MASCHERE

specchio

Tra una foglia di insalata, un frullato di kefir  e una svizzera fredda con i peperoni, nelle chiacchiere della pausa pranzo è apparso molto evidente come nel tango e quindi nella vita, sia di fondamentale importanza “esserci”, “esistere”, “avere un nome”, possibilmente essere “famosi” e non “famigerati”, ma in fondo, va bene anche quello.

Dato che l’assioma tango/vita è scientificamente appurato funzioni appare cosa buona e giusta, anche nella vita reale, di  “ammantarsi” di “fama”. Ci serve. Ne abbiamo bisogno per vivere (meglio).

Cerchiamo quindi  di capire come crearcene una.

LA PERSONALITA’

Teoricamente per emergere dalle masse informi della gente, un tratto di personalità deciso, iperconnotato, ineressante, “fuori da coro”, potrebbe – apparentemente-  essere l’atout necessario per la la costruzione del “personaggio”.

Non credo sia affatto richiesto possedere doti “positive”, di quelle che piacciono ai genitori  – per intenderci – nessuno resta affascinato da un carattere solare/positivo/buono/bello e bravo.

Anzi, che noia.

Meglio condire il tutto con dosi di stronzaggine, di fanculismo, sticazzi a volontà, egoismo sublimato, iperautocelebrazione sempre e comunque.

Di solito sono questi i soggetti che ci rubano qualche curiosità, che ci attizzano il neurone spento.

LA FANTASIA

Esiste poi tutta una categoria di quelli che definisco i “creativi” capaci, come sono, di inventarsi realtà parallele talmente ben architettate da sembrare quasi vere. Uno guarda alla loro vita e, minimo, si sente una nullità che a lui non succedono mai simili avventure, che mai si sognerebbe di dire/fare/pensare/baciare il tal maniera.

I “creativi” sono l’ultima generazione dei furbi, dei manipolatori, dei venditori di sogni, di cui, quasi tutti noi, abbiamo bisogno o – almeno crediamo – desiderio.

A ben pensare non è così difficile, basta lasciarsi andare alle proprie più sfrenate creazioni mentali, usare i social network e il gioco è fatto.

Non resta che provare, giocare un po’ a “essere” solo una proiezione olografica di noi stessi e vedere quello che succede…

Tempi moderni…

Pimpra

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19 commenti

  1. teacher

     /  3 aprile 2013

    Un po come uno che posta, ma ignori la sua identità…. 🙂

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    • Dici?… secondo me, chi scrive e basta, ha la strada molto più in salita prima di diventare “VIP”… ma ci sono anche quelli…

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  2. Il mondo è bello perché è vario.
    Infatti questa volta quasi tutte le affermazioni di questo post mi trovano in disaccordo.
    Aspetterò il prossimo post per ritrovare l’accordo 🙂

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  3. antigonewoland

     /  3 aprile 2013

    credo di aver colto un non so che di sarcastico in questo posto e me ne rallegro. Questo perchè credo che per essere qualcuno e distinguersi dagli altri basta semplicemente essere se stessi.

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  4. Polite: così mi piace! 🙂

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  5. antigonewoland

     /  3 aprile 2013

    oppure molto più semplicemente credo che sia più faticoso mantenere la credibilità di una o più maschere (perchè quando cominci con una poi te ne crei altre, inevitabilmente, una per ogni ambiente che frequenti) che imparare ad accettare se stessi, imparare a volersi bene, mettendo in risalto di volta in volta le qualità che ci contraddistinguono.

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    • Sai credo che le “qualità”, in questi tempi moderni, siano la migliore speculazione sui noi stessi che decidiamo di fare. Ho delle qualità e cerco di mandarle in esaltazione che è, secondo me, il primo modo di creare un costrutto falso…

      Cmq, chi di noi non ha maschere…chi?

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  6. antigonewoland

     /  3 aprile 2013

    Mah, ci ho provato qualche volta in passato ma c’è che quando fingo, quando cerco di essere diversa da me stessa (esattamente come quando dico una bugia) mi si accende una specie di insegna rossa sulla fronte che dice: Bugia!(certe volte credo che ci sia anche la sirena).
    Non ne vale la pena e soprattutto mi viene l’ansia. No spiacente, al limite mi diverto a vestirmi nella maniera più strana (mi diverto a fare la trasformista) ed ho un colore di capelli da circo… ma per il resto rimango io, nel bene e nel male.
    Posso piacerti o non piacerti non importa. Ma preferisco emergere osservando quello che vedo intorno a me e mi circonda coniugandolo con ciò che io so fare. Davvero.

    Speculazione? Leggo da wikipedia la seguente definizione: Nel senso comune del termine per “speculazione” si intende invece una qualunque operazione intesa a ottenere un vantaggio o utile sfruttando senza scrupoli situazioni favorevoli, spesso a danno di altri soggetti o dell’interesse generale.

    Onestamente fare risaltare le proprie qualità quando e dove servono significa invece tutto il contrario di speculazione. Ottenendo un vantaggio per tutti. Mandare in esaltazione mi pare un superlativo (chiaramente negativo) di mettere semplicemente in risalto le proprie qualità, che siano fisiche o intellettuali, dove e quando serve, con discrezione e senza esagerare.

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    • “dove e quando serve, con discrezione e senza esagerare.” La speculazione intesa negativamente, nasce prechè, di solito, non siamo abbastanza capaci dal misurare il dove e quando serve con discrezione e senza esagerare.

      E via di “bommm” esagerati… ecc ecc

      Ma, si capisce che siamo d’accordo, tu ed io… 🙂

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  7. antigonewoland

     /  3 aprile 2013

    Mah credo che la speculazione intesa negativamente è un’atto volontario: speculare sulle nostre qualità a danno degli altri difficilmente è qualcosa che ti scappa, qualcosa che sfugge al tuo controllo. Piuttosto sfuggono al tuo controllo le conseguenze quando ti scoprono, quando cadono le varie maschere, quando dopo aver millantato chissà cosa ti riveli un povero diavolo tale e quale se non peggio degli altri.

    per quanto riguarda la discrezione e la moderazione si corregge in fretta il tiro.

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  8. I creativi nei social network sono davvero tanti, troppi.
    Cosi va il mondo però se siamo noi stessi fino in fondo nessuno potrà dire il contrario.

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  9. Il signor L. legge la discussione e fa finta di niente, come se la cosa non lo riguardasse 🙂

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  10. Egli sarebbe tentato di rappresentare la propria condizione come quella di un contenitore ove le cose della vita depositano le loro tracce, senza che vi sia una volontà a dirigere il deposito nè un’ermeticità a trattenere ciò che viene riversato. Ma non si rappresenta in questo modo temendo di essere eccessivamente laconico e dunque esposto alle raffiche 🙂

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    • Trovo, invece, il suo punto di vista, estremamente interessante. Contenitore o vaso, mezzo pieno o vuoto a seconda delle circostanze…interessante, sì.

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