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La smart band che indosso mi offre quotidianamente il grafico del sonno, quanto sono durate le fasi profonde, leggere, quelle Rem, i risvegli, poi dà un voto alla qualità del mio riposo e del respiro.
Pare che sia estremamente positivo per la creatività e per il cervello in generale, aumentare la durata della fase Rem.
Durante la quarantena, ho notato che l’incremento del Rem ha avuto una crescita lenta ma costante.
Non so se si tratta di suggestione o di scienza, ma sta di fatto che quando quella fase supera l’ora, la testa viaggia più veloce e mi arrivano idee e, in particolare, ho più voglia di scrivere.
Sull’onda quindi di una bella dormita, mi sono messa a favoleggiare su quella che oramai chiamiamo “FASE2” dell’epidemia ovvero il momento in cui, con grande cautela e regole nuove, potremo nuovamente uscire di casa.
Ci penso molto spesso, immaginando una lista di cose che voglio fare per prime, le metto in ordine di priorità e di piacere.
Negli occhi mi si presenta un’immagine nuova, di noi che viviamo con la mascherina sul volto, sempre. Penso al caffè sorseggiato prima di entrare in ufficio, alla pausa pranzo, all’interazione con i colleghi. Sarà tutto molto diverso, strano anche.
Chissà se il “distanziamento sociale” così rigido, come quello che stiamo vivendo ora, sarà mantenuto, se dovremo continuare a fare la fila fuori dal supermercato perché gli ingressi saranno contingentati. E come sarà entrare nei negozi per fare shopping? Si potranno ancora provare i vestiti? E quando mi servirà un nuovo rossetto? La signorina di KIKO potrà farmelo provare, almeno sul dorso della mano?
So bene che quelle appena citate non sono di certo le domande ontologiche per eccellenza ma fanno parte del vivere quotidiano che è la cosa che riguarda da vicino noi tutti.
Qualche idea me la sono fatta, non sempre positiva, ma non voglio pensarci adesso.
Vi propongo un gioco di condivisione: scrivetemi le tre cose che farete il primo giorno in cui potrete uscire di casa senza divieti stringenti.
Scrivetemi una paura che non vi abbandona.
Rispondete a questa domanda: vorreste vi fosse fornito dalle autorità competenti una sorta di vademecum di ciò che si può fare e come e ciò che resta vietato? Un manualetto con le nuove istruzioni del vivere civile.
Inizio io:
vado ad abbracciare mia madre
faccio un giro in città a piedi
vado in palestra
Mi rimane la paura che chiunque mi possa contagiare.
Sì lo vorrei. Chiaro e specifico, così da non sbagliare e incorrere in ammende o peggio avere conseguenze penali.
Leggo in giro le esternazioni di molti amici che iniziano a dichiarare palesemente di aver paura. Una paura generica, irrazionale, motivata certamente dalla situazione che stiamo vivendo.
“Ho paura”.
Rispetto profondamente il sentire di ognuno e comprendo che il momento è estremamente insolito, ignoto e come tutto ciò che non si conosce o che si vive per la prima volta, possa spaventare.
Voglio condividere con voi la mia esperienza e come riesco – abbastanza bene – a contenere e a reprimere sul nascere la paura irrazionale.
La premessa è che la paura ci serve. Ma unicamente in caso di vera necessità, quando siamo in un pericolo reale, se un leone ci corre dietro perché ci ha preso per un sushi con le gambe, in quel caso benvenuta paura, ci farai correre più svelti o trovare un riparo dove proteggerci.
Diciamo che nella nostra vita reale pericoli di questo genere sono davvero ridotti, eccezion fatta per le normali strategie di prudenza, attraversamento di una strada trafficata ad esempio.
La paura di cui leggo in questi giorni però ha un’altra connotazione.
La mia ricetta di sopravvivenza: è un fatto acclarato che le paure sono costruzioni immaginarie del nostro cervello. Fate una prova, vi mettete tranquilli nel vostro salotto e iniziate a immaginare le peggio cose, vedrete che, nel giro di pochi attimi, qualcosa dentro di voi si metterà in allerta e, se insistete nella visualizzazione, dopo un po’ vi sarete davvero spaventati.
Analizziamo: avete creato paura semplicemente nella vostra mente, è un puro artefatto, un atto di creatività.
