Abbracci, risate e Barolo: 247 leghe per la felicità #ditantointango

247 vi dice qualcosa? Sono le leghe che separano casa mia dalla location della maratona del fine settimana appena concluso. (549 km se non avete voglia di fare il calcolo).

Una maratona di chilometri per raggiungere Alba dove alloggiavo, con l’aggiunta di altri 16 km per arrivare all’ameno paesino di La Morra, sede dell’evento.

Mentre mi trovavo in macchina, non potendone più, la mente annebbiata provocava ulteriore fastidio stuzzicandomi la testa con pensieri negativi: “varrà la pena aver fatto tutto questo viaggio? Ci sarà l’atmosfera gaia di abbracci e sorrisi che tanto piace a me? Ballerò? Mi divertirò? La musica si accorderà ai miei desideri?”.

La sala è accolta nel paesino in cima a una collina che, con il buio della sera del venerdì, mi pareva di essere finita dentro a un campionato di corsa in montagna, tra tornanti e curve e un asfalto che te lo raccomando. Ancora più martellanti e furiosi i pensieri “Ahò ma siamo sicuri che ne vale la pena?”

All’arrivo i primi sorrisi luminosi alla reception degli ospiti mentre ti annodano il nastrino rosso color barolo come fil rouge della festa, la caramellina gourmet dell’antica confetteria Converso di Bra (i dettagli fanno la differenza!) trovata nella busta dei ticket della ristorazione, e già mi è partito il primo sospiro di sollievo.

E poi i volti degli altri, più o meno stanchi del fine settimana alle spalle, chi del viaggio (ovviamente meno lungo del mio, ma tanto è un’ovvietà), ma tutti sereni, molti di loro a sorseggiare qualche bollicina che il bar in fondo alla sala ne offriva di deliziose.

Così è partita la mia prima edizione di Barolera, una maratona piemontese di cui avevo sentito molto parlare.

L’atmosfera del luogo è percepibile da subito, c’è quell’educazione e quell’accoglienza elegante che caratterizza i sabaudi e definisce i loro eventi.

Dopo un sonno ristoratore, dimenticati i km alle spalle, l’entusiasmo di trovarmi in gita tanguera si è impossessato di me e delle amiche con cui ho fatto la trasferta.

Alba ha un ridente centro storico, colonizzato da un mercatino che ne riempie le stradine ma, ancor più bello il contorno di colline e vigneti che cinge la cittadina.

I 16 km che separano Alba da La Morra, sono una delizia per gli occhi, alternando dolci colline a nocciolaie e vigneti a pastini. Un senso di pace, di armonia si è impossessato di tutta me facendomi arrivare in milonga con il migliore dei sorrisi.

Le sorprese non sono mancate, dallo zabaione home made offerto nel pomeriggio ai danzanti per ricaricare le batterie, alle meringhe, al budino specialità locale che già ho dimenticato come si chiama (il bünet, grazie Veronica Anna Federica!). Tutto parlava del territorio, la qualità parlava del territorio.

Foto credit Mauro Tonchich

Piacevolissime le coreografie di danza moderna che hanno spezzato la solennità dei tanghi ballati e dato vigore agli astanti sulle note della febbre del sabato sera e non solo, e, dulcis in fundo, la coreografia “open” dedicata ai tangueros, “appresa” in soli 20′. Con il tango ci sappiamo fare ma quanto al resto siamo piuttosto negati ma volonterosi e dotati di grande sangue freddo per esibirci insieme alle bravissime ballerine moderne!

(ps: l’anno prossimo inviateci il tutorial del brano con anticipo che almeno proviamo a prepararci! 😀 )

Una menzione speciale spetta al buffet della domenica che ha coccolato il palato con piatti deliziosi, un risotto ai porri buonissimo, e poi una scelta di ottimi affettati, formaggi del luogo, i famosissimi grissini, altri stuzzichini vari, un vero capolavoro di ospitalità!!! BRAVI!

Tra zabaione, dolcetti, caramelline, budini vari avevo il fuoco delle calorie che bruciava violento dentro di me facendomi ballare come una invasata. Che bello!

Consiglio assolutamente di venirci, anche se non amate il vino e siete astemi come me, è tutto il contorno che coinvolge, mettendo in una dimensione di relax, dentro una piacevolissima onda di allegria.

