Nel mio peregrinare porto sempre con me l’odore di salmastro, le raffiche del mio vento di nord est, lo specchio argentato del mare. Un luogo senza il canto ritmato della risacca è come se mancasse del respiro e della vita.
In macchina sul far dell’alba, per raggiungere la campagna, per me come andare alla scoperta del nuovo mondo. Mentre macinavo i troppi chilometri che mi separano da qualunque destinazione non sia un generico est, cercavo di immaginare cosa avrei trovato, una volta a destinazione.
Ho sempre amato la campagna, ma quella che porto nel cuore è sempre molto triestina, una campagna a due passi dall’alto Adriatico a un tiro di schioppo dalla terra rossa del Carso.
La grande casa gialla mi accoglie come una donna dal seno prosperoso e i fianchi larghi, con il grembiule da cucina mentre sta tirando la pasta. Parcheggio e respiro immediatamente un’aria che sa di buono, di cose che nel mio quotidiano ho perso oppure, semplicemente, dimenticato.
Ci sono papaveri che costeggiano le strade del borgo, un piccolo miracolo per i miei occhi di cittadina abituati ai riconoscere solo le sfumature di grigio asfalto. Mi sembra di doverli proteggere tanto sono belli, e più di una volta ho sbandato tanto ero presa a rimirarli.
L’erba è alta, ha una sfumatura di verde quasi trionfante. La pioggia intermittente di questi giorni è la sua cura di bellezza più efficace.
Comincio a sentirmi a casa, in questo spazio aperto, nel casolare che mi accoglie con la sua storia centenaria raccontata dai muri di argilla. Qui il cellulare si prende una pausa, per mettere in pausa me e non riceve il segnale.
La campagna chiama, pretende attenzione, vuole essere guardata, scoperta, amata come merita. Non posso smettere di sentirmi viva. Nelle parole del maestro che mi insegna come usare la reflex, perché poi, quella terra lussureggiante, florida, timida e melanconica, andremo a fotografarla.
Guareschi ci racconta della Bassa e della sua gente, dell’animo contadino e ruspante di Don Camillo e Peppone e la nostra macchina fotografica ripercorre quei luoghi traducendoli nel presente.
Alla sera, davanti alla stufa, il fuoco riscalda la luce della stalla dove, anche la voce calda dallo spiccato accento parmigiano, così morbida da infondere di vibrante emozione le parole di Guareschi, ci accompagna alla scoperta di un mondo antico che vive immutato nel cuore di questa speciale parte di Emilia.
Ho gli occhi carichi di bellezza, di campagna, di casolari, di argini di fiume, di fiori di campo, di nuvole che si fanno belle e giocano rovesciandoci addosso secchiate d’acqua. Ma è tutto un ridere, correre in macchina, scansare l’ombrello, bagnarci come si faceva da bimbi, con allegria e innocenza.
Non sono ancora capace di raccontare con le mie immagini questa bellezza, e pure le parole mi fanno difetto per esprimere il calore di chi mi ha accolto ed ospitato.
Se potete, regalatevi questa esperienza. Qualcosa dentro di voi riprenderà a vibrare, forte, di buono.
“Questo è il mondo piccolo: strade lunghe e dritte, case piccole pitturate di rosso, di giallo e blu oltremare, sperdute in mezzo ai filari di viti”
(G. Guareschi)
Pimpra
Il luogo sede del workshop fotografico lo trovate qui oppure qui
Nuvola
/ 13 Maggio 2019Wow, belle foto!
Brava 😀
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Pimpra
/ 13 Maggio 2019Grazie per il sostegno. Ancora non sono brava, il posto ha fatto tutto lui. Ma cercherò di diventarlo :-*
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gvc78
/ 13 Maggio 2019belle foto e bel post… credo che dovresti prendere queste foto e impaginarle accompagnate da una didascalia tratta dal testo… 😉
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Pimpra
/ 13 Maggio 2019Ti ringrazio molto per la stima, facciamo che stamperò le prossime, quando avrò imparato a fare fotografie migliori 🙂
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