Per moltissimi anni ho avuto un sacrosanto terrore di viaggiare in aereo, causato da una brutta esperienza vissuta in un volo quando avevo 7 anni. Ogni volta che per lavoro o per piacere dovevo imbarcarmi erano tragedie: tachicardia, desiderio di fuga, ansia incontenibile. Poi, è arrivato il giorno in cui, da sola, avrei dovuto volare in India, si trattava di un viaggio di lavoro non potevo permettere alla mia paura di farmi fare una figura bambinesca con i colleghi e chiedere loro di tenermi la mano! Avevo con me l’EN, prescritto dal medico, una specie di salvagente se mi fosse preso il panico. Durante quel volo, ho avuto davvero tante ore per entrare in contatto con la mia irrazionale paura, l’ho toccata, l’ho guardata e, come per magia, ho capito che – con le mie mani – creavo una trappola.
Mi è stato chiaro che ero io il pericolo, cioè la mia mente lo era e, come per magia, ho smesso. Adesso volare è come andare in treno o su qualsiasi altro mezzo di trasporto.
Torniamo quindi alla paura di questi tempi. L’emergenza del contagio richiede prudenza, rispetto delle prescrizioni e, a meno che non siate soggetti molto anziani, portatori di patologie precedenti o immunodepressi, potete sentirvi sereni.
C’è la possibilità di verificare i dati statistici su siti autorevoli, ragionarci su a mente fredda, con logica razionale e rimanere tranquilli.
Una mente serena è maggiormente resiliente, sa adattarsi al nuovo e non viene turbata dal cambiamento.
Tutta la penisola dentro un codice arancione perché comprendere tutta l’Italia in zona rossa è troppo inquietante.
L’arancione è il colore solare per eccellenza “è simbolo di armonia interiore, di creatività artistica e sessuale, di fiducia in sé stessi e negli altri. (…). L’Arancione, simboleggia la comprensione, la saggezza, l’equilibrio e l’ambizione.” (cit. da qui )
Siamo tutti in quarantena forzata e non ci piace per niente. Sebbene la mente razionale sia perfettamente consapevole (si fa per dire) della necessità di queste restrizioni, credo che ognuno di noi abbia patito un motto emotivo di ribellione. Io per prima.
Ho immaginato i prossimi giorni, chiusa nel mio piccolo appartamento, limitata nella libertà di uscire e, per un attimo, ho sperimentato una sensazione di smarrimento e di solitudine. Per fortuna durati un attimo.
La città comincia finalmente a svuotarsi e, i volti che si incontrano per strada, non portano la radiosa luce della primavera, come dovrebbe essere in questo momento dell’anno.
Arancione è il colore di oggi.
Più guardo il pantone più gorgoglia dentro di me quella vibrazione positiva che mi fa pensare che, pure reclusa a casa, posso trovare mille e una attività da svolgere, sport compreso.
Natura, leggete questa bellissima riflessione di Francesca Morelli qui, ci obbliga a cambiare molti punti di vista sulla vita e sui modi in cui la conduciamo, a partire da noi stessi.
Ecco perché l’arancione di una crisi si trasforma in un momento di creazione e di cambiamento positivo.
Per non perdere il focus che si sta mettendo a fuoco dinnanzi allo sguardo, sto compilando una lista di cose da fare, pensare, leggere, creare, modificare, immaginare, eliminare… che saranno la mia compagnia in questo periodo.
Speriamo che ci serva, a stare sani e a riflettere. Ne abbiamo davvero molto bisogno.
Pimpra
PS Caro Fabio B. questo è il TUO pantone, goditelo come merita! 🙂
Sono stanca, davvero molto stanca di questa tensione continua che, come una folata improvvisa di vento, è entrata nella nostra vita.
Ho provato a combattere contro il menefreghismo della gente, contro la tentazione di sminuire il problema, contro il desiderio di ribellione alle nuove regole, ovviamente invano. Ognuno di noi decide di vivere l’emergenza a modo suo, con il senso civico di cui dispone.
Ho consumato le parole che avevo a disposizione.
Cerco uno spazio di silenzio che non riesco a trovare, ovunque mi giri lo spettro virale è davanti allo sguardo.
La mia scelta – responsabile – l’ho fatta ma non basta.
Mai come oggi, circondata da notizie poco felici, vorrei perdere lo sguardo in un colore.
Da quando stiamo vivendo l’emergenza sanitaria, assisto e leggo di comportamenti che definire sconsiderati è un eufemismo.
