TANGO E TECNOLOGIA

Ormai ho perso il conto dei giorni, stare a casa ovatta il senso del tempo. Mi accorgo dello scandire delle giornate osservando il piumaggio di foglie del carpino che domina il giardino. E’ lui che funge da calendario.

Come molti di noi, lavoro da casa e, se possibile, sono più iperconnessa di prima. Nel carosello di pixel che fiammeggiano quotidianamente dinnazi ai miei occhi, sto notando un grande cambiamento “adattativo” riservato a noi, i “droGatti” tangueros.

Molti professionisti (e non) si sono affacciati alle piattaforme virtuali per continuare a mantenere vivo il rapporto con i loro allievi e, perché no, non perdere completamente la fonte del loro reddito.

Una delle piattaforme che vanno per la maggiore è Zoom, ma sicuramente ve ne sono altre di validissime.

Personalmente non mi sono ancora mai iscritta a uno di questi webinair, ma conto di farlo prima o poi. So di molti amici che seguono lezioni di ogni tipo in modalità on line, da quelle più tipicamente “intellettuali”, i classici corsi di formazione per capirci, a vere e proprie lezioni che implicano il corpo.

Ecco che mi chiedo come cambierà il mondo tanguero, anche alla luce di queste possibilità offerte dalla tecnologia moderna.

Facendo un salto nel passato, ripenso ai miei esordi a metà del 2000, ricordo perfettamente come molti tangueros dell’epoca facevano indigestione di video di esibizioni per carpire i movimenti dei professionisti. Poi si presentavano in pista e usavano l’inconsapevole ballerina/o quale strumento di verifica dei loro progressi. Inutile dire che per il 90% di loro gli effetti erano nefasti.

Ma torniamo ad oggi, come cambia, se cambia, la didattica on line? Il fatto che io veda il mio maestro effettuare dei movimenti, spiegarmeli, mi permette comunque di apprendere? Il maestro, via etere, ha la possibilità di osservare i movimenti degli allievi e di offrire le sue correzioni?

Oppure le lezioni on line poggiano piuttosto sulla condivisione con l’aula di esercizi che vengono dettagliatamente spiegati alla classe che poi, in autonomia, li riproduce?

Si possono fare domande? I maestri interagiscono o il rapporto è “one to many“?

Non nascondo che questa possibilità di apprendimento, non solo mi incuriosisce, ma mi pare un’ottima ancora di salvataggio sia per i professionisti, gravemente privati della possibilità di lavorare, sia per gli allievi che si sentono mancare i loro punti di riferimento.

Ancora, come si può rendere questo strumento il più efficace possibile, in modo che, una volta l’emergenza risolta (accadrà prima o poi!), non ci si ritrovi in pista completamente a digiuno dei movimenti, con tutti i nostri punti deboli in esaltazione?

La domanda è rivolta sia ai maestri che avranno il piacere di rispondere, sia agli allievi che hanno esperienza del metodo.

Ad ogni buon conto e a prescindere da tutto, apprezzo la voglia di trovare soluzioni, di reagire a una situazione drammatica, all’arte di arrangiarsi che, messe insieme, ci faranno rialzare la testa e riprendere le nostre vite.

VI ABBRACCIO.

Pimpra

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LA FASE 2

La smart band che indosso mi offre quotidianamente il grafico del sonno, quanto sono durate le fasi profonde, leggere, quelle Rem, i risvegli, poi dà un voto alla qualità del mio riposo e del respiro.

Pare che sia estremamente positivo per la creatività e per il cervello in generale, aumentare la durata della fase Rem.

Durante la quarantena, ho notato che l’incremento del Rem ha avuto una crescita lenta ma costante.

Non so se si tratta di suggestione o di scienza, ma sta di fatto che quando quella fase supera l’ora, la testa viaggia più veloce e mi arrivano idee e, in particolare, ho più voglia di scrivere.

Sull’onda quindi di una bella dormita, mi sono messa a favoleggiare su quella che oramai chiamiamo “FASE2” dell’epidemia ovvero il momento in cui, con grande cautela e regole nuove, potremo nuovamente uscire di casa.

Ci penso molto spesso, immaginando una lista di cose che voglio fare per prime, le metto in ordine di priorità e di piacere.

Negli occhi mi si presenta un’immagine nuova, di noi che viviamo con la mascherina sul volto, sempre. Penso al caffè sorseggiato prima di entrare in ufficio, alla pausa pranzo, all’interazione con i colleghi. Sarà tutto molto diverso, strano anche.

