DI TANTO IN TANGO: tutto quello che le donne non dicono ma pensano e poi si lamentano.

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Chi mi conosce lo sa, a me piace dire quello che penso.

Oggi affronterò un tema spinoso, giustamente stimolato dalla domanda di un amico “Ma le donne, quando ballano, cosa si aspettano?”

Che dire, una gran bella domanda.

Ne ho parlato con più di una ballerina e, di seguito, esporrò quanto ne ho ricavato.

PREMESSA

Prima di partire con qualsiasi disquisizione è necessario accettare il postulato che, nel tango come nell’amore e nel sesso i gusti sono molteplici, come le sensibilità e le aspettative personali. Perciò tentare di definire o dare una visione apparentemente “universale”, “generalista” di quanto una ballerina si aspetta è comunque una visione parziale, affatto neutrale,  o super partes.

Perciò, vi racconterò che cosa  mi aspetto io e le Amiche Giaguare come me.

Credo che la mia positiva vibrazione con un ballerino arriva se, da subito, capisco che ASCOLTIAMO il brano con lo stesso orecchio. Che vuol dire con la stessa sensibilità e, passatemi il neologismo, “SESSIBILITA‘”.

L’ascolto è la leva prima che ci fa muovere sulle assi di legno di una pista a raccontare di noi, della nostra coppia, delle nostre Anime danzanti, di quanto succede, delle emozioni che scaturiscono in quel momento.

Il mio ballerino ideale MI BALLA. Che significa che cerca di capire chi sono, che indole ho, la mia sensibilità, l’energia, la femminilità e con questi elementi si connette con i suoi: la sua virilità, la sua sensibilità musicale, la sua emozione.

BALLARMI non vuol dire USARMI come palo per una sua esibizione di qualità tanguere di taglio onanistico.

Ça va sans dire.

Voglio un ballerino NUDO. Un uomo con così tanto coraggio da farsi “leggere” nel tango, senza paura, per quello che è.

L’ho detto più volte che l’abbraccio non mente, però, per non scoprire le segrete dell’animo del danzante, può diventare estremamente tecnico e freddo, proprio perché non vuole comunicare. Ecco, a me, di ballare con un iceberg, nemmeno ad agosto. No grazie.

Mi piacerebbe moltissimo trovare un ballerino CORAGGIOSO di quelli che non vogliono proporre solo loro, ma che amano la sfida civettuola della donna che sa proporre, in modo lieve, il suo punto di ascolto e quindi di interpretazione.

Mi piace il ballerino che sa essere INTENSO, INTIMISTA E PASSIONALE quando ci vuole (ovvero quando la musica chiama), mi piace il ballerino DIVERTENTE, GAIO, ALLEGRO quando ci vuole.

Amo le sfumature di colore, di densità di senso, di interpretazione.

I MIEI NO.

Non credo di averne moltissimi.

Il primo, fondamentale e assoluto è che non voglio il BALLERINO-PADRONE, quello che “non deve chiedere mai” che ti marca anche il respiro che devi fare e quando, lo psicomaniaco del controllo quello che nell’abbraccio ti regala una gabbia.

Per me, no grazie. Ma ci sono donne che amano il genere, a conferma della premessa in testa di articolo.

No anche al contrario, ai ballerini ETEREI a quelli che non ti toccano neanche. A me sembrano uccellini spauriti, caduti dal nido e, oltre a spegnermi tutto il sacro fuoco tanguero, mi restituiscono una vibrazione negativa sul mio corpo. Con loro mi sembra di pesare una tonnellata, di essere “troppa, tanta, abbondante” sia fisicamente, sia energeticamente.

Per chiudere con una bella immagine che mi ha regalato la Eva, dico anche io che, un bel tango riuscito è quello che ti fa sentire come se “(cit.) ti trovassi sul divanetto, vicino vicino, a guardare un bel film, in compagnia, condividendo la stessa copertina”.

Direi che con questo ho detto tutto… 😉

Pimpra

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QUEL SOTTILE FILO DI SETA

nastrino-seta-habotaiA volte è così difficile immaginare un istante dopo lo spazio e il tempo oltre il nostro naso.

Come se una materia di colla appiccicosa tenesse gli occhi socchiusi ed impedisse alla luce e al panorama di colpire la retina e donare nuove immagini al nostro cervello.

