TEMPI MODERNI

colloquio-lavoro

Volente o nolente, la vita va avanti ed anche io, con la tristezza nel cuore, mi sono rimessa nel flusso delle cose.

Oggi una nuova esperienza. Ho fatto il commissario d’esame a un concorso pubblico.

La mia prima volta ed è stato alquanto curioso ritrovarsi dall’altra parte del tavolo.

I candidati, per la maggior parte donne, mi hanno offerto un interessante spunto di riflessione.

Ricordo che, ai miei tempi, quando si affrontava un esame (parlo di università) o l’orale di un concorso o un colloquio di lavoro, ci si presentava alla commissione vestiti in un certo modo, non precisamente da gita, nè, tantomeno, da sera. Un mix equilibrato di rigore ed “eleganza” adatto alla circostanza.

Poche volte, specie in età adulta, ho visto i miei colleghi presentarsi in jeans e maglietta sdrucita o in maglione informe, con scarpe da ginnastica sporche ecc.

Ai miei tempi, evidentemente, la forma manifestava rispetto verso la circostanza.

Stamani, mentre mi preparavo, benchè dall’altra parte della barricata, ho applicato lo stesso antico principio, scegliendo un abito formale, da lavoro.

Quale sorpresa nel vedere i partecipanti che di tutto si sono occupati, meno che del loro aspetto, presentandosi con chiome allo sbaraglio, abiti indefiniti, in un mix di elementi, assolutamente casuali e, francamente, orribili.

I tempi cambiano, è evidente.

Dall’altro lato, invece, ho potuto apprezzare i diversi risvolti che l’atteggiamento che teniamo nel corso di un’intervista, provoca sulla nostra audience.

La teoria l’ho masticata più volte, la pratica mi ha vista – di norma – essere soggetto attivo quindi mi è sempre mancato il punto di vista dell’osservatore non attivo, di quello a cui ci si rivolge.

Non potete capire quante cose ci raccontano i movimenti che facciamo con il corpo, quelli di cui non ci rendiamo conto, quanto uno sguardo aperto, possibilmente sorridente, provochi immediata empatia al soggetto al quale è rivolto, come i movimenti di mani, occhi, labbra, la postura del corpo parlino del nostro stato emotivo, raccontando tutta la verità. Anche quella che vorremmo celare.

Così mi sono dilettata a prendere i miei appunti mentali, ad osservare come la società muta velocemente, come tutti, all’improvviso abbiamo atteggiamenti e credenze sorpassati e che per stare al “passo con i tempi” dobbiamo correre. E correre veloce.

Ecco, così, per dire…

Pimpra

 

ESITI BOLOGNESI

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Voi mi direte “Ma che c’importa a noi di quello che ha fatto la Pimpra a Bologna!”

Vero, parole sante, allora perchè state leggendo? Sorrido, anzi sorridiamo insieme. Ho il maledetto vizietto dell’articolo di cronaca, come se la mia vita fosse interessante e voi aveste il piacere di scoprirla.

Non è così, ma facciamo finta…

Il bello del lavoro che faccio è che, di tanto in tanto, mi permette di mettere  il naso fuori dalla gabbietta. Vedo e vado in città diverse, anche, se, nel corso degli anni, alcuni appuntamenti sono diventati consuetudini ed ecco vedermi tornare negli stessi luoghi, nelle stesse città.

Una di queste è Bologna, insieme a Lucca, Milano e Torino.

Ogni anno trovo una città diversa, non sempre migliore, ma sicuramente interessante, da scoprire e riscoprire.

La trasferta recente ha regalato particolari piaceri per il palato, consumati in osterie tipiche, suggeritemi da abitanti del luogo.

Ho scoperto poi che, se si vuole fare un po’ di shopping, sicuramente Bologna offre molto e a prezzi più contenuti. In particolare, si acquistano meglio che in Toscana, i capi in pelle. Ma proprio gli stessi, uguali uguali…

La gente per strada è sempre più espressione del melting pot globale e non è affatto raro sentire parlare, con stretto accento bolognese, numerose etnie extra comunitarie.

E’ una città giovane, ma che dico, giovanissima. Sorridente e ciarliera. Le donne sono belle, femminili e arrotondate, hanno volti solari e si muovono con grande agilità in biciletta. A Bologna ho visto pochi scooter.

Adoro i portici che proteggono dalle intemperie, sono riparo alla pioggia e invito a scambiare due parole in compagnia.