247 LEGHE. Un ottimo numero per stare bene.

Pimpra

TANGO “OVER”: IL CORPO CAMBIA, LA DANZA EVOLVE. #ditantointango

Quando si è agli esordi, spesso non ci si pensa, tanto siamo travolti dal desiderio di imparare, poi, più avanti si porta la passione, più ci rendiamo conto di un fattore importante: il tempo balla con noi.

Quando il corpo è nella sua verde età, diciamocelo, gli puoi far fare qualsiasi cosa e gli effetti collaterali sono minimi e di breve durata. Serate infinite, seguite da levatacce orrende per tornare al lavoro, ore ed ore issate su tacchi, piedi/caviglie/ginocchia/schiena devastati da pavimenti inidonei eppure, ogni fastidio, nel giro di poco sparisce e si riparte con foga.

Una costante rimane: le litrate di caffè ingurgitate per reggere i ritmi infernali, perchè, quando la passione brucia, bisogna stare dentro la sua fiamma e pensare di fermarsi e riposare non sono opzioni ammissibili.

Ballare da “over” è altro, è come stare sulla luna e guardare da lontano quel che accade sulla terra. Si percepisce tutto, si conosce molto bene il “pianeta tango” ma si è al contempo “dentro e fuori”.

Ci sono trasformazioni oggettive nel nostro involucro esterno che influenzano moltissimo anche l’aspetto emotivo di noi tangueros diversamente giovani.

Si abbassa la soglia di energia fisica, se non altro per affontare le sessioni lunghissime che un tempo si ballavano senza battere ciglio, c’è meno fame di mangiarsi più e più volte tutto ciò che il banchetto tanguero propone in termini di ballerin*, non ci interessa più assaggiare “tutto” ma solo ciò che ci piace veramente.

Il Tanguero over viaggia con una pochette in più, quella dei rimedi per affontare tutti i dolori che attanagliano i vari distretti del corpo. Oramai il Voltaren è un fedele compagno, da condividere con gli amici se sprovvisti.

Se tutto ciò può essere inteso come un panorama di decadenza, e fisicamente un po’ lo è per forza, dall’altro lato si apre un nuovo sipario che svela un inedito palcoscenico: impariamo a ballare per la gioia di noi stessi, non per piacere agli altri, per farci vedere quanto siamo bravi e belli.

Si apre la stagione dell’intimità vissuta in profondità, scambiata con il partner di tanda, lontana da frenesie vibranti giovinezza. E’ un dialogo diverso, raffinato, seduttivo in modo più intrigante e silenzioso.

Oramai scegliamo di ballare con chi ci fa stare bene, non con chi è reputat* vip della pista.

Le milonghe sono dominate dall’estetica giovane? Gli over sono valorizzati o trascurati? C’è spazio per tutte le età nel tango?

Ad ognuna delle domande risponderei di sì e di no, assecondando il valzer della vita, la risacca dell’onda, che viene e va.

Danzo, quindi sono. E’ il solo senso per cui sto, per cui mi accollo ancora chilometri per trovare gli abbracci e le milonghe preferite, per cui ho sempre voglia di studiare. Nonostante tutto.

Il tango over come atto di resistenza, di identità e di amore per sé.

Lunga vita alla Giaguara. Per il resto: STICAZZI!

Pimpra

La dittatura delle scarpe: anatomia di una schiavitu’ glamour. #ditantointango

Photo by Apostolos Vamvouras on Pexels.com

Il cambio di stagione che per fortuna ho già fatto, impone, come ogni anno da 20 anni a questa parte, non solo di sostituire gli abiti “borghesi” ma pure quelli da tango, scarpe comprese.

Possiedo, come la maggior parte delle tangueras che hanno iniziato con me e che continuano, una collezione fototonica di scarpe da tango con il tacco.

Ricordo perfettamente che, agli esordi, cercavo lo stiletto più stiletto che ci fosse in commercio, più sottile possibile per svettare come fossi il cigno bianco di Tchaikovsky, eterea e leggiadra nell’abbraccio del mio ballerino.

Ne ho comprate paia su paia che, se potessi monetizzarle oggi, un biglietto per fare il giro del mondo lo avrei già in tasca. Più ne avevo, più ne volevo, compiacendomi come una pavonessa degli sguardi arrapati dei feticisti tangueri alla visione delle sublimi calzature.

