UNA FAMIGLIA ALLARGATA

VillaIl bello della vita del “tanguero errante” è che, a forza di andare in giro, conosce un bel gruppo di persone, malate di tango come lui.

La festa grande poi, arriva quando altri organizzano un evento specialissimo, di quelli dove in tanti deisderano essere presenti perchè, colà, si sta proprio proprio bene.

Vuoi l’atmosfera, il giardino, gli ospiti estremamente accoglienti, il gruppo di persone che sanno mettere insieme.

Non per nulla, tra gli “adepti” in quel raduno lì ci si sente dentro la “famiglia milonguera”.

Certo che parlare di famiglia, con quello che si vede in giro (!!!), è un bel azzardo, invece, in questo caso particolare, non vi è modo migliore di esprimere la calda e fraterna atmosfera che vi si respira, che vi si vive.

E’ stato un week end piacevolissimo (non fosse che la sottoscritta ha fatto i maledetti conti con l’ormone di traverso e la conseguente “facciona” non proprio allegra…), carico di abbracci, di tandas ballate con entusiasmo, tra amici conosciuti e nuovi.

Infatti, come ogni famiglia moderna che si rispetti, anche l’Experiencia Milonguera di Villa Giacomelli, non sfugge alle logiche di “apertura” offrendo ai suoi ospiti una nuova “famiglia allargata”.

All’inizio ci si osserva, ci si annusa, tu chi sei da dove vieni, con il classico atteggiamento misto di curiosità e timore. Poi il tango fa il resto: apre le porte degli abbracci, del cuore, dei sorrisi e, ci si riconosce, tutti, parte di un gruppo condiviso.

… E come ogni volta, anche in questo caso si è accesa di tutte le scintille una meravigliosa “Experiencia”…

Pimpra

 

TE LO COPRI QUEL PIEDINO???

infradito-11Amo pazzamente l’estate.

La sua luce, i colori, mi piace pure avere caldo e sudare. Gli abiti si fanno eterei, più leggeri e un senso di allegria pervade il mondo. Più o meno.

Nell’allegra umanità variopinta, però, cominciano a manifestarsi, dapprima di soppiatto, poi con grande enfasi, i signori/ini uomini che sfoggiano – orgogliosi – i loro piedoni, dentro ORRIDE ciabatte di gomma. Ovviamente sull’asfalto delle città, non sulla battigia.

Uno degli orrori più clamorosi a cui ci tocca assistere d’estate, perchè, è quasi impossibile da trovare un uomo che possa vantarsi di avere un piede esteticamente gradevole.

Peli ovunque, unghie – nonmifatedire- , olezzo -stendiamounvelopietoso-, pedicure mai vista…

Capita di vedere il mix più terrificante di tutti quando, alle orride ciabatte (peraltro indossate senza un minimo sindacale di “portamento” ma, proprio “ciabattando”) aggiungiamo pantaloncini corti, magliettine sgangherate, oppure – il colmo della tragedia! – improbabili canotte su fisici che, da tempo immemorabile, non vedono la palestra.

Sono una rompi coglioni. Lo so. Ma non posso farci nulla. Il senso estetico mi si ribalta contro quando incrocio certi orrori.

Però a questi signori/ini li voglio perdonare, perchè, sono sicura, non hanno vicino una donna/amica/amante/mamma che, con tatto e diplomazia possa insegnare loro le vie dell’eleganza…

Amici, le CIABATTE DI GOMMA SOLO AL MARE O IN PISCINA.

Vi prego!

🙂

Pimpra

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E’ TUTTA UNA QUESTIONE DI … MOTIVAZIONE.

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Anche per quest’anno il rito stagionale del cambio degli armadi è stato compiuto.

Mi dico “Brava” perchè, mettendomici di impegno, in 6 (!!!) anni, sono – finalmente – riuscita a tenere solo gli abiti in uso, regalando tutto quanto non mi serviva.

