Questo weekend non ballerò. #ditantointango

Credevo di esserne uscita.

Ne ero quasi certa, dopo lo stop forzato della pandemia, credevo di essermi ripresa in mano la vita. Attività diversificate, viaggi, interessi.

Sono passati 5 anni da allora, 3 dalla mia prima maratona post pandemia.

Ed eccomi qui, arzilla signora di mezza età, nel fior fiore della sua dipendenza!

Viaggio per andare a ballare.

Gli amici che frequento sono (quasi) tutti tangueri.

Continuo a voler frequentare le maratone.

Insisto a prendere lezioni private.

Non mi decido ad appendere le scarpette al chiodo.

E niente, questo weekend non ballo. E mi chiedo se mi perderò qualche milonga favolosa. E continuo a star dietro alle iscrizioni agli eventi.

Controllo la mail per vedere se mi hanno risposto. Non mi hanno risposto, allora non mi prendono. Cerco un altro evento da sostituire. Ho pensato di iscrivermi a un evento in Finlandia, così, solo per il brivido della conferma.

Ecco come sto messa. Ma va tutto bene eh, la mia è una dipendenza sana. Solo il conto in banca mi dice il contrario, ma si sa che non sono mai stata brava a gestire le finanze.

Uscirne si può. Dicono.

Ma io non credo di volerlo.

“Ciao sono la Pimpra. Questo weekend non ballerò.”

Applausi in sala. Sipario. Luci spente. Tranne sul sito delle iscrizioni.

Pimpra

Le 7 tragedie in milonga che solo una tanguera può capire. #ditantointango

A tutte le amiche tanguere in ascolto saranno capitate le avventure più disparate in pista – e ovviamente anche fuori, ma quelle le custodite nel vostro scrigno segreto di ricordi.

Oggi voglio proporvi un gioco: le 7 tragedie vissute in milonga.

Inizio io e aspetto da voi divertenti contributi!

Tragedia n.1 — Il crollo strutturale

In una bella milonga estiva in riva al mare, parte la tanda di milonga. Intercetto un ballerino favoloso, dinamico. Dopo meno di un minuto un rumore sinistro all’altezza del tallone e un cedimento strutturale mi fanno crollare.

Fortuna volle che il cavaliere oltre che bravo fosse forte: mi ha trattenuta prima che finissi a terra.

Scarpe nuove. Mai successo prima. Imprecazioni interne. Cambio scarpe e via, ho ripreso a ballare.

Morale: anche se la milonga è sottocasa, partire sempre con il cambio gomme, un paio di scarpe in più.

Tragedia n.2 — L’invito che non arriva mai

Una delle situazioni che mi hanno sempre fatto infuriare, specie nella mia verde età di tanguera, è quando la mirada non solo non veniva accettata ma direttamente schifata. Sei trasparente, non esisti, sei un ectoplasma. Ricordo quanto ci stavo male, la malattia che ne facevo all’epoca.

Il mondo crollava in testa e l’autostima scendeva sotto il pavimento.

Anni dopo, quelle mirade hanno fatto centro. Ho ballato con quelli che erano stati i miei oggetti di desiderio tanguero. Una delusione assoluta. Io sono andata avanti, loro sono rimasti lì.

Morale: ho imparato che non ha alcun senso prendersela per inviti mancati. A volte è meglio evitarsi l’esperienza! Ma questo lo capisci dopo!

Tragedia n.3 — La tanda eterna

Vogliamo parlare della tanda eterna quella che non finisce mai? Il primo brano già ti parla di fuga. Al secondo ti rassegni. Al terzo ti chiedi se puoi emigrare senza passare per il guardaroba.

Morale: la prossima volta portati il revolver nella giarrettiera, almeno la fai finita più velocemente. Ovviamente ti liberi di lui!

Tragedia n.4 —Il wrestler

Il tanguero che non deve chiedere mai. Quello che ti abbraccia e sei sua.

Ti mette in gabbia e decide di marcarti anche il respiro. Ma mica con le buone eh! con una marca da wrestler, manco fossi un frigorifero senza le gambe.

