DI TANTO IN TANGO. Tutto quello che una tanguera desidera e non ha mai osato chiedere.

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Ripenso all’ultima milonga di domenica scorsa e, a distanza di una settimana, affiora con maggiore chiarezza una nota stonata, una piccola sbavatura, in una serata che, lo ripeto, è stata deliziosa.

Ecco che mi e venuta voglia, per la prima volta, di mettere nero su bianco, il mio personale elenco di “desiderata”, ovvero, quello che mi aspetto in milonga, e non ho mai osato chiedere.

Dopo i miei primi 10 anni di tango, posso finalmente affermare che tipo di ballerina sono, oramai conosco bene i miei colori, i miei pro, i miei contro. In fondo la danza altro non è che uno degli specchi possibili in cui far affiorare la nostra personalità e, nel tango argentino, questa si manifesta in tutta la sua prorompente intensità e verità.

Avuta la prova provata che sono una donna dal carattere impetuoso, forte, dall’energia dirompente, a volte difficile da tenere “imbrigliata”, è facile immaginare cosa mi possa aspettare dal temerario che voglia cingermi nel suo abbraccio.

Partiamo dall’abbraccio.

Il mio “deve essere”. Ovvero voglio sentire il tocco, il contatto. Troppe volte incontro danzatori eterei, quasi “distaccati”, timorosi e autoreferenziali. Questo il messaggio che mi arriva da chi ha paura del “tocco”. Non significa che desidero essere stretta, intrappolata, chiusa, bloccata.

Ricordo perfettamente quando, in Argentina, qualche anno addietro, il maesto mi disse “Abbracciami”. Rimasi choccata perché, una delle mie peculiarità riconosciute era proprio quella di avere un abbraccio confortevole ed accogliente. Forse per i freddi ballerini del Nord Est, nella patria del tango, come donna, dovevo abbracciare, darmi di più e, confesso, all’inizio è stato difficile, come essere denudata, senza protezione. A poco a poco, ho capito, ho sentito, e ho appreso ad “abbracciare”. Ci vuole coraggio. Quello di mettersi inn gioco fino in fondo, ma è una gran bella scoperta quello che poi torna indietro.

La musicalità.
Sembra banale, ma, ahimè, non lo è. La musica va ascoltata, con le orecchie, il cuore, la pancia, la testa. Cosa può uscire, altrimenti, nel dialogo a due che è un tango?

Accade che il partner non conosca il brano specifico, ma dove sta il problema? Certo se Lui immagina una performance di passi semi coreografati, evidentemente si troverà in difficoltà, ma che dico, sarà nel panico più assoluto. Ma è tango questo? Ballare su blocchi di passi precostituiti, memorizzati dentro un cervello di cemento armato? … non direi….

Le piu belle tandas mi sono arrivate quando c’era questa inconsapevolezza perché, l’uomo, in detta circostanza, non si è preoccupato di “cosa fare” ma “con chi stava ballando”. Ha cercato maggiormente il dialogo, come a condividere un’esperienza nuova, scoprendo un territorio inesplorato insieme alla sua partner. Meno passi, meno performance, ma maggiore intimità, ricerca nel sentire. Devo dire che si trattava di ballerini esperti e consapevoli.

La connessione o empatia.
Noi donne, per ruolo, siamo abituate a farlo (o dovremmo ), entrare in connessione profonda con il ballerino, comprendere la guida, i movimenti che il suo corpo suggerisce. Non è solo una storia di mera “esecuzione”, secondo me, si tratta di entrare in sintonia profonda. Come ascolta il brano? Cosa desidera ballare? Quali sono le sfumature che sta cercando?

Tutto quello che le follower normalmente fanno, lo aspetto anche dal partner. La connessione passa anche e, aggiungo, soprattutto, nel feeling sottile con il “sentire” fisico e psicologico dell’altro. Ecco che, per una ballerina dalle mie caratteristiche, diventa tutto più stimolante, un dialogo e una ricerca insieme all’altro, un gioco ed uno scambio profondo, una domanda e una risposta, un io e un tu che si sentono, comunicano e giocano con le proposte di ruolo.

