I (SOLITI) BUONI PROPOSITI

 

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Al 28 dicembre, come una scure da cielo, ti arriva in testa l’idea che DEVI assolutamente organizzare nella tua mente, la lista di buoni propositi per l’anno che verrà.

Come fai in ufficio, rimettendolo a posto, riordinando le carte, liberandoti del superfluo, lo stesso accade per le ragioni della tua vita. Hanno bisogno di essere rimesse a punto, in un ordine consono, positivo e ottimista,  come a caricare una molla che, liberata, ti farà partire a razzo nel nuovo anno.

Ma, sticazzi, ti dici ogni volta che, sai che te non sei buono a tener fede a quanto ti eri ripromesso e, questa lista virtuosa, il più delle volte, rimane solo un desiderio, nulla più…

Ma, la tradizione è tradizione, e va rispettata.

MI RIPROMETTO DI:

  • imparare la Temperanza. Ovvero, concedermi qualche nanosecondo prima di partire in quarta con qualsiasi reazione mi venga in mente di avere, qualsiasi cosa mi salga alla bocca di dire. Insomma: devo provare a “contenermi”. Pare che, la mia indole impulsiva, sia un difetto troppo, troppo grande per l’età che porto.
  • dedicarmi con vigore alle mie passioni. Vabbè per far ciò, basta scegliere, a volte egoisticamente, di ritagliare del tempo per se stessi. Si può fare.
  • concedermi il lusso della sosta, di prendere tempo (che non significa “perdere tempo”)
  • scegliere me, un po’ meno gli altri, specie quelli che non lo meritano.

Poi ci sarebbero chissà quante altre cose, ma la lista diverrebbe troppo lunga e noiosa e poi… cui prodest, visto che, molto probabilmente resteranno solo dei desideri campati in aria, promesse e intenzioni vuote…

Quindi smetto subito e vi auguro, semplicemente, di VIVERE COME PREFERITE.

Alla fine, la scelta più intelligente.

BUON ANNO NUOVO!

Pimpra

PROFUMO DI ZUCCHERO CARAMELLATO

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Dicembre ha un fascino particolare, specie per le mie sensibilissime narici. Come in molte altre parti d’Italia, anche Trieste diventa teatro di numerosi mercatini natalizi, quello più triestino di tutti è, senza dubbio, quello dedicato a San Nicolò che si festeggia il 6 dicembre.

Il viale XX Settembre è, da sempre, il luogo deputato ad accogliere le variopinte bancarelle che offrono dai più classici gadget natalizi auna variegata offerta di supercazzole. Trieste, a differenza di altre città italiane, si è sempre distinta, a mio modesto parere, per l’offerta decisamente “ruspante” di merci, molto lontana che so, dalla raffinatezza dei mercatini natalizi dell’Alto Adige, tanto per citarne alcuni.

Qui siamo così, non particolarmente raffinati, ci piacciono le cose semplici, ci piace ingolfarci di porchetta, riempirci la pancia di gommose e morbide che girano tutta l’Italia, messe bene in mostra, senza protezioni, e riempendosi di tutte le possibili polveri sottili presenti in ogni città che si rispetti, così per dire…

Eppure, nonostante non si facciano affari, anche se annunciati a colpi di improbabili “offerte”, per tutte le generazioni di triestini, un passaggio in Viale a vedere le bancarelle, è imprescindibile tappa dei primi di dicembre.

L’odore dolce dello zucchero caramellato che incolla e trattiene noccioline, mandorle dei croccanti che vengono acquistati a barre, pesantissime e vendute a peso d’oro, si mescola a scie odorose di cipolla che serve da farcitura ai paninazzi Romagnoli, serviti con la porchetta.

A noi ci piace, ci piace da matti la combo paninazzo/birretta e ciambella fritta, piuttosto che zucchero filato, o croccante. Siamo e restiamo bambini, ammaliati dai colori sintetici delle baracchine, la nostra curiosità si perpetua di anno in anno a cercare quell’articolo o quella specialità culinaria che, ancora, mancava nel nostro palmaresse di assaggi/acquisti. Ma ogni anno lo spettacolo è uguale e noi facciamo finta di stupirci come la prima volta.

