CORONAVIRUS E IL TEMPO DELLA NOIA

Non vedo l’ora arrivi il tempo in cui la grande emergenza epidemiologica mondiale sia rientrata, aspetto quel momento come tutti, nel frattempo, cerchiamo di sopravvivere.

La mia solidarietà a tutti coloro che rischiano il lavoro a causa delle misure restrittive per contenere il contagio. Spero che il Paese sappia rialzarsi, la nostra storia lo racconta, a noi tutti dimostrare che siamo capaci, una volta in più.

Il momento che stiamo vivendo ha mutato in noi tutti e senza preavviso, le abitudini, dal lavoro alla vita di famiglia a quella sociale passando per gli sport e il tempo libero.

Come una gigantesca onda siamo stati travolti e, pur con estrema fatica, malcelata rassegnazione, siamo chiamati ad attenerci strettamente alle nuove – restrittive – regole del vivere civile.

A nessuno piace subire una decisione, specie se la stessa ci priva del diritto sacrosanto alla nostra libertà, anche se la ragione è di salute pubblica, quindi assolutamente condivisibile.

Sono rimasta colpita dalla sofferenza di molti nel non sapere come riempire il tempo, svuotato dalle abituali attività.

Adulti che faticano immensamente a gestire LA NOIA.

Cos’è esattamente?

Da Treccani on line: nòia s. f. [prob. dal provenz. nojaenoja; v. noiare e annoiare]. – 1. a. Senso di insoddisfazione, di fastidio, di tristezza, che proviene o dalla mancanza di attività e dall’ozio o dal sentirsi occupato in cosa monotona, contraria alla propria inclinazione, tale da apparire inutile e vana (…)

Mi soffermo su “Senso di insoddisfazione, di fastidio, di tristezza, che proviene o dalla mancanza di attività” . Come adulti, fatichiamo a gestire la “mancanza”, essere privi di qualcosa che riempie qualcos’altro, un vuoto nascosto.

Sono la prima della fila a temere la noia, quindi vi capisco, ma posso anche aggiungere che la noia serve, ci insegna molte cose.

La prima, per me la più interessante, è che ci costringe a stare in silenzio, in compagnia di noi stessi. Cosa affatto facile, specie se il silenzio esteriore, amplifica il caos interiore. Se non lo facciamo mai, questo contatto, può essere estremamente pauroso, inquietante, ansiogeno perché a se stessi non si sfugge, meno che meno ai propri demoni, alle inquietudini che portiamo.

Perché ho imparato ad apprezzare la noia?

Mi ha insegnato moltissimo, mi ha portata ad esplorare dei territori dove non volevo assolutamente andare, ho scoperto aspetti interessanti che non conoscevo, ho visto in faccia i miei demoni.

Con la noia abbiamo una possibilità di crescere, per questo gli educatori invitano gli adulti a creare spazi di noia per i propri figli, ci si confronta con le parti più nascoste di noi, si scoprono risorse.

La noia indolente di questi giorni, per esempio, mi ha spinta a provare a far funzionare la macchina da cucire. Ho fatto più tentativi, ho provato frustrazione, ma ho insistito e alla fine ce l’ho fatta. Non mi ci sarei mai messa, nel mio quotidiano vivere, presa da altre attività più pressanti. Invece, il periodo di noia, impedendomi di disperdere il mio tempo, mi ha portata esattamente dove il mio sé più nascosto, quello legato alla creatività, voleva andassi.

Mi piace condividere con voi questa piccola riflessione, perché se impariamo a trovare l’opportunità in un contesto che sembra solo funesto, vivremo meglio.

La noia è un tema caro alla letteratura, approfittiamo di questo strano tempo per annaffiare lo spirito, sono certa che germoglieremo insieme alla primavera nascente.

Pimpra

Suggestioni: qui, qui, qui, qui, qui

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INVECCHIARE IN TEMPO DI SOCIAL

Ci penso da un po’ a come sta cambiando la vita di relazione, la socialità, il rapporto tra il singolo e il resto del mondo, a come si diventa grandi oggi, ma, soprattutto, a come si invecchia.

Cerco di non uscire dalla modernità, perché spero, in questo modo, di continuare a capire il mondo anche se, come tutti i “giovani attempati”, molto spesso, il richiamo al tempo passato, a come si stava meglio, arriva a fior di labbra.

Sono presente sui social, mi faccio grandi scorpacciate di foto, di storie. Ho desiderio di capire, di leggere cosa racconta la società dei giovani, di quello che sono stata anche io, qualche anno fa.

Per certi versi trovo la modernità di relazione assolutamente spaventosa. Noi tutti, in potenza, disponiamo di mezzi atti a disegnare delle finestre di realtà “verosimile”, ovvero costruita, immaginata, creata ad arte su quanto noi vorremmo essere. C’è sempre una base di verità, poiché, lo esprime perfettamente il termine stesso “verosimiglianza”, quella siamo noi. Poi c’è la creazione, l’immagine che vogliamo offrire a chi ci guarda.

Facendo un salto quantico alla mia adolescenza degli anni 80, credo si possa far partire da lì l’inizio del culto dell’immagine della persona a discapito della persona nel suo complesso. Ricordo i fenomeni dei paninari e di tutte le categorie di giovani che indossando la loro divisa, facevano parte del loro clan, esprimevano l’appartenenza a una classe sociale.

Ora come allora, l’ambizione anche inconscia, era quella di fare parte del ceto agiato, ovvero di coloro che potevano permettersi di “griffare” loro stessi con gli stilemi del benessere.

Già a quel tempo, benché avessi frequentato il liceo dei fighetti, oggi definibili radical chic, facevo parte di quella parte fluida e non precisamente identificata di giovani che non rientravano di preciso in nessuna delle giovanili classificazioni.

Sin da allora ho amato essere parte per me stessa, mi chiedo se per vero sentire o per necessità ma, tutto sommato, poco importa, fino a giungere, coerente a me stessa, alla mia età adulta.

La riflessione che mi si impone attualmente è come si invecchia in tempo di social, dal momento che, da quanto posso osservare, la “vecchiaia” è la peggio malattia, ha perso tutta l’aura di esperienza, di saggezza e di rispetto che ha rappresentato nei secoli.

Non esiste più la saggezza dei nonni, poche volte ci si riferisce a un Maestro anziano e saggio. L’immagine brucia l’essenza delle persone che, come un buon vino, invece, migliora con il tempo.

Faccio fatica a vivermi con leggera armonia questo passaggio di vita e ho pure un po’ di timore del contesto in cui mi trovo, dato che, come Natura prevede, il mio corpo esprime con onestà il mio percorso di vita, il tempo.

La mente torna ai giovani, a come se la vivono la loro età se, poco poco non rientrano nella categoria di quelli “fighi“, quelli che hanno un sacco di “follower“, quelli con il successo a pixel.

La gioventù è un bacino meraviglioso di potenzialità. Resto positiva e credo che i ragazzi sapranno trovare il loro senso, oltre i like.

Quanto a me, chi può dirlo, è la prima volta che invecchio!

Pimpra

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