Così l’estetica prese il sopravvento sulla funzionalità, divorando la funzione primaria dell’oggetto: ballare e mentre io credevo di diventare leggiadra, dinamica, in asse perfetto, un giorno una maestra mi disse “Senti, perchè non scendi dai trampoli che balleresti meglio?”

Una doccia fredda alla mia vanità, uno sgarbo alla mia infinita collezione di sandali, uno schiaffo morale alla mia ballerina interiore che si sentiva una libellula, issata sui 10,5 cm di tacchi a spillo.

Per fortuna sono una donna intelligente e riconosco i miei limiti e, soprattutto, do credito a chi ne sa più di me, quindi ascoltai l’insegnante e scesi di 1,5 cm. Mi pareva di viaggiare sulle nuvole del comfort, percepivo nettamente di muovermi sulla pista con più sicurezza, con più dinamica e stabilità.

Sul fronte dell’orgoglio vanesio, ancora potevo reggere, io e il mio codazzo di ammiratori feticisti che quel centimetro e mezzo di meno si poteva tollerare.

Continuando a ballare senza sosta, sempre di più, per più ore arrivò il giorno in cui scesi di un altro centimetro per assestarmi, per lungo tempo, su tacchi da 8 cm.

Quale meraviglia, la caviglia poteva estendersi, le dita grippare la soletta e aderire ancora meglio al pavimento, le catene muscolari che dalle estremità risalivano fin su alla schiena e oltre mi ringraziavano per il bel gesto.

Per molti anni ho continuato così, e pure la frenetica corsa all’acquisto scarpe si è acquietata, perchè oramai mi era chiaro che volevo ballare bene e meno mi importava di richiamare lo sguardo sulle scarpe che indossavo, quanto piuttosto sulla qualità dei miei appoggi a terra.

Il tempo passa, lo stile si modifica, le mode cambiano, dagli abiti “solo tango” siamo passati a quelli che usiamo al di fuori della pista anche in pista e successivamente, direttamente da Buenos Aires, sono arrivati loro, gli stivaletti alla caviglia, 3 cm di alzata (non si può nemmeno parlare di tacco!), che avvolgono il piede stanco in una morbida carezza di pelle di bufalo.

ORRORE IN PISTA ma PARADISO ai piedi, quella sincera sensazione di “sto volando”.

I feticisti del tango, e ce ne sono molti, ogni volta inorridiscono poichè una piazza come quella della milonga era la cornice ideale per l’espressione della loro parafilia, dichiarano convintamente “Io con quella non ci ballerò mai! Che orrore!”, sentito con le mie orecchie.

Molte tangueras di oggi, al contrario, hanno abbracciato questa rottura degli schemi, delle convenzioni, il dover essere sempre seducenti, sexy, brillanti, a scapito di provare dolore.

La scarpa torna alla sua funzione originale: oggetto utile a ballare (bene). Pertanto, chi ce la fa continua a troneggiare dall’alto degli stiletti, ma si sta affacciando una nuova generazione di ballerine che alternano molto volentieri le scarpe da pratica a quelle più alte.

La dittatura del tacco è finita! Evviva la comodità!

E tu, che ballerina sei? 😉

Pimpra

1° maggio come si deve! La Revoltosa. #ditantointango

Tradizione vuole che, il 1 maggio, si faccia pic nic con gli amici, piuttosto che andare al concerto in piazza, o, comunque, fare una gita fuori porta, trascorrere il tempo possibilmente all’aperto. Spiace per tutti quelli che, loro malgrado, debbano lavorare durante le feste comandate. La vita non è affatto democratica, si sa.

Quest’anno ho seguito la tradizione, complice fra le altre una bellissima giornata di primavera molto avanzata e, con la solita truppa di oramai “congiunti” tangueri, abbiamo raggiunto la ridente Bassano del Grappa per recarci all’Hangar dove si è celebrata la consueta festa del 1 maggio insieme ai Revoltosi.

In questa occasione a tutti i partecipanti viene chiesto un piccolo contributo in cibo e bevande per creare un buffet super guarnito di prelibatezze “home made” e pure a Km zero, preparate dalle sapienti mani degli ospiti. Il tutto piacevolmente innaffiato, tra gli altri, da ettolitri di prosecco. Siamo in Veneto e bere è una religione.

Una pomeridiana lunga, iniziata mangiando dalle 12.30 che si è protratta fino alle 21.00. I tempi dilatati dall’ottimo cibo, dalle chiacchiere scambiate assaggiando le leccornie campestri, in una modalità di “chill out” che sempre dovrebbe caratterizzare le milonghe.