La mia testa adulta è da tanto, tanto tempo che ha realizzato la fregatura di questo ambaradan prenatalizio e non mi viene in mente di razzolare al freddo per le bancarelle cercando introvabili rarità, ma, il mio naso, lui sì, è sempre molto sensibile al richiamo profumato e stonato delle bancarelle.

Ogni anno che passa, mi riporta ai miei anni verdi quando, monete alla mano, riempivo il mio sacchetto di colorate gommose e morbide, di lunghissime striscie di liquirizia e, felice, mi aggiravo nello stretto corridoio di passaggio tra un venditore e l’altro, facendomi largo a suon di spinte, perchè io dovevo vedere, scoprire, emozionarmi davanti a tutto quello che mi sembrava un bendiddio!

Pimpra

IMAGE CREDIT: Luca Marsi

CULO GROSSO

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Ieri sera, mentre cucinavo la mia cena sana, ascoltavo la Zanzara alla radio. Ad un certo punto, uno degli ascoltatori fulminati della trasmissione, di colore, immigrato –  tutte informazioni fornite da lui- affermava, con gran gusto, di adorare le “fimmine” italiane, per lui trofeo e rivalsa della sua “diversità”.

Tra il conduttore e l’ascoltatore un gran giro di battute salaci, e, alla domanda di Cruciani “ma a te le donne come ti piacciono?”, la risposta dell’africano “Mi piacciono con il culo grosso, le tette grosse, le labbra grosse!”, “anche se le labbra e il seno sono finti?” chiede il conduttore, “Certo! meglio se naturali ma va bene lo stesso!” e giù a ridere.

Ho smesso per un istante di rimestare con il mestolo perché mi sono fermata a pensare a quanta sfiga ho avuto ad essere adolescente nel profondo nord est d’Italia, negli anni 80!!!

I miei adorabili compagnucci di classe mi chiamavano “la culona”, appellativo, potete facilmente immaginare, che non mi rendeva particolarmente felice del mio corpo. Che poi, a guardare bene il mio “culone”, altro non era che uno splendido sedere a mandolino, scolpito da anni e anni di sport! Sticazzi!!!

Ma all’epoca ero troppo ragazzina per capirlo e, mal me ne colse, decisi che il povero culone doveva sparire. Siccome sono una tosta, ma tanto tosta, ho ben pensato di perdere quello e 3/4 del resto del mio corpo e di presentarmi l’ultimo liceo, magra da fare paura, ma felicissima di aver sconfitto quella parte di me che non era adeguata ai gusti degli stronzetti maschi che avevo intorno.

Ed oggi, per la prima volta, benedico la “globalizzazione”, il “mercato mondiale”, che ci ha aperto le porte del mondo e che ha mixato così tanto i popoli! Se dalle mie parti si fosse paventato un ragazzo di colore, di sicuro non mi sarei sognata di perdere nemmeno un grammo sull’amato posteriore!!! Anzi! L’avrei portato in giro bello strizzato in un paio di jeans!

Allora, ancora una volta, benedico la saggezza dell’età che mi ha fatto fare pace con me, anche se, il mio amato “culone” oramai è solo un ricordo…

Pimpra

IMAGE CREDIT DA QUI

DALLA KONDO A WONDER WOMAN IL PASSO E’ BREVE!

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Ho sempre diffidato delle persone troppo ordinate. Nell’orecchio mi arriva come una nota stonata, pericolosa, come se, dietro l’ordine si nascondesse ogni sorta di stranezza più o meno innocente o pericolosa.

Ovviamente non posso annoverarmi tra gli “ordinati”, diciamo che non vivo nel casino più totale, ma non sfioro nemmeno le vette di certi maniaci. Sto nel mezzo, come la maggior parte delle persone.

Un giorno, però, stimolata dal rutilante lavoro di riordino messo in atto da un’amica, a seguito della lettura di un testo illuminante, a quanto pare, beh, anche in me è scoccata la scintilla che ha fatto divampare l’incendio del “sacro fuoco dell’ordine”. Detta così, fa un sacco ridere, ma provateci voi!

La bibbia del riordino alla mano, ho preso le ferie e mi ci sono messa.