Puntualmente, ad ogni passaggio estate/inverno e viceversa, mi liberavo di sacchi e sacchi di vestiario inutile. Finalmente, sono arrivata al punto di pareggio. Alla buon’ ora!

Questo momento dell’anno, in particolare verso l’estate, risulta traumatico a moltissime persone.

Gli abiti si fanno più stretti, più corti, più trasparenti, più aperti, svelando – che lo si voglia o no – se siamo stati bravi, se abbiamo mantenuto un corretto e salutare regime di vita (alimentazione e sport) oppure se abbiamo gozzovigliato “senza pensare al domani”.

Personalmente ho sempre combattuto con la mia propensione ai piaceri della tavola, cedendo sotto svariati fronti, dal salato al dolce, senza farmi mancare il dolce nettare divino. E le conseguenze, tutte, il mio corpo le ha puntualmente registrate: rotolini, gambotte, pancettina. E ad ogni passaggio di stagione, l’incubo: mi sta, non mi sta, mi tira, non mi tira.

Finchè, un giorno di qualche anno addietro, qualcosa è cambiato e, con costanza e determinazione, mi sono liberata della zavorretta che, da anni, era mia fedele compagna. Ho scritto “zavorretta”, non sono mai stata proprio un pezzo da novanta, solo piuttosto formosa.

“Messa la testa a posto” posso finalmente surfare senza patimenti nelle stagioni, negli abiti e, dirò di più, grazie alla mia formula magica, quasi quasi va sempre meglio, nonstante gli anni passino e, si sa, i “muri antichi tendono a fare la pancia”.

La motivazione a muovere il culo, nel mio caso, è la pura vanità sportiva che, tradotto significa, aver voglia di allenarsi di più quando il trainer della palestra che frequenti da un po’ si accorge, sua sponte, del tuo miglioramento fisico.

Al che, aumento le sedute, mi do da fare e … i risultati arrivano. Piano piano, nel corso dei mesi, ma arrivano!

Ieri il più bel complimento dal campione di body building : “Complimenti, da quest’inverno ti sei asciugata di almeno tre chili, specie sulle gambe!”

Non fosse per i gusti sessuali reciproci che non sono conciliabili, gli sarei saltata al collo per riempirlo di baci.

… Invece ho corso come una pazza indemoniata sul tappeto rotante, sudando le proverbiali 7 camicie.

MORALE:

Oggi zoppico.

Non ho considerato che, per mantenermi in forma, i chili persi sulle gambe, mi costano un mutuo di fisiatra.

😀

Pimpra

 

IMAGE CREDIT DA QUI

 

 

 

 

 

NEO GALANTERIA

galateo_baciamanoQualche volta mi ricordo ancora di scriverlo: faccio il lavoro più bello del mondo. Un’attività che mi porta a fare esperienze in occasioni formali che sono, per me, di estremo e gradito  interesse.

Una di queste sabato scorso, una cerimonia di onori militari ai caduti della Prima Guerra Mondiale.

Organizzato quanto necessario, insieme alle colleghe ci siamo confrontate su quale fosse il corretto abbigliamento. E, al  solito, non si sbaglia con un tubino nero, un tailleur, e, comunque, rigorosamente in gonna. Nel mio caso, si tratta di non sbagliare l’abito da lavoro.

Detto fatto ho inventato un fantasioso spezzato che il tailleur mi fa troppo sciura (anche se lo sono, ma questo è un altro discorso).

Mentre mi occupavo di fare accomodare le autorità partecipanti alla cerimonia secondo la disciplina definita cerimoniale, ecco che i vari graduati che si avvicinavano a me, dai colonnelli ai generali e le altre autorità intervenute, presa la mia mano, la portavano simbolicamente alla bocca.

Conosco perfettamente tutto del “baciamano” che si riceve solo all’interno, che le labbra sfiorano il dorso della mano, che si rivolge alle signore non alle signorine, che si fa in certe determinate circostanze.

