotta occasione da non farsi sfuggire, un evento imperdibile, una milonga di quelle giuste.

Anche se l’armadio urla “cambio di stagione”, l’appartamento “mettimi in odine”, il balcone “occupati di piante e fiori”, la crew felina “vogliamo stare tutti in compagnia”, pure la sottoscritta non è sfuggita alla sacra regola: A BAILAR!

Con una organizzazione del mio tempo libero degna di una “bionda e svampita”, ho pensato bene di recarmi per due giorni di fila, a due eventi lontani 250 km da casa, facendo ritorno all’ovile dopo ogni serata. Due conti alla mano, circa 5 ore di macchina per ballarne al massimo 6. Irrazionalità allo stato puro. Ma tant’è.

La prima pomeridiana qui, mi ha sorpresa per la spumeggiante offerta musicale che, per la prima volta, mi ha fatto soffermare sull’importanza delle cortinas a cui, in precedenza, non avevo mai dato particolare peso.

La musica, nella mia testa famelica di tango, partiva dall’inizio brano alla scansione delle tande previste, pausetta e via un nuovo giro, una nuova corsa. Il tempo in mezzo l’ho sempre vissuto come “funzionale a”: tornare al posto/cambiare posto/mirare/riballare.

Invece, nel dì del 30 aprile dell’anno del Signore 2023, ho capito che una cortina ben pensata, è un catalizzatore emotivo/energetico/d’atmosfera che prelude e prepara alla tanda successiva. La pomeridiana, benchè sovraffollata, con la pista che buttava in caciara per l’entusiasmo fuori controllo dei danzanti, ha regalato un su e giù energetico coinvolgendo i presenti in una buonissima onda come non ricordavo da tempo.

La cortina dava l’accordo, la tanda completava il movimento.

Il giorno successivo, nella mia personale maratona più chilometrica che tanguera, ho festeggiato il primo maggio, in quel luogo pazzesco che è lo spazio Orvett. Ogni volta che vi ho ballato, sono tornata a casa appagata, l’atmosfera del luogo unita alla cordialità del gruppo degli organizzatori, rende la festa una bellissima festa.

Inizio il mio martedì di maggio con un solo miraggio davanti agli occhi: una dormita di almeno 6 ore.

E da domani si ricomincia…

Pimpra

IMAGE CREDIT: GAZ BLANCO

Ps: l’abito dell’immagine un modello di Modecreator Quincedemayo Anita

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