ABUSO DI POSIZIONE DOMINANTE. IL LEADER E I SUOI BENEFIT. #ditantointango

Da qualche tempo a questa parte, una follower spaiata che si iscrive a qualsiasi tipo di evento che preveda il bilanciamento dei ruoli, si vede spesso arrivare nella casella di posta, lunghe mail di scuse degli organizzatori per averla collocata nella black list degli esclusi “la waiting list”.

La waiting list, al 99% delle volte, non si sblocca e la malcapitata follower sa che quell’evento per lei è bruciato.

Da vent’anni a questa parte e, ovviamente, da molto tempo prima, la vita sociale della single follower è stata in salita, ma in questi tempi moderni, è diventata un martirio. Se a questo aggiungiamo magari un’età non più verdissima della malcapitata, l’impresa di essere “IN” ha del miracoloso.

Una volta, arrivata la mail asciutta in cui leggevi la fatidica frasetta maledetta “waiting list”, chiudevi la mail, la eliminavi, “Non è andata, pazienza, tanto si sa che da sole è difficile”.

Oggi, la stessa letterina arriva con un panegirico di scuse da parte degli organizzatori – pure loro spaesati- poichè, ad iscrizioni aperte, in un men che non si dica, orde di ballerine spaiate si iscrivono e i maschi se la prendono con molto calma, permettendosi l’iscrizione all’ultimo momento, consapevoli che, con la fame di leader che c’è, vengono presi di sicuro.

Allora sapete che vi dico – sticazzi! Questa non è democrazia sociale ma un vero e proprio abuso di posizione dominante!

Se ci fossero organizzatori con due palle così potrebbero imporre una regola: vuoi partecipare, tu, maschio leader principe assoluto del piso, allora hai tempo di farlo entro tot dalla data dell’evento, perchè, se lo fai dopo, la quota di iscrizione per te cresce del 20% in più (o una parcentuale fastidiosa e pesante a scelta) e, oltre una certa dead line, non puoi proprio iscriverti più. (Organizzatori lo fate di già?)

Non è affatto democratico che le follower, pur viaggiando con l’agendina aggiornatissima all’ora in cui si aprono le iscrizioni, precise come orologi svizzeri nell’inviare puntualissime i loro form compliati senza errori, debbano sempre e sempre più spesso fare i conti con la frustrazione di vedersi, una volta in più, mettere in quel purgatorio infame della lista d’attesa. Forse un NO secco è meglio dell’inutile illusione di questa fastidiosa lista di attesa.

Quanto ai leader, bella la vita a surfare tra i corteggiamenti delle ballerine alla ricerca spasmodica di un cavaliere con il quale poter fare questo cavolo di match così da non danneggiare il balance dell’evento. Proprio una bella vita. Mi rivolgo a voi: siete i re del mondo, i più belli, favolosi, incredibili e performanti potenziali compagni di ballo di ogni follower che calpesta il piso, fate un atto di benevolenza al mondo, scendete dal vostro piedistallo e iscrivetevi agli eventi in tempo ragionevole, come se – veramente- foste interessati a partecipare, perchè ballare lì in quella location, in quel periodo dell’anno, è una cosa che desiderate veramente fare! Organizzatevi come facciamo noi e prendete le decisioni in tempo reale.

A M E N. Andate in pace.

Pimpra

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QUANDO DIETRO LE QUINTE CI SONO LE DONNE. BOca TANGO DAY. #ditantointango

Il mio anno tanguero ha preso vita in Emilia Romagna dando un felice imprinting alle mie velleità danzerecce, riportandomi, una volta ancora, nell’accogliente terra del tortellino (e non solo!).

Una formula che amo particolarmente: un “All you can dance” di 14 ore di fila. Un sabato dedicato all’attività preferita: ballare e – soprattutto – ballare bene.

In Emilia Romagna, diciamocelo, sono molto viziati, non c’è parquet che si calpesti dove non si trovi ottima offerta di ballerin* che siano oriundi o in trasferta, di sicuro amano ritrovarsi colà. Me compresa.

