Dal mio osservatorio privilegiato di donna matura senza figli e senza turbe di non averli avuti, noto cosa accade ai miei coetanei prole-muniti.
Il mondo si divide tra coloro che ne hanno uno solo, il classico “figlio unico” e gli altri con due o più.
Un’altra importante discriminante è se i genitori del pargolo sono separati o stanno ancora in coppia.
L’etimologia di “adolescente”, prevede una definizione del tipo: da qui
oppure: da qui
“a-do-le-scèn-te
Sign:Chi attraversa una fase della crescita che prelude all’età adulta
dal latino: adolescens participio presente di adolescere composto da ad rafforzativo e alere nutrire. Che si sta nutrendo.
TEMPI MODERNI:
ogni qualvolta incappo in qualche conoscente che ha a che fare con gli adolescenti moderni, benedico Iddio di non avere figli.
Da quanto mi si dice, il ragazzo/a che va da un’età dai 12 ai 18-20 anni, vive la parte più ostica della sua vita, della vita di relazione con i suoi genitori, e del rapporto con qualsiasi tipo di autorità.
Ci siamo passati tutti.
Personalmente, ne ho un ricordo offuscato, opportunanente rimosso dai meccanismi di difesa della mia psiche che hanno preferito lasciarmi spazio sull’hard disk mentale/emozionale per altri ricordi, si spera, ben più lieti.
L’età del mutamento, del divenire, dello scoprire in quale direzione ci si sta muovendo verso la vita adulta che, rimane comunque, una lontana chimera.
Chi sono, cosa faccio, cosa cerco, cosa voglio? Dove sta la mia identità, l’unicità? Tutti questiti che il giovane virgulto si pone (o almeno dovrebbe porsi) per dare una definizione almeno di bozza, di ciò che immagina o sogna per se stesso, per la sua vita futura.
Ciò che vedo e che mi viene raccontato, invece, cozza contro tutto questo.
Giovani che preferiscono chiudersi in una massa informe, dove la “forza” o, meglio, la “difesa dal mondo”, deriva dal numero dei componenti del gruppo.
Poco o nessun interesse verso la “qualità” della vita, nelle sue diverse sfumature, e, quello che è peggio, un fancazzismo esasperato. Una mancanza di curiosità e desiderio del conoscere, del fare, perferendo il diffuso concetto di “galleggiamento in un limbo di noia”.
Noia di esistere, avrei l’istinto di scrivere, perchè non supportata dalla fiamma di desiderio che la giovinezza regala. I sogni liquefatti dentro ai pixel dello smartphone, le comunicazioni di pura soglia “social”, dove indossare una maschera, anch’essa protettiva, per tuffarsi nella lunga corrente del golfo delle cose certe ed accettate, dell’edonismo dichiarato e classificato secondo rigidi codici.
Manca il piacere dell’unicità, la voglia di sbattersi il culo per provare a mettere la testa al di fuori della massa, per la curiosità di trovare la linea dell’orizzonte e immaginare che cosa ci sta dietro.
Ma forse sono troppo cruda, ed è facile dall’alto dei miei anni guardare i “pulcini” e notare quanto siano piccoli. Ma loro sono piccoli.
Però questi giovani adolescenti, sono virgulti che andrebbero aiutati a crescere. Spronati a darsi da fare, indirizzati con delle regole di gioco, perchè la vita, si sa è bastarda, ed è meglio farsi le ossa da giovani…
Pimpra
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