QUANDO DIETRO LE QUINTE CI SONO LE DONNE. BOca TANGO DAY. #ditantointango

Il mio anno tanguero ha preso vita in Emilia Romagna dando un felice imprinting alle mie velleità danzerecce, riportandomi, una volta ancora, nell’accogliente terra del tortellino (e non solo!).

Una formula che amo particolarmente: un “All you can dance” di 14 ore di fila. Un sabato dedicato all’attività preferita: ballare e – soprattutto – ballare bene.

In Emilia Romagna, diciamocelo, sono molto viziati, non c’è parquet che si calpesti dove non si trovi ottima offerta di ballerin* che siano oriundi o in trasferta, di sicuro amano ritrovarsi colà. Me compresa.

Della sede prescelta, Casa Katia Bertasi ne ho già parlato qui, ribadisco la comodità di raggiungerla, specie per la sottoscritta che ha viaggiato in treno, oltre la piacevolezza di ballare in una ampia sala vetrata con affaccio sul verde.

Quale sia la formula di una nuova milonga nel ricco panorama bolognese, non mi è difficile identificarlo: la passione di tre donne, le art director dell’evento, che, oltre alla esperienza come ballerine ed insegnanti di tango, hanno messo la sensibilità e l’organizzazione tipica delle donne.

Programma cristallino: offriamo 14 ore di ballo, piccoli snacks (non vi riempiremo la pancia perciò organizzatevi, ma noi vi forniamo tutte le informazioni per aiutarvi, compresi i cockatil al bar a prezzo convenzionato), una tonnellata di deliziose arance Resca che fanno anche bene alla salute (ps: next time provate a noleggiare il macchinario utile alla spremitura del nettarino frutto così da agevolare gli avventori dell’aranciata), una super coppia di Dj che ci hanno fatto fondere la suola delle scarpe.

Trovo interessante la formula che le tre madrine di BOca tango, Antonella, Luciana e Marianna hanno scelto, il prossimo incontro a marzo per concludere (in questa prima fase) a giugno. Diluire l’evento per dare la possibilità anche a chi non è dei luoghi di organizzarsi il viaggio, e, immagino, anche per non andare contro alle milonghe fisse di Bologna e dintorni. Sensibilità tutta femminile, a mio parere e forse, anche legata alla logistica di sala che, bella com’è, sarà spesso utilizzata per eventi.

Cosa posso aggiungere se non che è sempre un piacere assistere a un “ciack si gira” di una prima edizione che finisce con l’esclamazione “buona la prima”!

Felice di essere stata presente e ballare il vostro successo!

Pimpra

ESTATE 2023. QUI E ORA

La ricorderò questa estate 2023. Nessun viaggio in mete lontane, nessuna festa da fuochi d’artificio, eppure è stata un’estate carica di significato, densa di un fluido di benessere e pienezza che mancava nella mia vita, da troppo tempo.

Ho riscoperto passioni antiche. L’acqua, primo fluido che ha accolto una mini me, dopo quello del ventre di mia madre. L’acqua azzurra di una piscina all’aperto in cui ho ritrovato gesti familiari, sensazioni intime e profonde che sonnecchiavano da qualche parte, nascoste.

Avevo bisogno di meditare in silenzio, ma il silenzio vuoto dell’aria si riempiva ogni volta di pensieri che mi portavano lontano, in acqua non è così, si sta. Nella mente, solo il numero delle vasche nuotate, come un faro ad indicare la strada del porto, nel mentre, nel ritmico susseguirsi di bracciate e di respiri, ecco manifestarsi prepotente quel Vuoto tanto atteso, carico di un pieno immenso di coscienza presente. Si affaccia e mi guarda.

In acqua sono tornate le amicizie del tempo ed altre se ne sono aggiunte, rendendo la piscina comunale un luogo magico, carico dell’odore familiare di candeggina, un tempio di gioia.

Quest’estate ho indossato per la prima volta le scarpe da trekking e ho camminato su sentieri di montagna, accompagnata da un allegro e coinvolgente gruppo di amiche. Il mantello verdeggiante delle colline dapprima e dei monti poi ha vibrato nei miei occhi come un delicato suono d’arpa. Non ho resistito e ho scattato un selfie con la mucca pezzata nocciola e beige come quella che ho sul letto di casa. Adoro le mucche, mi procurano tenerezza e rispetto.