Della sede prescelta, Casa Katia Bertasi ne ho già parlato qui, ribadisco la comodità di raggiungerla, specie per la sottoscritta che ha viaggiato in treno, oltre la piacevolezza di ballare in una ampia sala vetrata con affaccio sul verde.

Quale sia la formula di una nuova milonga nel ricco panorama bolognese, non mi è difficile identificarlo: la passione di tre donne, le art director dell’evento, che, oltre alla esperienza come ballerine ed insegnanti di tango, hanno messo la sensibilità e l’organizzazione tipica delle donne.

Programma cristallino: offriamo 14 ore di ballo, piccoli snacks (non vi riempiremo la pancia perciò organizzatevi, ma noi vi forniamo tutte le informazioni per aiutarvi, compresi i cockatil al bar a prezzo convenzionato), una tonnellata di deliziose arance Resca che fanno anche bene alla salute (ps: next time provate a noleggiare il macchinario utile alla spremitura del nettarino frutto così da agevolare gli avventori dell’aranciata), una super coppia di Dj che ci hanno fatto fondere la suola delle scarpe.

Trovo interessante la formula che le tre madrine di BOca tango, Antonella, Luciana e Marianna hanno scelto, il prossimo incontro a marzo per concludere (in questa prima fase) a giugno. Diluire l’evento per dare la possibilità anche a chi non è dei luoghi di organizzarsi il viaggio, e, immagino, anche per non andare contro alle milonghe fisse di Bologna e dintorni. Sensibilità tutta femminile, a mio parere e forse, anche legata alla logistica di sala che, bella com’è, sarà spesso utilizzata per eventi.

Cosa posso aggiungere se non che è sempre un piacere assistere a un “ciack si gira” di una prima edizione che finisce con l’esclamazione “buona la prima”!

Felice di essere stata presente e ballare il vostro successo!

Pimpra

QUANDO TI DICE “NO”, NON E’ TRATTABILE. #ditantointango

Milonga in una delle sedi che preferisco, splendida atmosfera, amici, tango per tutti i livelli, dai beginners ai più navigati, pomeridiana unita alla serale, in una parola festa grande.

Partecipo con un’amica, balliamo, ci divertiamo.

Mentre sono tutta presa in una tanda, con la coda dell’occhio colgo il suo sguardo disperato e noto il ballerino che la cinge.

Qui, serve fare una doverosa premessa:

siamo stati tutti principianti, quindi possiamo accogliere le difficoltà che ambo i sessi sperimentano nel grande agone della milonga. E’ compito dei più esperti agevolare le giovani leve, accompagnarle nella loro crescita, anche spiegando per bene il bon ton del tanguer*, al fine di evitare al lui o lei di turno pessime figure che sporcheranno la “fedina tanguera” a volte, pregiudicando per sempre, un piacevole e sereno percorso.

Due sono le regole d’oro che vanno tatuate nel comportamento dei danzatori: si invita con mirada e cabeceo, il no (eventualmente ricevuto – poi ne parliamo) è un no che va rispettato.

Torno alla mia amica, finisce la tanda e con rabbia mi racconta il suo vissuto: un uomo, pure di età piuttosto avanzata, non solo le si para davanti (non si conoscevano) e la invita verbalmente, mentre lei, nel momento in cui si era accorta che si stava avvicinando, aveva girato lo sguardo da altra parte, manifestando con rispetto la chiara intenzione di NON ballare con dato soggetto. L’uomo, indifferente, piantandosi davanti a lei “Balli?”, “NO GRAZIE, non mi va la milonga”, “Non ti devi preoccupare, faccio tutto io” e, porgendole la mano, con tono imperioso, l’ha costretta ad alzarsi e andare.

Quando me lo ha raccontato le ho parlato del sacrosanto diritto di dire di NO e di NON accettare – per nessuna ragione- un invito che risulta sgradito, ma poi, a mente fredda, ho analizzato meglio la situazione, comprendendo quante leve emozionali, una simile prevaricazione – altro che patriarcato! – muove nell’animo di una donna.