Probabilmente questo è l’aspettopiù  complesso di tutta la faccenda e richiede anni di studio, la tecnica aiuta alla declinazione delle personali sfumature del proprio ballo. Trovare, in milonga, un ballerino che abbia voglia di “cercare” quella donna che si esprime danzando, richiede, effettivamente, oltre a un’attitudine mentale e una rara disponibilità, anche moltissima esperienza. Ore ed ore trascorse sulla pista a sperimentare e a sperimentarsi.

Che pippolotto, probabilmente con un sacco di luoghi comuni, cose trite e ritrite, ma che mi importa. In fondo ad ognuno/a il suo tango, la sua ricerca.

Quello che vorrei per tutti è la curiosità di andare verso l’altro,perché  non si balla da soli, si è in due.

AMEN.

Pimpra

image credit: Claudio Visentin

QUANDO IL “VINTAGE” E’ EVOLUTIVO

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C’è una sottile forma di malinconia nell’amare gli oggetti del nostro passato. Certo, non si deve restarne assurdamente legati, ma conservarne un piacevole ricordo non guasta.

Ti rendi conto di diventare “grande” (che la parola vecchio proprio non mi garba), quando la mente torna indietro e ricorda con amorevole grazia dei pezzi della tua storia che oramai senti lontani.

E’ lo scorrere del fiume che, nell’immaginazione, può fluire al contrario.

Tutto questo per dire che il genetliaco si avvicina e, quest’anno, avrà un colore decisamente diverso. Non dico peggiore, non dico migliore. Dico diverso.

Mi tocca far mente locale a quante candeline dovrei mettere sulla torta perchè è come se la testa avesse deciso di fermarsi a contare con un qualche anticipo, onde evitare che, nel tentativo di spegnerle tutte, nel frattempo non si incendi la torta! 😀

Eppure, proprio in questi giorni ho messo mano a una importante, nuova consapevolezza di me: ho, in generale, molta meno paura.

La paura è un fenomeno emotivo che, quando mi prendeva, lo faceva in modo devastante, assolutamente incontrollabile. Potevo avere reazioni fisiche, saltellando, scappando, lo stomaco completamente chiuso, sudorazione folle, palpitazioni, scalmane… una tregenda! Per non parlare dello stato emozionale infausto del terrore che si impossessava di me nel tempo che una situazione ritenuta spaventevole (esami universitari, viaggi aerei, sessioni dal dentista… ecc ecc) si stava avvicinando.

Poi il tempo passa e, lavorando intensamente su di me, ho cercato in tutti i modi di combattere questo mio istinto primordiale troppo acceso. E… prova e riprova, insistenza su insistenza ci sono riuscita!

Adesso prendo un aereo senza dovermi bere una boccetta di En, vado dal dentista e sono capace di addormentarmi sulla sedia mentre mi smonta l’intera dentiera, se devo affrontare un esame di qualunque natura, la piglio con spirito zen.

Questo significa crescere e, allora, ben venga la sospirata “maturità”… se è così, ho solo di che guadagnare! 😉

Pimpra

 

 

 

SEXY E FEMMINE SOLO A NATALE!

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C’è che non vado quasi mai nel centro città a guardare le vetrine dei negozi. Non mi accorgo di quelli che hanno chiuso i battenti per la crisi o per le scelte aziendali fatte con leggerezza, di quelli che hanno ristrutturato gli ambienti per essere più allettanti.

Insomma, sono una compratrice distratta, più che altro perchè ho già le mie idee in testa e, se devo acquistare qualcosa, cerco “quella cosa” senza farmi prendere dagli specchietti per allodole della moda. Che, detto tra noi, oramai è solo per anoressiche adolescenti, negozi di alta gamma a parte, ma che non posso permettermi.