Eppure, è stata una sorpresa.

Non posso nascondere la galanteria che i personaggi ospiti mi hanno riservato, lo sguardo puntato ai miei occhi mentre sollevavano la mano e compivano il simbolico gesto.

Parliamone, donne.

C’è che è proprio bello avere la possibilità, almeno in alcune occasioni, di sentirsi proprio donne-donne e regine nel medesimo istante. Sentirsi apprezzate nel proprio essere femmineo perchè ritenuto prezioso e affascinante.

Non vi sto nemmeno a dire che, il mio primo istinto era di stingere la mano alla usuale maniera… e quale piacevole sorpresa sia stata poi, passato l’imbarazzo del momento, poter offrire la mano, senza opporre resistenza e/o sentirmi una cretina.

MORALE:

Credo che nella corsa alla modernità, noi donne, ci siamo perse un bel po’ di occaisioni per “stare bene”. Il desiderio estremo e violento di essere ritenute a pari livello con l’uomo, ci ha rese la sua brutta copia.

Sono e resterò per sempre convinta che tra i due sessi ci sia una partità di “spirito”, di importanza eguale nella dinamica del cosmo ma, mi batterò ora e sempre, per affermare la differenza. La sfumatura tra lui e noi e l’esaltazione della complementarietà dei sessi.

Per chiudere, non sto nemmeno a raccontarvi quante donne militare ho visto. Le ho contate, perchè non potevo credere ai miei occhi. Abbracciavano fiere il fucile.

Ho pensato che, in questo mondo, qualcosa non va…

Pimpra

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Per curiosità qui

L’AMORE E I SUOI MODI

Rosa rosaeCi penso da un po’ e continuo a capirci poco e niente.

Si fanno continuamente gli stessi errori di cui ci accorgiamo sempre troppo tardi.

E ci lamentiamo, ci lamentiamo che sul fronte “amore” si combatte come in trincea e che la guerra è una brutta cosa, specie se è di posizionamento.

L’altro diventa il nemico da battere e per farlo si usano tutte le armi, convenzionali e non. Ci si difende con corazzate di orgoglio, si sganciano  veleni vari, si fanno le imboscate dentro i silenzi.

Amare diventa farsi del male. Che poi, se stiamo sempre in guerra con il prossimo, più che fare del male a lui, lo facciamo a noi stessi.

Guardando in silenzio il mare  cerchiamo di capire dove si è rotto l’ingranaggio del sistema perchè, quasi nessun umano è fuori da questa guerriglia, tutti combattiamo, prima o poi, la nostra guerra. E la guerra dell’amore è un ossimoro che provoca conati di vomito. E’ troppo stupido.

C’è che bisogna sapere che l’altro non lo cambi, e nemmeno noi. Allora vale la pena di cercare e/o illudersi di trovare qualcuno che sia affine. Nel suo bene, nel nostro male e viceversa.

Il problema, molto spesso, come saggiamente evidenzia l’amico A. P., non risiede nel sentimento dell’amore, quanto piuttosto nel modo in cui ognuno è capace di manifestarlo/viverlo. Insomma nel “comportamento d’amore, nel modo di amare”.

La differenza è sostanziale.

Un esempio per tutti: una lei gelosissima che non può accettare l’idea che il partner possa avere una piccola tranche de vie che sia solo sua, uno spazio privato all’interno della relazione. Uno spazio nel quale risiede il rispetto, la stima profonda e piena dell’altra persona ma, allo stesso tempo, una sfera di soggettività personale. E’ quasi certo che, prima o poi, comportamenti amorosi così distanti, mineranno il rapporto, la relazione.

Meglio sarebbe se la lei del caso incontrasse un lui con la stessa visione, il rapporto sarebbe una claustrofobica gabbia dove però i due, probabilmente, troverebbero un buon terreno di intesa.