Lui era fisicamente imponente, anziano, con modi decisi. Lei molto più giovane, educata e gentile, la classica “brava ragazza” abituata a comportarsi bene. E’ facile dire “Ti dovevi alzare e lasciarlo lì”, per lei, al contrario, sebbene le facesse raccapriccio l’idea di quella tanda, si è alzata quasi obbedendo a una voce interiore e ha ballato una tanda tremenda.

Proviamo a metterci nei panni dell’altro e impariamo a scovare, anche in un luogo di divertimento, comportamenti di fatto aggressivi. La violenza si traveste di moltissimi abiti, non solo di urla, parole ferenti, minacce più o meno velate, botte. Violenza è anche costringere qualcuno a fare qualcosa che non gradisce, impedendogli di agire il suo libero arbitrio, come in questo caso, di declinare un invito.

E’ violenza anche quando un ballerino che non conosci e che scansi con lo sguardo, ti si para davanti, “obbligandoti” con il corpo ad accettare l’invito. Non tutte le donne sono forti abbastanza per ribellarsi, in tante – ancora, si piegano a certi soprusi.

Il tango è democratico, sociale, e, soprattutto, rispettoso di entrambi i sessi e di entrambi i ruoli. Mai vorrei incrociare chi, con fisica insistenza, mi costringesse a fare ciò che non desidero o nel momento in cui non lo desidero.

Tutti noi dobbiamo imparare ad accettare i NO, essi ci servono per riflettere, per imparare e per crescere. Ricevere un NO in milonga non significa che siamo esseri umani senza valore (o valore tanguero), infinite sono le ragioni – logiche, illogiche, di pancia- che fanno sì che a quella tal persona, in quel tempo, siamo sgradit*. Pensiamo che può essere “per sempre” o momentaneamente.

Quando ero una giovane ballerina, leggi principiante, e mi riempivo gli occhi guardando i bravi, sognavo ad occhi aperti di essere invitata da uno di loro. Immaginavo il giorno in cui sarebbe successo (ho sempre voluto essere ottimista! 🙂 ) e come mi sarei sentita, e il percorso di crescita che avrei fatto.

Per sopportare l’attesa, ho ideato il gioco della bandierina. Immaginandomi un’alpinista di vette himalayane, quando – finalmente!, fosse arrivato l’invito tanto sperato, avrei assegnato alla tanda la bandierina di vetta conquistata. Con gli anni, la pratica, lo studio, l’umiltà dell’attesa, le bandierine sono arrivate numerose e, ancora oggi, con immutata gioia, continuano a sorprendermi.

Cari uomini all’ascolto, quelli che credendo di ballare una quadriglia ottocentesca si parano con manina tesa davanti alla tanguera riluttante, fate cinque passi indietro, trovate la giusta posizione in cui potreste intercettare il suo sguardo e guardatela, non va bene la prima volta, riprovateci, con serenità e costanza. E, se per quella milonga non andrete a segno, non fatene una malattia, ci saranno altre occasioni.

Siate cavalieri rispettosi dell’altrui volontà. Così vi vogliamo.

Pimpra

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“AMARCORD” SI VESTE DI NUOVO #ditantointango

Amarcord è una delle mie maratone preferite da sempre, tanto che, quest’anno, non vedendo arrivare la notizia dell’edizione, mi sono preoccupata e ho scritto direttamente agli organizzatori.

Non era un ritardo voluto, ma necessario perché, l’edizione 2023 ha riservato moltissime sorprese.

La location: una sala affacciata sul giardino di un complesso chiamato casa di quartiere Katia Bertasi che da “centro sociale per anziani (…) diventa “casa di quartiere”, ma non cambia la sua natura inclusiva e tanto meno il suo nome, che è dedicato a una delle 85 vittime della Strage del 2 Agosto e rappresenta quindi un pezzo di storia particolarmente importante per la città.” ( cit. ).

La nuova veste di maratona “non stanziale”, come tutti i cambiamenti, ha portato i suoi pro e i suoi contro.

I pro: doversi trovare l’alloggio permette anche di scoprire nuovi quartieri della città ed entrare in un contatto più profondo con il cuore pulsante di una realtà urbana e sociale che non è la propria.