Il mare cittadino, nel luogo a me più caro, ha regalato giornate roventi del calore delle amicizie incontrate e di quelle celebrate che hanno, troppo presto, lasciato questo corpo fisico. Erano tutte lì, a godere insieme a me della semplicità di un asciugamano appoggiato sulla terrazza del Bivio, ad abbronzarsi in compagnia, tra nuotate, chiacchiere e qualche aperitivo sotto le stelle.

Il tango non è mancato, anche se, quello che oramai sta più vicino al mio cuore, ha lasciato la città, lo ritrovo in altro luogo, fisicamente lontano. Come l’amore cambia forma, anche il tango cambia luoghi, cambia cuori, e vive di un nuovo respiro.

La pioggia esagerata, seppur crudele in certe sue manifestazioni, ha portato a galla i ricordi di un passato molto lontano, in un altrove davvero distante da qui. L’ho celebrata correndo insieme alle gocce grasse, godendo di quella sensazione unica che nasce dalla profonda connessione con gli elementi. Siamo Natura, terra, acqua, fuoco, aria. Sentirli tutti dentro la pelle, nel sangue che scorre, nei profumi che arrivano a stimolare l’olfatto, mi ha resa potente, immersa nell’immensità del Tutto, come ne facessi interamente parte.

Estate 2023, metafisica e immanente, ambrosia d’anima, dolce come una freccia che trafigge il cuore e lo fa traboccare di senso.

Sono grata.

Pimpra

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COME UN SOGNO DI ALTRI TEMPI: LA MARATONGUERA.

Ci sono luoghi che, appena li vedi, ti vibrano dentro come se ti sentissi a casa.

Arrivo a pomeriggio inoltrato accompagnata da una brezza di mare che riconosco molto bene, un bel venticello teso, fresco e piacevole che toglie di dosso la stanchezza delle lunghe ore di viaggio e l’arsura di questa estate da poco iniziata.

Le note sono già nell’aria e danzano lievi come i filamenti di un soffione rendendo quel primo impatto ancora più suggestivo.

Sono alla mia prima Maratonguera, incredula di poter finalmente apprezzare di persona quel luogo così particolare affacciato sull’acqua. La realtà supera di molto l’immaginazione e mi procura un’emozione forte come al primo appuntamento con l’amore.

La formula è perfetta: si balla ininterrottamente dalle cinque del pomeriggio a notte inoltrata, chi non ce la fa, si concede una pausa gaudente, tra il buon cibo dell’antica locanda “Il pilota” che allestisce i tavoli a ridosso della pista così che, volendo, tra una portata e l’altra, ci si possa concedere proprio quella tanda speciale lì che è un peccato perdere.

Arrivare in milonga a pomeriggio inoltrato è una strategia ideale che permette agli ospiti di dedicarsi al mare/turismo senza quel retro pensiero di “mi sto perdendo qualcosa la pomeridiana è già iniziata”. E poi, diciamocelo, regala un tempo di recupero utilissimo dalle fatiche del giorno precedente.

Il luogo ha il sapore di bei tempi andati, si balla su tessere di mosaico come si usava posare negli stabilimenti balneari degli anni ’50. È perfetto, cosa posso dire, i piedi non ci provano neanche a lamentarsi che la superficie è dura perché ci pensano gli abbracci, la musica, i sorrisi di tutti i partecipanti a lenire qualsiasi acciacco. E poi c’è il brufen, ma questo i tangueros esperti lo sanno già!

Ad ogni modo l’impianto scenico è nullo se non è animato da quella sana accoglienza che impronta di sé ogni evento ben riuscito e questo lo è stato senza dubbio. Si sa che molta parte dell’atmosfera è data dai padroni di casa e di certo Marcella e Flavio e il loro staff, sanno bene cosa significhi ricevere.

Un miscuglio meravigliosamente stimolante di stili di tango diversi, di persone gioiose e sorridenti in una cornice che regala un sapore di vacanza al mare. Ma che vogliamo di più? Ne vogliamo ancora!

Pimpra

GOOD VIBES ONLY

La giornata grigia e piovigginosa di dicembre, un lunedì per giunta, non aiuta a tenere gli occhi aperti sul mondo. Sono davanti al pc dell’ufficio con il corpo, solo con quello.