Ciò detto, a Natale, volente o nolente, mi tocca scendere nell’agone delle compere e dedicarmi alla ricerca di regali impossibili… soprattutto perchè, se costretta, la mia fantasia non produce risultati apprezzabili e si blocca. Morale: la lista dei regali da fare rimane vuota.

Allora, come un lupo della steppa, brancolo per le vie cittadine cercando ispirazione che, il più delle volte, non arriva mai…

Una cosa però mi ha colpito.

Ci avrete fatto caso pure voi. Con la scusa che a Capodanno porta bene indossare biancheria rossa, i negozi si riempiono di clamorosa biancheria intima che nemmeno alle Folies Bergères ne indossano di tal fatta.

Mi ritrovo ad ammirare queste manichine (sono femmine, no?) in deshabillé così sexy che avrei voglia di comperare la vetrina intera. C’è di tutto, per tutti i gusti. Fantastico direi.

Però la magia dura fino al tempo dei saldi invernali perchè, all’arrivo della primavera, sembra che nessuno trombi più, ed è un tripudio di biancheria da collegiale dagli improbabili toni pastello che, per l’amor di dio, va benissimo a una ventene ma che suona altamente ridicola sul corpo di una quarantenne e oltre…

Nel senso che a 45-50-55 anni e più, una donna ben tenuta, in pace con se stessa può sfoderare ancora con gran gusto i suoi artigli seduttivi, indossando la biancheria intima più opportuna che, di certo, non può essere rosa confetto con i fiorellini di campo… non so se mi spiego!

Ecco che andare in un negozio di catena diventa imbarazzante, le commesse, di norma, hanno la radice quadrata dei tuoi anni, sono delle amorevoli sgrillettate e non sanno una cippalippa di seduzione…

Autoreggenti 8 denari ??? Ahhh, ohhh, no sa adesso fa caldo, ehhh beh adesso solo costumi e pareo. In magazzino? No, non so… ma le posso offrire un bel completino giallo canarino se vuole…

No, ecco, capite che l’industria della moda a noi Milf/Cougar o non so con quale altro appellativo siamo identificate, ci vuole fuori mercato da febbraio a novembre!!!

Ecco, pertanto, Amiche Giaguare, approfittate del  momento per non arrivare all’estate impreparate… 😉

STICAZZI! Oggi avevo bisogno di leggerezza! 😀

Pimpra

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LIBERI. FINO ALLA FINE.

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E’ così strano anche solo riuscire a pensare a qualcosa di diverso, di intenso e, per certi versi, pesante, in questi giorni.

Le città sono uno sfavillio di luci, la gente corre indaffarata portando in giro quintalate di pacchetti colorati. Ci si saluta, come mai durante l’anno, quando siamo  delle figure trasparenti agli occhi del nostro prossimo.

Ma è (quasi) Natale, allora tutti a scimiottare sentimenti, comportamenti richiesti da copione.

Poi, lì fuori, c’è la Vita Vera, quella delle persone che ne vivono ogni singolo respiro e quella di coloro che stanno morendo.

Oggi, mentre surfavo leggera sui pixel, incontro, come un tronco portato dalla marea, un video. Non li guardo mai, i video, che mi annoiano, ma questo ho dovuto. Il link qui .

Dominique oggi lascerà questa dimensione, per sua scelta, aiutata da una équipe di medici svizzeri. Forse, a quest’ora, è già volata via.

Mi sono commossa davanti al pc, ascoltando la storia di questa signora che, a tre mesi dalla scoperta della inguaribile malattia, ha deciso, consapevolmente, di mettere fine alla sua vita.

I medici le aveano prospettato da 1 anno a 3 anni di aspettativa, a fronte di trattamenti chemioterapici molto forti. E Dominique  ha detto di no, che non lo voleva fare. Che tutto il dolore che avrebbe dovuto sopportare, le era troppo.