MORALE: in una stanzetta che dovevo liberare per far spazio ad altro, sono riuscita ad eliminare ben 17 sacchi neri condominiali di schifezze oramai inutili. E non ho messo mano all’armadio…

Una fatica bestiale, inutile dirlo, sia di tipo fisico che mentale, non siamo abituati a liberarci delle cose, a viaggiare leggeri e, chi più chi meno, abbiamo la tendenza all’accumulo, giustificandolo in mille e uno modi.

La mia casa per intero ha risentito positivamente del riordino e, piccole scintille sono arrivate in luoghi impensati, dandomi particolare soddisfazione.

Oggi, però, ho piazzato una super bandierina in termini di performance da “sciatta casalinga” in veste di wonder woman: stamane, decido di sostituire nel lettone il piumino leggero con quello più pesante, dopo la notte passata a tremare per il freddo.

Detto fatto, in un baleno ho cambiato lenzuola, piumino e copriletto. E poi mi sono detta, ” Ok, dormirò al calduccio, evviva!, peccato che all’esterno non ho alcunché da mettermi!”

Non ho fatto in tempo a finire di pensarlo che stavo già facendo il cambio stagione!!!!

Quest’anno ho battuto il record: in meno di 2 ore ho sostituito TUTTA la roba estiva, con quella invernale e dico TUTTA! Poi, scegliendo, finalmente, l’abito consono di lana, me ne sono andata in ufficio.

MORALE:

ho sempre detestato fare il cambio di stagione perché, minimo minimo, ci mettevo un pomeriggio intero, poi dovevo eliminare un sacco di roba, e il lavoro per essere concluso definitivamente, alla fine, richiedeva due giorni! Invece… liberarsi del superfluo con costanza e senza esitazioni di sorta, permette di sbrigare anche le attività casalinghe più moleste, con una certa agilità.

Non lo credevo possibile ma, condivido con Marie Kondo, la sensazione che la casa ringrazi per questa cura, gli oggetti pure! I maglioni di lana, che precedentemente venivano riposti in armadio, ne uscivano talmente tanto pesti, che era necessario stirarli. Oggi sono emersi perfetti e con altrettanta leggerezza, hanno preso possesso del loro nuovo riparo invernale.

Lo so che mi prenderete per matta ma, questa sensazione di leggerezza, di fluidità anche nella gestione e cura delle cose, mi ricaricano di energia fresca e vibrante!

Provare per credere!

Pimpra

IMAGE CREDIT DA QUI 

 

 

DI TANTO IN TANGO. SEDUZIONE. PER POCHI E NON PER TUTTI. TANGO E DINTORNI.

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Credo di essermi più volte espressa su come, diventare una donna “adulta” (leggi “diversamente ggiovane”), richieda una forza d’animo, una sana determinazione e una buona dose di coraggio.

Invecchiare non è bello per nessuno, per una donna può essere davvero una tragedia.

Ma non è questo il punto.

La seduzione che una femmina può esprimere, sale, a mio modesto parere, con il crescere degli anni.

Quando si è pulzelle sgrillettate si ha la bellezza della gioventù, e, salvo rarissime eccezioni, la luce che traspare, la voglia di vivere, fanno il resto. Non serve impegnarsi più di tanto. Poi, anche nella verde età, ci sono le giaguarine ante litteram che, ben consapevoli del loro fascino, lo esercitano a dovere.

Si matura, ed ecco che arrivano le sfumature e i colori più interessanti, l’unicità di uno sguardo, il tono della voce, la cura di dettagli che quella donna in particolare e solo quella, esprime di sé. Il fascino, allo stato puro.

Di norma, questa crescente consapevolezza, permette di giocare con la seduzione e di farlo anche in modo marcato, evidente, senza alibi o paure.

Mi pare un’espressione di grande libertà e compiaciuta realizzazione quella di poter esprimere la Giaguara senza sentirsi in colpa … ma… a questo punto, di norma, arriva la mannaia sociale delle “altre” donne, di quelle che, così libere e realizzate, non si sentono affatto. E giù critiche a non finire, additamenti alla “zoccola” di turno, a quella senza classe, a quella che vuole fare attizzare il viril ormone.

