
Sta per concludersi la prima settimana in zona rossa che, nel mio immaginario, significa: tutti a casa. Si sta in smart working, si esce solo per necessità motivate e con certificazione. Si sta “isolati”.
Poi, la realtà: dinnanzi agli occhi, rosso rimane solo il conto in banca di coloro che, a causa delle ripetute chiusure/aperture di questo ultimo anno, hanno visto fallire la loro attività imprenditoriale o hanno perso il lavoro o non ne hanno mai trovato uno.
La realtà racconta di famiglie con figli che non sanno più dove sbattere la testa, cercando di fare la gincana di incastri tra il tetris delle sedute di DAD e il lavoro smart, quando ancora ne hanno uno.
La realtà mostra i più giovani accumulare rabbia e frustrazione che talvolta si esprimono in atti violenti verso gli altri o nei confronti di loro stessi, attraverso comportamenti autolesionistici.
La realtà di intere fasce di popolazione che stanno lentamente scolorendo, in preda alla morsa della depressione.
Guardo alla finestra e mi pare che questo gioco al massacro di colorare l’Italia, non porti i benefici effetti sperati. Le varianti del virus stanno correndo e i comportamenti della cittadinanza ESASPERATA , forse, non contribuiscono a limitare i danni.
A me pare che stiamo dentro a una pentola a pressione difettosa, pronta, in un attimo, a fare un grande botto.
Guardo alla finestra e sento prepotente la primavera penetrare i pori della pelle e ho voglia di vita, anzi, la vita mi prende e mi spinge per essere vissuta.
Mi comporto bene e sono ligia alle regole. Ho pure scritto da qui parecchi sermoni, l’anno scorso, sul fatto di tenere duro, mantenere alte le difese e seguire le regole.
Sono una brava cittadina, continuo a stringere i denti ma, francamente, non ci credo più.
Pimpra
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