La sala dove si è ballato, ha offerto una vista piacevole e aperta su uno spazio verde, essendo costruita con due pareti a vetrata. I frequentatori del luogo, giovanissimi o adulti, spesso si fermavano dinnanzi alla grande parete di vetro, incuriositi. C’è chi faceva foto, chi si tratteneva per un lungo momento dinnanzi a quello spettacolo così inusuale: persone di tutte le età che si abbracciavano lanciandosi in un ballo dalle mille sfumature.

La novità più interessante che la nuova livrea di Amarcord ha riservato è stato l’orario: oltre a quello solito di maratona che tutti conosciamo, c’era la possibilità di ballare la “matinée”, ovverosia dalle 10.00 del mattino alle 15.00 senza intervallo con la pomeridiana che prendeva il via alle 15.00.

Una sorta di passaggio di testimone tra tj pensata, in particolar modo, per favorire le numerose coppie con bambini ancora molto piccoli che, in questo modo, potevano fare staffetta tra accudimento pupo e ballo. Una proposta che ho trovato particolarmente interessante oltre che un segno di grande sensibilità degli organizzatori.

Il contro: la difficoltà di trovare alloggi/hotel/b&b a prezzi accettabili (e disponibili!) poiché nello stesso weekend, la città ospitava tre fiere ed altri eventi sportivi di grande rilievo.

Per ovviare al problema, e in esaltazione dello spirito da sempre molto ospitale degli emiliano-romagnoli, così come si fece a Trieste con il bellissimo evento Trieste Tango y Tù che in molti, quando vi dico che sono triestina, ancora ricordate, per la prossima edizione si potrebbe proporre ai bolognesi di “portarsi un* maratonet* a casa”.

Per esperienza garantisco che sia per l’ospite che per l’ospitante si creano meravigliosi legami e ricordi.

Un’altra chicca che voglio assolutamente citare è la seguente: il braccialetto maratona che ha riportato parole importanti/simboliche/amate/divertenti di noi partecipanti.

A me è capitata “ESTASI” e posso confermare che le emozioni, le gioie, le risate, le tandas che ho ballato mi hanno traghettato senza dubbio alcuno in quella dimensione.

Cari Antonella e Fabio e tutta la splendida crew che vi ha supportato, avete il cuore grande e Amarcord, una volta in più, lo ha dimostrato!

Pimpra

COLEGIALA N. 8 E FATTORE “A” #DITANTOINTANGO

Per chi non lo sapesse ancora, questi cinque volti sorridenti sono l’anima pulsante della Colegiala, maratona in quel posto pazzesco, ex colonia estiva della Fiat, che rappresenta – per me- la chiusura con bacio sulla fronte, delle maratone “estive”.

Quest’anno giunta alla sua 8 edizione, con una verve, un desiderio di stupire, di divertire, ai massimi livelli infatti i numeri ne sono stati la testimonianza: 300 e più persone di fedelissimi e nuove leve. Questi sono i numeri del successo!

Quando la data del weekend si avvicina mi sale un’allegria mista di curiosità e desiderio immaginando le sorprese che sempre ho trovato, in tutte (5?) le mie Colegiala.

Ogni anno mi ripeto e dico che l’ultima maratona è la più bella, anche questa lo conferma. Ogni anno ne assaporo maggiormente i dettagli e le sfumature organizzative. Una macchina da divertimento perfetta.

Su 300 eravamo un gran bel mix di provenienze, di età, di “stili” che hanno creato un curry di tango speziato di gran gusto.

Ai miei Colegiali del cuore, a quelle Anime adorabili che l’hanno pensata e ogni anno l’organizzano, il mio sentito GRAZIE, dal profondo della mia anima tanguera! ❤

Affrontiamo adesso il “fattore A”. Avete già capito? Se non vi è chiaro vi offro un esempio: una sala enorme, piena di gente, di gente che fa una cosa per cui praticamente tutti sono accettabilmente brav*, dove – ovviamente – vi sono dei soggetti particolarmente brav*, dove quella cosa accade con brama e desiderio in una zona particolare della sala dove prendono posto quell* dai 20 ai 39 che a 40 butta già male.

