NUOVE PRIMAVERE

Nuove primavere

La pacchia è finita, perchè le ferie per il 2015 hanno esaurito il bonus. Si torna a casa, sapendo che non ci saranno ulteriori vie di fuga. Tutti in gabbietta, come piccoli soldatini ubbidienti.

Traggo un bilancio molto positivo. Ho goduto immensamente di un viaggio in terra gallica, di deliziose maratone tanguere in giro per l’Italia, ho trovato il tempo di farmi venire la gastrite e di farmela passare, mi sono divertita, rilassata, ho ballato, ho vissuto una tranche di vita nuova.

Adesso sono di nuovo qui. Non particolarmente volonterosa, nè pronta. Ma facilmente adattabile, come sempre.

La codina delle ferie estive mi ha regalato un fine settimana di quelli come piacciono a me: tanto tango, tanti amici, tante risate. Stavolta, però, ho avuto un dono specialissimo.

Ho incontrato uno straordinario essere umano, con il quale, una notte di milonga, ho potuto chiacchierare a lungo. Una conversazione sulla vita, sulla malattia, sull’accettazione, sulla consapevolezza, sul piacere e la voglia di non fermarsi, di andare avanti, sulla voglia di sognare ancora, di progettare, di desiderare, di amare.

Ho incontrato un uomo pregno di vita, come poche volte ho avuto il piacere di conoscere. Sono stata illuminata dalla sua brillante intelligenza condita di leggera ironia, fatta di un pensiero su di sè e sulla malattia che attualmente lo accompagna, dai toni limpidi e sereni, come mai mi è capitato di sentire.

L’ho ringraziato per l’insegnamento che, involontariamente, mi ha trasmesso.

La vedete la foto della piantina di peperoncini che, una cara amica, mi ha portato all’inizio dell’estate? era verde e piena di frutti, che ho colto e seccato. Poi, l’ho affidata a mia madre durante la vacanza francese e, al mio ritorno, ho trovato un bastoncino secco.

Ho continuato a bagnarla e a parlarle come prima, quando era verde e in salute.

Oggi, al ritorno dal mio lungo fine settimana, ero quasi sicura che l’arsura l’avesse portata via, invece, riconoscente, mi ha fatto una bella sorpresa: nuovi fiori, come fosse nuovamente primavera.

Piena di stupore e di tenera riconoscenza, auguro anche a voi una nuova primavera che per l’autunno c’è ancora tempo…

Pimpra

LA DOLCEZZA DELL’ALBA

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Ci sono passioni che ti spingono oltre il limite. Ti portano a dimenticare che hai un corpo che duole, che sei stanco, che hai sete, fame, sonno.

La passione brucia, riscalda, dilaga.

Alla passione non si può resistere e non avrebbe senso farlo.

Arriva l’alba. L’aspetti, ma non ti accorgi che è già lì, trascinata come sei dentro un’onda di musica e di abbracci.

La notte cupa si trasforma in un nuovo giorno mentre volteggi, abbracci e ascolti. Noti i colori, percepisci meglio i volti dei tuoi compagni di viaggio, le facce sorridenti e un po’ stanche.

E’ l’alba della maratona (di tango, ovviamente), anche se in versione mignon, “solo” 12 ore. Niente mi è più dolce e mi procura tanto piacere quanto aspettarla abbracciando colui che mi è più caro, galleggiando dolcemente nelle melodie preferite.

E’ giorno.

Sono terribilmente addormentata ma non posso coricarmi. Sarà dura restare sveglia ma, potendo, lo rifarei ancora…

Pimpra

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LEZIONI DI VITA E DI AMORE

IMG_20150404_112032Nella mia vita di donna, chi mi conosce lo sa, non ho avuto la possibilità di diventare madre.

Nonostante questo, la mia vita è ricca, davvero molto ricca, di persone che mi stanno vicino, di quella “vicinanza” che apprezzo molto: non necessariamente fisica.

Attingo a piene mani dagli scambi virtuali con gli amici, con i quali spesso accade, ci si incontri di persona.