Sto inseguendo pensieri colorati, girandole di emozioni vibranti, spicchi di allegria scanzonata che mi hanno accompagnato durante il weekend bolognese.

L’Emilia Romagna è sempre un bel stare. Quale che sia l’ingrediente segreto non so di preciso, ma azzardo nel dire che sta custodito negli abitanti. A Bologna c’è casa, quella che sa di tortelli, di quintalate di carboidrati che ti mettono allegria per forza, di popolosa gioventù che i miei occhi non sono abituati a trovare.

I colori stessi della città, o quantomeno del suo centro, sono caldi e terrosi, a differenza dei toni ghiacciati del neoclassico di casa mia, all’estrema periferia “dell’impero”.

A Bologna si è, in totale pienezza.

Ho rimesso piede su un parquet dopo molto tempo, con l’anima in subbuglio, in un misto di adrenalinica emozione e un pizzico di ansia. Ho legato alle caviglie i laccetti delle scarpe preferite, ritrovando, nell’affacciarsi mogano dello smalto passato sulle dita, un punto di vista familiare.

Ero pronta e tremante, vibrante di una vita rimasta troppo a lungo come sospesa.

Le prime note sono entrate potenti e, senza pensarci, una mano amica mi ha condotto nei solchi di quella musica grassa di argilla e di stelle, e il mio corpo, come se nulla fosse, si è connesso.

Noi che abbiamo questo potente alleato nella nostra vita, dovremmo sempre ricordarci di onorarlo. Noi balliamo il tango, siamo dentro il flusso della sua vita che scorre, sempre, anche se a volte non la vediamo, come un fiume carsico.

Si è mostrato davanti a me, tremate e sudata, mi ha rincorso, abbiamo giocato insieme, a prenderci a nasconderci, insieme abbiamo suonato una nuova musica, la nostra, accompagnata dai diversi abbracci e dalle orchestre che creavano un prisma colorato di gioia.

Questi i doni che mi porto a casa, ebbra di me e di lui, di questo assurdo e fenomenale tango meraviglioso che mi ha sua. Per sempre.

La mia magia assoluta si chiama Amarcord. Perchè solo chi ama veramente, sa come si crea amore.

Grazie Antonella Fabio e crew per questo nuovo dono.

Pimpra

UN TUFFO CON NEMO

Luoghi desertici erano già nei miei occhi e nelle mie narici, il pianoro dell’Iran, l’Africa settentrionale ma il Sinai è stata la mia prima volta.

Un viaggio verso il basso, in tutti i sensi, direzione sud e sotto l’acqua.

Fortunatamente gli amici mi avevano messa in guardia: Sharm El Sheikh esiste solo per fare le immersioni. Il messaggio era chiaro: luogo completamente turistico e vabbè, ma ero certa che qualcosa di locale, di tipico, l’avrei trovato. Invece no.

Scesa dall’aeromobile attendevo di percepire il “profumo del luogo”: nulla. Niente che scrivesse le mappe degli odori dei paesi visitati, probabilmente il clima torrido, secco e ventilato, elimina qualsiasi traccia.

L’areoporto dista pochi KM dalla zona urbana che si sviluppa a margine di lunghe strade, case, complessi alberghieri, ogni costruzione è bassa, di forma semplice, con piccoli guizzi orientaleggianti, come alle finestre. Il bianco domina, così come un bel ocra aranciato della sabbia terrosa della superficie che fa da contrappunto al nero pece dell’asfalto.

Il primo tuffo è stato esaltante. Immergersi in un acquario, dai mille pesci colorati, dai coralli di forme e dimensioni incredibili. Il mare, dopo la barriera, si inabissa velocemente, provocando, a volte, la sensazione di vertigine che svanisce immediatamente lo sguardo rapito da un colore, da una forma, da un pesce particolare.

Lo squalo aveva altro da fare, per mia fortuna, così pure il pesce balestra che pare essere molto aggressivo se gli invadi il territorio mentre si prende cura delle uova. Per il resto ho salutato Nemo, nuotato con deliziosi banchi di pesci a righe, pesci dalla livrea di un azzurro elettrico, ho pinneggiato con maestosi napoleone, ho dimenticato perfino che stavo in acqua.