Dalla prima ondata dei folli corsi a svuotare i supermercati temendo chissà quale carestia, probabilmente gli stessi folli sopravvissuti – per ora- al contagio, sentendosi oramai invincibili, rinnegano, con il loro comportamento insensato, l’esistenza del problema.
Questa schizofrenia collettiva che, da un lato, spinge ad informarsi, leggendo e ascoltando tutto quello che viene comunicato relativamente all’epidemia, commentando, dando la propria versione del livello di gravità, dall’altro vede nascere una grande comunità di “supereroi” di quelli che a loro non li riguarda, è tutta una bufala ed altre coglionerie del genere.
Non ribadisco l’ovvio: bisogna contenere il contagio, penso piuttosto a quella leva emotiva che spinge troppa popolazione a comportamenti scorretti.
Mi sono data questa spiegazione: empirica, non basata su alcun dato scientifico, solo su una riflessione personale.
Fatichiamo a credere all’esistenza di ciò che non possiamo vedere con gli occhi, non al microscopio.
Facciamo fatica a fare un atto di fede alla scienza accettando l’esistenza del virus e a comportarci di conseguenza.
Accettare l’esistenza di Covid 19 è come fare un atto di fede all’esistenza di dio.
Mi rendo conto che si tratta di una similitudine estrema ma, da qualche parte, credo ci sia un fondo di verità, altrimenti continuo a non capire.
Vero che siamo ignoranti, fancazzisti, individualisti, superficiali ma se da più parti con chiarezza ti spiegano che una cosa invisibile può fare tantissimo male a te e agli altri, perché rinnegare l’evidenza scientifica?
Un popolo di agnostici della scienza. Incredibile. Crediamo ai cartomanti ma non ai virologi, pazzesco.
Dovremmo trovare il modo di catturare il credo di quelli che, vuoi per consuetudine, abitudine familiare/sociale, sono “fedeli”.
Mi riferisco ai credenti di tutte le religioni mondiali, perché se hanno fatto atto di fede una volta, sarebbe davvero opportuno ampliassero il loro “Ci credo” anche a questa emergenza.
Ma forse sono totalmente fuori pista e le ragioni del dissenso sono altre.
Mi resta forte la convinzione che, se non vedo e non tocco, non ci credo. In fondo viviamo a tempo di social, di vita vissuta su video, a colpi di immagini, esiste solo quello che può essere visivamente condiviso.
Chissà se il virus fosse un pulviscolo color fucsia, grande come micro scaglie di forfora che si appoggiano ai vestiti, chissà se, in queste condizioni, la nostra risposta collettiva sarebbe “CI CREDO! LO VEDO!” o, inventeremmo un’altra teoria del complotto globale… Chissà, l’essere umano, quando non deve, sa essere molto fantasioso…
Non vedo l’ora arrivi il tempo in cui la grande emergenza epidemiologica mondiale sia rientrata, aspetto quel momento come tutti, nel frattempo, cerchiamo di sopravvivere.
La mia solidarietà a tutti coloro che rischiano il lavoro a causa delle misure restrittive per contenere il contagio. Spero che il Paese sappia rialzarsi, la nostra storia lo racconta, a noi tutti dimostrare che siamo capaci, una volta in più.
Il momento che stiamo vivendo ha mutato in noi tutti e senza preavviso, le abitudini, dal lavoro alla vita di famiglia a quella sociale passando per gli sport e il tempo libero.
Come una gigantesca onda siamo stati travolti e, pur con estrema fatica, malcelata rassegnazione, siamo chiamati ad attenerci strettamente alle nuove – restrittive – regole del vivere civile.
A nessuno piace subire una decisione, specie se la stessa ci priva del diritto sacrosanto alla nostra libertà, anche se la ragione è di salute pubblica, quindi assolutamente condivisibile.
Sono rimasta colpita dalla sofferenza di molti nel non sapere come riempire il tempo, svuotato dalle abituali attività.
Adulti che faticano immensamente a gestire LA NOIA.
Cos’è esattamente?