Quando chiede un boleo, lo fa con una tale selvaggia virulenza che senti, una dopo l’altra, le vertebre scricchiolare e speri che la struttura regga il colpo!

Morale: alcuni li vedi e li eviti. Quelli mascherati ti fregano. Non ti resta che pregare e sperare che il tuo corpo regga i colpi. In fondo tutta la palestra che fai servirà pure a qualcosa!

Tragedia n.5 —L’igiene, questa sconosciuta

Arriva il momento che hai aspettato per anni, il ballerino dei tuoi sogni.

Ti alzi con fare felino, avanzi verso di lui senza togliergli gli occhi di dosso, mano destra nella sua, ti avvicini, lo abbracci e… vieni tramortita da un terribile odore di ascelle.

Il risveglio dal sogno tanguero è traumatico. Gli effluvi funesti nelle narici non ti fanno godere nulla, nulla, nulla. Non vedi l’ora che finisca.

Morale: il tango ti insegna a non avere aspettative. Mai, su niente e nessuno. Una lezione di vita.

Tragedia n.6 —Wardrobe malfunction

Ho ballato per un pomeriggio intero con un copricapezzoli sull’ombelico. Stendo un velo pietoso sull’imbarazzo che ho provato quando me ne sono accorta. Ma le amiche dov’erano?

Morale uno: buttate i copricapezzoli di silicone. Sudore e abbracci li fanno migrare.

Morale due: situazioni come questa mettono luce su chi avete vicino.

Tragedia n.7 —Essere “catafaro”

I dolori improvvisi che attanagliano nel bel mezzo della tanda. Sperimentato mai fitte ai piedi così forti da risultare invalidanti? Il medico ha sentenziato troppa sollecitazione e uso eccessivo di tacchi.

Morale: Arrivi a casa e ti fa male tutto. Ti senti peggio di un maratoneta dopo 42 km di corsa ma sai già che alla prossima milonga ci caschi di nuovo!

Adesso tocca a voi!

Pimpra

TANGO “OVER”: IL CORPO CAMBIA, LA DANZA EVOLVE. #ditantointango

Quando si è agli esordi, spesso non ci si pensa, tanto siamo travolti dal desiderio di imparare, poi, più avanti si porta la passione, più ci rendiamo conto di un fattore importante: il tempo balla con noi.

Quando il corpo è nella sua verde età, diciamocelo, gli puoi far fare qualsiasi cosa e gli effetti collaterali sono minimi e di breve durata. Serate infinite, seguite da levatacce orrende per tornare al lavoro, ore ed ore issate su tacchi, piedi/caviglie/ginocchia/schiena devastati da pavimenti inidonei eppure, ogni fastidio, nel giro di poco sparisce e si riparte con foga.

Una costante rimane: le litrate di caffè ingurgitate per reggere i ritmi infernali, perchè, quando la passione brucia, bisogna stare dentro la sua fiamma e pensare di fermarsi e riposare non sono opzioni ammissibili.

Ballare da “over” è altro, è come stare sulla luna e guardare da lontano quel che accade sulla terra. Si percepisce tutto, si conosce molto bene il “pianeta tango” ma si è al contempo “dentro e fuori”.

Ci sono trasformazioni oggettive nel nostro involucro esterno che influenzano moltissimo anche l’aspetto emotivo di noi tangueros diversamente giovani.

Si abbassa la soglia di energia fisica, se non altro per affontare le sessioni lunghissime che un tempo si ballavano senza battere ciglio, c’è meno fame di mangiarsi più e più volte tutto ciò che il banchetto tanguero propone in termini di ballerin*, non ci interessa più assaggiare “tutto” ma solo ciò che ci piace veramente.

Il Tanguero over viaggia con una pochette in più, quella dei rimedi per affontare tutti i dolori che attanagliano i vari distretti del corpo. Oramai il Voltaren è un fedele compagno, da condividere con gli amici se sprovvisti.

Se tutto ciò può essere inteso come un panorama di decadenza, e fisicamente un po’ lo è per forza, dall’altro lato si apre un nuovo sipario che svela un inedito palcoscenico: impariamo a ballare per la gioia di noi stessi, non per piacere agli altri, per farci vedere quanto siamo bravi e belli.

