ONLYFANS. PRENDERE O LASCIARE?

Alla sera, mentre allestisco il desco felino e umano, mi diletto ad ascoltare “La Zanzara” di Cruciani e Parenzo. La deriva erotosessuale della trasmissione radiofonica, racconta sicuramente uno spaccato sociale che, volenti o nolenti, non possiamo fingere non esista.

Personalmente ritengo la sessualità di ognuno uno dei campi di maggiore espressione della libertà soggettiva nel senso che – fatta la premessa dell'”accordo tra le parti”- tra le lenzuola ognuno è padrone di viversi la cosa come meglio lo aggrada.

I tempi moderni, però, hanno portato una ventata incredibile di nuove possibilità. Se torno con la mente agli anni 80, la “formazione” dei giovani attraverso cosa avveniva? Esperienza reale, confronto con i coetanei, “giornaletti”, filmetti, credo nulla più.

Il massivo ingresso nelle nostre vite della rete ha esploso di possibilità il reperimento e lo scambio di sessualità.

Da adulta non mi pare ci sia nulla di male, non fosse che – forse- manca una certa cultura di base e un certo discernimento di fondo, ma non voglio di certo fare la bacchettona.

Arriviamo all’oggi, sono rimasta incuriosita dal fenomeno di Onlyfans, sito sul quale, ciascheduno di noi, può offrire al mercato globale una quota parte o l’intero di se stesso, declinandolo nelle mille mila sfumature che la sessualità e l’erotismo consentono, guadagnando, pare, cifre considerevoli.

La Zanzara, nelle interviste che propone quotidianamente, riferisce di giovani che sono entrati in questo mercato traendone immense soddisfazioni economiche.

Riesce incredibile pensare che esistano nel mondo persone interessate all’acquisto di contenuti virtuali di ogni sorta, ascoltate la trasmissione per farvene un’idea.

Il dibattito si accende tra i “liberali” e i “conservatori”, tra chi depreca l’uso del corpo a fini commerciali, chi – al contrario- non ci vede nulla di male.

Se fossi un genitore, e meno male che non lo sono, immaginare i miei figli impegnati a fare soldi su un sito del genere, mi creerebbe non poche perplessità, lo confesso. Ma, dal momento che non amo chiudere la mente, immagino che anche questa, possa divenire una “professione”.

Se proprio una persona sente delle pulsioni che la portano ad avvicinarsi a tale mondo, immagino che sia decisamente meglio diventare i manager di se stessi piuttosto che dipendere da altri, con le terribili conseguenze del caso. A sentire gli intervistati, avere un proprio profilo sul sito, li impegna a costruirsi anche un “piano editoriale”, a monitorare l’andamento del mercato di genere, insomma ad essere totalmente proattivi in questa attività.

In fondo, penso, che male c’è? Come tutte le leggi di mercato dove c’è forte richiesta, nasce l’offerta.

Ci stiamo perdendo qualcosa? Difficile dare una risposta che non poggi esageratamente sulle nostre tradizioni, sulla nostra morale, difficile essere imparziali il giusto per esprimere una riflessione equilibrata.

La sola cosa che mi perplime è la ricerca di strade “facili”. Penso a coloro che investono risorse e tempo sui social cercando di farne una professione (diventare “influencer”), senza prima munirsi degli strumenti culturali necessari e non mi rieferisco unicamente a Onlyfans.

La forbice tra le generazioni si evince particolarmente in questo: prima dei millenials si era costretti al lavoro (o intellettuale o fisico) e al sacrificio nella costruzione di una propria identità professionale anche perchè non esistevano queste possibilità alternative.

Ad oggi mi chiedo se siamo noi “anziani” ad avere perso delle occasioni per esprimere e realizzare al meglio noi stessi, oppure sono i giovani che, proiettati molto pesantemente in un mondo estremamente virtuale e non sempre virtuoso, bypassano certe esperienze importanti per la loro evoluzione personale.

In medio stat virtus, la mia risposta.

Pimpra

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