Senza contare poi che l’amore dura finchè non finisce, che l’amore è solo un’idea immaginaria, che nessuno vuole o è più capace di stare in relazione ecc ecc.

MORALE DELLA STORIA:

  • il cinico preferirà la solitudine. E qualche scopata con amici/che con benefit
  • il pauroso annullerà se stesso, le sue idee, la stima di sè per paura della solitudine
  • il casanova e la zoccola, non si porranno mai il problema (beati loro)

e per tutti gli altri?

STICAZZI AMARISSIMI.

Ci vuole tanta fortuna, rispetto e dignità per se stessi e per il proprio valore e il coraggio di cercare la verità e di guardarla in faccia, costi quel che costi.

Per tutto il resto, c’è MasterCard…

Pimpra

IMPARARE A VEDERE

TriesteA volte mi rendo conto di quanto possiamo essere distratti.

Percorriamo la vita come un treno in piena corsa, non lasciandoci lo spazio ed il tempo per accorgerci di quanto ci sfila intorno.

Andiamo veloce, troppo veloce.

Organizzando diversamente i miei impegni, ieri, finito il lavoro, mi sono concessa un’ora di “cazzeggio”, ipod nelle orecchie, cellulare alla mano e gambe in spalla. Avevo una meta da raggiungere ma, nel farlo, mi sono goduta il percorso.

A differenza di quanto mi accade di consueto, lo sguardo non era rivolto a terra o ad altezza occhi (o vertine, lo confesso!), ma proiettato in alto, verso il cielo, verso i palazzi di questa piccola città che, così facendo, scopro magnifica.

Il dialogo delle facciate dei palazzi musica il passaggio della storia, celebrando periodi fausti e infausti; architetture sublimi e rozze si rincorrono in un orizzonte unico che, solo ora, dopo tanti anni, riesco a vedere.

Ed è partita la mia mano a scattare la bellezza che i miei occhi riuscivano a catturare e la loro meraviglia.

E mi sono messa a pensare a quanto siamo distratti, poco attenti, superficiali. A quante sfumature ci passano davanti senza che ce ne accorgiamo. Al tempo che sprechiamo dietro alle scemenze, a cose che non ci arricchiscono affatto e che, soprattutto, non siamo in grado di elaborare da noi stessi.

E così celebro il mio smartphone che tanto mi ha fatto incazzare nella mia finta settimana di vacanza, quanto oggi, invece, mi sia caro strumento per rapire la bellezza che mi sta intorno. Della quale non posso fare a meno. Per togliere un po’ di grigio all’esistenza affannata.

Pimpra

IMAGE CREDIT: PIMPRA_TS

DI TANTO IN TANGO. SONO FINITI GLI ABBRACCI

image credit: Claudio VisintinIMAGE CREDIT: Claudio Visintin_Borgoricco

Torno da una milonga – graditissima – dove ho finalmente, liquefatto la suola delle scarpette.

Musica dal vivo strepitosa, la bella atmosfera di un luogo familiare, i sorrisi degli amici che non vedo oramai quasi più e il tango che amalgama, mixa la bella gente che partecipa alla festa.

Ho ballato con una variopinta sfumatura di umanità maschile, da quelli malati di tango a coloro che lo vivono in una dimensione meno eccessiva, dagli esperti a quelli che hanno meno chilometri sulle gambe.

In tutto questo bel caleidoscopio, sono stata molto colpita da un – nuovo per me –  fenomeno.

Sono finiti gli abbracci.

Questi uomini, non sanno o non vogliono più “abbracciare” la ballerina. Ora, non intendo dilungarmi con un lunghissimo pippolotto su cosa significhi “abbracciare”, il web è popolato su discorsi a tema e non mi aggiungerò al coro.

Per me è stato un piccolo choc, una grande delusione, in primis “esistenziale”.

