Se non balli la colpa sei tu. La rivincita di “VIOLETAS”. #ditantointango

Le pause servono, hanno sempre un senso se si usano nel modo giusto. Dopo la pandemia è la seconda volta che ho smesso di ballare prendendomi un mese sabbatico.

Luglio mi è scivolato dalle mani: al mattino ho nuotato nella piscina all’aperto, sono stata ad un concerto, ho fatto un weekend a Veglia – da cui mancavo da tantissimi anni- una gita bellissima in mare, un’altra gita a Pirano arrivandoci in battello. E ho passato molto tempo da sola, in silenzio, tra me e me.

La pausa dalla vita sociale e dai social che oramai ne fanno parte, mi ha permesso di ritrovare il filo che unisce le mie parti più profonde, a volte anche oscure, ma integranti.

Ok, questa è la premessa. Poi, agosto è ripartito alla grande con una bellissima milonga a Parma: Violetas.

Una milonga molto conosciuta in un crocevia ideale per il centro- nord Italia, Friuli Venezia Giulia escluso: per noi 3-4 ore di macchina sono una costante.

È stata la mia seconda Violetas. La prima non è andata benissimo. Non ho quasi ballato, nonostante conoscessi -di vista e non solo- praticamente tutti i partecipanti.

Così, spinta da una certa voglia di riscatto (e anche dalla correttezza degli organizzatori), ho deciso di tornare. E ho imparato che le seconde chances vanno sempre concesse.

La seconda Violetas, anche per me, è stata come me l’avevano sempre descritta: una bellissima festa.

La location è incantevole: si balla in uno spazio al coperto ma senza le pareti, arioso e piacevole. La struttura che ospita la milonga è un ristorante attrezzato per matrimoni e banchetti e, a cena (fa parte del biglietto d’ingresso), si viene coccolati con un’offerta alimentare ricca, varia e di grande qualità.

L’unico neo è il pavimento di piastrelle che a fine serata si fa sentire su piedi e articolazioni. Ma tutto non si può avere.

I padroni di casa sono stati davvero molto gentili, augurandomi una bella pomeridiana. Così è stato. E sono rimasta davvero molto soddisfatta.

A Violetas si incontrano tangueros emiliano romagnoli, ovviamente, ma anche milanesi, toscani, veneti e non solo un mix stimolante e irrinunciabile. La formula pomeriggio+notte è assolutamente vincente, soprattutto per chi viene da lontano: si può fare una scorpaccitata di ottimo tango.

Dall’esperienza Violetas ho tratto una lezione che conoscevo molto bene, ma che ho dovuto ripassare: se non balli la colpa sei tu.

Devo ammetterlo: il mood energetico del ballerino, uomo o donna che sia, influisce pesantemente sulla scelta del partner.

L’energia che mettiamo nell’aria, pur in modo inconsapevole, non ci lascia scampo, parla per noi: se è negativa ci penalizza. Punto.

Credevo di essere di ottimo umore la prima volta. Ero curiosa, entusiasta di partecipare a una milonga che mi avevano tanto decantato. Invece qualche pensiero sotterraneo mi ha offuscato pesantemente. Morale: sono rimasta seduta a lungo.

Nella vita e nel tango è importante farsi un’analisi critica, evitando di dare colpe che spesso sono nostre, al di fuori.

Ho ancora il sapore di buono, quella vivacità e quella gioia che le belle tande ti lasciano addosso.

E pure una graziosa vescica sotto il piede, testimonianza fedele di ore ballate senza fermarmi.

A Parma il tango profuma di buono.

Le Violetas lasciano un segno delicato e profondo di tandas perfette.

Pimpra

SOTTO IL VESTITO… IL TANGO? #ditantointango

Vent’anni fa entrai nella mia prima milonga come si entra in un tempio. E ne uscii stregata.