Da Treccani on line: nòia s. f. [prob. dal provenz. noja, enoja; v. noiare e annoiare]. – 1.a. Senso di insoddisfazione, di fastidio, di tristezza, che proviene o dalla mancanza di attività e dall’ozio o dal sentirsi occupato in cosa monotona, contraria alla propria inclinazione, tale da apparire inutile e vana (…)
Mi soffermo su “Senso di insoddisfazione, di fastidio, di tristezza, che proviene o dalla mancanza di attività” . Come adulti, fatichiamo a gestire la “mancanza”, essere privi di qualcosa che riempie qualcos’altro, un vuoto nascosto.
Sono la prima della fila a temere la noia, quindi vi capisco, ma posso anche aggiungere che la noia serve, ci insegna molte cose.
La prima, per me la più interessante, è che ci costringe a stare in silenzio, in compagnia di noi stessi. Cosa affatto facile, specie se il silenzio esteriore, amplifica il caos interiore. Se non lo facciamo mai, questo contatto, può essere estremamente pauroso, inquietante, ansiogeno perché a se stessi non si sfugge, meno che meno ai propri demoni, alle inquietudini che portiamo.
Perché ho imparato ad apprezzare la noia?
Mi ha insegnato moltissimo, mi ha portata ad esplorare dei territori dove non volevo assolutamente andare, ho scoperto aspetti interessanti che non conoscevo, ho visto in faccia i miei demoni.
Con la noia abbiamo una possibilità di crescere, per questo gli educatori invitano gli adulti a creare spazi di noia per i propri figli, ci si confronta con le parti più nascoste di noi, si scoprono risorse.
La noia indolente di questi giorni, per esempio, mi ha spinta a provare a far funzionare la macchina da cucire. Ho fatto più tentativi, ho provato frustrazione, ma ho insistito e alla fine ce l’ho fatta. Non mi ci sarei mai messa, nel mio quotidiano vivere, presa da altre attività più pressanti. Invece, il periodo di noia, impedendomi di disperdere il mio tempo, mi ha portata esattamente dove il mio sé più nascosto, quello legato alla creatività, voleva andassi.
Mi piace condividere con voi questa piccola riflessione, perché se impariamo a trovare l’opportunità in un contesto che sembra solo funesto, vivremo meglio.
La noia è un tema caro alla letteratura, approfittiamo di questo strano tempo per annaffiare lo spirito, sono certa che germoglieremo insieme alla primavera nascente.
Non è proprio nelle mie corde essere allarmista o, peggio, ansiosa relativamente alle malattie, ma, in questo caso particolare di epidemia, bisogna ribadire concetti che sembrano così evidenti ma che tali non sono.
Tutti, quotidianamente, ad ogni telegiornale, siamo invitati/esortati/consigliati ad agire comportamenti atti ad evitare che il contagio dilaghi incontrollato, con le conseguenze del caso.
E’ un momento difficile per ognuno di noi, per gli abitanti delle zone rosse pure peggio quindi, è assolutamente necessario comportarsi da cittadini responsabili. Anche per non rendere vano il sacrificio di quelli che rispettano i divieti.
La comunità tanguera internazionale, composta da persone che sono portatrici sanissime del “virus da tango dipendenza”, è in evidente crisi da astinenza (io per prima!) NON potendo ballare adesso e per chissà quando, fino a fine emergenza.
RIPETIAMO INSIEME: NON POSSIAMO BALLARE, NON POSSIAMO BALLARE, NON POSSIAMO BALLARE.
Il mantra che dovrebbe sgorgare dalla nostra coscienza civile, dovrebbe essere un altro: ADESSO SCELGO DI NON BALLARE, ADESSO SCELGO DI NON BALLARE, ADESSO SCELGO DI NON BALLARE.
La differenza è evidente: obbligo a fronte di scelta consapevole e matura.
Quasi tutte le scuole e molti privati organizzatori, ordinanza o meno, hanno chiuso i battenti, sospendendo lezioni, milonghe, eventi i cui costi sono già stati parzialmente anticipati, rispondendo a un’emergenza che – ricordiamolo!- ha carattere GLOBALE, evitando responsabilmente di contribuire al contagio che porta ricadute, non solo sulla salute pubblica ma anche sull’economia – già provata, della nostra nazione.
Ben comprendo il danno economico, specie di coloro che con il tango ci vivono, ma, temo, non ci siano altre possibilità (forse predisporre lezioni e video da inviare ai propri studenti, così da portare avanti una sorta di didattica a distanza? almeno per il momento?).
A tutti gli altri, a quelli come me, che ballano PER LORO PIACERE, SMETTETELA DI LAMENTARVI E COMPORTATEVI COME SI DEVE, ASTENENDOVI DALLE DANZE!!!!