Dietro a Piazza Grande è tutto un fiorire di deliziosi localini dove prendere l’aperitivo accompagnato da stuzzichini locali a base di salumi, formaggi e focacce. Nessuno, e dico nessuno degli abitanti, si preoccupa del proprio livello di colesterolo LDL (quello cattivo, per intenderci!)

A Bologna piace mangiare, non ne fa mistero. La media della popolazione è più in carne rispetto all’estremo nord est.

Non credo che gli abitanti siano particolarmente presi dal fuoco sacro dello sport, mi sembrano troppo rilassati e paciosi per essere divorati dal demone della performance agonistica.

Bologna non puzza affatto  di smog e questo pare molto positivo. La nebbia, ho avuto la fortuna di non incontrarla mai, sono donna di bora e di vento e quella cappa lattiginosa davanti agli occhi mi crea senso di oppressione.

Ci voglio tornare ancora, perchè amo il particolare accento arrotondato che mi mette di buonumore.

E poi, voglio gustarmi tutti i profumi e i sapori della terra d’Emilia, nascosti nel sontuoso bouquet di un Sangiovese superiore.

Pimpra (l’epicurea)

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METTI UNA SERA A CENA

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Una delle situazioni che preferisco, incredibilmente, è andare a cena da sola, in una città che non conosco. Fino a qualche anno fa, la cosa mi creava un disagio pazzesco, un imbarazzo isopportabile come se, una donna da sola in un ristorante, fosse l’emblema della sfigata, di una paria della società.

Semplicemente ero troppo giovane e timida. Gli sguardi su di me mi mettevano a disagio. Ora non più.

Dall’aperitivo consumato in centro a Bologna, nel Mercato di Mezzo, iniziano le mie esperienze serali, momenti piacevoli, da ricordare. Una signora tedesca si è seduta al tavolo con me, regalandomi una deliziosa conversazione.  A cena, poi, una festa.

Direttamente dalla fedele Moleskina, così come le parole sono scese su carta, ieri sera, al ristorante.

” Il cameriere carino, con gli occhi belli da cerbiatto, non si capacita che una donna possa cenare da sola e sentirsi terribilmente a suo agio.

L’avventore, fotocopia di un giovane Tom Hanks, a sua volta, ogni tanto mi occhieggia.

A Bologna, in trattoria, tutti camerieri del profondo sud, la cosa mi fa sorridere.

La giovane, bella e ricca signora combatte l’imbarazzo di cenare da sola, restando incollata al cellulare, non ordina, forse il cibo non le interessa particolarmente, oppure deve restare magra. I diamanti che indossa, in compenso, sbrilluccicano intensamente ad ogni movimento che fa.

Un gruppo di quattro signore, sono colleghe, sono insegnanti. I discorsi, gli atteggiamenti, sono come un’etichetta. Professoresse e di quelle nemmeno troppo simpatiche. Non smettono mai di parlare.

Perchè la signorina Rottermayer non si fa la tinta? I capelli grigi stanno bene sui volti di donne sorridenti, su di lei conferiscono un’ulteriore patina di tristezza. Fa governante depressa.

Una coppia di tedeschi seduti vicino a me di mezza età. Lei fa finta di mangiare la pizza, forse per lo stucchevole profumo che indossa. Perchè una donna si profuma di caramella?

Di fronte, un signore inglese con una strepitosa t-shirt a righe che fa marinario, Jean Paul Gauthier, icona gay e il suo modo unico di masticare, lento e controllato. Lo osservo di sottecchi, forse ha avuto un ictus, si muove con difficoltà. Fa una foto alle tagliatelle con il ragù.

Il giovane Tom Hanks se ne va, è evidentemente alticcio, il volto paonazzo. Ha cenato con un uomo, si scambiavano molti sguardi densi.

La bella signora ricca non la finisce di giocare con il cellulare. E non ha ancora ordinato.

Il cameriere carino non smette di chiedermi se va tutto bene e quando rispondo di sì, sorridendo, diventa rosso.

Le signorine Rottermayer continuano a ciarlare senza prendere fiato. Ma sono abituate. Rubo micro segmenti della loro conversazione e, confermo, tutta la noia che traspare dai loro capelli trasandati.