Chissà se il “distanziamento sociale” così rigido, come quello che stiamo vivendo ora, sarà mantenuto, se dovremo continuare a fare la fila fuori dal supermercato perché gli ingressi saranno contingentati. E come sarà entrare nei negozi per fare shopping? Si potranno ancora provare i vestiti? E quando mi servirà un nuovo rossetto? La signorina di KIKO potrà farmelo provare, almeno sul dorso della mano?

So bene che quelle appena citate non sono di certo le domande ontologiche per eccellenza ma fanno parte del vivere quotidiano che è la cosa che riguarda da vicino noi tutti.

Qualche idea me la sono fatta, non sempre positiva, ma non voglio pensarci adesso.

Vi propongo un gioco di condivisione: scrivetemi le tre cose che farete il primo giorno in cui potrete uscire di casa senza divieti stringenti.

Scrivetemi una paura che non vi abbandona.

Rispondete a questa domanda: vorreste vi fosse fornito dalle autorità competenti una sorta di vademecum di ciò che si può fare e come e ciò che resta vietato? Un manualetto con le nuove istruzioni del vivere civile.

Inizio io:

  1. vado ad abbracciare mia madre
  2. faccio un giro in città a piedi
  3. vado in palestra

Mi rimane la paura che chiunque mi possa contagiare.

Sì lo vorrei. Chiaro e specifico, così da non sbagliare e incorrere in ammende o peggio avere conseguenze penali.

VI ABBRACCIO

Pimpra

IMAGE CREDIT BY STEFAN STEFANCIK

CURA A 7. NOTE

Siamo in clausura forzata ed è molto difficile. La libertà, oggi più che mai, ha un valore primario percepito nella vita di ognuno.

Uscire, muoversi, semplicemente, respirare.

Dobbiamo, credo per la prima volta nella nostra storia moderna, diventare una cosa sola pure rimanendo fedeli ai propri singoli confini individuali.

Confini che oggi sono più stringenti che mai, giorno dopo giorno, le pareti di casa ci stringono sempre più. Abbiamo bisogno d’aria, di cielo, di montagne, di mare e di foreste.

La sola via di fuga praticabile è quella di un viaggio ad occhi chiusi, un volo dell’immaginazione nei luoghi a noi più cari, con le persone più care.

Sono abituata da sempre a viaggiare così, da sempre. Crescendo però ho dovuto – erroneamente – abbandonare il mio mondo onirico perché, colà originavano fantasie e aspettative, sempre positive, luminose, eteree che, al mio risveglio, mi facevano precipitare a faccia in giù nella polverosa e dura realtà. Così ho cercato il più possibile di non viaggiare con la mente, riuscendoci, indurendomi, perdendo la patina di rosa che colorava il paesaggio.

Poi arriva quest’anno così strano, pauroso, inquietante, drammatico. La mente razionale, a questo punto, mi aiuta solo a sopravvivere nella realtà della giornata, evitandomi comportamenti sconsiderati, per la salute mia e della mia comunità. E poi? Cosa resta?

Nulla ci accade per caso, nemmeno quando Sky arte (ottimo nutrimento emotivo in questi giorni bui) propone uno speciale su due giovanissimi violoncellisti che, oltre alla musica seria, utilizzano i loro archi suonando le canzonette della massa.

Ecco che le loro note sono entrate dalla porta principale lambendo tutta me, risvegliando quel motto dell’animo che mi portava lontano, sciogliendo la crosta dura della “resistenza alla realtà” che è utile, certo, ma come una corazza, va tolta quando si è al sicuro.

Il carburante del viaggio di questi tempi di spazi ristretti, di solitudini, di vuoto e di troppo pieno, di incertezza e disagio, per me è la musica.

Se avete voglia di contribuire alle mie partenze nel mondo bello dei sogni – da sveglia – proponete la vostra musica, aggiungendola nei commenti a questo post.

Grazie.

Pimpra

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BF E THANKSGIVING

Marte in scorpione fino al 3 gennaio 2020.

Fastidio, piacere di attaccare briga, sfanculamento beato alle convenzioni, “minni futtu” come se piovesse.

“Fai la brava Pimpra!”.

Tutto ciò detto e premesso, ho le scatole arcipiene di questo “black Friday” di noialtri, ho gli armadi della pazienza stracolmi di questo scimmiottare gli americani nelle loro tradizioni.

MI AVETE ROTTO.

Pochi di noi conoscono le ragioni storiche del “venerdì nero” che chiamarlo così nella nostra lingua ci si accappona la pelle. Checcifrega, sappiamo solo che ci sono gli sconti.

Mi chiedo: dove abbiamo nascosto la creatività tutta italiana che, per favorir l’economia e i consumi, non siamo capaci di inventarci una nostra, originale e vivida supercazzola?

Per gli americani si tratta di un episodio su base storica, leggete qui, che è diventato un evento di consumo entrato nella tradizione di popolo. Ma per noi? Non rappresenta nulla.