Il mar Rosso è salatissimo, le mie povere ascelle lo dimostrano con la pelle talmente tanto secca da squamarsi vistosamente.

I lampioni delle strade sono alimentati ad energia solare, che pare un’evidenza lapalissiana, peccato che la sabbia del deserto circostante sporchi gli specchi e la manutenzione della pulizia sia troppo costosa, sicchè spesso restano spenti.

Un discorso a parte merita la popolazione locale. Gli egiziani o, comunque, i medio orientali, sono diversi dagli “arabi” che ricordavo. Ho visto ragazzi e ragazze molto belli, dai fisici asciutti, contrariamente a quanto ricordavo di quelle popolazioni.

Le donne, se di fede musulmana, sono costrette ad indossare improbabili “costumi” che le coprono – letteralmente – da capo a piedi, capelli compresi ma le poverine, non indossano seducenti tute aderenti alla cat woman, per intenderci, bensì palandrane nere di lycra che sotto quel sole cocente con una media di 35° all’ombra ve li raccomando. Eppure, a guardarle, sono come delle principesse: il volto truccato, le sopracciglia sempre ben definite, occhi penetranti, labbra carminio. Tutto ciò che non può essere svelato, ma solo immaginato del loro corpo e della loro bellezza, esce sul volto.

I bambini, quanti ne ho visti! Amatissimi dalla popolazione, rispettati, vezzeggiati. Le famiglie ne hanno in media 3, di solito in scala ravvicinata.

I venditori. Sono sopravvissuta agli attacchi seriali dei venditori della qualunque che, con la tecnica dell’esasperazione, alla fine escono vincitori nel duello con il potenziale cliente.

La parola magica che ti rivolgono sempre è “no stress” salvo poi iniziare immediatamente l’assedio a suon di parole per convincerti a comprare qualcosa.

Sono bravi con le lingue. Il russo impera, esageratamente, anche sulle insegne dei negozi e sui cartellini delle merci solo che, di questi bui tempi, di russi colà se ne sono visti ben pochi, e lo scettro dei turisti presenti è tornato in mani italiane.

Ho mangiato il migliore melone di sempre e sguazzato nella gelatina di frutta che mi ha riportato agli anni verdissimi dell’infanzia.

Come ogni turista che visita l’Egitto il pegno in diarrea è una moneta che tocca pagare. Per fortuna mi sono organizzata, potendo gestire in tempi velocissimi e con minimi effetti collaterali, il “marchio del faraone”.

Per i nordici il fattore protezione solare 50 è obbligatorio. Sono riuscita comunque a prendere un’insolazione sulla schiena e rientrare dalle ferie colorata come un latte macchiato, praticamente pallida come sempre. Ma è stato bello provarci, molto bello!

Ci tornerei?

Di sicuro, magari in una zona meno turistica, se esiste!, ma con l’obiettivo di fare le immersioni e fotografare quel paradiso di fondali.

Pimpra

LA MIA COPENHAGEN

Il desiderio irrefrenabile di andarci mi è arrivato inaspettato, un giorno di tarda estate, capitando per caso nella bacheca di una conoscente. Gli occhi hanno avuto un sussulto emozionato che si è riflesso immediatamente sul cuore: dovevo visitare quella città.

Complice il weekend del mio compleanno, invece del solito pacchetto infiocchettato, ho ricevuto una mail con il biglietto aereo e l’hotel. Stavo per svenire di felicità davanti al pc.

Ho volato con gli olandesi di KLM, una compagnia aerea che non mi ha mai deluso, sin da quando, in tenera età, vi volavo tra Medio Oriente e Africa, resta tra le compagnie aeree preferite.

L’aeroporto di Copenhagen mette immediatamente il viaggiatore in una dimensione di piacevolezza, non è rumoroso, luce gradevole ovunque e il pavimento di legno. Non potevo credere ai miei occhi. Molti spazi dove rilassarsi e familiarizzare con il famoso “Hygge”.

L’albergo in centro, una chicca in puro spirito danese, legno, luci, sedie particolarissime, caminetto, personale giovanissimo e super gentile, camera dai colori neutri, caldi e rilassanti. Mi sono sentita immediatamente a mio agio.