Gli occhi rapiti dai piedi delle ballerine, dai loro tacchi feticcio. Quegli abbracci che cingevano e si liberavano in sinapsi velocissime e nitide.

Ero assolutamente abbagliata di bellezza, l’anima coccolata da note che sapevano essere dolci o melanconiche, passionali o tristi. Un equilibrio perfetto di tutto quello che andavo cercando in quel periodo della mia vita: emozioni.

I miei esordi corrispondevano all’età dell’oro del tango “nuevo”. Musica, movimenti sperimentali, e così gli abiti.

Stratificazioni di tuniche, pantaloni larghi. I tessuti svolazzavano, creando alchimie visive, traiettorie liquide che catturavano lo sguardo. L’estetica non rincorreva l’eleganza formale ma una dose di sensualità libera, fuori dalle righe, fortemente espressiva.

Poi arrivò Noelia, icona e spartiacque di un nuovo modo di essere tanguera.

Il suo tango talentuoso e unico unito alle sue curve che valorizzava con abiti a guanto, attillatissimi, una seconda pelle. Gli occhi di tutti erano su di lei: sui guizzi ritmatissimi dei suoi piedi, sul suo abbraccio felino e sull’ondeggiare sfrontato del suo mitico lato b.

Rivoluzione nella rivoluzione.

Accantonati i pantaloni da odalisca, ci siamo infilate dentro abiti tubino aderentissimi, illudendoci di imitare alla lontanissima, le grazie della bella Noelia.

L’abito, specie quello femminile, è capace di esaltare o di imbruttire il tango di chi lo balla. E’ una sensazione che percepisce la ballerina che si traduce nel gesto che emana.

In un abito fluido mi sento poesia, in un tubino divento architettura.

Il corpo si adatta e interpreta i movimenti in modo diverso. Esce un tango con altre sfumature.

E all’uomo accade qualche cosa di simile?

Il pantalone largo copre, il jeans svela. Anche per voi l’abito cambia il modo in cui sentite il tango?

Per chiudere questo excursus sull’abbigliamento tanguero, mi sento di dire che ognuno di noi è influenzato da ciò che veste. Non solo per la forma dell’abito ma pure dai colori.

In fondo, ogni volta che scegliamo cosa indossare per ballare, stiamo decidendo chi vogliamo essere quella sera. E anche questa, forse, è una delle magie del tango.

Pimpra

Image credit da qui

BALLARE PER NON CROLLARE. IL TANGO OLTRE LA CRISI #ditantointango

Immagine di Radu

Non è sempre tutto scintillante.

Una festa dentro la notte, un farsi dell’alba stretti in abbracci indimenticabili.

A volte è maschera di un sorriso che nasconde una ferita.

Ballare -come lo sport, e forse meglio ancora- ci connette al corpo, che è la più potente medicina quando l’anima e il cuore soffrono.

Il corpo ci riporta nel qui e ora. Ci ancora alla realtà. Ci tiene vivi.

Nel 2023 il mio piccolo mondo mi è crollato in testa.

Senza fare rumore. In un silenzio peggiore di qualsiasi esplosione.

Il cuore si è sciolto, così pure le immagini che aveva creato, rivelando uno scenario squallido.

Ci sono stati momenti in cui non ho più percepito emozioni, sensazioni, ho vissuto dentro una linea piatta, fatta di routine, di gesti conosciuti e oramai meccanici, senza provare alcunchè, dolore e rabbia compresi.

La vita scivolava a gocce scolorite, così i giorni. Il corpo si muoveva come un automa. Vuoto di senso. Vuoto di stimoli. Solo vuoto.

Poi, una mattina, nella quotidiana passeggiata verso l’ufficio, la playlist del cellulare mi ha sbattuto in faccia uno dei miei tanghi preferiti. Un monito. Un richiamo. Uno schiaffo alla mia apatia.