Si apre la stagione dell’intimità vissuta in profondità, scambiata con il partner di tanda, lontana da frenesie vibranti giovinezza. E’ un dialogo diverso, raffinato, seduttivo in modo più intrigante e silenzioso.

Oramai scegliamo di ballare con chi ci fa stare bene, non con chi è reputat* vip della pista.

Le milonghe sono dominate dall’estetica giovane? Gli over sono valorizzati o trascurati? C’è spazio per tutte le età nel tango?

Ad ognuna delle domande risponderei di sì e di no, assecondando il valzer della vita, la risacca dell’onda, che viene e va.

Danzo, quindi sono. E’ il solo senso per cui sto, per cui mi accollo ancora chilometri per trovare gli abbracci e le milonghe preferite, per cui ho sempre voglia di studiare. Nonostante tutto.

Il tango over come atto di resistenza, di identità e di amore per sé.

Lunga vita alla Giaguara. Per il resto: STICAZZI!

Pimpra

La dittatura delle scarpe: anatomia di una schiavitu’ glamour. #ditantointango

Photo by Apostolos Vamvouras on Pexels.com

Il cambio di stagione che per fortuna ho già fatto, impone, come ogni anno da 20 anni a questa parte, non solo di sostituire gli abiti “borghesi” ma pure quelli da tango, scarpe comprese.

Possiedo, come la maggior parte delle tangueras che hanno iniziato con me e che continuano, una collezione fototonica di scarpe da tango con il tacco.

Ricordo perfettamente che, agli esordi, cercavo lo stiletto più stiletto che ci fosse in commercio, più sottile possibile per svettare come fossi il cigno bianco di Tchaikovsky, eterea e leggiadra nell’abbraccio del mio ballerino.

Ne ho comprate paia su paia che, se potessi monetizzarle oggi, un biglietto per fare il giro del mondo lo avrei già in tasca. Più ne avevo, più ne volevo, compiacendomi come una pavonessa degli sguardi arrapati dei feticisti tangueri alla visione delle sublimi calzature.

Così l’estetica prese il sopravvento sulla funzionalità, divorando la funzione primaria dell’oggetto: ballare e mentre io credevo di diventare leggiadra, dinamica, in asse perfetto, un giorno una maestra mi disse “Senti, perchè non scendi dai trampoli che balleresti meglio?”

Una doccia fredda alla mia vanità, uno sgarbo alla mia infinita collezione di sandali, uno schiaffo morale alla mia ballerina interiore che si sentiva una libellula, issata sui 10,5 cm di tacchi a spillo.

Per fortuna sono una donna intelligente e riconosco i miei limiti e, soprattutto, do credito a chi ne sa più di me, quindi ascoltai l’insegnante e scesi di 1,5 cm. Mi pareva di viaggiare sulle nuvole del comfort, percepivo nettamente di muovermi sulla pista con più sicurezza, con più dinamica e stabilità.

Sul fronte dell’orgoglio vanesio, ancora potevo reggere, io e il mio codazzo di ammiratori feticisti che quel centimetro e mezzo di meno si poteva tollerare.

Continuando a ballare senza sosta, sempre di più, per più ore arrivò il giorno in cui scesi di un altro centimetro per assestarmi, per lungo tempo, su tacchi da 8 cm.

Quale meraviglia, la caviglia poteva estendersi, le dita grippare la soletta e aderire ancora meglio al pavimento, le catene muscolari che dalle estremità risalivano fin su alla schiena e oltre mi ringraziavano per il bel gesto.

Per molti anni ho continuato così, e pure la frenetica corsa all’acquisto scarpe si è acquietata, perchè oramai mi era chiaro che volevo ballare bene e meno mi importava di richiamare lo sguardo sulle scarpe che indossavo, quanto piuttosto sulla qualità dei miei appoggi a terra.