La bicicletta, per i danesi, è come lo scooter per i triestini: fondamentale. TUTTI la usano, non ne ho mai viste così tante, così “bizzarre”, tutte insieme. Utilizzarle in città è semplicissimo evitando la produzione di smog, inoltre si pedala in tutta sicurezza perché ogni superficie stradale prevede la corsia dei ciclisti, con semafori e segnaletica dedicati. Si raggiunge in poco tempo, ogni angolo della città, inoltre, si può agilmente posteggiare il mezzo ai supporti, o, quando occupati, si lascia la bicicletta in fila, senza tema che venga rubata, danneggiata o altro. Mi è sembrato un sogno.

Altro vantaggio del turismo su due ruote: si evita la psicofollia delle foto, si pedala e si guarda, si assimila il paesaggio e si apprezza senza distrarsi, senza il bisogno imperante di condividere sui social, si sta, si vive, si gode del momento, si pedala. Evviva.

Copenhagen sembra costruita a dimensione uomo, non è una città che cannibalizza, ma piuttosto accompagna. Ci si può fermare nei caffè, ci sono tantissimi luoghi in cui concedersi uno spuntino, spazi esterni da vivere, certo solo nei mesi caldi, altrimenti ogni luogo pubblico offre, comunque, la possibilità di una sosta.

Sono stata rapita dalla fusione architettonica di antico e moderno, dove il design dalle linee essenziali, dialoga e si armonizza al contesto urbano precedente. Il “diamante nero” merita una visita, non fosse altro per apprezzare l’affaccio sul canale della struttura e il suo legame con l’antica biblioteca reale.

A Copenhagen il verde dei parchi cittadini non manca, così come si percepisce che la media della popolazione è molto giovane.

La sensazione che ho avuta è che al nord dell’Europa certi stilemi sociali non trovino casa: la sera di San Valentino ho visto numerose compagnie di amiche cenare insieme e ridere di gusto, coppie in tutte le sfacettature e combinazioni possibili, godersi il romanticismo senza bisogno di nascondersi. Naturalezza, convivenza, comunità, convivialità sono concetti che si vivono, non solo parole.

L’ambiente e la sua cura sono un baluardo, non ho incontrato un solo bidone esplodere per l’immondizia, tutto si differenzia, in modo consapevole, come fosse naturale farlo. Lo stesso cestino della camera dell’hotel era diviso per tre tipi di raccolta. L’acqua da bere si trova spesso nel tetrapack per evitare la produzione di plastica.

Se si parla di danesi non si può prescindere da almeno tre delle loro fissazioni: le candele, la luce, le sedie che confluiscono tutte in quella dimensione dell’anima che si chiama “Hygge” (una sorta di “Cozy” inglese).

Gli spazi, e la cosa mi ha colpito molto, sono arredati spesso con giochi di sedie, poltroncine e divani, diversi per forma e design, tutti incredibilmente confortevoli. Non per nulla alcune delle più iconiche sedie del design mondiale, vedono la luce dalle mani di sapienti maestri danesi. Il legno spadroneggia negli arredi quasi ovunque.

I popoli nordici, complice il lungo inverno, le poche ore di luce, il freddo, vivono la sacralità del luogo, della compagnia, dell’ambiente, della famiglia. Ecco che ricreano le condizioni ideali dove stare, come starci e con chi.

Se non si raggiunge almeno il metro e settanta cinque di altezza ci si sente un vero tappo di bottiglia, sono una popolazione alta, alta, alta e tanto, tanto, tanto bella. Le sfumature di biondo dei loro capelli, gli occhi in tutte le gradazioni del blu, dell’azzurro con tocchi di verdi.

Il mio personale momento di gloria l’ho vissuto quando il receptionist danese mi ha chiesto se fossi svedese (a me!!!!), ridendo ho risposto “100 % italiana e poi sono troppo corta per essere una svedese”, lui ha insistito affermando con convinzione che la mia faccia ha i lineamenti svedesi, in quanto all’altezza ci sono svedesi piccole. Da questa affermazione mi sono cuccata il bell’appellativo “La svedese nana” che mi ha accompagnato per tutta la vacanza.

Sarà che fanno molto sport, oltre che andare in bicicletta, ma ho faticato a vedere persone che non fossero in perfetta forma fisica. Pochi, pochissimi abitanti per così dire in sovrappeso, deduco quindi che il freddo faccia bene perché in quanto a condimenti grassi e burrosi, formaggi e carne, colà siamo nel paradiso delle iper calorie.