Provo un senso di reverenziale rispetto per coloro che hanno un simile coraggio, non so se ne sarei capace e, allo stesso momento, sono fermamente convinta che non sia giusto dover emigrare in altro paese per decidere di percorrere la strada dell’eutanasia.

Dovremmo poter essere liberi di morire in casa nostra o, comunque, nel nostro paese. Anche il solo viaggio per raggiungere il ponte del non ritorno in un altro dove, è una sofferenza in più che il futuro “suicida” dovrà sopportare.

“Suicida” perchè l’atto finale di staccare la presa di corrente con la vita, lo si deve attuare in assoluta autonomia.

Non mi piace questo termine, per definire chi, costretto (da una malattia inguaribile o da una depressione insostenibile) sceglie l’ultima via.

Sono persone coraggiose ed estremamente determinate che hanno saputo accettare il loro destino, la malattia, senza rimanerne completamente intrappolati.

La morte, in fondo, è solo un cambiamento di stato.

Vorrei, da cittadina del mondo, poter vedere garantita a tutti gli effetti la mia libertà personale di essere umano. Togliersi la vita in una struttura che accompagna, non è divenire peso sociale, non è tradire la civiltà, non è atto di follia premeditata. E’ pura espressione del Libero Arbitrio.

In un mondo globale inquinato di trappole che ingannano e imprigionano, vorrei poter immaginare, al contrario, la libertà di essere umano.

Libera di vivere, se riesco. Libera di morire, se non ce la faccio più.

Cara Dominique, fai un buon viaggio.

Pimpra

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DUE RUSPANTI DINOSAURE…

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Si fa presto a dire “ricambio generazionale”, “giovani contro vecchi”, “amate i vostri nonni”, “non sono anziana, sono diversamente giovane” e tutta una serie di simpatici luoghi comuni che esaltano le differenze d’età, a volte con malcelata ironia, a volte con insolente disprezzo, a volte con tenerezza.

Tutto facile quando ci scherzi su, quando senti che l’agomento non ti  tocca perchè, per ben che vada, fai parte della quota “giovane” del binomio.

Sticazzi il giorno in cui passi il tuo Rubicone e, dal fattore”figo”, diventi a tua volta “il vecchio” della situazione.

Ma andiamo con ordine.

Pausa pranzo, i 30′ di boccata d’ossigeno fuori dalla gabbia. C’è il sole e una voglia irresistibile di regalarci un rossetto nuovo, rosso ed esuberante per esorcizzare novembre, l’autunno, le bruttissime cose che accadono intorno. Insomma un micro shopping very cheap per ritrovare quella leggerezza che ci permettere di vivere.

Detto fatto, con la mia amica del cuore, ci dirigiamo da Kiko.

La scelta del rossetto evidenzia in noi la voglia di giovanilismo, tanto che, le due gentili commesse accorse ad aiutarci, ci guardavano sbalordite sulla nostra scelta di acquistare lip stick sbrodolosi (quelli molto glossy, per intenderci) appannaggio esclusivo di ragazzine e giovani donne di massimo 35 anni.

[Perchè il dramma cosmico è che il bastardo lip gloss si infila istantaneamente nelle rughette che perimetrano il labiale (dai 36 anni in su iniziano a presentarsi, di solito), facendo perdere completamente il contorno labbra e conferendo quell’aspetto di tossica in pieno viaggio astrale. In una parola: un disastro estetico di proporzioni epiche!]

Con tatto sopraffino, le due gentili commesse, ci hanno depistato su rossetti ben più adatti a noialtre, persuadendoci che erano lucidi comunque ma che si mantenevano in sede e che, loro stesse, (25 anni meno di noi???), ne facevano uso.

Convinte, ci presentiamo alla cassa dove, un’altra giovine commessa  ci convince a registrarci sul sito per ottenere punti e sconti.

Come due brave pollastrelle, l’amica ed io sottoscriviamo ma, il bello è che l’operazione avveniva seduta stante, sulle tastiere dei nostri smartphone.

