E’ così strano anche solo riuscire a pensare a qualcosa di diverso, di intenso e, per certi versi, pesante, in questi giorni.
Le città sono uno sfavillio di luci, la gente corre indaffarata portando in giro quintalate di pacchetti colorati. Ci si saluta, come mai durante l’anno, quando siamo delle figure trasparenti agli occhi del nostro prossimo.
Ma è (quasi) Natale, allora tutti a scimiottare sentimenti, comportamenti richiesti da copione.
Poi, lì fuori, c’è la Vita Vera, quella delle persone che ne vivono ogni singolo respiro e quella di coloro che stanno morendo.
Oggi, mentre surfavo leggera sui pixel, incontro, come un tronco portato dalla marea, un video. Non li guardo mai, i video, che mi annoiano, ma questo ho dovuto. Il link qui .
Dominique oggi lascerà questa dimensione, per sua scelta, aiutata da una équipe di medici svizzeri. Forse, a quest’ora, è già volata via.
Mi sono commossa davanti al pc, ascoltando la storia di questa signora che, a tre mesi dalla scoperta della inguaribile malattia, ha deciso, consapevolmente, di mettere fine alla sua vita.
I medici le aveano prospettato da 1 anno a 3 anni di aspettativa, a fronte di trattamenti chemioterapici molto forti. E Dominique ha detto di no, che non lo voleva fare. Che tutto il dolore che avrebbe dovuto sopportare, le era troppo.
Provo un senso di reverenziale rispetto per coloro che hanno un simile coraggio, non so se ne sarei capace e, allo stesso momento, sono fermamente convinta che non sia giusto dover emigrare in altro paese per decidere di percorrere la strada dell’eutanasia.
Dovremmo poter essere liberi di morire in casa nostra o, comunque, nel nostro paese. Anche il solo viaggio per raggiungere il ponte del non ritorno in un altro dove, è una sofferenza in più che il futuro “suicida” dovrà sopportare.
“Suicida” perchè l’atto finale di staccare la presa di corrente con la vita, lo si deve attuare in assoluta autonomia.
Non mi piace questo termine, per definire chi, costretto (da una malattia inguaribile o da una depressione insostenibile) sceglie l’ultima via.
Sono persone coraggiose ed estremamente determinate che hanno saputo accettare il loro destino, la malattia, senza rimanerne completamente intrappolati.
La morte, in fondo, è solo un cambiamento di stato.
Vorrei, da cittadina del mondo, poter vedere garantita a tutti gli effetti la mia libertà personale di essere umano. Togliersi la vita in una struttura che accompagna, non è divenire peso sociale, non è tradire la civiltà, non è atto di follia premeditata. E’ pura espressione del Libero Arbitrio.
In un mondo globale inquinato di trappole che ingannano e imprigionano, vorrei poter immaginare, al contrario, la libertà di essere umano.
Libera di vivere, se riesco. Libera di morire, se non ce la faccio più.
Cara Dominique, fai un buon viaggio.
Pimpra
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