Il tempo passa, lo stile si modifica, le mode cambiano, dagli abiti “solo tango” siamo passati a quelli che usiamo al di fuori della pista anche in pista e successivamente, direttamente da Buenos Aires, sono arrivati loro, gli stivaletti alla caviglia, 3 cm di alzata (non si può nemmeno parlare di tacco!), che avvolgono il piede stanco in una morbida carezza di pelle di bufalo.

ORRORE IN PISTA ma PARADISO ai piedi, quella sincera sensazione di “sto volando”.

I feticisti del tango, e ce ne sono molti, ogni volta inorridiscono poichè una piazza come quella della milonga era la cornice ideale per l’espressione della loro parafilia, dichiarano convintamente “Io con quella non ci ballerò mai! Che orrore!”, sentito con le mie orecchie.

Molte tangueras di oggi, al contrario, hanno abbracciato questa rottura degli schemi, delle convenzioni, il dover essere sempre seducenti, sexy, brillanti, a scapito di provare dolore.

La scarpa torna alla sua funzione originale: oggetto utile a ballare (bene). Pertanto, chi ce la fa continua a troneggiare dall’alto degli stiletti, ma si sta affacciando una nuova generazione di ballerine che alternano molto volentieri le scarpe da pratica a quelle più alte.

La dittatura del tacco è finita! Evviva la comodità!

E tu, che ballerina sei? 😉

Pimpra

AVVISO AI NAVIGANTI. Milonghe primaverili: vantaggi e sfide.#ditantointango

La stagione delle milonghe entra nel cuore pulsante dell’attività, il bel tempo invoglia ad organizzare ogni ben di dio tanguero e non si può che esserne felici.

Tutto il fiorire di eventi, come più volte espresso, porta con sè benefici e svantaggi: di certo una grande offerta può soddisfare i diversi palati ma, il rovescio della medaglia è che gli eventi stessi per “stare a galla” e non autosabotarsi devono raccogliere un plafond minimo di partecipanti. Ecco che sfioriamo il primo problema: troppa offerta, minore quantità di persone a singolo evento, rischio imprenditoriale più alto e possibilità di fallimento.

Un altro punto su cui prestare attenzione è che il “pacchetto milonga”, sia che si tratti di una serata o più serate legate insieme quindi chiamiamolo “maratona” o “encuentro” debbono fronteggiare ulteriori sfide.

L’abc è la solita trinità: pavimento, musica, location a cui però si vanno ad aggiungere i “servizi”, intesi come buffet, spazi sociali, ambiente, comodità di raggiungimento della sede ecc.

Come scegliamo, di solito, un evento a cui partecipare? Il più delle volte per sentito dire, perchè se ne dice bene, perchè le foto che abbiamo visto ci ispirano per location e partecipanti.

Basandomi su questi principi, insieme ad amici ho partecipato al fine settimana della SUPERSONICA, di cui avevo sentito parlare un gran bene.

La prima sorpresa è stata il cambiamento di sede, si tratta della terza organizzata, che da Padova si è spostata a Mestre, al Museo M9. Fin qui, per la sottoscritta, nulla da obiettare, premesso che non ero mai stata nella sede precedente. Lo stupore si è paventato agli occhi quando la milonga, di fatto, è stata organizzata in un luogo sicuramente piacevole ma semi all’aperto. Trattandosi della fine del mese di aprile a noi tangueras è preso un coccolone: molto meno vestite del pubblico maschile ci sono venuti i brividi fin sotto le unghie dei piedi ad immaginare come avremmo affrontato il freddo del pomeriggio sera.

Primo avviso ai naviganti: nelle mail di informazioni non si è mai parlato di uno spazio all’aperto, informazione fondamentale per permettere ai partecipanti (specie alle signore) di arrivare preparati ed evitarsi raffreddori inutili.