Halloween è già incamerato nei costumi, adesso aspetto che pure il Thanksgiving, per la cronaca precede di un giorno il black Friday, diventi una nostra festa popolare.

Siamo noiosi, copioni e stiamo diluendo quelle straordinarie caratteristiche creative che ci hanno sempre reso un paese unico al mondo.

Pensateci.

“Fai la brava Pimpra!”.

Pimpra

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GENIO, TALENTO E LIBERTA’

Sto studiando il ruolo opposto, non inverso perché leader e follower nel tango sono accomunati da moltissimi elementi.

Ripenso ai consigli, ai suggerimenti dei miei maestri, a quello che il mio corpo racconta e ai feedback della mia ballerina. Ogni lezione porto a casa qualcosa di utilissimo anche per il mio ruolo naturale di follower.

Mi trovo a guardare video di tango che, confesso, mi hanno sempre annoiato a morte, cercando di carpire i segreti, i gesti del ballerino uomo. La curiosità intellettuale mi tiene incollata a video che avrei abbandonato dopo pochi secondi.

Ed ecco la provocazione odierna: quel genio lì del Frumboli, talento indiscusso, innovatore, un alieno arrivato da una dimensione altra che si è messo a calcare i parquet di tutto il mondo, da un punto di vista – prettamente “tecnico-posturale”, si prende uno spazio suo, una dimensione molto personale, fuori dagli schemi.

La domanda che porto è questa: ciò che impariamo dai nostri maestri, le battaglie che portiamo avanti per cercare di diventare ballerini migliori, combattendo con foga e vigore i nostri difetti – in particolar modo posturali – sono battaglie utili?

Mi chiedo se, ma continuo a provocare, invece di “distrarci” nello studio forsennato della tecnica, non focalizzassimo il nostro interesse verso la musica, conoscendone ogni sfumatura di ritmo e melodia o quanto altro necessario per tentare successivamente di portare la nostra personalissima visione musicale o percezione, dentro ai movimenti? Avrebbe un senso? Saremmo in grado di “ballare”?

Me lo chiedo da “leader”, o meglio da “ballerina inversa”. Non è che studiando più la musica e lavorando sulle basi, da eseguire alla perfezione, non è che potrei ballare meglio?

Togliendo l’ansia da sovrastrutture creative che impongono al mio essere leader la costruzione di un disegno corporeo e musicale atto al soddisfacimento dell’ascolto del follower, non è che mi perdo qualcosa?

Ripenso a quel genio di Chicho, a come la musica/lità gli scorre nelle vene, a come gli esce dal corpo in movimenti che esprimono in assolutezza quanto il suo orecchio percepisce e la sua sensibilità interpreta. Movimenti che gli sono usciti cercando di leggere con il corpo, ciò che il suo orecchio musicale e la sua percezione sentivano.

Il talento e il genio sono anche legati a una buona quota di libertà che il soggetto decide di prendere per se stesso. Ma questa domanda la dovrei fare a Chicho, vorrei sapere quanto “l’Accademia” l’ha segnato e quanto invece, lui abbia saputo e sa tuttora gestire la quota di libertà che, sempre, il suo tango si prende e regala al mondo.

Chicho Fumboli, anche per questo, è un grande Maestro, un innovatore, un ballerino inimitabile.

Pimpra

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DI TANTO IN TANGO: C’E’ ANCORA MARGINE DI INNOVAZIONE/CREAZIONE?

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Ci pensavo ieri sera, mollemente distesa sul divanetto, copertina e gatta sulle gambe, come una vecchia prozia della letteratura inglese di fine 800. La domanda, mentre mi sgranchivo gli occhi ammirando numerosi ballerini professionisti su You Tube, è questa “E’ già stato detto/fatto/danzato tutto o, nel tango, esiste ancora margine di creazione?”

Probabilmente questa rientra di prepotenza tra le domande “E’ nato prima l’uovo o la gallina?” ma tant’è. Me la sono posta.

Nel pensarci ho fatto un immediato collegamento alla moda, arrivati a un certo punto di “evoluzione”, gli stilisti, hanno obbligatoriamente ripreso quanto altri, prima di loro, avevano creato, per riproporre successivamente, in chiave più moderna, attuale, concetti/linee/stili divenuti pietre miliari. Ecco che, a seconda degli anni, i couturier si sono ispirati agli anni 50, ai rivoluzionari 60, ai 70 e via andare. Tanto per dirla tutta, pure gli anni 80 fanno già parte di una rilettura della moda moderna, e pensare che, all’epoca, ero un’adolescente…

Il tango, segue un po’ questo tipo di vague? Di cicli e ricicli storici?

