
Novembre è il mese dei morti e il motivo non è, semplicemente, legato alla loro festa. C’ è un di più, un’energia che arriva fino dentro le ossa e chiede di essere percepita.
I miei novembre mi hanno sempre guardata diritto negli occhi, passandomi i messaggi che dovevano.
L’ho capito piano, come tutte le cose che ci fanno male. Sempre meno fotografie, primo sintomo evidente che la luce si sta spegnendo.
All’inizio non ci ho fatto troppo caso, ma, nell’ultimo periodo è diventato chiaro. Non ci sei per lo sguardo del fotografo, non esisti più. L’assioma è duro e diretto. Come un pugno.
Lo elaboro, con la testa della donna matura che sono diventata e capisco che devo lasciare andare. Un periodo brillante della mia vita, nel quale, per qualche ragione, avevo una luce che splendeva.
Oggi non è più così.
Si cambia, e anche se dentro crediamo di essere sempre noi stessi, dobbiamo disfarci di una pelle che non ci corrisponde più. Un po’ come si fa con gli abiti.
Ballare il tango non perdona. La vita e la persona sono tutte lì e non si può fingere non sia così. Ogni tanguero o tanguera ha un’emivita che dura un tot poi si volatilizza. Può essere presente e continuare a partecipare ma, nei fatti, la sua esistenza ai bordi della pista, scolora.
Sento ancora tutto: la gioia che mi prende quando una tanda mi ricarica di energia, la voglia di migliorare, il desiderio di coltivare questo splendido linguaggio corporeo ma… non è più come prima.
La fame di tande è minore. Non mi interessa più ballare per ore facendo “ginnastica”, oggi voglio la tanda che mi lascia il segno, quella che mi porto a casa, che ricorderò.
La qualità della ricerca evidenzia una maturazione compiuta ma, allo stesso tempo, un percorso che ha chiuso il suo ciclo.
Pensavo di appendere le scarpette al chiodo, per non essere una marionetta a bordo pista, l’ombra sfocata di quella che ero. Voglio celebrare la donna e la tanguera che sono diventata, ma mi servono altri sguardi, più profondi, più curiosi, più intensi.
Sono arrivata a un bivio importante: ritirarmi o continuare.
Sento la vertigine dell’una e il rischio dell’altra. La tanguera di oggi non è più abbagliante, ma è più vera.
La verità, anche se meno luminosa, è l’unica luce che mi permette di ballare senza paura del buio. Con la pelle che ho scelto e non con quella che ho perso.
A bordo pista, sapendo che non è la vita ma solo un suo onesto riflesso, aspetterò la tanda che mi toglierà il fiato. Se mai arriverà.
Pimpra











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