E sono sempre belle gioie, arricchimenti inaspettati di cui sono sempre grata.

Un giorno lontano di 16 anni fa, però, la mia vita ha aggiunto un affetto enorme, una presenza delicata e importante, indipendente e  amica. La mia gatta Pimpra, colei che ha dato il nome a questa casa virtuale.

Devo dire che mi è stata donata dal marito dell’epoca che ringrazio ancora, per il più bel regalo mai ricevuto..

Non voglio sbrodolarmi in lungaggini sul mio rapporto con la pelosa quadrupede, perchè chi ama gli animali e ne possiede, lo sa benissimo. Si creano rapporti specialissimi, unici, con ogni bestiola entri in famiglia. Proprio “in famiglia”, come membro effettivo.

La mia vita non è mai solitaria perchè in casa c’è sempre Lei: che mi aspetta, mi sveglia al mattino, mi viene dietro quando ne ha voglia e mi fa le sue preziosissime quanto rare coccole.

Viviamo un rapporto perfetto, nella reciproca stima, nella reciproca libertà, nella reciproca indipendenza. Non potevo chiedere gatto migliore.

Il tempo passa e si invecchia insieme, nella consapevolezza che i nostri amici pelosi hanno una linea del tempo più corta della nostra… ma, quando ci stai insieme e ti vuoi quel bene specialissimo che ti lega al tuo animale del cuore, fai finta di non vedere, non ne tieni conto perchè l’amore che hai è più grande e vi riempie.

Ma arriva il giorno in cui, maledizione!, il tuo peloso non sta benissimo e, si spera sempre per il bene, deve affrontare una malattia o un grave disagio fisico. E’ normale, è natura.

Ecco che, da donna, ho provato tutte le sfumature di dolore e preoccupazione di una madre, di una madre vera. Certo, la razionalità, a noi “mamme di pelosi”, offre delle vie di fuga che le mamme dei bambini veri non si possono permettere ed è una grande differenza… eppure…

La mia amatissima Pimpra mi sta ricordando che la vita e la morte sono delimitati da una linea sottile e che, se è giunto il tempo, chi resta deve “lasciare andare”. Non si deve permanere nell’egoismo di voler accanto a sè gli esseri che ci sono più cari, per sempre. Perchè, in questa dimensione, non è possibile.

Ecco che, nell’amore più grande che rivolgo al mio amatissimo animale, una parte del mio cuore, si sta preparando a lasciarla. Non subito, non adesso. Ma faccio i conti con il tempo che passa e con l’ineluttabilità del trapasso.

E ringrazio sempre il giorno in cui, quel piccolo batuffolo di peli biondi, ha varcato la soglia di casa entrando per sempre nella mia vita e nel mio cuore…

Pimpra(la mamma)

LEZIONI DI VITA: LE DONNE DI ROMAGNA

images175State tranquilli, nessun pippolotto al giovedì mattina, solo una piacevole riflessione.

Chi è passato per di qua, già sa che ho trascorso un delizioso fine settimana tangheggiante, in quel di Romagna. E fin qui…

La leziuncella bella che mi sono portata a casa, mi arriva dritta dalle donne romagnole con cui ho avuto il piacere di conversare.

Premetto che, l’universo femminile “evoluto”, e con questo intendo riferirmi a tutte le donne “risolte”, in pace con se stesse, serene, capaci di costruire veri rapporti di grande scambio e intimità con le altre donne, non si connota di “nazionalità” o provenienze geografiche particolari, c’è da dire però, che, in alcune parti del Bel Pese, di donne così, se ne trovano di più.

Chi scrive, spera di essere una serena ed “evoluta” donna del profondo Nord Est, con tutto il bello e il brutto che anche la provenienza geografica porta al carattere che, delle donne romagnole in particolare, ama profondamente l’ardore, la passione, il coraggio, il sorriso, la voglia di esprimere se stesse, il piacere del loro corpo.

Mi sembrano particolarmente coraggiose, spavalde, quasi, e penso a quelle che fanno i figli da giovanissime (il classico “incidente di percorso”) ma che decidono di tenerli e poi di farne degli altri, nel corso degli anni. E cambiano partner, e non perdono il sorriso nè la voglia di vivere che, sempre, le accompagna.