Il significato di incontrarsi è pur questo: una chiacchiera, una bevuta, una tanda. In totale relax.

Sarà che la sede dell’Hangar, specie nella sua versione estiva con lo spazio all’aperto, si presta particolarmente, sarà che i Revoltosi sono uno squadrone oramai più che affiatato e collaudato, sarà che gli uccellini cinguettavano, l’aria profumava di fiori, il prosecco idratava la gola assetata e golosa, sarà che oramai – almeno di vista- conoscevo tutti, ma la giornata è stata davvero piacevole.

Stavamo così bene all’aria aperta che hanno dovuto suonare le trombe per farci entrare in pista, per poi uscirne poco dopo che ancora quell’assaggino lì al buffet ci mancava. Così per tutto il pomeriggio.

Cosa lasciano milonghe del genere? Un sapore di buono, non solo per l’ottimo cibo, ma per l’atmosfera davvero amicale che si crea. Non è sempre facile percepire quella bella sensazione di stare in un luogo dove si sta bene, dove ci si sente parte di un tutto, dove l’energia fluisce leggera.

Quando poi si balla con questa modalità di spirito, anche il tango ne beneficia, come se si accordasse al benessere generale.

Spesso ci penso quando vado in giro a ballare, quale è quell’ingrediente speciale che crea quel certo non so che di cui tutti godono. Una risposta me la sono data: i padroni di casa, quello che ci mettono, l’idea che hanno in mente quando organizzano l’evento, la loro modalità di “stare insieme” agli amici, agli ospiti, anche agli sconosciuti.

Maggio è iniziato con una sferzata di allegria, speriamo continui così!

Pimpra

AVVISO AI NAVIGANTI. Milonghe primaverili: vantaggi e sfide.#ditantointango

La stagione delle milonghe entra nel cuore pulsante dell’attività, il bel tempo invoglia ad organizzare ogni ben di dio tanguero e non si può che esserne felici.

Tutto il fiorire di eventi, come più volte espresso, porta con sè benefici e svantaggi: di certo una grande offerta può soddisfare i diversi palati ma, il rovescio della medaglia è che gli eventi stessi per “stare a galla” e non autosabotarsi devono raccogliere un plafond minimo di partecipanti. Ecco che sfioriamo il primo problema: troppa offerta, minore quantità di persone a singolo evento, rischio imprenditoriale più alto e possibilità di fallimento.

Un altro punto su cui prestare attenzione è che il “pacchetto milonga”, sia che si tratti di una serata o più serate legate insieme quindi chiamiamolo “maratona” o “encuentro” debbono fronteggiare ulteriori sfide.

L’abc è la solita trinità: pavimento, musica, location a cui però si vanno ad aggiungere i “servizi”, intesi come buffet, spazi sociali, ambiente, comodità di raggiungimento della sede ecc.

Come scegliamo, di solito, un evento a cui partecipare? Il più delle volte per sentito dire, perchè se ne dice bene, perchè le foto che abbiamo visto ci ispirano per location e partecipanti.

Basandomi su questi principi, insieme ad amici ho partecipato al fine settimana della SUPERSONICA, di cui avevo sentito parlare un gran bene.

La prima sorpresa è stata il cambiamento di sede, si tratta della terza organizzata, che da Padova si è spostata a Mestre, al Museo M9. Fin qui, per la sottoscritta, nulla da obiettare, premesso che non ero mai stata nella sede precedente. Lo stupore si è paventato agli occhi quando la milonga, di fatto, è stata organizzata in un luogo sicuramente piacevole ma semi all’aperto. Trattandosi della fine del mese di aprile a noi tangueras è preso un coccolone: molto meno vestite del pubblico maschile ci sono venuti i brividi fin sotto le unghie dei piedi ad immaginare come avremmo affrontato il freddo del pomeriggio sera.

Primo avviso ai naviganti: nelle mail di informazioni non si è mai parlato di uno spazio all’aperto, informazione fondamentale per permettere ai partecipanti (specie alle signore) di arrivare preparati ed evitarsi raffreddori inutili.