Il fattore età, miei cari, quei maledetti segni su pelle e sul corpo che ci qualificano come “passati, andati, decrepiti, vecchi, cariatidi ecc. (…)”. Chi ha superato la boa ed ha messo piede nei meravigliosi “anta” e balla il tango, comincia a farci i conti: si diventa, piano piano, come persone trasparenti oppure invisibili, non si occupa più uno spazio fisico, si fatica a portare la propria luce tra le mura della milonga.

Ci sono “anta” da sballo, giovanili, virtuos* ballerin* che riescono ancora a giocarsela molto bene, ma se tiriamo i remi in barca e smettiamo di darci da fare, la simbolica morte sulla pista è garantita.

Mentre osservavo le dinamiche cercavo di capire certe motivazioni alla base di un invito accettato o respinto, volevo chiarirmi i motivi che spingono molte persone a voler ballare sempre/solo con cert* senza avere l’azzardo, la curiosità di provare o riprovare altri “sapori”. Credevo che 3 giorni di balli matti e forsennatissimi aprissero la possibilità di fare tande nuove, intendo fuori dagli schemi: giovane/figa+adulto normale, giovane/figo+”madre di famiglia” (definizioni che vogliono essere scherzose, sia chiaro), magari che so osando un giovane/adultissim* così, magari per farsi una risata.

Eh no, i tempi non sono affatto maturi per produrre simili acrobazie relazionali. Accettiamolo e basta. Nel mentre, però, per chi è entrato a pieno diritto nella soglia “anta, anta…” il consiglio rimane sempre lo stesso: bisogna STUDIARE. Già il corpo, ci piaccia o no, invecchia, non ci basta più (ma credo non fosse mai sufficiente) dedicarsi a ballare e ballare e ballare. Bisogna affinare, migliorare, smussare ovvero studiare.

È questo il punto a cui siamo giunti, insieme ai miei compagni di viaggio, nella disamina del perché, a un certo momento del nostro percorso di tangueros, cominciamo a stare fermi al palo. Forse, senza saperlo, siamo diventati ballerini arrugginiti, pertanto le lamentele ci tornano indietro.

Il piacere di ballare in una maratona oramai va conquistato con la volontà e il sacrificio. Non ci sono alternative possibili. Una, in realtà: il divano di casa. 😀

Pimpra

ESTATE 2023. QUI E ORA

La ricorderò questa estate 2023. Nessun viaggio in mete lontane, nessuna festa da fuochi d’artificio, eppure è stata un’estate carica di significato, densa di un fluido di benessere e pienezza che mancava nella mia vita, da troppo tempo.

Ho riscoperto passioni antiche. L’acqua, primo fluido che ha accolto una mini me, dopo quello del ventre di mia madre. L’acqua azzurra di una piscina all’aperto in cui ho ritrovato gesti familiari, sensazioni intime e profonde che sonnecchiavano da qualche parte, nascoste.

Avevo bisogno di meditare in silenzio, ma il silenzio vuoto dell’aria si riempiva ogni volta di pensieri che mi portavano lontano, in acqua non è così, si sta. Nella mente, solo il numero delle vasche nuotate, come un faro ad indicare la strada del porto, nel mentre, nel ritmico susseguirsi di bracciate e di respiri, ecco manifestarsi prepotente quel Vuoto tanto atteso, carico di un pieno immenso di coscienza presente. Si affaccia e mi guarda.

In acqua sono tornate le amicizie del tempo ed altre se ne sono aggiunte, rendendo la piscina comunale un luogo magico, carico dell’odore familiare di candeggina, un tempio di gioia.

Quest’estate ho indossato per la prima volta le scarpe da trekking e ho camminato su sentieri di montagna, accompagnata da un allegro e coinvolgente gruppo di amiche. Il mantello verdeggiante delle colline dapprima e dei monti poi ha vibrato nei miei occhi come un delicato suono d’arpa. Non ho resistito e ho scattato un selfie con la mucca pezzata nocciola e beige come quella che ho sul letto di casa. Adoro le mucche, mi procurano tenerezza e rispetto.