La bella giovane finalmente mangia, cocktail di scampi, nulla più. Non beve vino o prosecco, solo acqua senza bolle. Ha dovuto staccarsi dal cellulare e sembra un neonato privato della tetta. E’ a disagio, mangia in fretta, senza dimenticare che gli scampi vanno messi in bocca con una certa grazia, però esagera e sembra stia facendo una fellatio alimentare. Mi sta simpatica, la trovo divertente. E’ in totale imbarazzo, si vede che non è abituata a stare da sola.

Appena finito, si alza e va  pagare il conto alla cassa, non vuole trascorrere un minuto in più nell’osteria.  Uscendo, rimette mano al cellulare, riprende a suggere la sua virtuale tetta e i tratti del viso si rilassano. Sorride.

Anche la coppia va via, i due avranno scambiato sì e no due parole in tutta la serata. Se il matrimonio è questo, evviva la libertà.

Chiedo il conto pure io, il  giovane cameriere dagli occhi di cerbiatto mi saluta arrossendo ancora, gli sorrido e percepisco tutto il potere seduttivo di una milf.***

Invecchiare non è poi così brutto.”

Pimpra

** Mi suggeriscono che la corretta definizione per la sottoscritta sia quella di cougar… 🙂

BORA BIRICHINA E BARCOLANA

DSC_3321 DSC_3283 DSC_3292Manco da Trieste da qualche giorno, rientro e trovo una  città cambiata, diversa, colorata e raggiante.
E’ la settimana della Barcolana, della regata più affollata del Mediterraneo, tappa obbligatoria del circuito velistico autunnale.

Per noi triestini è una festa attesa per tutto l’anno, il modo, tutto nostro, di salutare l’estate e di accogliere la nuova stagione.

Mai come quest’anno, la settimana che accompagna la regata di domenica, è stata carica di eventi, di deliziose chicche di “triestinità” offerte agli ospiti e, perchè no, agli stessi abitanti.

Si va dall’attivazione del trenino storico, all’interno del magnifico sito del Porto Vecchio di Trieste, alla possibilità di visitare le gallerie antiaeree della città, gustando pure degli assaggi di prodotti tipici locali,  per non parlare dei musei, delle mostre all’uopo allestite, dei punti di ristoro, dei concerti. Un programma fitto fitto per accontentare tutti.

E poi ci sono loro, le stupende imbarcazioni che fanno bella mostra di sè nello allo specchio d’acqua antistante a piazza Unità. Spettacolo unico.

Ma, senza di Lei, la diva vera, non ci sarebbe manifestazione velistica degna di questo nome,  in una città come la nostra, dove, se non c’è vento, non c’è vita. La Bora.

Burlona come un ragazzino, sfacciata come una donna di facili costumi, arrogante come certi uomini, ha deciso, a poche ore dagli spari dei cannoni che daranno il via alla kermesse,  di manifestarsi in tutta la sua reale avvenenza.

Emergenza meteo, raffiche violentissime. Lo spettacolo animato degli alberi delle imbarcazioni da regata che si piegano senza volontà sotto le spinte violente delle raffiche che qui chiamiamo “refoli”.

A noi triestini questa caciara metereologica piace, o, almeno, ci siamo abituati. Altro è per i nostri ospiti che, il più delle volte, si fanno trovare impreparati.

Ma la macchina organizzativa della Barcolana 2015 è una bomba. Hanno pensato a tutto, valutato le opzioni possibili, studiato le statistiche, per offrire ai regatanti, agli appassionati, ai curiosi una regata sicura, uno spettacolo magnifico.

Non ci resta che aspettare domani, lo sparo di cannone che darà la partenza e goderci lo show.

Pimpra

Curiosate qui: http://www.barcolana.it

IMAGE CREDIT: LE FOTO PUBBLICATE SONO PROPRIETA’ DI GIOVANNI VANACORE che ringrazio

DILLO ALLA ZIA PIMPRA

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Diventando più vecchia e saggia, ho, finalmente, imparato ad apprezzare anche la compagnia delle donne. Solo quelle che stanno nelle mie corde, beninteso, perché non  tutte mi vanno bene.

Amo le donne forti, gagliarde, quelle con il cuore grande, generose e leali. Quelle sicure di sé, che non hanno bisogno di competere con le altre donne per sopraffarle,  perché si piacciono, amano la loro vita, le scelte che le hanno portate a diventare quello che sono.

Va da sé che di donne così non ce ne siano proprio tantissime, quando ne stano una, potete scommetterci che la faccio mia, non sfugge alla mia amicizia.