Secondo avviso ai naviganti: il buffet ha previsto l’offerta di un primo piatto alla sera, cosa sicuramente graditissima ma il cui risultato è stato a dir poco catastrofico. Mai mangiato una pasta e/o un riso tanto terribili, crudi entrambi e freddi, per non parlare del pessimo condimento. Ora, considerato che il servizio è stato ben pagato dagli organizzatori al ristorante che l’ha servito, mi chiedo come sia potuto succedere che pure la serata successiva sia arrivata esattamente la stessa pasta (che nel frattempo, nel suo bagno d’olio si era ammorbidita) e lo stesso immangiabile riso. Uno scivolone da principianti, attenzione perchè se errare è umano (la prima sera uno svarione può accadere), perseverare nello stesso identico errore (e menu!) è diabolico…

Terzo avviso ai naviganti: la prossima volta, se la location sarà la medesima, provare a rendere il pavimento meno duro, utilizzando una soletta più spessa. Dopo qualche ora la popolazione in pista lamentava un dolore alle estremità piuttosto forte.

Nonostante alcuni dettagli da perfezionare, Supersonica è stato un evento molto riuscito lasciando i partecipanti sorridenti fino all’ultima tanda.

Buon parterre variegato di ballerini, ottimi tj con selezioni musicali che hanno reso la pista sempre affollata, per non parlare della chicca gelato artigianale che ha accarezzato felicemente le papille gustative facendo recuperare le forze con la sua energia zuccherina. Il meteo ha regalato due giornate di tempo primaverile splendido. Gli amici vicini e lontani. Che volere di più?

Aspetto con curiosità la prossima edizione sono certa che saprà superare le più rosee aspettative!

Pimpra

Image credit da qui

Weekend di Tango a Zola Predosa: la magia del ritorno. #ETDS2025

L’ho fatto di nuovo, stavolta la fuga dalla città per trascorrere il weekend nella provincia bolognese, a Zola Predosa.

L’albergo si affaccia sulla sinuosa collina che guarda al piccolo paesino ai suoi piedi, immerso in un drappeggio di prati delle più sgargianti sfumature di “verde primavera”.

Arrivarci mette in una dimensione d’animo rilassata, le nari si riempiono di quel profumo fresco di erba giovane, mista al dolce aroma dei fiori che sbocciano sugli alberi e sui prati. Una cornice bucolica che mette sempre di buonumore.

Ho perso il conto delle edizioni alle quali ho partecipato, a volte mi chiedo se non sia troppo abitudinaria nel frequentare i luoghi che mi piacciono. Poi penso che, se mi piacciono, il motivo c’è ed è piuttosto convincente se mi spinge sempre a tornare.

Quest’anno un giorno in più rispetto alla formula originale sabato e domenica, per me una proposta da cogliere. Partenza con gli amici al mattino, giretto-tortellino a Bologna city, e poi con calma in hotel, a prepararsi per la prima serata.

Al contrario di quello che si fa di solito, il venerdì era aperto al pubblico non maratona, consentendo a chi lo desiderava di assaggiare questo pasticcino delizioso che è “ETDS”. Una partenza per tutti piuttosto rilassata come dovrebbe essere il venerdì, quando ci si porta dietro la stanchezza della settimana di lavoro e le ore di viaggio. [Ore solo per la compagine triestina, ovviamente, tutti gli altri ospiti arrivano molto più veleocemente, ma tant’è].

Posso solo confermare la piacevolezza di ETDS, tutto è comfort, a partire dalla calorosa accoglienza dello staff degli organizzatori che ti fanno sentire veramente a casa.

Per le signore una sorpresa deliziosa che ci ha procurato grande eccitazione: il braccialetto maratona con dei carinissimi pendagli che, una volta concluso il loro utilizzo, diventeranno charms di qualche bracciale permanente. Che bella idea!

A sensazione, eravamo una compagine tanguera più ridotta rispetto alle edizioni del passato, ma molto ben assortita sicchè la pista meno sovraffollata ha permesso di concedersi – volendolo- anche qualche evoluzione garibaldina senza far danni.

Confermato invece l’ingrediente speciale dell’evento: le persone. Niente caste, niente gruppetti chiusi, tutti simpaticamente in compagnia di tutti. Questo fa la differenza, una grande differenza. Si sente, si percepisce anche ballando, i corpi sono rilassati, ricettivi, gli abbracci più calorosi e presenti.

Ho potuto ascoltare tj che conoscevo di fama ma non a mio orecchio e, devo dire, trovo molto interessante leggere le proposte musicali di professionisti provenienti da paesi stranieri, ognuno con il suo imprintig particolare, chissà se frutto esclusivo di ricerca personale, personalità e/o influenza della propria nazionalità. Sarebbe interessante indagare.