Penso a quelle che si godono la libertà sessuale, senza il bisogno di nasconderla, per paura del giudizio degli altri, donne che si mostrano e sono in pace con sè stesse e con il loro corpo.

Loro diffondono intorno a sè un calore, un’ospitalità, un’apertura verso l’altro che sono elementi così preziosi in queste vite moderne tutte improntate alla corsa verso un nulla che ci divora.

Queste donne sono in contatto con la Grande Madre, quell’essenza ancestrale che, solo una donna conosce e percepisce ma da cui, troppe volte, si discosta. E iniziano i veri casini.

Perciò, una volta in più, le voglio ringraziare, tutte, per quello che mi hanno regalato della loro vita, per lo stimolo che mi hanno dato a cercare i miei colori, a non farmi prendere dalla pigrizia di essere quella che, probabilmente, non sono.

E, con questo forte sentire, che ve lodico a fare, mi  è pure venuta voglia di cucinare manicaretti!

😀

EVVIVA LE DONNE!!!!

(tutte le donne!) 😉

Pimpra

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LE DONNE NON IMPARERANNO MAI AD AMARSI. E SARANNO SEMPRE GUAI.

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Frequentare la palestra con una certa continutà offre un spunto molto interessante sullo spaccato sociale odierno.

A seconda della fascia oraria cambia il pubblico presente. Le signore dell’ora di pranzo, professioniste o casalinghe che siano, meritano una dedica particolare.

Sono tutte più o meno in forma tra lo smagliante e lo smagliantissima, hanno più di 20 anni. Arrivano ben vestite, ottimi accessori, abiti di gusto, mai troppo alla moda, sfacciati o volgari: sono donne di una certa eleganza.

Portano gioielli che brillano, non tanti e tutti insieme, uno, al massimo due, ma di quelli che devi indossare gli occhiali da sole per non restare abbagliato.

Dal mio privilegiato punto di osservazione deduco si tratti di professioniste di rango o, in misura minore, di signore sposate “bene”.

Arrivano in tempo e spendono i minuti che le separano dalla lezione a parlare di arte, di mostre, del loro lavoro e della famiglia. Non una che si ricordi di riscaldare un muscolo del corpo che non sia la lingua…

Vestono una tenuta da palestra che non lascia nulla al caso, cromatismi perfetti, scarpe pulite, completi che valorizzano ogni centimetro dei loro bei corpi scolpiti da dieta, esercizi e- chissà- dalle mani esperte del chirurgo. Poco importa, l’importante è che il risultato finale sia di qualità e, il loro, di certo lo è.

Mi aspetto pertanto di veder volteggiare sullo step donne sicure di sè, del loro fascino e della loro intelligenza… invece non è così…

Quest’oggi, mentre vestita come un palombaro (letteralmente!) – volevo fare una “sauna aerobica” – pestavo il wawe come una matta, osservando l’ordinato e signorile gruppo sotto di me, ad un certo punto, mi accorgo che sta succedendo qualcosa. Gli sguardi delle signore diventano allungati, come quello del felino prima dell’attacco, si percepisce, nell’aria, che è arrivato qualcuno a turbare la – loro – quiete.

Ed infatti, leggera come una piuma, sicura di sè come una novella Cleopatra, si avvicina allo step vicino al mio una ragazza molto poco vestita, con due poppe finte ben strizzate nel corpetto che le scopriva il ventre piattissimo e con gli addominali piacevolmente scolpiti.

E’ come se le signore avessero d’un tratto smesso di respirare che, nella loro egemone armonia, si era insinuato un elemento di distrurbo.

E che disturbo: una figa spaziale, molto, molto consapevole di esserlo e per nulla timorosa di farlo vedere.

Tra me e le gocce di sudore che imperlavano copiose la mia fronte, era un sorridere interno, osservando quanto fastidio e risentimento le donne provavano alla vista della splendida ragazza.