Il mare cittadino, nel luogo a me più caro, ha regalato giornate roventi del calore delle amicizie incontrate e di quelle celebrate che hanno, troppo presto, lasciato questo corpo fisico. Erano tutte lì, a godere insieme a me della semplicità di un asciugamano appoggiato sulla terrazza del Bivio, ad abbronzarsi in compagnia, tra nuotate, chiacchiere e qualche aperitivo sotto le stelle.

Il tango non è mancato, anche se, quello che oramai sta più vicino al mio cuore, ha lasciato la città, lo ritrovo in altro luogo, fisicamente lontano. Come l’amore cambia forma, anche il tango cambia luoghi, cambia cuori, e vive di un nuovo respiro.

La pioggia esagerata, seppur crudele in certe sue manifestazioni, ha portato a galla i ricordi di un passato molto lontano, in un altrove davvero distante da qui. L’ho celebrata correndo insieme alle gocce grasse, godendo di quella sensazione unica che nasce dalla profonda connessione con gli elementi. Siamo Natura, terra, acqua, fuoco, aria. Sentirli tutti dentro la pelle, nel sangue che scorre, nei profumi che arrivano a stimolare l’olfatto, mi ha resa potente, immersa nell’immensità del Tutto, come ne facessi interamente parte.

Estate 2023, metafisica e immanente, ambrosia d’anima, dolce come una freccia che trafigge il cuore e lo fa traboccare di senso.

Sono grata.

Pimpra

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FREE THE NIPPLE. SI’ MA…

In questa calda estate, mentre rientro dal lavoro a piedi concedendomi una camminata flâneuse, ho notato sempre più di sovente, giovinette adolescenti e giovani donne indossare striminzite e aderenti magliettine, senza reggiseno.

Non ho potuto non notarlo, poiché, dinnanzi al mio sguardo, ho assistito alla danza tremolante del seno e dei capezzoli che, come occhi, giravano lo sguardo da una parte e dall’altra.

La prima volta che mi sono imbattuta in tale spettacolo ne sono rimasta incantata ma, al ripetersi comune di tale danza, quasi non ci faccio più caso. Vero è che sono una donna eterosessuale e che le tette non mi muovono gli ormoni. Non credo lo stesso ragionamento valga per un maschio.

Le giovani, giovanissime, portatrici sane di acerbo splendore mettono in mostra una parte del corpo di indiscussa bellezza, sono la prima a dirlo, ma non posso non pensare a un certo tipo di conseguenze.

Le vedi camminare che sembrano nude, ma non lo sono, in quel malizioso gioco di vedo e non vedo che cattura lo sguardo e l’interesse più di un corpo totalmente svelato. Seni alti, piccoli, rigogliosi, capezzoli puntiformi o maestosi, forme e dimensioni che la natura ha creato giocando con le possibilità.

In questo spettacolo, distolta l’attenzione dal corpo, osservo le dinamiche che si creano intorno a queste piccole donne: sguardi felini, predatori, bavosi di alcuni1 maschi che incontrano nel loro percorso. Sembrano lupi e le giovinette indifesi agnellini.

La libertà di essere e di esprimersi è un diritto ma, se fossi madre di una di loro, qualcosa vorrei dire loro. Il gioco della seduzione, il piacere di mostrarsi provocanti e impunite, libere e selvagge ha bisogno di maggiore consapevolezza che altro non è che una scelta più oculata su chi fare avvicinare.

Questo mi preoccuperebbe se fossi un genitore.

E questi giovani uomini, come percepiscono il potere del corpo delle donne? Con rispetto, con desiderio, con un sentimento di cura? Bisognerebbe chiederlo a loro.

Quanto al mostrare/mostrarsi a parer mio qualcosa toglie alla curiosità: quello che c’è non è più celato, il mistero svelato da subito. Perderei immediatamente la curiosità della conquista ma faccio parte di una generazione molto “antica”.