L’abissale differenza d’età si è manifestata in tutta la sua tracotanza, proiettando l’amica e me direttamente alla prenotazione di una stanzetta presso “Villa Arzilla” , ricovero per anziane signore.

Con tocchi felini ai telefoni la commessa ha provveduto alla nostra registrazione, ha fatto una foto dello schermata del cellulare dove comparivano i nostri codici di accesso per facilitare il loro utilizzo qualora si fosse sprovviste di connessione web e, in un abracadabra, i giochi erano fatti.

Io me la ridevo sotto i baffi, più che altro per il piacere di aver trovato una giovane preparata, gentile, molto paziente e volonterosa, la mia amica, letteralmente stordita da questa mostruosa “velocità decisionale”… una volta pagato il conto, se ne è uscita con un bel “Beh, mi scusi, non mi rilascia nessuna card?”

La giovine, spalancando gli occhi da cerbiatta e contenendo il suo stupore, ha semplicemente risposto “Signora, non ne ha bisogno, è già tutto dentro il suo telefono!”

Ho strattonato  l’amica fuori dal negozio e, ridendo, abbiamo decretato che siamo giovani come due… DINOSAURE!!!!

Vabbè… pigliamola con allegria…

Pimpra

A TRIESTE SI DICE “MAI MOLAR”. ADESSO VI DICO PERCHE’

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A chi non accade di avere momenti molto down in cui tutto sembra andare storto, perdere colore, imbruttirsi?  Ci sono periodi in cui questa patina infestante di negatività si accanisce, inutile negarlo, e uscire dal cerchio dell’abbattimento psicologico, sembra un’impresa quasi impossibile.

Poi, una mattina, mentre cerchi di mettere le toppe alla tua vita quotidiana, ricevi una telefonata da una carissima amica di famiglia che, tradendo una forte emozione, ti racconta una storia incredibile.

LO SCENARIO: due adulti di 70 anni suonati, una giornata come tante altre. Si incontrano per caso, e il lui della situazione, un signore riservatissimo da sempre, di quelli proprio abbottonati, marito e padre esemplare, si fa sfuggire una frase che ha l’impatto di una bomba atomica su un campo di margherite: “Hai delle tette stupende”

La mia amica, donna a sua volta estremamente riservata, una vera signora, vedova da tantissimi anni e pur sempre legatissima e fedele all’amore scambiato con il coniuge insomma una donna tutta d’un pezzo, per poco non si ribalta dallo stupore, “Ma cosa dici? Ti sei ammattito?”

Il gentil signore, per tutta risposta, invece di eclissarsi, rilancia con un “Vieni a casa”

Lei, sempre più sconvolta, reagisce facendosi una grassa risata, rispondendo “Smettila di dire stupidaggini”, girandosi sui tacchi e abbandonando a piè sospinto la scena dell’abbordaggio.

LA MORALE:
In ottica positiva, si capisce come, pur giunti agli anni d’argento, le pulsioni restano tali. Il fascino sprigionato dalle persone, inalterato. La potenza sessuale ed erotica dei corpi, resta, in potenza, uguale.

Con l’amica ci siamo fatte delle matte risate, lei, incredula del suo fascino che riteneva oramai sfiorito, considerata l’età non più verde. Io, in fondo, un tantino basita per l’esuberanza del conoscente che, a ben guardare, nel corso degli anni, in modo sempre estremamente discreto, le aveva rivolto dei velati apprezzamenti.

Cosa gli sia preso quest’oggi non è dato sapere, un tempo si diceva che la primavera movimentava gli ormoni… forse l’estate di San Martino, così generosa di tiepidi raggi, ha creato la stessa magia…

MORALE: sorridiamo tutti alla vita, fino a che c’è, tutto può accadere…

Pimpra

IMAGE CREDIT: PIMPRA_TS

ADOLESCENS-ENTIS: sinonimo di guai

Dal mio osservatorio privilegiato di donna matura senza figli e senza turbe di non averli avuti, noto cosa accade ai miei coetanei prole-muniti.