Sì, e allora? Che male c’è?

Se mi va e mi sento a mio agio con il mio corpo, a voialtri moralisti che vi frega? Se un uomo viene preso nelle maglie delle mie malie seduttive e mi regala una o più strepitose notti d’amore, a voi, che vi frega?

GIUDIZI, GIUDIZI, GIUDIZI tremendi su queste disgraziate che hanno piacere di se stesse e ci giocano pure.

Sono donna pure io, e pure non di primissimo pelo, e certo, mi sento minacciata, è ovvio, ma non credo di voler prendere un bazooka per annientare tutte queste signorine e signore che si dilettano ad andare a caccia.

Da parte mia, cercherò di sedurre ogni giorno chi mi sta a cuore, di non perdermi dentro la monotonia della quotidianità, di ricordare che, il “principe del mio letto e/o del mio cuore” potrei incontrarlo anche al supermercato e che, se voglio giocarmi al meglio la cartuccia, forse proverò a ricordare che sono una Donna e non uno scaricatore di porto (mi scusi la categoria!) e ad agire di conseguenza.

Capisco, da quanto ho letto di recente in un grandioso (numericamente parlando) gruppo di fb a tema tango che la donna (tanguera) sicura e seduttiva, quanto meno, incute paura e una vagonata di invidia, tra le altre donne, che, sotto l’egida del “gusto raffinato” si scagliano violente contro coloro che sono diverse e si sentono libere e SI DIVERTONO UN MONDO!

In tv, al cinema e in ogni dove, le attrici, le starlette, le donne di spettacolo in genere sono sexy in maniera esagerata e nessuno si lamenta, ma se una donna vera si permette altrettanto, giù parole da orbi.

Allora, sapete che c’è? Alla faccia dell’ipocrisia, del moralismo e del finto perbenismo!

Io sto dalla parte delle Giaguare, anche se non sono una bomba sexy come loro e non mi presento come tale al mondo ma, ad ogni buon conto,  il convento non fa per me!

STICAZZI! OLE’!

Pimpra

IMAGE CREDIT DA QUI

 

 

 

LOUBY, L’IMPUNITA E LA FUITINA

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Ma li vedete quegli occhioni nocciola così languidi e sognanti?

Si chiama natura, ormoni, calori… La mia Gattonzola Louby si sta facendo femmina, ha praticamente lasciato la sua dimensione di cucciola per entrare nella sua primissima gioventù… e quale gioventù!

Ieri sera, tra il lusco e il brusco, se l’è data a … zampe, facendola sotto il naso dei suoi inconsapevoli umani!

Stamattina, si è presentata sulla porta di casa, chiedendo di entrare, e noialtri manco ci siamo accorti che se ne era uscita! 😀

La piccola di casa, Folie, ha accolto la sorella soffiandole di brutto… l’odore di cui era portatrice, non le era famigliare.

MORALE:

  1. prima di andare in ufficio, doccia alla sciagurata per “laare la vergogna” 😀
  2. questo pomeriggio dal veterinario  a capire il da farsi
  3. cercare di tranquillizzare la sorella che non finiva di menar sberle alla mascalzona fuggitiva.

E io me le godo e rido, mi divertono un mondo le mie adorate Gattonzole!

EVVIVA LA NATURA!

Buon weekend a tutti!

Pimpra

 

NON SCORDARE IL BUON GUSTO

 

Gli amici lo sanno, ad ogni inizio estate riparte la mia tiritera contro l’utilizzo improprio delle flip flop in contesti urbani.

Le infradito di gomma sono, di fatto, il più disgustoso, orripilante, mefitico schiaffo in faccia all’eleganza, alla raffinatezza dell’uomo e della donna moderni.

INACCETTABILE!!!!

Lo capite o no? esibire piedazzi dal tallone sdrucito e sporco, estremità dalle dita pelose e dalle unghie incolte…

L’ORRORE CHE CAMMINA.

Non voglio sentire ragioni, non mi convincerete MAI!!!!

Il piede è una parte del corpo sicuramente molto bella, sexy, in qualche modo “comunicativa” ma va espressa e utilizzata con garbo e discrezione.