Se danzare, nella moda corrente, significa porgere il tocco di una mano, un abbraccio finto o virtuale in nome di una dinamica che si vuole il più possibile vorticosa, ecco, c’è qualcosa che non mi quadra più.

Non passa l’emozione. E, anche il tango, diventa una speciale “performance” dentro una sorta di “trance ritmica” nella quale le altre sfumature vanno perdendo colore.

Ricordo nel mio viaggio in Argentina dello scorso anno che i maestri insistevano molto sul punto “abbracciami”, dopo che – a mio modo di vedere europeo – non era immaginabile abbracciarli più di così… invece il modo c’era, e, nell’esatto istante in cui loro “abbracciavano” me, passava una speciale scintilla che illuminava il tocco e il tango si animava di magia.

Io non ballo con gli argentini o, se lo faccio, accade troppo di rado, io ballo con i miei conterranei. I miei conterranei non mi abbracciano più e, quando a me viene naturale di farlo, capisco che non è più cosa gradita.

E mi chiedo:

  • sono vecchia e si sentono a disagio?
  • abbraccio in modo troppo intenso e loro non “tengono botta”
  • copro la loro visibilità e/o credono che, così facendo, metta le radici nel pavimento e non mi muova più?

So che resteranno interrogativi senza risposta.

Nel frattempo devo solo decidere se uniformarmi o mantenere viva la mia passione per questa danza straordinaria, continuando – nell’abbraccio –  a mettere la mia anima a nudo. Perchè farlo, a me, non fa paura…

STICAZZI.

Pimpra

 

C’E’ CHE NON PARTE.

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C’è che non parte. Non mi si accende quella gioiosa allegria che, sempre, mi accompagna in questo inizio d’estate.

Sarà il tempo grigio e instabile, il clima che non regala quel dolce tepore tipico del periodo.

Eppure c’è questa luce straordinaria che mi accoglie alla sveglia del mattino e mi segue fino a tarda ora.

Di solito bastavano i suoi raggi a scuotermi dal torpore invernale, a farmi risalire verso l’alto le pieghe del sorriso… invece, non è più così.

C’è che non trovo lo stimolo giusto, quello capace di fare da scintilla e accendere tutte le lampadine, no, proprio non ci riesco.

E ci provo, ci provo ad osservare questo mondo intorno che si è risvegliato e che sorride, la natura che si fa di giorno in giorno più lussureggiante, i vestiti della gente che colorano le sfumature di grigio delle città.

Eppure non funziona e resto spenta come una lucciola d’inverno.

Sticazzi se devo reagire. Voi, da lassù, però, datemi il sole…

Pimpra

Image Credi da qui

QUANDO SI INCONTRA UN VERO “MAESTRO”

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Ricordo ancora di un corso all’Università dal tema “La letteratura di viaggio”.

Da allora ho sempre favoleggiato di avere la possibilità di incontrare un personaggio di quelli che, nella vita, sanno come lasciare traccia di sè.

Non ho mai pensato ad una avventura sensuale da consumarsi nella tratta Parigi – Venezia e poi non vedersi più, ma qualcosa di diverso, qualcosa che mettesse in campo pensieri e sentimenti, visioni e coraggio.

Dopo non so quanti anni sono stata accontentata.

Trafelata dalla mia settimana lavorativa che non ha visto uno stop, finalmente prendo posto sul treno che mi riporterà a casa.

Accanto a me un signore agé, davanti a lui 4 quotidiani, le fotocopie di un articolo scientifico in inglese,  la rivista “Scienze”, un blocco degli appunti e una penna dozzinale.

Lo osservo di nascosto mentre sono affacendata a sistemare i miei bagagli.

Capisco immediatamente che deve provenire dalla mia terra: benchè in abito scuro, non ha quella ricerca estetica formale che è una caratteristica di punta degli uomini del nord ovest. Lui è più scarno, l’abito non è un biglietto da visita che gli interessa.