Il mondo si divide tra coloro che ne hanno uno solo, il classico “figlio unico” e gli altri con due o più.

Un’altra importante discriminante è se i genitori del pargolo sono separati o stanno ancora in coppia.

L’etimologia di “adolescente”, prevede una definizione del tipo: da qui

oppure: da qui

“a-do-le-scèn-te

Sign:Chi attraversa una fase della crescita che prelude all’età adulta

dal latino: adolescens participio presente di adolescere composto da ad rafforzativo e alere nutrire. Che si sta nutrendo.

L’adolescente è colui che si sta nutrendo e l’adulto – dal participio passato della stessa radice – è colui che si è nutrito. Questa immagine ci disegna due individui, uno che non ha concluso la propria formazione e uno che lo ha fatto.(…) Ad ogni modo presso i Romani, inventori della parola, l’adolescenza finiva a venticinque anni.

TEMPI MODERNI:

ogni qualvolta incappo in qualche conoscente che ha a che fare con gli adolescenti moderni, benedico Iddio di non avere figli.

Da quanto mi si dice, il ragazzo/a che va da un’età dai 12 ai 18-20 anni, vive la parte più ostica della sua vita, della vita di relazione con i suoi genitori, e del rapporto con qualsiasi tipo di autorità.

Ci siamo passati tutti.

Personalmente, ne ho un ricordo offuscato, opportunanente rimosso dai meccanismi di difesa della mia psiche che hanno preferito lasciarmi spazio sull’hard disk mentale/emozionale per altri ricordi, si spera, ben più lieti.

L’età del mutamento, del divenire, dello scoprire in quale direzione ci si sta muovendo verso la vita adulta che, rimane comunque, una lontana chimera.

Chi sono, cosa faccio, cosa cerco, cosa voglio? Dove sta la mia identità, l’unicità? Tutti questiti che il giovane virgulto si pone (o almeno dovrebbe porsi) per dare una definizione almeno di bozza, di ciò che immagina o sogna per se stesso, per la sua vita futura.

Ciò che vedo e che mi viene raccontato, invece, cozza contro tutto questo.

Giovani che preferiscono chiudersi in una massa informe, dove la “forza” o, meglio, la “difesa dal mondo”, deriva dal numero dei componenti del gruppo.

Poco o nessun interesse verso la “qualità” della vita, nelle sue diverse sfumature, e, quello che è peggio, un fancazzismo esasperato. Una mancanza di curiosità e desiderio del conoscere, del fare, perferendo il diffuso concetto di “galleggiamento in un limbo di noia”.

Noia di esistere, avrei l’istinto di scrivere, perchè non supportata dalla fiamma di desiderio che la giovinezza regala. I sogni liquefatti dentro ai pixel dello smartphone, le comunicazioni di pura soglia “social”, dove indossare una maschera, anch’essa protettiva, per tuffarsi nella lunga corrente del golfo delle cose certe ed accettate, dell’edonismo dichiarato e classificato secondo rigidi codici.

Manca il piacere dell’unicità, la voglia di sbattersi il culo per provare a mettere la testa al di fuori della massa, per la curiosità di trovare la linea dell’orizzonte e immaginare che cosa ci sta dietro.

Ma forse sono troppo cruda, ed è facile dall’alto dei miei anni guardare i “pulcini” e notare quanto siano piccoli. Ma loro sono piccoli.

Però questi giovani adolescenti, sono virgulti che andrebbero aiutati a crescere. Spronati a darsi da fare, indirizzati con delle regole di gioco, perchè la vita, si sa è bastarda, ed è meglio farsi le ossa da giovani…

Pimpra

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DI TANTO IN TANGO. DONNE E TANGO: LA MINACCIA ARRIVA DA EST.

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Questo dì mi sento scherzosa e ho un sacco di friccicorino provocatorio che mi prude i polpastrellli, perciò, BUMMMM, lancio il post di oggi.