Ciò detto, l’occasione di una breve trasferta di lavoro, mi ha regalato una bella serata trascorsa con una delle mie amiche giaguare (chissà perché ma mi piace chiamarle così). Il chianti ha aperto i cuori e sciolto le lingue.

Morale, tra una  fitta confidenza e l’altra, è emerso chiaramente come, il lungo trascorrere del tempo, anche dentro una coppia solidissima, possa, di fatto, mutare equilibri che si pensavano inossidabili.

Ho ascoltato questa giovane donna con grande attenzione e affetto e ben mi è apparso chiaro quanto, per chi vive una situazione di stress e di frustrazione, sia difficile trovare un rimedio, una medicina, una nuova strada da battere per dare nuova linfa a un rapporto che si sta logorando.

La mia posizione è facile, lo ammetto. Ci siamo solo la Pimpra ed io. Il mio lavoro, le mie passioni, il mio tempo libero, il mio stipendio, i miei casini, le mie felicità e i miei turbamenti. E la salute della Pimprotta.

Siamo una monade piuttosto equilibrata.

Altro è la vita famigliare.  L’equazione si complica all’ennesima potenza.

Mi pare di aver colto che, la difficoltà più grande, sia quella di “farsi ascoltare” che è altro dall’iniziare a lamentarsi di questo e per quello. Un confronto serio e costruttivo, dove le parti si denudano dalle sovrastrutture della coppia, dalle croste comportamentali fissate nel tempo e prova a riscrivere la storia.

Appare una dannazione impossibile, una impresa difficilissima, una montagna troppo alta da scalare.

Ho proposto di scambiarsi i ruoli famigliari per una settimana intera. Di vestire “i pantaloni” lei, di indossare la gonna lui e, dopo l’esperienza, di incontrarsi e parlare, annotando quotidianamente, nel corso dell’esperimento, le emozioni, i pensieri, i disagi o le gioie che si sono provate nella pelle dell’altro.

La giaguara di fronte a me, con le gote rosse per il chianti, l’occhio lucido per le emozioni provate, mi ha risposto “sarebbe molto bello, ma non credo che ce la faremo”.

A volte, bisogna avere un coraggio fottuto e dire “mi butto” … succeda quel che succeda….

STICAZZI.

Pimpra

IMAGE CREDIT DA QUI

UNA MARATONA MOLTO SPECIALE

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E’ già da un po’ di tempo che non scrivo più di maratone di tango,  ma ciò non significa che non vi partecipi.

Per me, e per tutti gli amanti del genere, si tratta di fine settimana che rigenerano profondamente, benchè lascino il corpo stanco, devastato, provato dalle interminabili ore di ballo. Credo che il piacere mistico che se ne ricava derivi proprio da questo spingersi oltre, spremendosi fino all’indicibile per dare al partner e a noi stessi, un piacere difficile da dimenticare, un’adrenalina purissima, come i migliori cristalli delle sostanze più illegali che ci siano.

Ma non è solo questo.
Il contorno è rappresentato  da una socialità fatta di sguardi, di cibo condiviso, di risate e di emozioni.

Ma non basta.
Se il luogo che “contiene” e accoglie tutto ciò, non è adeguato, manca il catalizzatore della superba reazione. Il luogo è lo scrigno prezioso dove, in ogni maratona, si accende la magia.

Ancora, l’ingrediente ultimo, la polvere di stelle, è data dai padroni di casa che, con il calore dell’ospitalità, con allegria, con tante piccole e grandi attenzioni per i loro ospiti, mettono la ciliegina sulla torta.

Tutto questo è stato lo scorso fine settimana, in un’ambientazione pazzesca, l’antica colonia estiva destinata ai bambini degli operai della Fiat, costruita all’intorno degli anni 30 (la foto è l’interno della torre dei dormitori, un posto incredibile!).

Noi, grandi solo per l’anagrafe, dormivamo lì dentro e, scommetto, più d’uno ha fantasticato su tutto quello che la Torre ha visto nel corso degli anni.

La maratona, non per nulla, era “La Colegiala”, di nome e di fatto.

La sottoscritta, come tutti gli altri compagnucci di merende, è tornata indietro nel tempo, godendo del luogo, del tango meraviglioso che ci siamo scambiati, dei sorrisi, delle matte risate e… del buon cibo. Vogliamo parlare delle banane…? Anche, ma questa è un’altra storia…

GRAZIE a Giò e a TUTTI gli altri organizzatori per questa splendida esperienza.