La calligrafia veloce e lanciata del suo tratto, scorre sul blocco degli appunti. A momenti si ferma a riflettere e poi riprende a scrivere.

E’ uno scienziato. Riconosco certe formule e poi l’articolo che sta leggendo, lo afferma chiaramente. Siamo nel campo della cardiologia.

Al mio ritorno dal caffè, vedo che ha scelto il mio posto sul corridoio e, gentilmente, gli chiedo di spostarsi. Lo fa scusandosi e sorridendo con gli occhi di un celeste chiaro.

Lo osservo meglio e mi permetto un “Mi scusi ma lei è forse il prof. XXX?” mi risponde “Sì, sono io, ma lei come fa a conoscermi?”

“Perchè lei è un personaggio molto famoso, un medico di chiarissima fama”.

Iniziamo in modo naturale, spontaneo e piacevolissimo, una conversazione che ho preso come un vero dono del cielo. Il mio vicino è una persona che definire brillante, illuminata e, ancora mentalmente, incredibilmente giovane, è dire poco.

Ho apprezzato l’umanità, l’amore indiscusso per la professione medica, per la ricerca, per la vocazione verso una tra le professioni più difficili e il senso di condivisione che lo hanno sempre contraddistinto.

Un uomo così, a prescindere dal campo di interesse professionale e umano è colui che definisco “Maestro”, una di quelle persone faro e luce per gli altri, un pioniere, un esploratore e un maieuta.

Ci siamo salutati con una gran stretta di mano e tanta ammirazione da parte mia.

Nella mia valigia di esperienze adesso c’è anche questa frase:

“Nella vita è importante esprimere la propria opinione. Essa va esposta motivandola  e dimostrandola chiaramente e, per questa ragione, difendendola con altrettanto vigore. Il modo in cui la si esprime è importante, ma rimane fondamentale essere coerenti alle proprie idee, ai propri ideali e a se stessi. E, poco importa se si sta antipatici a mezzo mondo. Prima o poi incontreremo chi ci saprà apprezzare per questa nostra caratteristica.”

Avevo i lucciconi quando raccontava della stima che tutt’ora lo lega ai suoi allievi/discepoli a come sono rimasti in contatto e a quanto egli sia orgoglioso che i suoi “figli” abbiano superato il padre.

E’ confortante sapere che, in questo mondo inquinato dalla falsità, dall’ipocrisia, dall’egoismo, esistano ancora illuminati “Maestri”.

Pimpra

Se siete troppo curiosi per resistere… qui.

IMAGE CREDIT DA QUI

LA FINESTRA SUL GIARDINO

finestra_sul_cortileCi sono dei giorni in cui ti chiedi “Ma chi me lo fa fare?” ti guardi allo specchio e vedi la tua faccia da pirla che ti osserva tra il fesso e lo sconvolto mentre dal profondo ti rispondi “Devi fare qualcosa per te”.

La vita è un soffio che non si può sprecare.

Ecco che un viaggio di lavoro diventa una finestra che si apre su un orizzonte carico di fuliggine e (ri)anima quella voglia di annusare l’aria che sai fare parte di te.

Domani parto. Il viaggio sarà faticoso, eppure non vedo l’ora.

Ho bisogno di riempire gli occhi di nuove scintille, di staccare la spina, di sentire il neurone zampillare contento.

Viaggio da sola, così come sto facendo in questi ultimi anni. Perchè, anche se a volte qualcuno mi accompagna, è solo il corpo ad essermi vicino. Nulla più.

E scopro che da sola non è male, come ho sempre pensato. Non devo compiacere nessuno, rispondere a nessuno, essere altro da quello che sono.

Saranno solo pochi giorni e poi la finestra sul giardino si chiuderà di nuovo.

Mi auguro di avere imparato a respirare molto profondamente. Per conservare a lungo nei polmoni l’aria frizzante.

Pimpra

IMAGE CREDIT: PIMPRA_TS

 

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