E voi che ne pensate FREE THE NIPPLE oppure no?

Pimpra

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  1. In origine il post riportava la frase “sguardi felini, predatori, bavosi dei maschi che incontrano nel loro percorso. Sembrano lupi e le giovinette indifesi agnellini.” Accetto il suggerimento dell’amico Riccardo Galasso su FB che propone di scrivere ALCUNI maschi. ↩︎

DATEVI UNA REGOLATA. #ditantointango

Avete presente il traffico congestionato stile esodo di ferragosto, le lunghe code, il fastidio di quelli – disgraziati! – che pensano di avere il diritto di arrivare in villeggiatura prima di te, ecco, è quello che ancora accade in certe milonghe.

E’ passata una settimana dalla serata in uno dei luoghi sicuramente più entusiasmanti dove ballare a Trieste, quello che noi locali chiamiamo ancora “Cantera” che ad oggi è stato rinominato “Base Sistiana”.

Un musicalizador meraviglioso che non era possibile pensare di star sedut*, meteo bizzarro come l’estate che stiamo vivendo e quindi utilizzo esclusivo della sala interna. Mica piccola sia chiaro. Pavimento adatto, nuovo piacevole allestimento, non fosse per quella assurda luce sulla pista che rendeva gli abiti fosforescenti (il mio caso – sorvolo sull’imbarazzo).

Osservando la ronda-fracassina, ricordo di aver pensato “meno male che non ballo da leader”, garantisco che una pista più maleducata fatico a ricordarla. Allora mi chiedo: PERCHE’.

Se esiste quella che si chiama ronda un motivo ci sarà: si gira IN TONDO, non si fanno i zig zag, non si supera a destra e a manca, non si centra la coppia che precede o che segue. Si balla, si rispetta il flusso, come si fosse fatti d’acqua.

I principianti devono stare nel cerchio interno, perché è loro sacrosanto diritto prendersi il tempo per ragionare sul da farsi- passo, musica, ballerina, e, allo stesso modo, per lasciare spazio ai più avanzati di procedere con maggiore fluidità nel perimetro esterno.

Non è difficile, lo capisco pure io che con numeri/geometria e scienza esatta faccio a pugni!

Questo roteare informe, farcito di fretta ingestibile, ha reso, quella che poteva essere una serata strepitosa, un incubo.

E così non va bene per niente e non lamentiamoci poi, se i pochi foresti che passano da noi a ballare, non tornano più. Per tutti, si rende vieppiù necessaria la patente del milonguero. Ecco, l’ho detto.

Pimpra

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COME UN SOGNO DI ALTRI TEMPI: LA MARATONGUERA.

Ci sono luoghi che, appena li vedi, ti vibrano dentro come se ti sentissi a casa.

Arrivo a pomeriggio inoltrato accompagnata da una brezza di mare che riconosco molto bene, un bel venticello teso, fresco e piacevole che toglie di dosso la stanchezza delle lunghe ore di viaggio e l’arsura di questa estate da poco iniziata.

Le note sono già nell’aria e danzano lievi come i filamenti di un soffione rendendo quel primo impatto ancora più suggestivo.

Sono alla mia prima Maratonguera, incredula di poter finalmente apprezzare di persona quel luogo così particolare affacciato sull’acqua. La realtà supera di molto l’immaginazione e mi procura un’emozione forte come al primo appuntamento con l’amore.

La formula è perfetta: si balla ininterrottamente dalle cinque del pomeriggio a notte inoltrata, chi non ce la fa, si concede una pausa gaudente, tra il buon cibo dell’antica locanda “Il pilota” che allestisce i tavoli a ridosso della pista così che, volendo, tra una portata e l’altra, ci si possa concedere proprio quella tanda speciale lì che è un peccato perdere.

Arrivare in milonga a pomeriggio inoltrato è una strategia ideale che permette agli ospiti di dedicarsi al mare/turismo senza quel retro pensiero di “mi sto perdendo qualcosa la pomeridiana è già iniziata”. E poi, diciamocelo, regala un tempo di recupero utilissimo dalle fatiche del giorno precedente.