Pimpra

IMAGE CREDIT PIMPRA_TS

UN TÊTE À TÊTE, TRA ME E ME

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L’autunno porta pensieri, si sa.

L’alternarsi delle stagioni posa lo sguardo su un limite più vicino, si osserva la vita da una distanza ravvicinata, potendone quasi sentire l’odore.

Le caldarroste tra poco compariranno, il loro profumo caldo ed invitante sferzerà le giornate sempre più corte, più fredde e melanconiche.

E la polaroid che mi rimane in mano parla chiaro, qualcosa è cambiato.

Le serate di questo autunno improvviso mi hanno trovata preparata, a non farmi sorprendere dalla solitudine, a non lasciarmi travolgere da quell’onda di sottile depressione che, fino a poco tempo fa, entrava impregnando di sè l’essere.

Tanto mi aveva fatto paura la solitudine quanto sto imparando ad amarla. Tanto mi sentivo una disadattata per non essere stata capace di costruire un nulla famigliare, di coppia, di progetto di vita, quanto la libertà di cui godo è – finalmente – vissuta come il più grande dei regali.

Non ho bisogno.

E non è un proclama femminista. Nè una “excusatio non petita“. Sto proprio bene, finalmente, così come sono, con la mia vita sghemba, lacunosa sotto certi profili, ma molto verace, mia.

E anche questo autunno, dalle tinte così struggenti, non mi fa più male, anzi, ne apprezzo i colori della terra e quel particolare sapore di muschio.

Finalmente ho appreso la lezione. So cosa significa essere veramente indipendente, assolutamente libera e in piena armonia con me stessa.

Mi ci sono voluti tanti, tantissimi anni per vivermi così, ma ci sono riuscita.

Un pensiero su cui sono incappata stamattina che desidero condividere con le Amiche:

L’età più bella, per una donna, inizia quando smette di aspettarsi che la felicità arrivi da un uomo o dal di fuori, quando ha rispetto di sé e non baratta la sua dignità con niente al mondo, anche a costo di restare sola.”
Sabrina la Rosa

Adesso la bora può soffiare forte. Non avrò più freddo.

Pimpra

IMAGE CREDIT DA QUI

 

 

UN SOGNO AUTUNNALE

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Quanto è bello addormentarsi tra le braccia di Morfeo, accoccolata dentro la copertina morbida, davanti alla tv che ti fa solo compagnia che, tanto, le immagini non le vedi neppure e tantomeno ascolti ciò che accade.

Movimenti felpati del gatto che si acciambella nel suo fouton modello mignon, anche lei sistemata tra le pieghe dei suoi cuscini ben infarciti di morbida copertina.

E dormiamo beate, noi due, insieme, cullate nei nostri sogni…

Stanotte ho volato, lassù, alta nel cielo, portata dal vento. Mi trovavo su una sorta di tavola da surf, con una corda che tratteneva un pallone che mi portava in alto.

All’inizio la sensazione di librarsi nell’aria era meravigliosa, la terra si allontanava di sotto ed io mi sentivo più leggera e volavo magicamente.

Poi però, nulla poteva la mia volontà, quando, accortami che stavo letteralmente prendendo il volo e che nessuno poteva venire a tirarmi giù, mi sono spaventata.

Volare è come perdersi nell’infinito e, per noi umani, l’infinito è un concetto troppo grande da trattenere e ci spaventa un po’…

L’adrenalina ha fatto il resto, mi sono messa a remare e, questa mia attività, ha fatto sì che potessi scendere e volare direzionato, controllando l’altezza e il senso del mio librarmi.

Allora è stato bellissimo anche se, a ben guardare, nessuno condivideva con me la meravigliosa esperienza…

E’ autunno, in tutti i sensi. Facciamo le foglie e non se ne parli più…

Buon volo a chi ne è capace…

Pimpra

IMAGE CREDIT DA QUI

NUOVE PRIMAVERE

Nuove primavere

La pacchia è finita, perchè le ferie per il 2015 hanno esaurito il bonus. Si torna a casa, sapendo che non ci saranno ulteriori vie di fuga. Tutti in gabbietta, come piccoli soldatini ubbidienti.

Traggo un bilancio molto positivo. Ho goduto immensamente di un viaggio in terra gallica, di deliziose maratone tanguere in giro per l’Italia, ho trovato il tempo di farmi venire la gastrite e di farmela passare, mi sono divertita, rilassata, ho ballato, ho vissuto una tranche di vita nuova.