E lei, fingendo di allenarsi, mostrava al mondo la sua bellezza, le sue strepitose tette finte, il ventre piatto esaltato sapientemente da tatuaggi strategici, un sedere a nocciolina e delle gambe da gazzella.

Ed io, vecchia marpiona, non mi sono mai divertita tanto!

STICAZZI!

Pimpra

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LA MIA FAVOLA MODERNA. PARTE 3° (e non è finita)

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Ieri sera mi ha telefonato, una voce squillante e sicura che poco aveva a che fare con l’uomo timido reincontrato qualche mese addietro.

“Buonasera Michaela! Sono XXXX. Mi ha fatto tanto piacere incontrarti e mi scuso davvero per il mio modo brusco, da istrice, in famiglia mi chiamano così”.

“Non ti preoccupare, ricordavo bene come eri orso all’epoca e, con il tempo, non potevi che peggiorare!”

Ridiamo.

Parte immediato l’invito per il giorno seguente, un caffè alla tale ora in tal altro luogo. Non faccio nemmeno a tempo di dirgli che dovrò prendere un permesso che scatta immediato l’invito a cena.

Mitigo il suo desiderio incontenibile di incontrarmi, ripristinando l’incontro per il caffè.

Ci salutiamo.

Non so cosa aspettarmi da questo incontro al buio. La memoria si ricollega al passato, ripensa al bel tempo dell’Università, a come era piacevole la mia vita di allora, anche se difficile e confusa e, a volte, triste.

Arrivo puntualissima, anche se la mia donna avrebbe preferito presentarsi con qualche minuto di ritardo. Lui non c’è. Mi viene da ridere “Si vendicherà del primo appuntamento “bucato”  “, penso tra me e me.

Dopo un piccolo istante lo vedo, è già all’interno del bar, deve esserci sgattaiolato mentre io guardavo il cellulare per distogliere l’attenzione della gente. Non mi piace essere osservata mentre aspetto qualcuno.

E’ molto più vecchio della polaroid mentale che gli avevo fatto un mese addietro. E’ vestito elegantemente, con una camicia di crepon di seta ocra pallido, cravatta vintage in perfetto cromatismo su pantaloni di velluto a costa larga, marrone scuro. Al braccio tiene un montone grigio lungo e in mano il Manifesto.

Mi saluta, baciandomi per finta le gote, perchè il contatto cade sulle reciproche tempie. “Che modo curioso”, penso “non poteva che essere così”.

Prendiamo posto in un tavolino, dove lui cede a me il posto migliore, quello che guarda fuori dalla finestra, la vita degli altri, dei passanti quasi sempre affannati da vite trascorse a correre dietro a qualcosa che non si conosce.

Capisco che lui non vuole vedere tutta quella gente, preferisce voltare le spalle a loro, alla società che gli scivola dietro.

Abbiamo passato insieme un’ora di orologio. Sessanta minuti riempiti in ogni secondo. Di filosofia, di arte, di pensiero, di cultura.

Ho ritrovato quell’uomo tanto straordinario quanto assolutamente fuori da qualsiasi schema si possa pensare cercando di inquadrare un essere umano.

Egli è un uomo libero. Forse il solo che io abbia mai avuto il piacere di conoscere. Un visionario, un pensatore, una mente brillante, nonostante ci separino ben 30 anni di vita, di storia,  di respiri.

Ci rivedremo, è certo. Per dare ordine e forma a tutto quello che abbiamo voglia di raccontarci, di condividere e di pensare insieme.

Lo troverò scrivendogli un biglietto.

Lui mi chiamerà al cellulare di cui, orgogliosamente, mi ha recitato tutte le cifre che lo compongono.

Un uomo raro e difficile, come certe gemme di diamante.

(TO BE CONTINUED)

Pimpra

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LA MIA FAVOLA MODERNA. PARTE 2° (TO BE CONTINUED)

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La storia si complica.

Dopo il secondo messaggio trovato da Toso, non ho perso tempo e ho inviato la cartolina.

Ovviamente la scelta non è stata casuale, una bella immagine di donna, dalla mostra di Man Ray, recentemente visitata.