Secondo avviso ai naviganti: il buffet ha previsto l’offerta di un primo piatto alla sera, cosa sicuramente graditissima ma il cui risultato è stato a dir poco catastrofico. Mai mangiato una pasta e/o un riso tanto terribili, crudi entrambi e freddi, per non parlare del pessimo condimento. Ora, considerato che il servizio è stato ben pagato dagli organizzatori al ristorante che l’ha servito, mi chiedo come sia potuto succedere che pure la serata successiva sia arrivata esattamente la stessa pasta (che nel frattempo, nel suo bagno d’olio si era ammorbidita) e lo stesso immangiabile riso. Uno scivolone da principianti, attenzione perchè se errare è umano (la prima sera uno svarione può accadere), perseverare nello stesso identico errore (e menu!) è diabolico…

Terzo avviso ai naviganti: la prossima volta, se la location sarà la medesima, provare a rendere il pavimento meno duro, utilizzando una soletta più spessa. Dopo qualche ora la popolazione in pista lamentava un dolore alle estremità piuttosto forte.

Nonostante alcuni dettagli da perfezionare, Supersonica è stato un evento molto riuscito lasciando i partecipanti sorridenti fino all’ultima tanda.

Buon parterre variegato di ballerini, ottimi tj con selezioni musicali che hanno reso la pista sempre affollata, per non parlare della chicca gelato artigianale che ha accarezzato felicemente le papille gustative facendo recuperare le forze con la sua energia zuccherina. Il meteo ha regalato due giornate di tempo primaverile splendido. Gli amici vicini e lontani. Che volere di più?

Aspetto con curiosità la prossima edizione sono certa che saprà superare le più rosee aspettative!

Pimpra

Image credit da qui

Weekend di Tango a Zola Predosa: la magia del ritorno. #ETDS2025

L’ho fatto di nuovo, stavolta la fuga dalla città per trascorrere il weekend nella provincia bolognese, a Zola Predosa.

L’albergo si affaccia sulla sinuosa collina che guarda al piccolo paesino ai suoi piedi, immerso in un drappeggio di prati delle più sgargianti sfumature di “verde primavera”.

Arrivarci mette in una dimensione d’animo rilassata, le nari si riempiono di quel profumo fresco di erba giovane, mista al dolce aroma dei fiori che sbocciano sugli alberi e sui prati. Una cornice bucolica che mette sempre di buonumore.

Ho perso il conto delle edizioni alle quali ho partecipato, a volte mi chiedo se non sia troppo abitudinaria nel frequentare i luoghi che mi piacciono. Poi penso che, se mi piacciono, il motivo c’è ed è piuttosto convincente se mi spinge sempre a tornare.

Quest’anno un giorno in più rispetto alla formula originale sabato e domenica, per me una proposta da cogliere. Partenza con gli amici al mattino, giretto-tortellino a Bologna city, e poi con calma in hotel, a prepararsi per la prima serata.

Al contrario di quello che si fa di solito, il venerdì era aperto al pubblico non maratona, consentendo a chi lo desiderava di assaggiare questo pasticcino delizioso che è “ETDS”. Una partenza per tutti piuttosto rilassata come dovrebbe essere il venerdì, quando ci si porta dietro la stanchezza della settimana di lavoro e le ore di viaggio. [Ore solo per la compagine triestina, ovviamente, tutti gli altri ospiti arrivano molto più veleocemente, ma tant’è].

Posso solo confermare la piacevolezza di ETDS, tutto è comfort, a partire dalla calorosa accoglienza dello staff degli organizzatori che ti fanno sentire veramente a casa.

Per le signore una sorpresa deliziosa che ci ha procurato grande eccitazione: il braccialetto maratona con dei carinissimi pendagli che, una volta concluso il loro utilizzo, diventeranno charms di qualche bracciale permanente. Che bella idea!

A sensazione, eravamo una compagine tanguera più ridotta rispetto alle edizioni del passato, ma molto ben assortita sicchè la pista meno sovraffollata ha permesso di concedersi – volendolo- anche qualche evoluzione garibaldina senza far danni.

Confermato invece l’ingrediente speciale dell’evento: le persone. Niente caste, niente gruppetti chiusi, tutti simpaticamente in compagnia di tutti. Questo fa la differenza, una grande differenza. Si sente, si percepisce anche ballando, i corpi sono rilassati, ricettivi, gli abbracci più calorosi e presenti.