Manca la civiltà della cura del corpo, intesa come igiene e decoro personali, sicchè accade di vedere spettacoli innominabili sia che si tratti di piedi maschili che femminili.

L’eleganza non appare, non è sfrontata, suggerisce piuttosto che urlare. Idem dicasi dell’esibizione e/o mostra volontaria del corpo.

Lessi, tanto tempo fa, che la raffinatezza estetica, si esalta nell’accuratezza della scelta degli accessori. La scarpa è uno di quelli più importanti, assieme ad altri dettagli di stile. Posso permettermi di indossare un capo semplice, anche di fattura non eccezionale, se gli accessori che lo accompagnano sono belli, di qualità.

Allora, perchè buttarsi la zappa sui piedi, cadendo e cedendo al richiamo di sirena della gomma colorata delle orride flip flop estive?

Lasciatele vivere vicino all’acqua, che sia una piscina, in mare o un bel rivo di montagna ma, per favore, non violentate la loro gentile suola di gomma sul bruciante asfalto cittadino…!

ps: la ceretta di fa anche sulle dita dei piedi, così per dire… 😉

Pimpra

IMAGE CREDIT DA QUI E QUI

RINASCITA

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A primavera mi succede sempre, sarà il risveglio dal tepore dell’inverno, la ripresa frenetica delle attività, il sangue che scorre più veloce nelle vene, la voglia inarrestabile di respirare più profondamente, il desiderio di vivere circondata di colori, di emozionarmi davanti alla luce nascente del giorno e di farlo nuovamente al tramonto, quando il rosso infuocato sfuma nei toni freddi della notte.

Ho voglia di vivere. Di vivere con la V maiuscola.

Non so nemmeno io il perchè ma, di sovente, mi ritrovo dentro le vite degli altri. Mi accade di adattarmi a ritmi, a suoni e colori che non sono i miei. E “tiro a campà”, senza infamia e senza lodo, perdendo di vista tutto ciò che è realmente nelle mie corde.

Diciamocelo, mano a mano che si invecchia, ops! “matura”, i gusti, le idee, le consapevolezze si fanno più radicati e radicali e quindi un bel “sticazzi” a piegarsi, adattarsi, “farsela piacere” se poi, in verità, non piace affatto…

E di tutto questo son ben consapevole eppure, ogni inverno ci ricasco. E mi accontento e non godo e ingrasso pure assai.

Ma è cosa di donne, questo prendere la forma dell’altro, di andare alla radice del suo essere per cercare di comprendere  (cliccate sulla parola per leggerne l’etimo è meraviglioso)  le ragioni, spesso intricate e controverse, della sua vita.

Proiettate in una dimensione esterna al nostro essere, nell’illusione di creare armonia nell’esistente… A forza di uscire, uscire, uscire verso il mondo, perdiamo il contatto con noi stesse e… ciao…

A me scappa la voglia di chiudermi in casa, adesso è un piacere ancora più grande, considerata la compagnia delle due gattonzole, non avere più vita sociale “fisica” ma solo virtuale, mi impigrisco e mi metto a mangiare.

Morale: arriva aprile, sono fisicamente una cessa, mi odio e animisticamente sono “scolorita”. UN DISASTRO.

Allora vado di dieta, coinvolgendo in cordata i miei più cari amici che lo sono anche per sopportare annnualmente questo mio periodo da pazza, e riprendo ad allenarmi come se dovessi partecipare alle Olimpiadi, e sono tutta un progetto, un “devo fare, voglio andare, non mi fermo più” in una ossessione bulimica di prendere a morsi la vita che, per tutto l’inverno, ho lasciato marcire nella dispensa.

Nonostante la fatica che mi costa, amo profondamente la primavera, la sua aria tersa e carica di promesse, di fiori che sbocceranno di lì a poco, di fantasie  di un’estate da ricordare, di sogni che mi illudo si realizzeranno e di essere felice, almeno un po’…

Pimpra

 

 

 

 

DI TANTO IN TANGO. Tutto quello che una tanguera desidera e non ha mai osato chiedere.