Partendo dal tango tradizionale, dei primi anni del secolo scorso, abbiamo assistito alla sua magica evoluzione. Dalle marcette ai tanghi più moderni, fino ad arrivare alle punte di quelli elettronici per poi, più o meno, assestarsi a un tango multietnico, variopinto, classico e meno classico. Ma questa è la musica.

Come si balla?

Esiste una “tendenza”, un modo particolare nel quale la comunità di danzatori sente di appartenere? Se è così, perché ciò accade? E’ un fattore legato alla “moda” o un nuovo/diverso/attuale modo di sentire.

Da un certo punto di vista, temo che, buona parte del mood tanguero segua, ahimè, anche un’esigenza di tipo “commerciale”: i maestri sono costretti a vendere un prodotto sempre diverso ad allievi che chiedono novità, senza per questo essersi dati il tempo necessario ad apprendere profondamente quanto loro insegnato. Una corsa insomma a trovare “l’accessorio, il colore, la forma” nuova per soddisfare una sorta di esigenza consumistica dell’acquirente/studente.

Così va il mondo. E pure gli insegnanti devono campare.

In tutto questo, sarebbe bello vi fosse una spinta alla ricerca, dapprima concettuale, poi fisica, di un’interpretazione artistica ancora innovativa, se possibile.

Qui bisognerebbe confrontarsi con i danzatori di altre discipline che vanno dalla classica alla moderna a tutte le sfumature che ci passano in mezzo, per capire se e come vi possa essere contaminazione.

Per fare “innovazione” sono sempre più convinta che, di base, sia necessario dapprima possedere una profonda conoscenza della “grammatica” tradizionale del tango argentino, una volta assimilata, può risultare fattibile un percorso di rinnovamento.

Poi mi faccio la fatidica domanda: “Ma te, Pimpra, che cosa vuoi esattamente?” e mi rispondo “Conoscere perfettamente quella grammatica di base, perché mi piacerebbe esprimermi in una lingua il più possibile “perfetta”.  Sarebbe già un risultato enorme, per me. ”

Poi, lascio ad altri talentuosi musicisti e ballerini, di aprire nuove strade – se ce ne sono –  dove potersi incamminare, se ci va.

Lunga vita al tango. Olè.

Pimpra

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ODE ALL’UNIVERSO

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Ci ho messo non so più quanti anni a capirlo, a viverlo, a sentirlo in ogni atomo del mio essere. Una vocina da lontano me lo diceva, da sempre, che per essere felici, bisogna trovare quel qualcosa che accende la nostra intima scintilla.

Ed io proseguivo a non capire, a non ascoltare, a perdere tempo e a disperdere energie credendo di cercare, senza però trovare mai. E, con il trascorrere degli anni, la frustrazione aumentava, esponenzialmente, al farsi di quel vuoto interiore incolmabile.

Pensavo “Forse manca l’amore, forse devo cambiare me stessa, forse non ho abbastanza qualità, forse…” e giù a macinare tristezza, a cospargere la mia vita di polvere di insoddisfazione, un giorno dopo l’altro.

Poi, inaspettatamente, mi sono innamorata perdutamente (sì, anche di un uomo!), è arrivato il tango nella mia vita, ed ecco che quelle scintille spente di gioia di vivere e del piacere di esistere che, sempre, hanno colorato la mia anima, hanno ripreso a vibrare.

Gli anni sono passati e questo Amore è cresciuto, si è modificato, ha vinto sulle sue tempeste, ha subito e sopportato litigi ma è divenuto forte, radicato, adulto dentro di me.

Sono cresciuta pure io con questo Amore, imparando a scorgere la donna che avevo dentro, l’ho finalmente fatta nascere e l’ho portata nel mondo. Un cerchio che ha assunto la sua forma perfetta, di vibrazione intima e animistica, vera, assolutamente pura, senza sbavature, dentro di me.

E questo amatissimo tango mi ha messo vicino una persona speciale, una donna, con la quale ho aperto un nuovo orizzonte, creativo e colorato, della mia vita.

Sono onorata e felice, e, finalmente, ho trovato quello che cercavo, quello che non avevo nemmeno mai osato immaginare, la mia realizzazione attraverso le mani altrui, la creatività altrui che, però, filtra anche attraverso di me, in modo diverso e consono a quella che sono.

Ho voglia di dire all’Universo che lo ringrazio di avere aspettato tanto a propormi questa possibilità, perché lo ha fatto nel momento in cui ero pronta, matura e consapevole.

E, all’improvviso la vita, che, di fatto è la stessa di prima, si anima improvvisamente perché, la luce che hai dentro illumina tutto.

Sorrido felice… Sticazzi che grande conquista!

Pimpra

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