Ho potuto ascoltare tj che conoscevo di fama ma non a mio orecchio e, devo dire, trovo molto interessante leggere le proposte musicali di professionisti provenienti da paesi stranieri, ognuno con il suo imprintig particolare, chissà se frutto esclusivo di ricerca personale, personalità e/o influenza della propria nazionalità. Sarebbe interessante indagare.

Un weekend così armonioso con tande così tanto belle, godute, allegre, passionali e quante altre sfumature il tango sa regalare, che sono tornata a casa dentro una bolla di beatitudine e sto sorridendo alla giornata uggiosa che non racconta affatto primavera.

Grazie a Simona e a tutti i meravigliosi componenti dello staff di averci regalato un’altra squisitezza tanghera, come sapete fare voi ❤

Pimpra

Scopri l’Età dell’Oro del Tango in Emilia Romagna. EMILIA TANGO WEEKEND. #ditantointango

Seconda edizione di una due giorni tanguera nella ridente campagna emiliana, tra prati tempestati di minuscole margherite selvagge, fiori gialli di colza, e una natura scintillante nei suoi colori primaverili.

La mia prima volta, aspettative sempre molto alte e mai disilluse quando metto piede in Emilia-Romagna. Un ampio palazzetto dello sport ha ospitato la due giorni, spazi ampi, a volte anche troppo, coadiuvati da un parquet che ho trovato adattissimo a ballarci su per ore ed ore.

L’accoglienza è senza dubbio la marcia in più che gli Emiliani (pure i Romagnoli eh!) giocano come fil rouge di tutti gli eventi che organizzano: a casa loro si sta bene, sempre, in ogni condizione, c’è un calore di fondo che diventa la copertina di Linus di ogni tanguero itinerante, ci mettiamo tutti sotto la simbolica copertina e godiamo del carezzevole tepore. Ecco che il benessere si diffonde nella sala, contagia sorrisi, apre le porte agli abbracci più dolci, divertenti, sensuali, o delicati.

Dovremmo tutti imparare a fare squadra, a dividere le fatiche organizzative e ad esaltare le skills che abbiamo appreso negli anni, organizzando eventi, in questo caso il matrimonio felice è avvenuto tra Voglia di tango e Barrio di tango. Non ho davvero obiezioni, osservazioni, sono stata veramente bene, che dico, benissimo!

Ho particolarmente apprezzato quella “cortesia per gli ospiti” di omaggiare i partecipanti con una borraccetta di vetro personalizzata da utilizzare al posto del bicchiere. Un dono intelligente che pensa anche all’ambiente.

A chi mi chiedesse se ci voglio tornare, rispondo con un sì deciso, le ragioni sono molte.

L’atmosfera del palazzetto mi ha riportato a quel magico sentore lontano dei tempi del “Fivizzano tango world”, ampio spazio, bei ballerini, bella musica. Come ogni sala grande, la ronda a momenti zoppica, qualche fenomeno in pista c’è sempre, per fortuna pochi e isolati.

L’Emilia Romagna, tangueristicamente parlando, sta vivendo la sua età dell’oro, crocevia ideale di passaggio per i ballerini della penisola, offre eventi e milonghe di assoluta qualità e l’Emilia tango weekend conferma il trend.

La sola “pecca”: le date si appoggiano nello scavallo dall’ora solare all’ora legale per cui, dopo la bisboccia del sabato, le prime ore della pomeridiana domenicale hanno visto scatenarsi sulle note di D’Arienzo degli Zombies, storditi dalle pochissime ore di sonno ma sempre convintamente sul pezzo!

Contiamo i giorni che mancano alla prossima!

Pimpra

Ballare a Bologna: la magia di BOCAtangoday. #ditantointango

Tornare a Bologna per ballarci è sempre un’opzione che fa bene al corpo e allo spirito. Non so come e perchè e quale sia la magica alchimia che si vive nella città, ma fatto è che le milonghe funzionano (molto bene).

Sono tornata a BOCAtangoday con il trolley carico di aspettative e una meravigliosa parrucca lilla per festeggiare, anche con il colore, la gioia di tornare in un luogo del cuore, con la scusa del periodo carnevalesco.