Leggo su FB di un sacco di eventi “carbonari”, tanto per dire che a noi non succede che tanto sono fatalista che si tratta solo di influenza.
Siete degli sciagurati irresponsabili e immaturi. Provate a riempire la vostra vita con altre attività consentite e sappiate aspettare, non è questo il momento storico per comportarsi da sciocchi.
AMEN.
Pimpra
LEGGETE QUESTO ARTICOLO ESTREMAMENTE INTERESSANTE SULL’ARGOMENTO QUI IN INGLESE.
TRADUZIONE IN ITALIANO A CURA DI VERONICA ANNA FEDERICA e SHEILA KATOUZIAN:
La pandemia globale è ancora in corso. Notiziari, media, specialmente i social, sono pieni di post, opinioni ed articoli, di diversa utilità per il lettore. La confusione e la paura sono le reazioni maggiormente osservabili, insieme all’incertezza sul da farsi, su cosa aspettarsi, e soprattutto sul cosa capiterà.
Questo articolo non tenta di aggiungere altri fatti in merito al coronavirus, come la R0, tassi di mortalità, numero dei casi rilavati. Questo viene lasciato ad altre sedi.
Se ne parla abbastanza altrove, e non ancora con abbastanza fatti e verità. Andate sulle fonti ufficiali (OMS), e non (solo) sui social media. Se volete leggere qualcosa di utile su FB, guardate i post di Marvin Hansen
Avviso Questo articolo vuole evidenziare l’impatto del coronavirus sulla comunità tanguera, oltre a proporre e discutere sulle opzioni per il futuro, dopo che tutti saremo tornati ad una (nuova) normalità. Prima del coronavirus
Breve storia
Il Tango viene ballato sempre più in un abbraccio chiuso
La comunità globale del tango è strettamente connessa e i ballerini arrivano da ogni dove
Ogni fine settimana hanno luogo diversi eventi internazionali, che radunano persone di differenti nazionalità, insieme, per un intenso scambio.
Ma: negli scorsi anni, ho visto, specialmente negli eventi internazionali, ballerini essere presenti, impegnati e tra loro interagenti in abbraccio stretto, nonostante alcuni di loro fossero malati.
Solitamente si trattava di un normale raffreddore, o qualche altra malattia infettiva. E non vi è mai stata alcuna discussione in merito a questo. La reazione comune e tacitamente accettata era di empatia e supporto emotivo per il ballerino malato che avrebbe potuto perlomeno farsi qualche tanda. Andava bene essere malati e partecipare, ballando, ad eventi internazionali.
Entra: Coronavirus Storia parallela, estranea al tango: un uomo di 47 anni arriva in ospedale, positivo al coronavirus e con sintomatologia grave.
Viene messo in terapia intensiva, ed hanno inizio le indagini. Quattordici giorni prima del suo ricovero in ospedale aveva preso parte ad una festa di carnevale con 300 partecipanti in una piccola città tedesca.
Dopo l’inizio delle indagini, gli altri partecipanti furono visitati e 60 di loro risultarono positivi al test per il coronavirus, pur senza mostrare sintomi gravi o aver bisogno della terapia intensiva. Questo accadeva intorno al 28 febbraio 2020, e da allora sono stati identificati circa 150 partecipanti, dei 300 che avevano partecipato all’evento. Non sono riusciti ad individuare l’origine dell’infezione, il cosidetto paziente 0. Le autorità decisero perciò di mettere in quarantena per 14 giorni circa altre 1000 persone, che vivono nell’area interessata. La festa di carnevale aveva avuto luogo intorno al 14 febbraio, e i primi sintomi nei contagiati si sono manifestati intorno al 28 febbraio.
Le persone contagiate al carnevale hanno ulteriormente contagiato altre persone, in un’area più grande, e, oggi come oggi, i casi conosciuti sono più di 180 (tre volte tanto!). Si prevede di testare soltanto le persone che presentano dei sintomi, quindi probabilmente il numero delle persone asintomatiche è molto maggiore. La festa di carnevale è comparabile al Tango, con tre eccezioni:
Le persone non ballano in abbraccio chiuso, o non si abbracciano per 10 minuti con un estraneo
L’evento non dura tra giorni
I partecipanti non arrivano da tutt’Europa.