A me l’aringa marinata comunque resta indigesta.

Passeggiando per strada con la faccia da turista, il volto paonazzo per il vento gelido e l’espressione felice (quante volte ho pensato “meno male che sono triestina e la bora mi ha abituato a questo freddo), ho ricevuto in regalo sorrisi dalle persone che incrociavo che mi pareva un miracolo.

I danesi sorridono. Non li ho visti musoni, nevrastenici, se c’è da aspettare si mettono in fila tranquillamente, non si agitano. Incredibile.

In Danimarca di Covid manco l’ombra. Nel senso che se c’è, e pure da loro c’è, è una delle malattie di cui non si fa battage ovunque come da noi. Nessun green pass, massima libertà e… che bello!

Ho avuto la sensazione che le donne danesi siano molto indipendenti, libere e in questo ho percepito quella gaiezza delle mie donne triestine. Non sono riuscita a fare la foto di un equipaggio di canottiere almeno sessantenni, una mattina gelida, con la barca d’appoggio in cui c’era una loro nipotina che le seguiva felice. La bellezza di queste gagliardissime signore, non ho potuto non salutarle, incitarle, mi hanno sorriso e salutato a loro volta.

Voglio trascorrere la mia pensione qui, tra i meravigliosi popoli vichinghi, anche se le birra non mi piace e il freddo lo sento eccome, a differenza loro, ma… mi è stato fatto notare “Chi ti mantiene a te?” e il mio sogno si è dissolto come un fiocco di neve sull’asfalto…

SE PREVEDETE UN VIAGGIO, ECCO LA MIA LISTA:

  • per la prima volta la Lonley Planet mi ha tradita: comprate una guida scritta post 2021, il covid ha tristemente cambiato molte cose (negozi spariti, siti chiusi ecc ecc)
  • non fate bancomat all’arrivo che non serve, si paga tutto con la carta, in alcuni luoghi il contante non è accettato
  • non si visita la Danimarca se non si va in bicicletta
  • la voce cibo influisce pesantemente sulle spese di viaggio, per noi molto molto costoso. Però a Copenhagen si può mangiare davvero bene, è una città particolarmente “stellata”. La ristorazione italiana molto presente.
  • concedetevi il tempo della sosta per apprezzare ciò che vi circonda e, perché no, chiacchierare con i locali. In una parola fate Hygge pure voi
  • ho assaggiato un cidro spettacolare, a 4,5% che mi è andato in testa immediatamente (sono completamente astemia) aveva un sapore buonissimo
  • fatevi consigliare sui dolci danesi che alcuni meritano, per me la scoperta il brunsviger.

Una volta desideravo visitare i paesi caldi, crescendo il nord sta rubando attenzione ed interesse. Adesso capisco il perché.

Pimpra

UN 2021 DA FESTEGGIARE

Mancano due settimane alla fine di un anno che mi ha dato molto. Pandemia, limitazioni di vario genere, non hanno ostacolato ciò che doveva sbocciare, di farlo.

Lo voglio scrivere, l’elenco delle cose belle che ho vissuto, dei momenti di crescita potente che ho affrontato, delle risate, delle lacrime, delle avventure.

Il 2021 però, sarà da me ricordato come l’anno in cui, per la prima volta, ho veramente incontrato me, il che ha dell’incredibile, stante l’età anagrafica, ma così è.

Una gioiosa scoperta che mi accompagna ogni giorno e mi sorprende ogni giorno.

Ma andiamo per ordine.

Dopo un periodo assurdo, lunghissimo, di mobbing lavorativo, una mano santa (grazie E.) mi ha tolto dall’inferno aprendomi a nuova vita. Cosa c’è di più bello di andare al lavoro contenti?

Le endorfine della nuova esperienza, mi hanno risvegliato e aperto gli occhi su molte situazioni stantie e pesanti della mia vita, alle quali ho finalmente messo mano. Mica facile, sia chiaro, lacrimoni tanti, notti insonni tante, ma poi la vita torna a trovarti e il sorriso si affaccia nuovamente sul volto.