Non è sempre detto che ciò che ha funzionato l’anno precedente, continui a farlo nei mesi a venire, in questo caso, posso certificare che il test è stato brillantemente superato.

BOCAtangoday si connota per un sapore particolare che è quello dell’abbraccio amichevole e aperto, del ballo che è davvero sociale. Una meraviglia non aver bisogno di doversi impegnare per essere invitata, di fare la mirada assassina sperando di essere vista.

Nulla di tutto ciò, uno sguardo in relax e via a ballare. Se non è la prima sarà la seconda o la terza ma la tanda arriva, sempre.

Questa atmosfera così accogliente, rilassata, “cozy”, permette a tutti di ballare meglio perchè le ansie da prestazione, ansie da invito che non viene mai colto, ansie di sentirsi “i brutti anatroccoli” della milonga, restano fuori dalla porta.

E questo è un plus straordinario.

Il lavoro di selezione porta buoni frutti, è necessario ammetterlo. Non è questione di democrazia, nel senso “dentro tutti”, dentro solo quelli che condividono la filosofia “abbraccia, sorridi, apriti e balla”.

Quindi che aggiungere se non che BOCAtangoday è una delle numerose gemme tanguere bolognesi che non so quale sia la l’incantesimo, ma Bologna accoglie. Ecco.

Grazie Antonella, Marianna, Luciana per regalarci tanta bellezza.

Pimpra

Image credit Samuel di Luca che ha colto l’espressione beata della fata turchina 😉

Riflessioni sul Tango: un Viaggio di 20 Anni. #ditantointango

Ci pensavo con amici questo fine settimana, andando in una milonga fuori dai confini regionali. In un momento di amarcord la mente è volata ai nostri esordi tangueri, oramai vent’anni or sono. Un tempo davvero lunghissimo se pensiamo a una passione del tempo libero, un divertissement per alleggerire la mente dai pensieri, muoversi un po’, godere della socialità.

Vent’anni hanno segnato l’avvicendarsi di una generazione di tangueros, forse due. Rammento i primi passi, le prime milonghe, i primi eventi, le maratone, i festival.

Ricordo le esibizioni di tango nuevo che aveva letteralmente spaccato il filo rosso del tango tradizionale, portando una ventata di modernità in una danza dai codici non scritti ma tramandati di ballerino in ballerino. Ricordo quel fermento creativo, quella febbre nella ricerca di dinamiche sempre più fluide, movimenti che danzavano nell’aria e sul piso. C’era fame di sapere, di provare, di mettersi in gioco, eravamo come drogati dalla pista, impossibile darsi una regolata, meno che meno smettere.

Abbiamo vissuto le fazioni che si sono scontrate sul campo, i milongueri classicisti, i saloneri, i nuevisti ognuno con il suo credo e le sue emozioni, i suoi miti danzanti. Eravamo parti di correnti creative diverse eppure, in milonga, andavamo insieme e ballavamo insieme.

Essere follower all’epoca richiedeva massima apertura mentale e conoscenza tecnica. Ballavamo con tutti, poi, evidentemente, la preferenza per uno stile o l’altro emergeva naturalmente, ma, la maggior parte era in grado di rispondere a qualsiasi tipo di marca, a qualsiasi genere di abbraccio di qualsiasi “corrente tanguera”.Non era sempre facile, per le milonguere, amanti dell’abbraccio stretto, trovarsi a volteggiare in dinamiche fuori asse, era una sfida da cogliere, così come per le amanti del “nuevo” trovarsi ingabbiate in un abbraccio troppo contenitivo, un duello tra anima e ragione.

Anche i tangueros hanno vissuto momenti di alta competitività (con loro stessi in primis) quando dovevano imparare movimenti complessi, dinamiche non particolarmente naturali, da proporre a ballerine che non sempre comprendevano le intenzioni.

Abbiamo studiato tanto, e, quelli che non hanno ancora smesso, continuano, ben consapevoli che il tango non perdona. “No studio, no tango” (o tango di scarsissima qualità).