Il luogo ha il sapore di bei tempi andati, si balla su tessere di mosaico come si usava posare negli stabilimenti balneari degli anni ’50. È perfetto, cosa posso dire, i piedi non ci provano neanche a lamentarsi che la superficie è dura perché ci pensano gli abbracci, la musica, i sorrisi di tutti i partecipanti a lenire qualsiasi acciacco. E poi c’è il brufen, ma questo i tangueros esperti lo sanno già!

Ad ogni modo l’impianto scenico è nullo se non è animato da quella sana accoglienza che impronta di sé ogni evento ben riuscito e questo lo è stato senza dubbio. Si sa che molta parte dell’atmosfera è data dai padroni di casa e di certo Marcella e Flavio e il loro staff, sanno bene cosa significhi ricevere.

Un miscuglio meravigliosamente stimolante di stili di tango diversi, di persone gioiose e sorridenti in una cornice che regala un sapore di vacanza al mare. Ma che vogliamo di più? Ne vogliamo ancora!

Pimpra

IL TANGO NON MENTE

Ho preso la sana abitudine di ascoltare il podcast di una coach americana, tale Mel Robbins, mentre mi accingo a fare la passeggiata quotidiana che mi porta in ufficio. Trovo sia un eccellente modo di sfruttare 30 minuti della mia giornata ascoltando argomenti interessanti, esercitando al contempo una lingua straniera.

L’argomento di oggi: il linguaggio del corpo, tema per la sottoscritta, estremamente affascinante, come lo sono tutte le discipline che indagano l’essere umano, nella psiche e nel fisico.

Il corpo non mente assioma condiviso da tutti, saper leggere i micro segnali che esso invia (lo fa 5” prima della parola), è strumento potente per comprendere chi si ha di fronte.

Ho provato ad immaginare tutti i segnali che ricevo quando ballo con qualcuno e pure quelli che io stessa – il più delle volte inconsciamente- invio agli altri.

Facendo mente locale, la prima cosa che ho pensato è che, con un po’ di esercizio all’ascolto, dai primi secondi in cui tocchiamo la mano dell’altro, anche prima di abbracciarlo, inizia il processo di decodifica e interpretazione dei messaggi fisici.

Trovo molto interessante che lo facciamo senza accorgercene, lasciando semplicemente accese le antenne di ricezione che parlano in linea diretta anche al nostro subconscio.

È lì che ce la giochiamo senza saperlo (a livello cosciente), perché, gran parte delle nostre “voci” interiori che si esprimono in atti, in gesti e poi in parole, trovano casa in queste nostre profondità.

Se accettiamo questo postulato, allora è molto più facile capire la diffidenza di taluni, l’ansia di talaltri, così come pure la gioia, la seduzione e tutte le sfumature che possiamo leggere, percepire, immaginare passino dentro un abbraccio tanguero.

È questo tipo di approccio fisico che il tango regala che è capace di sconquassare le fragili pareti delle maschere che ci siamo costruiti strada facendo, perché, e lo sappiamo molto bene, nell’abbraccio c’è tutto: noi e la nostra essenza, senza finzione e senza sconti.

Rileggendo con questa lente come ho ballato ieri sera alla pratica (malissimo – ahimè), ho interpretato in modo diverso i messaggi che il mio subconscio mi ha trasmesso, li ho accolti e, al posto della frustrazione mi è entrata una sensazione di “ok, tranquilla, posso lavorarci su e sistemarla questa faccenda. C’è rimedio, non è tutto da buttare”.

Prestare un ascolto diverso a quanto ci accade come singoli tangueros e come coppia (ovvero i due singoli danzatori che uniscono l’abbraccio per la tanda) può essere una ulteriore chance per la crescita individuale, soggettiva e di ballerini, che ci permette di resettarci in modo consapevole anche durante la tanda, al fine di far fluire al meglio il dialogo danzante.

Alla fine torna sempre un concetto: osservazione, ascolto attivo, desiderio di comunicare.

Per oggi il pippolotto è finito, ballate in pace. 😀

Pimpra

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