Adesso sono di nuovo qui. Non particolarmente volonterosa, nè pronta. Ma facilmente adattabile, come sempre.

La codina delle ferie estive mi ha regalato un fine settimana di quelli come piacciono a me: tanto tango, tanti amici, tante risate. Stavolta, però, ho avuto un dono specialissimo.

Ho incontrato uno straordinario essere umano, con il quale, una notte di milonga, ho potuto chiacchierare a lungo. Una conversazione sulla vita, sulla malattia, sull’accettazione, sulla consapevolezza, sul piacere e la voglia di non fermarsi, di andare avanti, sulla voglia di sognare ancora, di progettare, di desiderare, di amare.

Ho incontrato un uomo pregno di vita, come poche volte ho avuto il piacere di conoscere. Sono stata illuminata dalla sua brillante intelligenza condita di leggera ironia, fatta di un pensiero su di sè e sulla malattia che attualmente lo accompagna, dai toni limpidi e sereni, come mai mi è capitato di sentire.

L’ho ringraziato per l’insegnamento che, involontariamente, mi ha trasmesso.

La vedete la foto della piantina di peperoncini che, una cara amica, mi ha portato all’inizio dell’estate? era verde e piena di frutti, che ho colto e seccato. Poi, l’ho affidata a mia madre durante la vacanza francese e, al mio ritorno, ho trovato un bastoncino secco.

Ho continuato a bagnarla e a parlarle come prima, quando era verde e in salute.

Oggi, al ritorno dal mio lungo fine settimana, ero quasi sicura che l’arsura l’avesse portata via, invece, riconoscente, mi ha fatto una bella sorpresa: nuovi fiori, come fosse nuovamente primavera.

Piena di stupore e di tenera riconoscenza, auguro anche a voi una nuova primavera che per l’autunno c’è ancora tempo…

Pimpra

IN DIRETTA DAL MONDO PANDA

monda panda

Ci sono periodi in cui non ne infilo una giusta.

Attacchi di sbadataggine acuta che dovrei curare con farmaci potenti. Distrazione, disattenzione, superficialità, dimenticanze, tutte insieme appassionatamente, incuranti della mia salute mentale.

L’ultimo stamattina.

Devo presentare i documenti dello scooter che, ad un recente controllo della polizia municipale, non avevo con me. Pagata l’ammenda- figurati se non me l’affibbiavano!- mi reco dai carabinieri. Apro la borsa e voilà, i documenti sono  rimasti a casa.

Imprecazione tra i denti.

Mi scuso con il carabiniere che, comprendendo (visti i biondi capelli) mi attende poco dopo.

Vado a casa, recupero il necessario, mi ripresento dai carabinieri. Tutto sembra andare nel migliore dei modi quando l’appuntato mi chiede il certificato di assicurazione, “Ma glielo ho dato è quello quadrato e poi c’è la carta verde”.

Chi mi parla è una gentile signora con accento del sud “Vede, a noi serve la parte bianca del documento che attesta che lei è assicurata, il tagliando quadrato può essere contraffato, così come la carta verde. Le suggerisco di andare a prendere la parte mancante, rischia 400 euro di ammenda”.

Grandissima imprecazione tra i denti.

“Grazie di avermelo detto, non sapevo che la parte che ho sempre staccato e messo tra le carte da presentare nel 730 è quella che a voi interessa” [ndr: dove di legge il contributo pagato per il ssn e per cui scaricabile dalle tasse, da quest’anno, mi sembra non si possa più].

MORALE: per una cazzata del genere, domanttina dovrò perdere altro tempo che non ho e ripresentarmi in caserma.

Mentre, in ritardo, mi recavo mogia in gabbietta, pensavo tra me e me che bisognerebbe inventare un “Corso di sopravvivenza per la gestione della parte burocratica della nostra vita”, insomma, chi mi ha mai detto che ho sempre girato senza il documento corretto dell’assicurazione? Nessuno! E come si fa a saperlo? Boh!!!

Questo mio vagare con l’aquilone, a volte, ha dei risvolti estremamente piacevoli, permette di assaporare degli aspetti della vita, della realtà che, altrimenti, sfuggirebbero… ma, quando gli aquiloni sono troppi e volano in cielo tutti quanti insieme … il minimo che accade è che si incrocino i fili e… il disastro è compiuto…

Per fortuna accade di rado…[STICAZZI!]

Pimpra

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