Volente o nolente, la vita va avanti ed anche io, con la tristezza nel cuore, mi sono rimessa nel flusso delle cose.
Oggi una nuova esperienza. Ho fatto il commissario d’esame a un concorso pubblico.
La mia prima volta ed è stato alquanto curioso ritrovarsi dall’altra parte del tavolo.
I candidati, per la maggior parte donne, mi hanno offerto un interessante spunto di riflessione.
Ricordo che, ai miei tempi, quando si affrontava un esame (parlo di università) o l’orale di un concorso o un colloquio di lavoro, ci si presentava alla commissione vestiti in un certo modo, non precisamente da gita, nè, tantomeno, da sera. Un mix equilibrato di rigore ed “eleganza” adatto alla circostanza.
Poche volte, specie in età adulta, ho visto i miei colleghi presentarsi in jeans e maglietta sdrucita o in maglione informe, con scarpe da ginnastica sporche ecc.
Ai miei tempi, evidentemente, la forma manifestava rispetto verso la circostanza.
Stamani, mentre mi preparavo, benchè dall’altra parte della barricata, ho applicato lo stesso antico principio, scegliendo un abito formale, da lavoro.
Quale sorpresa nel vedere i partecipanti che di tutto si sono occupati, meno che del loro aspetto, presentandosi con chiome allo sbaraglio, abiti indefiniti, in un mix di elementi, assolutamente casuali e, francamente, orribili.
I tempi cambiano, è evidente.
Dall’altro lato, invece, ho potuto apprezzare i diversi risvolti che l’atteggiamento che teniamo nel corso di un’intervista, provoca sulla nostra audience.
La teoria l’ho masticata più volte, la pratica mi ha vista – di norma – essere soggetto attivo quindi mi è sempre mancato il punto di vista dell’osservatore non attivo, di quello a cui ci si rivolge.
Non potete capire quante cose ci raccontano i movimenti che facciamo con il corpo, quelli di cui non ci rendiamo conto, quanto uno sguardo aperto, possibilmente sorridente, provochi immediata empatia al soggetto al quale è rivolto, come i movimenti di mani, occhi, labbra, la postura del corpo parlino del nostro stato emotivo, raccontando tutta la verità. Anche quella che vorremmo celare.
Così mi sono dilettata a prendere i miei appunti mentali, ad osservare come la società muta velocemente, come tutti, all’improvviso abbiamo atteggiamenti e credenze sorpassati e che per stare al “passo con i tempi” dobbiamo correre. E correre veloce.
Ecco, così, per dire…
Pimpra
















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