All’epoca le milonghe e gli eventi erano pochi, bisognava spostarsi ed approfittare di ogni occasione. Ci si incontrava tutti insieme e insieme, giovani e meno giovani, si ballava.

L’esplosione degli ultimi anni di eventi, dalle piccole milonghe agli incontri del weekend, ha polverizzato una parte di socialità e di scambio, penalizzando i tangueros. Spesso le milonghe sono sguarnite ed è entrato quel terribile virus che separa le persone invece che unirle. Giovani con giovani, comprensibile ma non scontato, meno giovani maschi con giovani, meno giovani femmine sedute anche se ballerine di alto rango. Non se ne viene fuori ed è un peccato.

Illo tempore i più “anziani”, tangueristicamente parlando, passavano il testimone ai più giovani ma lo facevano in modo democratico, ovvero anche i giovani ballavano con grande orgoglio con le follower più grandi. Ballavano sentendosi onorati. Ai giorni nostri questo passaggio di testimone si è perso.

Quando osservo la pista, la maggior parte delle volte, vedo volteggiare l’ormone, quello sì democraticamente spartito tra uomini e donne di tutte le età, meno si vede ballare il “tango per il tango”.

Ora, essendo tutti animali (qui inteso nel senso alto del termine), l’aspetto della mera attrazione fisica, la ricerca di un contatto che possa trascendere la pista, è sempre esistito e nessuno si scandalizza, anzi , rilevo però che c’è un oggettivo sbilanciamento nelle intenzioni dei danzanti.

Ciò detto, mi chiedo come avverrà la transazione definitiva dalla generazione dei tangueros degli anni pre Covid alla nuova generazione di ragazzi e ragazze che si sono affacciati in questi ultimi anni.

Non nascondo che mi piacerebbe assai, per dovere di passaggio di testimone, che ci fosse la stessa apertura mentale, la stessa curiosità che abbiamo vissuto noi, in modo che, dallo scambio, possano nascere nuovi stimoli per tutti.

Ma forse la mia è solo l’utopia di una visionaria.

Pimpra

Image credit da qui

ABBUFFATA DI CIBO E DI TANGO E LA DIETA MUTA! 800 TANGO PARTY #ditantointango

Prima quindicina dell’anno, buoni propositi a profusione, progetti, decisioni da prendere, scelte da fare, sogni da accendere. Dentro questa frenetica progettazione che, per la sottoscritta, dura al massimo un ciclo lunare (dopodichè butto le carte all’aria e – forse- ricomincio), partecipo alla festa ferrarese e i primi dubbi sulla tenuta dei buoni propositi fanno già capolino.

Ben sapevo quello che mi aspettava essendoci stata l’anno prima, ma mi illudevo che la mia gloriosa forza di volontà, questa volta, non mi avrebbe fatto cadere dentro la trappola delle caramelle di pesce, piuttosto che nel ghiotto risotto di parmigiano, per limitarmi a una blandissima citazione del ben di dio che abbiamo trovato.

Il mix “cibo-tango-cibo-tango” è deflagrante, noi adulti presenti abbiamo reso le armi dinnanzi alla tentazione delle gioie del palato che, unite alle piacevolezze delle tande ballate, hanno deliziato anima e corpo per l’intera giornata.

Ottocento tango party è una gemma unica nel suo genere, combinando l’arte culinaria a quella dell’ospitalità tanguera nello stesso soggetto, il nostro ospite Alessandro Parise (e lo straordinario staff di aiutanti) non ha mancato di coccolarci calorosamente anche questa volta.

In tutta l’orgia dionisiaca di cibo, bevande e tango voglio assolutamente citare i tj che ci hanno accompagnato durante la giornata, la squisita Abeba Teclehaimanot e il poderoso Nicola Cavallarin che ci hanno fatto letteralmente fondere la suola delle scarpe.

Oggi, in teoria, è il “blue monday” la giornata più triste dell’anno. Ma di cosa stiamo parlando? Sono ancora completamente immersa dentro l’onda endorfinica del carboirdato e di D’Arienzo che voglio di più? L’edizione di settembre, già annunciata, due giorni di festa garantita. Stay tuned!

Pimpra

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