
Certe epidemie ti sorprendono così, tra il lusco e il brusco, un giorno a caso mentre guardi il TG e ti avvisano che, in un luogo tanto lontano da casa tua, è in atto una virulenta epidemia.
D’istinto mi dispiaccio per le persone coinvolte ma, non mi agito, non mi faccio prendere dal panico.
Poi però il virus scorrazza a briglie sciolte per il pianeta e ti ritrovi casa infestata come quel paese tanto lontano che ne è stata la fonte.
Continuo a restare serena anche se i mass media italiani fanno i peggio disastri (e come potrebbe essere diverso, considerato il nostro “spirito di popolo”?) provocando un panico irrazionale in troppe persone.
Resto calma ma cerco di riflettere e di informarmi.
Ho un’età e uno stato di salute che mi espongono a un rischio davvero lieve, alla peggio prenderei un’influenza, ma il problema non è questo, non è la MIA salute, è la salute degli altri, che potrei – anche inconsapevolmente – contagiare e, per effetto domino, il collasso a cui possono venire esposti i servizi sanitari di emergenza, le terapie intensive che non sono strutturate per simili emergenze.
La MIA influenza, non è il vero problema. E’ che posso contribuire, come untore (anche asintomatico) alla diffusione esponenziale del virus.
Sono una ballerina di tango, questo è il periodo in cui vengono organizzati eventi di tango che sono nel mio cuore.
Che fare quindi? Andarci, tanto per me il rischio è pressoché nullo o fermarsi a riflettere, pensando, per una volta, alle conseguenze su un sistema più grande?
Non è affatto facile prendere questa decisione, perché ballare è un’esigenza spirituale oltre che fisica.
Assisto a molti dibattiti in proposito, le fazioni si dividono sostanzialmente tra gli “allarmisti” e i “negazionisti”.
Credo non sia giusto giudicare le scelte di nessuno.
Siamo cittadini di un paese e, per una volta, siamo chiamati a dare una risposta – sicuramente – personale, a un’emergenza pubblica.
Io la mia scelta l’ho fatta.
Pimpra
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