Potevo scriverci su i miei recapiti poichè, una cosa che non mi fa di certo difetto, sono i modi/luoghi (virtuali e non ) in cui, chi lo desidera, si può mettere in contatto con me.

No. Troppo facile.

Nella missiva suggerivo di recarsi nel nostro luogo, dove, colà sì, avrebbe trovato mie notizie.

Un piano perfettamente architettato, non fosse che il diavolo ci mette lo zampino e, per una storia o per l’altra, mi sono potuta recare a consegnare la lettera solo questo fine settimana… (un bel 15 giorni dopo la di lui “convocazione”).

Arrivo al negozio e capisco immediatamente: il mio amico si era già presentato, andandosene però a mani vuote.

Mi riferiscono della sua mal celata delusione ma della gentilezza di aver lasciato loro in dono una bottiglia di vino di sua produzione, per la grande disponibilità a fare da ufficio postale.

“Chissà se tornerà più” dico loro, i quali mi rassicurano “Certo che lo farà, si è tanto raccomandato il vuoto a rendere della bottiglia!”.

Ci siamo guardati e abbiamo riso.

Sulle prime ci sono rimasta molto male, dispiaciuta di avere dato una buca. Poi,  però  ho pensato che, più la conquista è difficile, più la vittoria è gustosa:  avvicinarmi non sarà facile!

Ho lasciato la mia lettera, nella quale ho, comunque, aggiunto un biglietto di scuse per il ritardo nella consegna e… vedremo che succederà.

Con i titolari della drogheria abbiamo fatto illazioni sul modo in cui Egli sceglierà di prendere contatto.

Loro sono certi mi scriverà “Ha bisogno di tempo e di distanza” … io mi astengo dal fare ipotesi…

Sarà quel che sarà…

TO BE CONTINUED…

Pimpra

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LA MIA FAVOLA MODERNA – (post lunghissimo!!!)

Drogheria da Toso Trieste

Se non siete mai passati a Trieste, vale una gita.

Non solo il meraviglioso castello bianco di Miramare, i culetti, le tettine al vento e gli addominali scolpiti della “Muleria” della riviera barcolana, un paninazzo di cotto caldo in crosta di pane, kren e senape o una frittolina con la crema, solo per citarne –  casualmente – alcuni.

A Trieste bisogna venire per fare un tuffo dove il tempo si è fermato, la drogheria da Toso.

Ci scrissi già tempo addietro, qui, perchè nella più bella drogheria che io conosca, accadono sempre cose mirabolanti…

La mia favola moderna.

Sotto le feste ci vado a fare la mia spesa di spezie ed altre amenità, ben consapevole che, entro con una lista di cose, ed esco con una quintalata di roba in più. Perchè il bello di Toso è che, mentre sei in fila, ascolti la comanda delle altre persone che, di norma, acquistano sempre articoli strani, di cui tu non eri a conoscenza, allora chiedi loro a che servono e, ovviamente, ringraziando per il consiglio, ordini anche te lo stesso.

Stavo per pagare il mio conto, dopo aver disquisito con una fila di signore in attesa delle proprietà e del modo d’uso della paprika. (Per la cronaca, ho scoperto che esiste anche quella “affumicata”).

Ad un certo punto vengo rapita dalla voce profonda e senza accento di un signore che fa la sua comanda.

Una voce teatrale, densa, con una sfumatura nel timbro che richiama suoni dell’est europeo, chissà perchè ho immaginato potesse trattarsi di un interprete russo. Lo guardo, rimango colpita dal suo abito, sobrio, d’altri tempi, e da un paio di occhiali decisamente vintage che sembravano disegnati sul suo viso, regalandogli un aspetto ancora più affascinante.

Ha un’età indefinita, tra i 50 e 60 anni.