Ho concluso il mio anno orribile andando in maratona da sola, viaggiando da sola, restando da sola. Un’iniziazione. Una consacrazione alla mia nuova me. Alla giaguara ferita, ma ancora palpitante di vita, pronta a rialzarsi.

E così è stato. Weekend dopo weekend, ho ripreso a viaggiare e a ballare. Tanto. Con tutti.

Non era una fuga, la mia, era la dimostrazione della mia resistenza ai colpi della vita, agli inganni delle persone, alla solitudine.

E sono rinata.

E il mio tango è rinato.

Anzi: è nato per la seconda volta.

Gli abbracci sono una forma di regolazione emotiva, riducono l’ansia, ricompongono la frammentazione. Pezzo dopo pezzo, il tango ha incollato i miei cocci, riassemblandomi in un insieme decisamente migliore.

Gli abbracci del tango non chiedono nulla eppure ti restituiscono tutto. Ti rimettono in mano la tua vita, la tua persona, i tuoi desideri. Riaccendono i sogni.

Le crisi oggi arrivano a onde, come la risacca. Tornano, sempre.

A vent’anni cerchi il tuo posto nel mondo.

A cinquanta ti chiedi chi sei diventato.

In tutto questo il tango. Che resta, accoglie, contiene, racconta.

Oggi, quando tocco le assi di legno della milonga mi emoziono ancora. Quel tango, quello che mi ha salvato, mi risuona dentro.

Da allora ho la mia playlist di preferiti, brani che sanno suonare dentro di me tutte le note delle emozioni.

Chiudo gli occhi e inizio a muovere i passi.

Rinasco, una volta ancora.

Pimpra

Abbracci, risate e Barolo: 247 leghe per la felicità #ditantointango

247 vi dice qualcosa? Sono le leghe che separano casa mia dalla location della maratona del fine settimana appena concluso. (549 km se non avete voglia di fare il calcolo).

Una maratona di chilometri per raggiungere Alba dove alloggiavo, con l’aggiunta di altri 16 km per arrivare all’ameno paesino di La Morra, sede dell’evento.

Mentre mi trovavo in macchina, non potendone più, la mente annebbiata provocava ulteriore fastidio stuzzicandomi la testa con pensieri negativi: “varrà la pena aver fatto tutto questo viaggio? Ci sarà l’atmosfera gaia di abbracci e sorrisi che tanto piace a me? Ballerò? Mi divertirò? La musica si accorderà ai miei desideri?”.

La sala è accolta nel paesino in cima a una collina che, con il buio della sera del venerdì, mi pareva di essere finita dentro a un campionato di corsa in montagna, tra tornanti e curve e un asfalto che te lo raccomando. Ancora più martellanti e furiosi i pensieri “Ahò ma siamo sicuri che ne vale la pena?”

All’arrivo i primi sorrisi luminosi alla reception degli ospiti mentre ti annodano il nastrino rosso color barolo come fil rouge della festa, la caramellina gourmet dell’antica confetteria Converso di Bra (i dettagli fanno la differenza!) trovata nella busta dei ticket della ristorazione, e già mi è partito il primo sospiro di sollievo.

E poi i volti degli altri, più o meno stanchi del fine settimana alle spalle, chi del viaggio (ovviamente meno lungo del mio, ma tanto è un’ovvietà), ma tutti sereni, molti di loro a sorseggiare qualche bollicina che il bar in fondo alla sala ne offriva di deliziose.

Così è partita la mia prima edizione di Barolera, una maratona piemontese di cui avevo sentito molto parlare.

L’atmosfera del luogo è percepibile da subito, c’è quell’educazione e quell’accoglienza elegante che caratterizza i sabaudi e definisce i loro eventi.

Dopo un sonno ristoratore, dimenticati i km alle spalle, l’entusiasmo di trovarmi in gita tanguera si è impossessato di me e delle amiche con cui ho fatto la trasferta.

Alba ha un ridente centro storico, colonizzato da un mercatino che ne riempie le stradine ma, ancor più bello il contorno di colline e vigneti che cinge la cittadina.