Si fa, o resta, tutto grigio intorno. Quando va bene. Altrimenti è un bel nero pece diffuso.

Ne so qualcosa. Oggi, in  modo particolare.

Per fortuna non ci sono solo i nostri occhi che, molto spesso, possono essere stanchi di vedere più in là, o essere diventati miopi.

C’è una cosa che ci abita nelle profondità, un elemento etereo eppure incredibilmente forte, presente, essenziale alla nostra vita qui: la nostra Anima pulsante.

Accade che questi occhi fisici siano troppo presi a trasmettere immagini da farci distogliere l’attenzione a quanto e quando l’Anima ci parla.

Sì, perchè è quello che fa Lei. L’Anima è una donna, ne sono certa. Non urla, non brandeggia bastoni, non piange.

L’Anima sussurra lieve e noi dobbiamo ascoltarla. Se ne siamo capaci. Altrimenti, dobbiamo imparare.

Ecco che, se ci connettiamo a quel sottile filo di seta che ci lega a lei, possiamo renderci conto che il grigiore dei nostri occhi, in realtà, non esiste. Lì davanti a quello sguardo spento c’è una bella luce. Quella di cui abbiamo bisogno.

E riesci a trovare dei messaggi che ti servono nei luoghi più impensati, e che entrano in profondità, connettendoti agli anfratti più nascosti di te stesso. Ed ogni volta è una meraviglia nuova.

Riprendi il tuo filo di seta tra le mani e guardi sereno davanti a te.

Pimpra

 

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DI TANTO IN TANGO. SONO FINITI GLI ABBRACCI

image credit: Claudio VisintinIMAGE CREDIT: Claudio Visintin_Borgoricco

Torno da una milonga – graditissima – dove ho finalmente, liquefatto la suola delle scarpette.

Musica dal vivo strepitosa, la bella atmosfera di un luogo familiare, i sorrisi degli amici che non vedo oramai quasi più e il tango che amalgama, mixa la bella gente che partecipa alla festa.

Ho ballato con una variopinta sfumatura di umanità maschile, da quelli malati di tango a coloro che lo vivono in una dimensione meno eccessiva, dagli esperti a quelli che hanno meno chilometri sulle gambe.

In tutto questo bel caleidoscopio, sono stata molto colpita da un – nuovo per me –  fenomeno.

Sono finiti gli abbracci.

Questi uomini, non sanno o non vogliono più “abbracciare” la ballerina. Ora, non intendo dilungarmi con un lunghissimo pippolotto su cosa significhi “abbracciare”, il web è popolato su discorsi a tema e non mi aggiungerò al coro.

Per me è stato un piccolo choc, una grande delusione, in primis “esistenziale”.

Se danzare, nella moda corrente, significa porgere il tocco di una mano, un abbraccio finto o virtuale in nome di una dinamica che si vuole il più possibile vorticosa, ecco, c’è qualcosa che non mi quadra più.

Non passa l’emozione. E, anche il tango, diventa una speciale “performance” dentro una sorta di “trance ritmica” nella quale le altre sfumature vanno perdendo colore.

Ricordo nel mio viaggio in Argentina dello scorso anno che i maestri insistevano molto sul punto “abbracciami”, dopo che – a mio modo di vedere europeo – non era immaginabile abbracciarli più di così… invece il modo c’era, e, nell’esatto istante in cui loro “abbracciavano” me, passava una speciale scintilla che illuminava il tocco e il tango si animava di magia.

Io non ballo con gli argentini o, se lo faccio, accade troppo di rado, io ballo con i miei conterranei. I miei conterranei non mi abbracciano più e, quando a me viene naturale di farlo, capisco che non è più cosa gradita.

E mi chiedo:

  • sono vecchia e si sentono a disagio?
  • abbraccio in modo troppo intenso e loro non “tengono botta”
  • copro la loro visibilità e/o credono che, così facendo, metta le radici nel pavimento e non mi muova più?

So che resteranno interrogativi senza risposta.

Nel frattempo devo solo decidere se uniformarmi o mantenere viva la mia passione per questa danza straordinaria, continuando – nell’abbraccio –  a mettere la mia anima a nudo. Perchè farlo, a me, non fa paura…

STICAZZI.

Pimpra

 

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