La primavera ha portato un nuovo gatto, il primo maschio felino della mia vita, che dopo aver scompigliato le abitudini, sta mettendo ancora più allegria in casa.

L’estate ha regalato giocose esperienze, la prima vacanza da sola con mia nipote, il tuffo da una falesia che quando ci sono salita mi sono detta “e adesso chi mi riporta giù?” ma mi sono tuffata lo stesso, gite stimolanti, sedute in spiaggia che non mi concedevo da anni.

Ho vissuto il mio primo (e spero ultimo) svenimento della vita, un’esperienza della quale avrei fatto volentieri a meno ma che mi ha permesso di scoprire quanto bello sia muoversi in bicicletta.

Ho fatto il primo “maglioncino a presine” della vita, così come lo hanno soprannominato gli amici maschi trovandolo assolutamente orrendo, ma a me non interessa perché non mi pare vero di essere riuscita a farlo e quindi lo amo tantissimo e lo indosserò pure.

Sto imparando che posso spostare il mio limite se lo faccio con intelligenza e, soprattutto, con pazienza, credendoci, impegnandomi ed essendo consapevole che dentro di me ci sono risorse enormi di cui manco mi rendo conto.

Una frase scritta su FB mi ha regalato un percorso di coaching che mi ha messo in mano strumenti che mi rendono più forte e resiliente.

Non mi peso più come facevo un tempo, accetto con amore le curve del mio corpo e le rughe che fanno capolino.

Ho tagliato i capelli perché non mi rappresentavano più.

Il 2021, nonostante tutte le difficoltà mi ha resa una donna nuova, ed è così che lo voglio festeggiare.

Pensate positivo, agite positivo, voletevi bene. Le cose, poi, trovano il modo di sistemarsi.

Pimpra

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AGOSTO A MILANO

Dettaglio di abito Versace. Museo Poldi Pezzoli

Fare la turista in una grande città quando i suoi consueti abitanti la lasciano per le vacanze è sempre un’esperienza da fare. Sono i palazzi, le strade, le piazze che prendono la parola, raccontando un diverso punto di vista.

Milano è austera e bellissima, provata dal recente lockdown che ha piegato e piagato la vita frenetica che è il suo marchio di fabbrica.

Ho incrociato qualche residuale colletto bianco, sempre impeccabile nonostante la calura estiva, veloce nell’andare, concentrato e teso verso una meta da raggiungere, un orizzonte da esplorare, un progetto da chiudere.

Qui c’è un’energia che altrove non si sente. Come se i milanesi fossero animati da uno speciale voltaggio di elettricità che è solo loro.

Mi sono goduta un museo che non conoscevo, con la  tranquillità necessaria ad apprezzare le opere e la mostra di abiti ospitata nel palazzo signorile. Un bel connubio che ho gradito assai.

Il caldo mi toglie la fame, così ho camminato senza sosta per ore, quasi senza bere e mangiare, in uno stato di catatonia resiliente e viva.

Sono entrata nei grandi templi dello shopping che per noi abitanti di provincia sono tappa imprescindibile, come fare un upgrade sulle tendenze, sul design, sul mood urbano che le città minori non esprimono con questo potenziale e intensità.

Continuano a rivolgersi a me in inglese, un tempo pensavo fosse per gli zigomi alti, oggi credo si tratti solo di look: non sono (mai) stata una modaiola quindi, per forza, devo essere straniera. Almeno credo…

A Milano ti senti povero, mai come questa volta ho avuto tale sensazione. Ti viene offerto il lusso ovunque, ti viene fatto vedere, ti è proposto ma per te che sei un cittadino “normale” quell’asticella è davvero troppo alta da raggiungere.

Nel tempio delle scarpe una gentile commessa mi voleva convincere che le Jimmy Choo a 369 euro erano un vero affare, sicuramente ma… idem il meraviglioso profumo a soli 250 euro, così almeno ha una fragranza unica, ne sono sicura ma… e potrei continuare l’elenco all’infinito.

Anche se ciò che posso permettermi è solo “guardare e non toccare”, questi stimoli visivi sono benzina per me, mi fanno ripartire certe rotelle arrugginite, aprono comunque nuove visioni, pensieri e immagini.

Milano vale sempre la pena, anche a 40 gradi.