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Ripenso all’ultima milonga di domenica scorsa e, a distanza di una settimana, affiora con maggiore chiarezza una nota stonata, una piccola sbavatura, in una serata che, lo ripeto, è stata deliziosa.

Ecco che mi e venuta voglia, per la prima volta, di mettere nero su bianco, il mio personale elenco di “desiderata”, ovvero, quello che mi aspetto in milonga, e non ho mai osato chiedere.

Dopo i miei primi 10 anni di tango, posso finalmente affermare che tipo di ballerina sono, oramai conosco bene i miei colori, i miei pro, i miei contro. In fondo la danza altro non è che uno degli specchi possibili in cui far affiorare la nostra personalità e, nel tango argentino, questa si manifesta in tutta la sua prorompente intensità e verità.

Avuta la prova provata che sono una donna dal carattere impetuoso, forte, dall’energia dirompente, a volte difficile da tenere “imbrigliata”, è facile immaginare cosa mi possa aspettare dal temerario che voglia cingermi nel suo abbraccio.

Partiamo dall’abbraccio.

Il mio “deve essere”. Ovvero voglio sentire il tocco, il contatto. Troppe volte incontro danzatori eterei, quasi “distaccati”, timorosi e autoreferenziali. Questo il messaggio che mi arriva da chi ha paura del “tocco”. Non significa che desidero essere stretta, intrappolata, chiusa, bloccata.

Ricordo perfettamente quando, in Argentina, qualche anno addietro, il maesto mi disse “Abbracciami”. Rimasi choccata perché, una delle mie peculiarità riconosciute era proprio quella di avere un abbraccio confortevole ed accogliente. Forse per i freddi ballerini del Nord Est, nella patria del tango, come donna, dovevo abbracciare, darmi di più e, confesso, all’inizio è stato difficile, come essere denudata, senza protezione. A poco a poco, ho capito, ho sentito, e ho appreso ad “abbracciare”. Ci vuole coraggio. Quello di mettersi inn gioco fino in fondo, ma è una gran bella scoperta quello che poi torna indietro.

La musicalità.
Sembra banale, ma, ahimè, non lo è. La musica va ascoltata, con le orecchie, il cuore, la pancia, la testa. Cosa può uscire, altrimenti, nel dialogo a due che è un tango?

Accade che il partner non conosca il brano specifico, ma dove sta il problema? Certo se Lui immagina una performance di passi semi coreografati, evidentemente si troverà in difficoltà, ma che dico, sarà nel panico più assoluto. Ma è tango questo? Ballare su blocchi di passi precostituiti, memorizzati dentro un cervello di cemento armato? … non direi….

Le piu belle tandas mi sono arrivate quando c’era questa inconsapevolezza perché, l’uomo, in detta circostanza, non si è preoccupato di “cosa fare” ma “con chi stava ballando”. Ha cercato maggiormente il dialogo, come a condividere un’esperienza nuova, scoprendo un territorio inesplorato insieme alla sua partner. Meno passi, meno performance, ma maggiore intimità, ricerca nel sentire. Devo dire che si trattava di ballerini esperti e consapevoli.

La connessione o empatia.
Noi donne, per ruolo, siamo abituate a farlo (o dovremmo ), entrare in connessione profonda con il ballerino, comprendere la guida, i movimenti che il suo corpo suggerisce. Non è solo una storia di mera “esecuzione”, secondo me, si tratta di entrare in sintonia profonda. Come ascolta il brano? Cosa desidera ballare? Quali sono le sfumature che sta cercando?

Tutto quello che le follower normalmente fanno, lo aspetto anche dal partner. La connessione passa anche e, aggiungo, soprattutto, nel feeling sottile con il “sentire” fisico e psicologico dell’altro. Ecco che, per una ballerina dalle mie caratteristiche, diventa tutto più stimolante, un dialogo e una ricerca insieme all’altro, un gioco ed uno scambio profondo, una domanda e una risposta, un io e un tu che si sentono, comunicano e giocano con le proposte di ruolo.

Probabilmente questo è l’aspettopiù  complesso di tutta la faccenda e richiede anni di studio, la tecnica aiuta alla declinazione delle personali sfumature del proprio ballo. Trovare, in milonga, un ballerino che abbia voglia di “cercare” quella donna che si esprime danzando, richiede, effettivamente, oltre a un’attitudine mentale e una rara disponibilità, anche moltissima esperienza. Ore ed ore trascorse sulla pista a sperimentare e a sperimentarsi.