I 16 km che separano Alba da La Morra, sono una delizia per gli occhi, alternando dolci colline a nocciolaie e vigneti a pastini. Un senso di pace, di armonia si è impossessato di tutta me facendomi arrivare in milonga con il migliore dei sorrisi.

Le sorprese non sono mancate, dallo zabaione home made offerto nel pomeriggio ai danzanti per ricaricare le batterie, alle meringhe, al budino specialità locale che già ho dimenticato come si chiama (il bünet, grazie Veronica Anna Federica!). Tutto parlava del territorio, la qualità parlava del territorio.

Foto credit Mauro Tonchich

Piacevolissime le coreografie di danza moderna che hanno spezzato la solennità dei tanghi ballati e dato vigore agli astanti sulle note della febbre del sabato sera e non solo, e, dulcis in fundo, la coreografia “open” dedicata ai tangueros, “appresa” in soli 20′. Con il tango ci sappiamo fare ma quanto al resto siamo piuttosto negati ma volonterosi e dotati di grande sangue freddo per esibirci insieme alle bravissime ballerine moderne!

(ps: l’anno prossimo inviateci il tutorial del brano con anticipo che almeno proviamo a prepararci! 😀 )

Una menzione speciale spetta al buffet della domenica che ha coccolato il palato con piatti deliziosi, un risotto ai porri buonissimo, e poi una scelta di ottimi affettati, formaggi del luogo, i famosissimi grissini, altri stuzzichini vari, un vero capolavoro di ospitalità!!! BRAVI!

Tra zabaione, dolcetti, caramelline, budini vari avevo il fuoco delle calorie che bruciava violento dentro di me facendomi ballare come una invasata. Che bello!

Consiglio assolutamente di venirci, anche se non amate il vino e siete astemi come me, è tutto il contorno che coinvolge, mettendo in una dimensione di relax, dentro una piacevolissima onda di allegria.

247 LEGHE. Un ottimo numero per stare bene.

Pimpra

1° maggio come si deve! La Revoltosa. #ditantointango

Tradizione vuole che, il 1 maggio, si faccia pic nic con gli amici, piuttosto che andare al concerto in piazza, o, comunque, fare una gita fuori porta, trascorrere il tempo possibilmente all’aperto. Spiace per tutti quelli che, loro malgrado, debbano lavorare durante le feste comandate. La vita non è affatto democratica, si sa.

Quest’anno ho seguito la tradizione, complice fra le altre una bellissima giornata di primavera molto avanzata e, con la solita truppa di oramai “congiunti” tangueri, abbiamo raggiunto la ridente Bassano del Grappa per recarci all’Hangar dove si è celebrata la consueta festa del 1 maggio insieme ai Revoltosi.

In questa occasione a tutti i partecipanti viene chiesto un piccolo contributo in cibo e bevande per creare un buffet super guarnito di prelibatezze “home made” e pure a Km zero, preparate dalle sapienti mani degli ospiti. Il tutto piacevolmente innaffiato, tra gli altri, da ettolitri di prosecco. Siamo in Veneto e bere è una religione.

Una pomeridiana lunga, iniziata mangiando dalle 12.30 che si è protratta fino alle 21.00. I tempi dilatati dall’ottimo cibo, dalle chiacchiere scambiate assaggiando le leccornie campestri, in una modalità di “chill out” che sempre dovrebbe caratterizzare le milonghe.

Il significato di incontrarsi è pur questo: una chiacchiera, una bevuta, una tanda. In totale relax.

Sarà che la sede dell’Hangar, specie nella sua versione estiva con lo spazio all’aperto, si presta particolarmente, sarà che i Revoltosi sono uno squadrone oramai più che affiatato e collaudato, sarà che gli uccellini cinguettavano, l’aria profumava di fiori, il prosecco idratava la gola assetata e golosa, sarà che oramai – almeno di vista- conoscevo tutti, ma la giornata è stata davvero piacevole.