Avanti veloce: IL CORONAVIRUS NEL TANGO Ferrara: il primo caso documentato nel tango Un ballerino spagnolo ritorna da un Encuentro in Italia e viene testato per il coronavirus: positivo. Conseguenze: le autorità contattano tutti i partecipanti e prescrivono una quarantena di 14 giorni a casa. Il paziente 0 in questo caso: sconosciuto. Ho postato una domanda su FB per avere maggiori chiarimenti ed ho ricevuto risposta tramite messaggio privato: c’è anche qualche altro caso di ballerino positivo, proveniente da quell’evento. L’encuentro si è tenuto nel week end del 21 febbraio, e la notizia è stata pubblicata il 2 marzo.
Ed ancora: il calendario di TMD mostra 9 eventi nel week end del 21 febbraio, incluso l’Encuentro di Ferrara. Il week end successivo solo 5 eventi. Il prossimo week end: 5 eventi, tra cui La Tosca, che è stata posticipata proprio ieri (l’altri ieri, nota mia). Tutto questo fa intuire che: il virus è già presente tra i ballerini che viaggiano per tango, e si diffonde.
LA TOSCA: POSTICIPATA Mettiamo da parte, per un momento, le conseguenze dell’infezione, e focalizziamoci su quello che sarebbe potuto succedere a Signa, se la Tosca avesse avuto luogo come previsto:
I 400 ballerini da ogni parte d’Europa si sarebbero incontrati per un intero week end di tango, un sacco di abbracci, per almeno una tanda.
Il rischio di essere infettati diventa molto alto se si balla con un partner infettato. Molto più che a una festa di carnevale con 300 persone, dove ne sono state contagiate 60.
Ma prendiamo questi numeri e facciamo un calcolo per analogia: 400 ballerini, 80 contagiati. La diagnosi viene fatta probabilmente dopo 14 giorni. Per ognuna di queste persone malate si possono ipotizzare circa 150 contatti di primo grado, prima della diagnosi. E questo senza calcolare un secondo o terzo grado di contatto. Vorrebbe dire mettere più di 1000 persone in quarantena per 14 giorni.
Nella città tedesca dell’esempio, era stato facile: la maggior parte dei partecipanti viveva nella città, quindi il contagio era stato più facilmente contenibile.
Nel caso del tango, molte persone arrivano da diverse città. Quindi, per la Tosca, con 400 ballerini, si presume arrivino da almeno 150 diverse città.
Non voglio continuare con i calcoli. Non perché i numeri siano troppo alti e demotivanti, ma perché è troppo complicato a causa della diffusione internazionale. Un giornale belga ha fatto un’analogia con l’influenza “normale” di ogni anno, ed è arrivato alla conclusione di 850000 persone contagiate e 50000 decessi. Quindi, già solo per questo aspetto, è stata una buona idea posticipare l’evento. Onore alle ragazze che hanno preso questa difficile decisione.
RESPONSABILITA’
E’ molto sexy al giorno d’oggi essere un organizzatore. Creare un bell’evento per i tuoi amici. Chiunque può farlo e molti lo fanno, basta guardare l’esplosione di eventi negli ultimi anni.
Organizzare un evento è un lavoro duro, e il lavoro durante l’evento è la cosa più facile da vedersi. Serve un numero infinito di ore per organizzare, negoziare, fare marketing, tessere relazioni, correre dietro ai leader…
La maggior parte degli eventi portano a nessun guadagno, o un guadagno minimo. Ci sono i contratti con le location ed il catering. I DJ devono essere ingaggiati e vanno organizzati i viaggi. E questo è solo per cerare l’evento. Poi ci sono i partecipanti, che sostengono spese di viaggio, prenotazioni di hotel e altre spese.
Una maratona di tango che costa 130 euro, comporta che facilmente per ogni persona si spendano circa 300 euro in tutto. Quindi un evento come La Tosca con 400 partecipanti muove denaro tra 50k (solo costo dell’ingresso) e 100k euro (spese di viaggio aggiuntive da parte dei partecipanti). E molti di questi soldi non sono rimborsabili.
Posso dirvi questo: gli organizzatori che se ne rendono conto, sentono quel denaro e pressione sulle loro spalle. Il solo pensiero che l’evento non piaccia ai partecipanti è già negativo, ma pensare alla cancellazione: è catastrofico. E poi i partecipanti potrebbero persino pensare a chiedere rimborsi agli organizzatori poiché i biglietti aerei e gli alloggi a buon prezzo spesso non sono rimborsabili. E poi: gli organizzatori hanno contratti, obblighi, per lo più non rimborsabili.