Un weekend così armonioso con tande così tanto belle, godute, allegre, passionali e quante altre sfumature il tango sa regalare, che sono tornata a casa dentro una bolla di beatitudine e sto sorridendo alla giornata uggiosa che non racconta affatto primavera.

Grazie a Simona e a tutti i meravigliosi componenti dello staff di averci regalato un’altra squisitezza tanghera, come sapete fare voi ❤

Pimpra

La pomeridiana che fa bene. La Esquina Milonguera #ditantointango

Credo che sia un fenomeno abbastanza diffuso quello di cercare lontano ciò che, in realtà, è già vicino a noi. Nello specifico, nella carriera di un/a tanguero/a errante, le milonghe più carine in cui andare.

Nel lontano nord est da dove scrivo, siamo abituati ad accollarci chilometri su chilometri per raggiungere mete che soddisfino i requisiti che cerchiamo. Quali sono? Sicuramente la risposta è soggettiva, ma credo si possa tutti concordare su alcuni punti salienti:

  • il pavimento che deve essere di legno. Anche il prefinito è accettato se supportato da soletta elastica
  • il rapporto in metri quadrati spazio/persone che deve consentire di ballare senza sensazioni di soffocamento
  • l’illuminazione della sala che vuole essere mai violenta, mai troppo cupa
  • gli spazi sociali dove sostare, riforcillarsi, bere, chiacchierare
  • la buona sonorizzazione della sala.

Accanto a quelle che sono le basi imprescindibili, possiamo aggiungere quel “certo non so che” che rende un luogo IL LUOGO in cui si desidera ballare.

Ho molti posti in mente che mi scatenano questa voglia, questo piacere di andarci, spesso però sono lontani da casa mia.

Di recente, grazie ad amici, sono stata alla milonga “La Esquina Milonguera” in quel di Fagagna (UD), una deliziosa sorpresa!

Atmosfera molto accogliente, il padrone di casa e tutto lo staff di aiuto, attentissimi alle esigenze degli ospiti. Una bella sala, resa ospitale da tanti piccoli dettagli curatissimi e pensieri per gli ospiti (deiziosi i sacchettini di caramelline senza zucchero a disposizione dei tangueri all’ingresso, sono solo un esempio), un buffet che mai ho visto così ricco in una milonga, compreso il prosciutto servito caldo alla maniera del nord est, e un pavimento meravigliosamente adatto a ballarci. Una vera chicca a pochi chilometri da casa.

La pista emana un’energia così piacevole, un senso di serenità tanguera, di quelle che tutti ballano con tutti, rilassati e contenti.

La Esquina milonguera si posiziona in una fetta di mercato dedicata, dal momento che si tratta di una milonga pomeridiana, di norma domenicale. Per me, che adoro ballare quando ancora c’è luce e arrivano le prime ombre della sera, è sicuramente un appuntamento da segnare sull’agenda.

E, da quanto ho potuto vedere sin qui, non sono la sola ad apprezzare l’appuntamento, considerato che ho trovato tangueros provenienti da Austria, Slovenia e dal vicino Veneto. Perchè quando c’è qualità, fare chilometri pesa di meno.

Alla prossima!

Pimpra

Riflessioni sul Tango: un Viaggio di 20 Anni. #ditantointango

Ci pensavo con amici questo fine settimana, andando in una milonga fuori dai confini regionali. In un momento di amarcord la mente è volata ai nostri esordi tangueri, oramai vent’anni or sono. Un tempo davvero lunghissimo se pensiamo a una passione del tempo libero, un divertissement per alleggerire la mente dai pensieri, muoversi un po’, godere della socialità.

Vent’anni hanno segnato l’avvicendarsi di una generazione di tangueros, forse due. Rammento i primi passi, le prime milonghe, i primi eventi, le maratone, i festival.

Ricordo le esibizioni di tango nuevo che aveva letteralmente spaccato il filo rosso del tango tradizionale, portando una ventata di modernità in una danza dai codici non scritti ma tramandati di ballerino in ballerino. Ricordo quel fermento creativo, quella febbre nella ricerca di dinamiche sempre più fluide, movimenti che danzavano nell’aria e sul piso. C’era fame di sapere, di provare, di mettersi in gioco, eravamo come drogati dalla pista, impossibile darsi una regolata, meno che meno smettere.