Stavamo così bene all’aria aperta che hanno dovuto suonare le trombe per farci entrare in pista, per poi uscirne poco dopo che ancora quell’assaggino lì al buffet ci mancava. Così per tutto il pomeriggio.

Cosa lasciano milonghe del genere? Un sapore di buono, non solo per l’ottimo cibo, ma per l’atmosfera davvero amicale che si crea. Non è sempre facile percepire quella bella sensazione di stare in un luogo dove si sta bene, dove ci si sente parte di un tutto, dove l’energia fluisce leggera.

Quando poi si balla con questa modalità di spirito, anche il tango ne beneficia, come se si accordasse al benessere generale.

Spesso ci penso quando vado in giro a ballare, quale è quell’ingrediente speciale che crea quel certo non so che di cui tutti godono. Una risposta me la sono data: i padroni di casa, quello che ci mettono, l’idea che hanno in mente quando organizzano l’evento, la loro modalità di “stare insieme” agli amici, agli ospiti, anche agli sconosciuti.

Maggio è iniziato con una sferzata di allegria, speriamo continui così!

Pimpra

Ballare a Bologna: la magia di BOCAtangoday. #ditantointango

Tornare a Bologna per ballarci è sempre un’opzione che fa bene al corpo e allo spirito. Non so come e perchè e quale sia la magica alchimia che si vive nella città, ma fatto è che le milonghe funzionano (molto bene).

Sono tornata a BOCAtangoday con il trolley carico di aspettative e una meravigliosa parrucca lilla per festeggiare, anche con il colore, la gioia di tornare in un luogo del cuore, con la scusa del periodo carnevalesco.

Non è sempre detto che ciò che ha funzionato l’anno precedente, continui a farlo nei mesi a venire, in questo caso, posso certificare che il test è stato brillantemente superato.

BOCAtangoday si connota per un sapore particolare che è quello dell’abbraccio amichevole e aperto, del ballo che è davvero sociale. Una meraviglia non aver bisogno di doversi impegnare per essere invitata, di fare la mirada assassina sperando di essere vista.

Nulla di tutto ciò, uno sguardo in relax e via a ballare. Se non è la prima sarà la seconda o la terza ma la tanda arriva, sempre.

Questa atmosfera così accogliente, rilassata, “cozy”, permette a tutti di ballare meglio perchè le ansie da prestazione, ansie da invito che non viene mai colto, ansie di sentirsi “i brutti anatroccoli” della milonga, restano fuori dalla porta.

E questo è un plus straordinario.

Il lavoro di selezione porta buoni frutti, è necessario ammetterlo. Non è questione di democrazia, nel senso “dentro tutti”, dentro solo quelli che condividono la filosofia “abbraccia, sorridi, apriti e balla”.

Quindi che aggiungere se non che BOCAtangoday è una delle numerose gemme tanguere bolognesi che non so quale sia la l’incantesimo, ma Bologna accoglie. Ecco.

Grazie Antonella, Marianna, Luciana per regalarci tanta bellezza.

Pimpra

Image credit Samuel di Luca che ha colto l’espressione beata della fata turchina 😉

ETDS 2024, 11 EDIZIONE: MEMORABILE. #ditantointango

Ci sono eventi di tango che fanno letteralmente rifiorire, uno di questi è, senza dubbio alcuno, quello organizzato da SpaziotangoBologna, il primo weekend di aprile. Non per nulla, nel primo farsi di primavera.

Ho felicemente perso il conto del numero di edizioni alle quali ho partecipato ma posso, con sicurezza affermare che, il crescendo di divertimento tanguero, aumenta di edizione in edizione.

Tenere l’asticella sempre alta, scollinare tutti i periodi terribili che stiamo attraversando, la concorrenza spietata, rende ETDS una perla nel panorama italiano. A mio modesto parere, ovviamente.