Quindi: come organizzatore, sei praticamente fottuto in questa situazione. Dal punto di vista medico e sotto le aspettative della società ti senti obbligato a cancellare l’evento. Come ballerino, organizzatore e amante del tango, non vuoi nemmeno pensare a deludere i tuoi ospiti.
E: chi lo sa, forse nessuno verrà contagiato? Non può andare sempre tutto male, giusto?
È una decisione difficile, soprattutto perché quella decisione non è solo tua. Come organizzatore, non sei tu che resti a casa e che forse non riavrai i soldi già spesi per ballare. In questo caso, prendi una decisione che riguarda molte persone. Ad ogni modo, allo stato attuale tutti sono già confusi nel tentativo di capire cosa faranno se l’evento non viene cancellato: parteciperanno? E poi ci sono tutti i media, la famiglia, la società che ci dicono qual è la cosa giusta da fare. Ma si tratta solo di alcune belle tande, e sicuramente i ballerini malati rimarranno a casa, comunque.
Non pensiamo nemmeno all’aspetto della responsabilità. Cosa succede se qualcuno viene contagiato in quell’evento e muore? Chi è il responsabile? Chi sarà incolpato? E se anche legalmente non ci fosse colpa, gli organizzatori e i partecipanti saranno in grado di conviverci e gestirla?
ORA
TANGO, CORONA E BUENOS AIRES
Ad oggi: casi di coronavirus sono stati riscontrati in tutta Europa, anche se si tratta magari di un caso solo. Non conosciamo i numeri reali, perché i casi riportati si riferiscono solo a chi è stato sottoposto al test, non ai numeri reali.
I casi al di fuori della Cina stanno aumentando esponenzialmente. In Germania i casi raddoppiano ogni 3 giorni, il che significa: 2 in 3 giorni, 4 in 6 giorni e 8 in 9 giorni. Il periodo di incubazione è comunemente indicato in 14 giorni, ma sono stati segnalati casi con un’incubazione massima di 24 giorni.
Come organizzatore:
Dovresti comunicare con i tuoi ospiti.
Non aspettare che questa cosa sparisca da sola. I tuoi ospiti sono già preoccupati.
Dovresti valutare le opzioni e idealmente già essere in trattative con i tuoi fornitori e location per le diverse opzioni: rinviare l’evento sarebbe meglio.
Come ballerino
Decidi tu stesso in base alla tua situazione. In particolare, considera chi hai vicino, come la famiglia, i parenti e le potenziali conseguenze.
Sii consapevole della valutazione della situazione del tuo ministero degli esteri e del tuo datore di lavoro.
Comunica con i tuoi compagni di viaggio e con gli organizzatori.
Sii comprensivo verso qualsiasi decisione venga presa e comunicata dagli organizzatori.
FUTURO
Dopo il coronavirus/prima del coronavirus/altro-virus Mentre questa pandemia in via di sviluppo fa il suo corso, è tempo che parliamo di responsabilità, opzioni e azioni. Non ho risposte, quindi ecco alcune idee:
ORGANIZZATORI
Stipula un’assicurazione!
Abbi un piano B
Abbi cura dei tuoi partecipanti: i bagni: devono essere puliti regolarmente; offri disinfettanti per le mani; sapone; asciugamani di carta usa e getta.
Cibo: preparate e servite cibo con i guanti; fate attenzione ai capelli quando si serve cibo… controlla i regolamenti per la somministrazione di cibi
Offri rimborsi ai partecipanti che decidono di rimanere a casa perché sono malati.
Sii consapevole delle esigenze di salute dei tuoi partecipanti.
Hai ospiti con più di 60 anni o incinte? Sono a rischio più elevato.
BALLERINI
Non partecipare agli eventi quando sei malato. Non importa quanti amici ci sono e quanto hai bisogno di ballare. Infetterai gli altri.
Sii responsabile di te stesso e di coloro che ami ( la famiglia, i bambini, i nonni, …)
Lavati le mani regolarmente e per almeno 20 secondi!
Prenditi cura del tuo sistema immunitario. Mangia sano. Bevi abbastanza. Prendi le vitamine. Dormi abbastanza.
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