Abbiamo vissuto le fazioni che si sono scontrate sul campo, i milongueri classicisti, i saloneri, i nuevisti ognuno con il suo credo e le sue emozioni, i suoi miti danzanti. Eravamo parti di correnti creative diverse eppure, in milonga, andavamo insieme e ballavamo insieme.

Essere follower all’epoca richiedeva massima apertura mentale e conoscenza tecnica. Ballavamo con tutti, poi, evidentemente, la preferenza per uno stile o l’altro emergeva naturalmente, ma, la maggior parte era in grado di rispondere a qualsiasi tipo di marca, a qualsiasi genere di abbraccio di qualsiasi “corrente tanguera”.Non era sempre facile, per le milonguere, amanti dell’abbraccio stretto, trovarsi a volteggiare in dinamiche fuori asse, era una sfida da cogliere, così come per le amanti del “nuevo” trovarsi ingabbiate in un abbraccio troppo contenitivo, un duello tra anima e ragione.

Anche i tangueros hanno vissuto momenti di alta competitività (con loro stessi in primis) quando dovevano imparare movimenti complessi, dinamiche non particolarmente naturali, da proporre a ballerine che non sempre comprendevano le intenzioni.

Abbiamo studiato tanto, e, quelli che non hanno ancora smesso, continuano, ben consapevoli che il tango non perdona. “No studio, no tango” (o tango di scarsissima qualità).

All’epoca le milonghe e gli eventi erano pochi, bisognava spostarsi ed approfittare di ogni occasione. Ci si incontrava tutti insieme e insieme, giovani e meno giovani, si ballava.

L’esplosione degli ultimi anni di eventi, dalle piccole milonghe agli incontri del weekend, ha polverizzato una parte di socialità e di scambio, penalizzando i tangueros. Spesso le milonghe sono sguarnite ed è entrato quel terribile virus che separa le persone invece che unirle. Giovani con giovani, comprensibile ma non scontato, meno giovani maschi con giovani, meno giovani femmine sedute anche se ballerine di alto rango. Non se ne viene fuori ed è un peccato.

Illo tempore i più “anziani”, tangueristicamente parlando, passavano il testimone ai più giovani ma lo facevano in modo democratico, ovvero anche i giovani ballavano con grande orgoglio con le follower più grandi. Ballavano sentendosi onorati. Ai giorni nostri questo passaggio di testimone si è perso.

Quando osservo la pista, la maggior parte delle volte, vedo volteggiare l’ormone, quello sì democraticamente spartito tra uomini e donne di tutte le età, meno si vede ballare il “tango per il tango”.

Ora, essendo tutti animali (qui inteso nel senso alto del termine), l’aspetto della mera attrazione fisica, la ricerca di un contatto che possa trascendere la pista, è sempre esistito e nessuno si scandalizza, anzi , rilevo però che c’è un oggettivo sbilanciamento nelle intenzioni dei danzanti.

Ciò detto, mi chiedo come avverrà la transazione definitiva dalla generazione dei tangueros degli anni pre Covid alla nuova generazione di ragazzi e ragazze che si sono affacciati in questi ultimi anni.

Non nascondo che mi piacerebbe assai, per dovere di passaggio di testimone, che ci fosse la stessa apertura mentale, la stessa curiosità che abbiamo vissuto noi, in modo che, dallo scambio, possano nascere nuovi stimoli per tutti.

Ma forse la mia è solo l’utopia di una visionaria.

Pimpra

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Maratone di Tango: passione e pianificazione. #ditantointango

L’anno tanguero si apre con la corsa frenetica alle iscrizioni agli eventi. In realtà è un flusso continuo che dura per i 12 mesi, a gennaio, agendina nuova di zecca alla mano (per quelli “antichi” che amano ancora la carta come me), si iniziano a fare i progetti.

Ci sono le tappe fisse, quegli eventi del cuore ai quali si ha sempre il piacere di tornare, ci sono i viaggi che si fondono con un weekend di tango, ci sono i weekend cortissimi di due giorni o le fulminee sortite da gita in giornata. Il tanguero che si rispetti, negli anni, è diventato un incredibile agente di viaggi, capace di destreggiarsi con prenotazioni albreghiere, di appartamenti, di ostelli fino ad organizzare gli spostamenti con ogni mezzo di trasporto possibile e immaginabile.