Sono sempre più convinta che la formula “corta” sia quella vincente: una pomeridiana, una serale, una pomeridiana, poi tutti a casa. Ho la sensazione che l’energia tanguera esploda più intensamente, perchè il tempo è tiranno e la fame di abbracci si fa più intensa. Quest’anno le scorribande sono iniziate il giorno prima, la sera del venerdì, per dare la possibilità a più persone di godersi la festa: si sono presentate in 250 un numero incredibile e inaspettato che la dice lunga sull’ottima reputazione mediatica che ETDS mantiene da anni, da 11 anni per essere precisi.

La formula dell’evento all’interno del complesso alberghiero è, per me, la preferita. La mente si libera, consapevole che, in ogni momento, si possono lasciare i giochi, salire in camera, restarci o scendere nuovamente. Per me, il top della comodità.

Un altro aspetto rilevante a Etds è che non si iscrivono i gruppi di quelli che stanno solo tra di loro, ballano solo tra loro, esistono solo loro. Si sta insieme, si balla tutti con tutti, modalità easy way, senza stress, senza ansia da prestazione. Certo che ci sono le varie “delegazioni” di diverse provenienze ma il bello è che, una volta arrivate sulla pista, si dissolvono mescolandosi con tutti gli altri.

Questo è stato l’anno delle TJ donne, a parte l’apertura del venerdì a firma di Zizzu che ha fatto il botto di pubblico.

Ognuna delle Signore della consolle ha offerto la sua personalissima visione e proposta musicale: la prima pomeridiana dai toni soft, calibrati e senza eccessi, tj Iskra Strateva, per passare alla serale carica di pathos, tj Valeria Norcia, di colori e di vibrazioni emozionanti, per finire con l’ultima pomeridiana elettrizzante, adrenalinica, dall’effetto dopaminergico, tj Caterina Inglese.

C’è stato un momento in cui mi sono sentita una pazza furiosa, già indossati gli abiti borghesi e le sneaker e pronta a partire, ho abbrancato un ballerino e così come stavo mi sono gustata la mia “ultima tanda”. Completamente invasata!

Da partecipante non posso che augurarmi che questa meravigliosa e accogliente festa, continui a renderci così tanto felici, soddisfatti e appagati ancora per molti anni.

Un ringraziamento speciale a Simona, a tutto il direttivo e al numeroso staff per un’edizione che resterà nella memoria!

Pimpra

12 ORE DI TANGO. MA PERCHE’?

Giovedì. E’ trascorso un giorno e mezzo dalla “mia” 12 ore, in realtà “solo” 6 ore. Sto iniziando a riprendere il corretto ritmo circadiano sonno/veglia, benchè punteggiato – ancora! – da insistenti sbadigli.

Giunta quest’anno alla sua 15 edizione, la kermesse “triestina”, in realtà in quel di Sistiana per dovere di geolocalizzazione, continua a richiamare appassionati, anche foresti. Ottimo per il movimento tanguero regionale, in specie, triestino.

In tanti mi hanno scritto per accertarsi che la comunità tanguera oriunda partecipasse a questa milonga “doppia”? si potrebbe definire così? per essere vieppiù certi di trovare pane per le loro zanne affamate di tandas indimenticabili.

C’è sempre un particolare fermento quando si avvicina la data fatidica, “tu ci sarai? quando pensi di andare?” e domande simili.

Questa tipologia di evento non è affatto rara, se ne organizzano parecchie in ogni regione italiana e all’estero ovviamente, ma per i triestini e non ha un sapore particolare.

La nostra 12 ore scandisce inesorabile l’arrivo del culmine della stagione estiva, avendo luogo esattamente la settimana che precede ferragosto, indicando l’inizio del lento avvicinarsi di settembre e del cambiamento di stagione.