Che pippolotto, probabilmente con un sacco di luoghi comuni, cose trite e ritrite, ma che mi importa. In fondo ad ognuno/a il suo tango, la sua ricerca.

Quello che vorrei per tutti è la curiosità di andare verso l’altro,perché  non si balla da soli, si è in due.

AMEN.

Pimpra

image credit: Claudio Visentin

#GATTOPREMIO

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Il tempo passa veloce e cucciolandia sta abbandonando la sua dimensione “nana”, per una struttura adulta, benchè, ancora, oggettivamente, cucciole all’anagrafe .

4 mesi di divertimento, di scoperta, di conoscenza reciproca. Le mie Filles oramai sono compagne inseparabili di viaggio

Il Destino, questa curiosa forma di energia superiore che impregna di sè le nostre vite terrene, di solito, non sbaglia i calcoli. Ha messo accanto a me le bestiole in un momento di grande cambiamento delle mie abitudini di vita, come a farmi arrivare un supporto, una gioiosa compagnia.

Chi è scettico riguardo il potere della Pet terapy, dovrebbe ricredersi!

Dopo una giornata di lavoro prurigionosa, all’apertura dell’uscio di casa, due musetti furbi sono lì ad aspettarmi. Hanno l’espressione di chi si è appena svegliato da una siesta.

Saluti nell’atrio, strusciamenti, fusa, uncinata liberatoria sul tappeto e stretching alla schiena per loro, bacio sul naso alla loro umana (io), grattatine alla pancia.

Ok, inizio la seconda parte della giornata, si cena in compagnia, si gioca, si guarda la tv (la sottoscritta e loro a momenti!), poi, ad un certo punto della serata, è il momento di  #gattopremio.

La pratica di #gattopremio consiste nel: recuperare un gatto, portarlo sul divanetto, accoccolarselo sul petto/sterno/stomaco, regalargli una dose dedicata di carezze dove più gli piace.

Effetti terapeutici: un tempo minimo di 15′ di fusa ad alta frequenza, grandi gesti di affetto del gatto, strusciamento, dimostrazioni visive di amore totale (nessuno sa guardarmi negli occhi come loro!), riconoscenza. Poi, a seconda delle volte: entrambi i soggetti cadono in un sonno profondo, oppure il gatto si sistema sullo schienale del divano, in grandissima prossimità del suo umano che, nel frattempo, è andato a prendere l’altro gatto per la successiva sessione di #gattopremio (vabbè, io ne ho due…)

Le mie Ragazze sanno che orami questo è il nostro mantra serale e vi si adeguano con serena e pacata partecipazione.

La morale è che: con loro vicino, poi dormo meglio. Il relax è più profondo, più denso. La compagnia “sottile” di un gatto ha un sapore particolare, non è invadente e, soprattutto, riesce ad essere sempre sintonizzata sulla vibrazione emozionale del suo umano. Già, perchè le volte in cui sono pazza isterica, loro si avvicinano con più cautela, facendomi capire che devo, a mia volta, moderare lo stress. E lo faccio, e loro arrivano e mi riempiono di gattitudine benevola che mi fa tornare il buonumore e il sorriso.

Vogliamo poi parlare di quanto sia più piacevole svegliarsi al mattino?

Dopo i primi rintocchi della sveglia due pazze scatenate cominciano a saltarmi letteralmente sul letto, facendo dei grandi agguati alle mie estremità nascoste dal piumone. Se l’umana non reagisce, saltano più forte, se non reagisce ancora, si accertano del suo stato vitale parcheggiando nelle nari della sottoscritta, cira 5 cm di baffi e vibrisse mentre annusano vistosamente il volto.

E poi, vogliamo mettere di quanto sia divertente essere assistite dai quadrupedi mentre si espletano le funzioni vitali???? Le prime volte ero morta dall’imbarazzo, adesso ci rido su!

… vita da gatte… 😉

Pimpra

 

 

 

 

 

 

 

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