SCENARIO:

il poliedrico mondo del tango offre, oltre al godimento del ballo puro, un contorno relazionale che definirei squisito. Incontri con persone interessanti, stimolanti, irriverenti, talentuose… provenienti da ogni angolo della terra.

… più globale di così…

In tutto questo mare popolato di pesci e di sirene, un occhio di riguardo, secondo me, lo meritano le donne della nuova Europa, ovvero, della sua parte più a EST. Penso al bacino della vecchia Russia, della Bulgaria, Ungheria, della Cechia e Slovacchia… insomma, avete capito.

IL FOCUS:

premesso che, di norma, le signore e signorine sono ballerine pazzesche, dotate di tecnica sopraffina, derivante dalla tradizione secolare di questi paesi, talentuose di natura, appassionate. Poi sono belle, ma che dico, bellissime. E, non bastasse, ci sanno fare. Ci sanno maledettamente fare.

LA MORALE:

il pericolo “rosso” è in agguato (anche se difinirlo così è un evidente anacronismo, ma funziona benissimo come immagine “letteraria”) . Quando l’uomo della “vecchia Europa” viaggia verso est per partecipare a una maratona, a un encuentro milonguero, a un festival, potete stare certi che qualcosa succederà!

Annovero più di una coppia, tra amici e conoscenti, che è nata mixando una creatura del “sol Levante” a un uomo di queste latitudini.

LO STUPORE:

Vorrei tanto che le signorine mi spiegassero quale è il loro magico elisir, la pozione seduttiva per cui gli uomini vanno così fuori di testa che, non solo se ne innamorano, ma le sposano!

Da vecchia zia, sorrido sotto i baffi, il tempo dei fiori d’arancio per me è passato da un pezzo, ma ho tantissime giovani amiche che non riescono a quagliare una relazione che sia degna di questo nome. Figuriamoci se riescono ad arrivare al porto di un impegno con tanto di anello e di un SI’ pronuciato davanti a un ministro di fede o laico.

MA QUALE E’ IL VOSTRO SEGRETO, CARE AMICHE?

Condividetelo anche con noialtre, così, per solidarietà femminile, affinchè nella pacifica osmosi dei popoli, possiamo andare anche noi a “colonizzare d’amore” i vostri paesi!

Oggi mi sento burlona, che ve lo dico a fà? 🙂

Pimpra

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TEMPI MODERNI

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Volente o nolente, la vita va avanti ed anche io, con la tristezza nel cuore, mi sono rimessa nel flusso delle cose.

Oggi una nuova esperienza. Ho fatto il commissario d’esame a un concorso pubblico.

La mia prima volta ed è stato alquanto curioso ritrovarsi dall’altra parte del tavolo.

I candidati, per la maggior parte donne, mi hanno offerto un interessante spunto di riflessione.

Ricordo che, ai miei tempi, quando si affrontava un esame (parlo di università) o l’orale di un concorso o un colloquio di lavoro, ci si presentava alla commissione vestiti in un certo modo, non precisamente da gita, nè, tantomeno, da sera. Un mix equilibrato di rigore ed “eleganza” adatto alla circostanza.

Poche volte, specie in età adulta, ho visto i miei colleghi presentarsi in jeans e maglietta sdrucita o in maglione informe, con scarpe da ginnastica sporche ecc.

Ai miei tempi, evidentemente, la forma manifestava rispetto verso la circostanza.

Stamani, mentre mi preparavo, benchè dall’altra parte della barricata, ho applicato lo stesso antico principio, scegliendo un abito formale, da lavoro.

Quale sorpresa nel vedere i partecipanti che di tutto si sono occupati, meno che del loro aspetto, presentandosi con chiome allo sbaraglio, abiti indefiniti, in un mix di elementi, assolutamente casuali e, francamente, orribili.

I tempi cambiano, è evidente.

Dall’altro lato, invece, ho potuto apprezzare i diversi risvolti che l’atteggiamento che teniamo nel corso di un’intervista, provoca sulla nostra audience.