Sono ben 15 anni che gli amanti del tango si danno appuntamento a Sistiana, nell’incantevole baia che con le sue falesie e il respiro della risacca, contribuisce a rendere unici gli abbracci scambiati in pista, aggiungiamoci la falce di luna e un bel venticello di borino a raffrescare gli animi roventi e abbiamo lo scenario perfetto!

Ma perchè 12 ore? Cosa andiamo mai cercando per sottoporre il nostro fisico a una tenuta così pesante, a tante ore di ballo? Dalle prime luci del tramonto fino a quelle dell’alba?

Mi sono data più spiegazioni: dal tramonto all’alba è una meravigliosa metafora del cerchio della vita celebrata dentro un abbraccio, godendo dei colori rossastri del sole adagiato sul mare e delle luci acquerellate dell’alba.

E’ una prova fisica importante ballarle tutte e 12 le ore, può essere una sfida per i più audaci, il desiderio di dimostrare a se stessi di poterlo fare.

Fame, desiderio, curiosità che esplodono al loro meglio con più tempo a disposizione? Chissà forse per taluni è così.

Personalmente la mia formula esce dal paradigma 12, poichè me la vivo a metà, per me 6 ore sono più che sufficienti. Ma non scelgo mai delle ore a caso. Arrivo dopo la mezzanotte, con il corpo ancora addormentato (mi scuso con i primi ballerini che mi hanno invitata!), entro nella notte come fossi un gatto, delicatamente i piedi diventano polpastrelli ovattati e il corpo inizia a rispondere a musica e abbracci. La mente si perde ed è come se, ballando, riprendessi a sognare, ma ad occhi aperti.

L’alba arriva dolcemente accarezzando gli occhi ancora abituati alla notte. Foto di gruppo di rito e, come tanti pipistrelli, voliamo alla ricerca del buio e di un buon sonno ristoratore.

Pimpra

IL TANGO NON MENTE

Ho preso la sana abitudine di ascoltare il podcast di una coach americana, tale Mel Robbins, mentre mi accingo a fare la passeggiata quotidiana che mi porta in ufficio. Trovo sia un eccellente modo di sfruttare 30 minuti della mia giornata ascoltando argomenti interessanti, esercitando al contempo una lingua straniera.

L’argomento di oggi: il linguaggio del corpo, tema per la sottoscritta, estremamente affascinante, come lo sono tutte le discipline che indagano l’essere umano, nella psiche e nel fisico.

Il corpo non mente assioma condiviso da tutti, saper leggere i micro segnali che esso invia (lo fa 5” prima della parola), è strumento potente per comprendere chi si ha di fronte.

Ho provato ad immaginare tutti i segnali che ricevo quando ballo con qualcuno e pure quelli che io stessa – il più delle volte inconsciamente- invio agli altri.

Facendo mente locale, la prima cosa che ho pensato è che, con un po’ di esercizio all’ascolto, dai primi secondi in cui tocchiamo la mano dell’altro, anche prima di abbracciarlo, inizia il processo di decodifica e interpretazione dei messaggi fisici.

Trovo molto interessante che lo facciamo senza accorgercene, lasciando semplicemente accese le antenne di ricezione che parlano in linea diretta anche al nostro subconscio.

È lì che ce la giochiamo senza saperlo (a livello cosciente), perché, gran parte delle nostre “voci” interiori che si esprimono in atti, in gesti e poi in parole, trovano casa in queste nostre profondità.

Se accettiamo questo postulato, allora è molto più facile capire la diffidenza di taluni, l’ansia di talaltri, così come pure la gioia, la seduzione e tutte le sfumature che possiamo leggere, percepire, immaginare passino dentro un abbraccio tanguero.

È questo tipo di approccio fisico che il tango regala che è capace di sconquassare le fragili pareti delle maschere che ci siamo costruiti strada facendo, perché, e lo sappiamo molto bene, nell’abbraccio c’è tutto: noi e la nostra essenza, senza finzione e senza sconti.