Chiede dei semi di senape, maledicendo la volta in cui ha comprato un vasetto di Maille che ha trovato disgustosa. Non riesco a farmi gli affari miei, ascolto e, quando l’uomo sta pagando il conto, mi permetto di chiedergli: “Mi scusi la domanda, ma dai semi di senape, come riesce a creare la crema?”. La reazione dell’uomo mi lascia basita, vedo che mi osserva infastidito, come fosse un animale distrubato nel momento del pasto, mi risponde con freddezza e distacco “Bisogna pestare i semi a lungo con il pestello”.

Lo guardo fisso negli occhi e… bam! capisco di chi si tratta ed esclamo “Ma noi ci conosciamo! Università di lettere!”, l’uomo, come fosse colpito da un bastone in pieno viso, indietreggia, fa come per scansarsi e risponde “Non ricordo, non credo”, io insisto “Ma sì certo, lei mi ha regalato una stilografica, una Verbena che ho ancora!!!”.

Al mio entusiasmo corrisponde il suo schernirsi con un “Mi spiace per lei se ci conosciamo” si gira sui tacchi e se ne va, lasciando tutti coloro che hanno assistito alla scena, senza parole.

Mi sono sentita davvero a disagio, perchè non ero stata sgradevole nè maleducata, infatti i gentili titolari della drogheria mi hanno subito rinfrancata dicendomi che quel cliente è una persona davvero particolare.

Non passa molto tempo che torno in drogheria, con mia madre stavolta e… i tre titolari di Toso, felicissimi di rivedermi, mi dicono di avere un biglietto per me, scritto da quel signore così poco gentile che, il giorno dopo era tornato in negozio ed aveva passato almeno mezz’ora a scusarsi per la cafonaggine con cui mi aveva trattato, dicendo che poco dopo essere uscito si era ricordato di me, ma era troppo tardi per tornare indietro a scusarsi.

Ha lasciato un biglietto nel quale mi chiama per nome, cosa che io di lui non ricordo assolutamente, e si scusa per il modo poco gentile che mi ha riservato. Mi lascia il suo indirizzo.

Nessun numero di telefono e a me viene da ridere perchè, una persona così attenta alla privacy, mai e poi mai l’avrebbe dato ad un estraneo.

La situazione accende in me tutte le lampadine dell’allegria: scrivere a un compagno di università che è sempre stato “fuori dal tempo” che non ha mai accettato la modernità che ha sempre detestato la società attuale… lo ricordo bene in sala di lettura, lui ci veniva per scrivere, era già laureato da tempo, è molto più grande di me. Odorava di sapone di marsiglia, nulla più, vestito da uomo di sinistra, con i maglioncini a maglia rasata fatti a mano, la camicia blu, i jeans a tubo blu scuro e le clark.

Anche allora indossava occhiali da lettura molto particolari e scriveva con stilografiche di inizio secolo. Ne ero affascinata, era così diverso da tutti gli altri che vedevo e poi, i suoi quaderni, la carta che avevano. Erano speciali perchè, come molte altre cose, se li fabbricava lui.

Lo avevo approcciato, perchè la mia curiosità non poteva prescindere da quell’essere umano così diverso e speciale, di una timidezza apocalittica che seppi smantellare con il sorriso.

Mi regalò una stilografica che posseggo ancora, e uno dei suoi meravigliosi quaderni. Parlammo di filosofia, di vita, della società.

All’inizio pensavo fosse omosessuale, per certo tipo di delicatezza nei modi, per quella sua “abilità manuale” nel fare tantissime cose (i maglioni, ad esempio), poi, in realtà, ci fu il giorno in cui capii che si stava innamorando di me, putroppo non corrisposto, perchè io amavo sì la sua anima così particolare, ma ero troppo giovane per un uomo tanto complicato.

Rivederlo è stato come essere proiettata negli anni verdi, quelli in cui la tua vita è nella primavera più bella.

Non gli ho scritto perchè il cognome era illeggibile. L’ho cercato in ogni pixel a me noto sul web e nulla, nessuna traccia, nessun segno. Peccato, mi  sono detta.

Ma, il destino ci mette lo zampino e, ieri, ho trovato un suo nuovo messaggio, nel luogo che entrambi amiamo, la nostra drogheria preferita.