Diventa un secondo lavoro, perchè, se da un lato bisogna pianificare la trasferta (dove dormire e come arrivarci), dall’altro va messa insieme la crew dei “tanguerranti”. Viaggiare in compagnia permette di dividere le spese e quindi vai di gruppi watsup, mail e quanto altro necessario al confezionamento del proprio personale “pacchetto tango-vacanza”.

Alcune volte è più semplice perchè l’evento è stanziale, si dorme, si balla nella stessa struttura, allora viva la comodità che ce la meritiamo tutta.

Una delle maratone del mio cuore, stanziale, settembrina, in riva al mare, in una location anacronistica ma con una intrinseca bellezza devastante, nel 2025 deve cambiare casa, con lo sconcerto di tutti gli aficionados che, di anno in anno, la segnavano come tappa fissa.

Una maratona che quest’anno compie i suoi primi 10 anni ed è più in forma che mai, una garanzia di divertimento, ottimo tango, felice condivisione tanguera.

In un mondo che corre sempre più veloce, diventa sempre più difficile poter reggere in modo competitivo ai sussulti del mercato. Il fornitore che, da un anno all’altro, senza un vero motivo apparente, prospetta un aumento del 40 % dei suoi servizi, capiamo bene che è un colpo difficile da assorbire, specie se non si vuole far ricadere per intero sull’acquirente finale, la percentuale di aumento.

Mi chiedo cosa ci aspetta in un prossimo futuro, per noi fruitori e soprattutto mi chiedo quali e quanti organizzatori riusciranno a restare a galla, continuando ad offrire eventi di qualità, di standard elevato, almeno quanto il prezzo che saranno costretti a chiedere per l’iscrizione.

Una cosa è certa: nessuno è obbligato a muoversi tanto per andare a ballare. Ma un’altra cosa è certa: la passione spinge a cercare il ballo di qualità quindi, per forza, bisogna spostarsi.

Non ci resta che stare sulla finestra ad osservare quale sarà l’evoluzione del mercato dell’offerta di eventi.

Quanto a quella maratona di settembre, siamo certi che il magico team saprà tirare fuori un altro coniglio dal cilindro non facendoci rimpiangere una sola lacrima di ciò che è stato. Non vedo l’ora di potervelo raccontare.

Pimpra

IMAGGE CREDIT DA QUI

ABBUFFATA DI CIBO E DI TANGO E LA DIETA MUTA! 800 TANGO PARTY #ditantointango

Prima quindicina dell’anno, buoni propositi a profusione, progetti, decisioni da prendere, scelte da fare, sogni da accendere. Dentro questa frenetica progettazione che, per la sottoscritta, dura al massimo un ciclo lunare (dopodichè butto le carte all’aria e – forse- ricomincio), partecipo alla festa ferrarese e i primi dubbi sulla tenuta dei buoni propositi fanno già capolino.

Ben sapevo quello che mi aspettava essendoci stata l’anno prima, ma mi illudevo che la mia gloriosa forza di volontà, questa volta, non mi avrebbe fatto cadere dentro la trappola delle caramelle di pesce, piuttosto che nel ghiotto risotto di parmigiano, per limitarmi a una blandissima citazione del ben di dio che abbiamo trovato.

Il mix “cibo-tango-cibo-tango” è deflagrante, noi adulti presenti abbiamo reso le armi dinnanzi alla tentazione delle gioie del palato che, unite alle piacevolezze delle tande ballate, hanno deliziato anima e corpo per l’intera giornata.

Ottocento tango party è una gemma unica nel suo genere, combinando l’arte culinaria a quella dell’ospitalità tanguera nello stesso soggetto, il nostro ospite Alessandro Parise (e lo straordinario staff di aiutanti) non ha mancato di coccolarci calorosamente anche questa volta.

In tutta l’orgia dionisiaca di cibo, bevande e tango voglio assolutamente citare i tj che ci hanno accompagnato durante la giornata, la squisita Abeba Teclehaimanot e il poderoso Nicola Cavallarin che ci hanno fatto letteralmente fondere la suola delle scarpe.

Oggi, in teoria, è il “blue monday” la giornata più triste dell’anno. Ma di cosa stiamo parlando? Sono ancora completamente immersa dentro l’onda endorfinica del carboirdato e di D’Arienzo che voglio di più? L’edizione di settembre, già annunciata, due giorni di festa garantita. Stay tuned!

Pimpra

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