Rileggendo con questa lente come ho ballato ieri sera alla pratica (malissimo – ahimè), ho interpretato in modo diverso i messaggi che il mio subconscio mi ha trasmesso, li ho accolti e, al posto della frustrazione mi è entrata una sensazione di “ok, tranquilla, posso lavorarci su e sistemarla questa faccenda. C’è rimedio, non è tutto da buttare”.

Prestare un ascolto diverso a quanto ci accade come singoli tangueros e come coppia (ovvero i due singoli danzatori che uniscono l’abbraccio per la tanda) può essere una ulteriore chance per la crescita individuale, soggettiva e di ballerini, che ci permette di resettarci in modo consapevole anche durante la tanda, al fine di far fluire al meglio il dialogo danzante.

Alla fine torna sempre un concetto: osservazione, ascolto attivo, desiderio di comunicare.

Per oggi il pippolotto è finito, ballate in pace. 😀

Pimpra

IMAGE CREDIT DA QUI

ETDS 10: LA GLORIOSA

Mi sono fatta un’idea: se un evento tanguero scollina le 10 edizioni , significa che è per forza un evento di qualità, un evento amato, una pietra miliare nell’immensa offerta ricreativa del settore.

Mi sono fatta un’altra idea: se l’evento si svolge nella terra di Emilia-Romagna, è praticamente una garanzia di successo.

Mi sono fatta un’idea ancora: se l’evento dura una serale e due pomeridiane (ed eventualmente after party) è il top.

Sono stati due giorni molto speciali per la sottoscritta, dove ho abbracciato e respirato un tango assolutamente Amico, animato da una selezione musicale di assoluto spessore e privo di quei “fastidi relazionali” che, a volte, si incontrano in pista. Chi va in Emilia-Romagna trova uomini e donne che vogliono ballare assai e, certamente desiderano – come sempre accade- farsi la tanda super special con quell* “famos*” o più “bell*”, più “ggiovane” ma, oltre a questo, considerano nei loro inviti tutt*gli altr* partecipanti alla festa. Esatto festa, perchè è quello il sapore che prende un incontro in cui tutti i presenti esistono agli occhi degli altri.

Un vero piacere il tango “sociale”, un evento “facile” come direbbero i più giovani. Evviva dico io, la gioia di abbracciare senza limite, nell’entusiasmo di condividere passione, musica, allegria di passi, sorrisi tanti proprio tanti sorrisi.

ETDS in questa edizione ha visto partecipare un nutrito gruppo di miei conterranei che non potevano credere ai loro occhi, alla magia di una mirada andata a segno senza doversi impegnare in incredibili peripezie, un sorriso ammiccante e via a ballare, a godere.

Sottotitolo LA GLORIOSA. Mi sembra il termine migliore per definirla questa decima edizione, ricca, accogliente, assolutamente generosa.

Due pomeridiane e una serale sono l’ideale mix per il popolo tanguero della mia generazione: quelle sei ore abbondanti di fila nel pomeriggio, un ulteriore assaggio serale e via ancora con una pomeridiana la fulmicotone sublimata da una chiusura di tutto rispetto, per quelli più audaci, più forti o, semplicemente, liberi di dormire il lunedì mattina. 🙂

In tutta questa gioia che mi ha letteralmente avvolta, travolta e resa assolutamente felice, posso dire di aver sperimentto anche la mia chicca di tango siderale, quello che sta su un altro livello, partimonio di pochi eletti. Che fortuna trovarmi dentro quell’esperienza che, nell’arco di una manciata di minuti – sempre troppo pochi!- mi ha fatto sperimentare un significato, un sapore, una dimensione, di assoluta magia.

Sono pervasa di sensazioni potenti, di endorfine cangianti che hanno spazzato via la fatica esistenziale di quest’ultimo periodo.

ETDS è primavera, è rinascita, è l’abbraccio corale che si rinnova. Ne voglio ancora.

Pimpra

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