Mi dice che non possiede telefono nè cellulare, mi dice di scrivergli.

Oggi ho preso una cartolina che gli spedirò, dicendogli che una lettera lo aspetta, dove lui sa.

TO BE CONTINUED…

Pimpra

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QUEL SOTTILE FILO DI SETA

nastrino-seta-habotaiA volte è così difficile immaginare un istante dopo lo spazio e il tempo oltre il nostro naso.

Come se una materia di colla appiccicosa tenesse gli occhi socchiusi ed impedisse alla luce e al panorama di colpire la retina e donare nuove immagini al nostro cervello.

Si fa, o resta, tutto grigio intorno. Quando va bene. Altrimenti è un bel nero pece diffuso.

Ne so qualcosa. Oggi, in  modo particolare.

Per fortuna non ci sono solo i nostri occhi che, molto spesso, possono essere stanchi di vedere più in là, o essere diventati miopi.

C’è una cosa che ci abita nelle profondità, un elemento etereo eppure incredibilmente forte, presente, essenziale alla nostra vita qui: la nostra Anima pulsante.

Accade che questi occhi fisici siano troppo presi a trasmettere immagini da farci distogliere l’attenzione a quanto e quando l’Anima ci parla.

Sì, perchè è quello che fa Lei. L’Anima è una donna, ne sono certa. Non urla, non brandeggia bastoni, non piange.

L’Anima sussurra lieve e noi dobbiamo ascoltarla. Se ne siamo capaci. Altrimenti, dobbiamo imparare.

Ecco che, se ci connettiamo a quel sottile filo di seta che ci lega a lei, possiamo renderci conto che il grigiore dei nostri occhi, in realtà, non esiste. Lì davanti a quello sguardo spento c’è una bella luce. Quella di cui abbiamo bisogno.

E riesci a trovare dei messaggi che ti servono nei luoghi più impensati, e che entrano in profondità, connettendoti agli anfratti più nascosti di te stesso. Ed ogni volta è una meraviglia nuova.

Riprendi il tuo filo di seta tra le mani e guardi sereno davanti a te.

Pimpra

 

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RE E REGINE E UNA MARATONA DI TANGO

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Le prime volte partecipare ad una maratona tanguera era più cercare di sopravvivere agli stimoli, all’adrenalina dell’attesa, alla scommessa della tanda perfetta,  riuscire a catturare “quel” ballerino, mettere “bandierina” perchè – finalmente -ti ha invitato.

Andare in maratona era come andare in “guerra”. Più con se stessi che con altri, in verità, combattere con le proprie insicurezze e dubbi di ballerina e, perchè no, anche di donna…

Poi, maratona dopo maratona, entra un sapore nuovo, più maturo.

Forse ora sanno chi sei e ti vengono a prendere anche senza fare tanti sforzi. Poi sei felice di rivedere persone che vivono molto distanti ma con le quali hai un gran piacere a stare e godi nello scambiare parole, non solo abbracci.

Si evolve e, sempre di più, si cerca una qualità particolare in ogni singola tanda. Perchè, in maratona, normalmente i brocchi non li trovi, e puoi goderti le essenze raffinate di ogni singolo danzatore. Il discorso, vale – ovviamente – anche per l’altro sesso.

La “Queen of the night tango marathon” ha fatto sentire anche me, una regina della pista. Mi ha regalato tandas che porterò nel cuore. Grandi musicalizadores che, con diversissime sensibilità,  mi hanno portata in un viaggio dentro e fuori dal tempo.

Una goduria. Una massima goduria.

Non eravamo in molti, anzi, ma, proprio per questo, ho potuto apprezzare un altro aspetto di questo genere di manifestazioni, ovvero “l’incontro con l’altro”, fatto non solo di approccio “fisico”, regalato dall’abbraccio tanguero, ma una vicinanza “emotiva”, di scambio dialettico, di risate e di discorsi più profondi.

Anche questa maratona si è chiusa lasciandomi una scintilla, come sempre mi accade, che illuminerà questi prossimi giorni, in attesa che arrivino altre tandas, altri abbracci…

Pimpra

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