Pimpra

SIX.Q TANGO INTERVISTE

Pensavo che ai tempi difficili, bisogna sempre reagire con vigore e, soprattutto, con positività.

Inutile ribadire che la pausa forzata, costretta, dura ma – ahimè – necessaria, che il tango sta attraversando, pesa molto ma, secondo il primo postulato della sopravvivenza, voglio reagire e pensare positivo.

Mi è quindi venuta l’idea di micro interviste, le “SIX.Q” , da proporre ai maestri di tango che conosco.

Vi ricordate i compiti delle vacanze dell’epoca? Ecco una specie di attività del genere, ma senza la rottura di scatole che i compiti veri comportavano.

Sei domande lievi, dove i nostri amici maestri ci danno qualche visione e prospettiva in breve del tango post Covid.

La prima raccolta di domande avrà un focus sul corpo danzante. 

L’idea è di raccogliere spunti provenienti da professionisti che lavorano in Italia così che possano pungolare la nostra voglia di tenerci in attività, di curare il corpo e i movimenti facendoci arrivare meno ciocchi di legno al primo appuntamento sulla pista da ballo.

Sto raccogliendo le interviste che saranno pubblicate a cadenza settimanale, sempre con titolo “SIX.Q” e il nome dei professionisti intervistati.

Il patto che faccio con loro e con voi, amici lettori, è questo: nessun retro pensiero, nessuna preferenza, nessun fine di lucro mio o loro. Solo uno scambio, un arricchimento per la comunità.

Sotto ogni intervista riporterò le informazioni relative alla loro attività professionale, così sarà per tutti.

L’idea è di fare un viaggio in tutta la penisola, di dare voce alle voci, di ricevere suggerimenti e consigli, di mantenere viva e vibrante la nostra passione.

Se volete partecipare alle interviste, se avete qualche argomento in particolare che vi interessa approfondire, se avete domande, scrivetemi a questo indirizzo di posta: girotangando@gmail.com .

Pimpra

FACCIAMO IL PUNTO

Fine giugno.

Solstizio estivo: fatto.

Profezia Maya: scollinata senza effetti apocalittici.

Progetti per l’estate? M A H .

Tango in milonga? M A H. M A H .

Non so come state messi voi ma è giunto il tempo di fare il punto della situazione.

Personalmente sopravvivo con una discreta dignità a questo strano momento storico.

Lo definisco così perché tutto quello che ho e non ho intorno mi pare strano: la gente con le mascherine, il gel igienizzante ovunque, le regole dello stare insieme (sempre più lasse a dire il vero), il tango argentino ancora ghettizzato e quindi impraticabile nella sua veste più sociale, quella della milonga, lo smart working che amo, ma che mi sembra comunque legato alla calamità, il mare che ancora non ho raggiunto perché non riesco a immaginarlo con il distanziamento.

Non so come vi sentiate voi, io definirei il mio stato attuale STRANO.

La vita casalinga, leggi da smart worker, se da un lato mi rende una lavoratrice migliore – l’habitat consono e le relazioni sociali completamente assenti fanno bene al mio spirito – dall’altro mi ha resa la fotocopia della “zia Abelarda”.

Non ho più quella voglia insistente di uscire per il giro di vetrine e shopping connesso, sono diventata appassionatissima di verde e piante che curo con amore, il mio lato animalista è vieppiù rafforzato eppure…

Percepisco come una situazione di sospensione, come se i mesi da poco trascorsi non fossero completamente sotterrati e volutamente dimenticati, come se, poco più avanti, altre difficili prove ci stiano attendendo.

La mia è solo una sensazione “animalesca”, una specie di istinto, nessun pensiero razionale o ansia di fondo che non sono roba mia.

E comincio a sognare di quando ballavo, di quando tutti noi ballavamo e facevamo progetti meravigliosi e le vacanze estive erano il massimo per la programmazione di viaggi e di weekend da tango-dipendenti. Adesso percepisco silenzio, o piccole voci soffuse e mi sembra così strano, ai limiti del surreale.

La mia sarà un’estate scondita di viaggi e, probabilmente, di incontri, di persone, di quella vita caotica e colorata che tanto amo.

Mi auguro solo che la lupa che porto dentro si sbagli e che quella strana vibrazione di fondo che percepisco, si dissolva nell’alba del mattino.

Pimpra

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