La teoria l’ho masticata più volte, la pratica mi ha vista – di norma – essere soggetto attivo quindi mi è sempre mancato il punto di vista dell’osservatore non attivo, di quello a cui ci si rivolge.

Non potete capire quante cose ci raccontano i movimenti che facciamo con il corpo, quelli di cui non ci rendiamo conto, quanto uno sguardo aperto, possibilmente sorridente, provochi immediata empatia al soggetto al quale è rivolto, come i movimenti di mani, occhi, labbra, la postura del corpo parlino del nostro stato emotivo, raccontando tutta la verità. Anche quella che vorremmo celare.

Così mi sono dilettata a prendere i miei appunti mentali, ad osservare come la società muta velocemente, come tutti, all’improvviso abbiamo atteggiamenti e credenze sorpassati e che per stare al “passo con i tempi” dobbiamo correre. E correre veloce.

Ecco, così, per dire…

Pimpra

 

DILLO ALLA ZIA PIMPRA

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Diventando più vecchia e saggia, ho, finalmente, imparato ad apprezzare anche la compagnia delle donne. Solo quelle che stanno nelle mie corde, beninteso, perché non  tutte mi vanno bene.

Amo le donne forti, gagliarde, quelle con il cuore grande, generose e leali. Quelle sicure di sé, che non hanno bisogno di competere con le altre donne per sopraffarle,  perché si piacciono, amano la loro vita, le scelte che le hanno portate a diventare quello che sono.

Va da sé che di donne così non ce ne siano proprio tantissime, quando ne stano una, potete scommetterci che la faccio mia, non sfugge alla mia amicizia.

Ciò detto, l’occasione di una breve trasferta di lavoro, mi ha regalato una bella serata trascorsa con una delle mie amiche giaguare (chissà perché ma mi piace chiamarle così). Il chianti ha aperto i cuori e sciolto le lingue.

Morale, tra una  fitta confidenza e l’altra, è emerso chiaramente come, il lungo trascorrere del tempo, anche dentro una coppia solidissima, possa, di fatto, mutare equilibri che si pensavano inossidabili.

Ho ascoltato questa giovane donna con grande attenzione e affetto e ben mi è apparso chiaro quanto, per chi vive una situazione di stress e di frustrazione, sia difficile trovare un rimedio, una medicina, una nuova strada da battere per dare nuova linfa a un rapporto che si sta logorando.

La mia posizione è facile, lo ammetto. Ci siamo solo la Pimpra ed io. Il mio lavoro, le mie passioni, il mio tempo libero, il mio stipendio, i miei casini, le mie felicità e i miei turbamenti. E la salute della Pimprotta.

Siamo una monade piuttosto equilibrata.

Altro è la vita famigliare.  L’equazione si complica all’ennesima potenza.

Mi pare di aver colto che, la difficoltà più grande, sia quella di “farsi ascoltare” che è altro dall’iniziare a lamentarsi di questo e per quello. Un confronto serio e costruttivo, dove le parti si denudano dalle sovrastrutture della coppia, dalle croste comportamentali fissate nel tempo e prova a riscrivere la storia.

Appare una dannazione impossibile, una impresa difficilissima, una montagna troppo alta da scalare.

Ho proposto di scambiarsi i ruoli famigliari per una settimana intera. Di vestire “i pantaloni” lei, di indossare la gonna lui e, dopo l’esperienza, di incontrarsi e parlare, annotando quotidianamente, nel corso dell’esperimento, le emozioni, i pensieri, i disagi o le gioie che si sono provate nella pelle dell’altro.

La giaguara di fronte a me, con le gote rosse per il chianti, l’occhio lucido per le emozioni provate, mi ha risposto “sarebbe molto bello, ma non credo che ce la faremo”.

A volte, bisogna avere un coraggio fottuto e dire “mi butto” … succeda quel che succeda….

STICAZZI.

Pimpra

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