
Ho avuto la grandissima fortuna, da bambina, di vivere in luoghi del mondo molto “particolari” e di passarci un tempo sufficiente a farne miei i colori, i profumi, i suoni, i sapori e i pensieri.
In questi giorni di caldo terribile non ho potuto non ripensare alla mia Africa, dove ho trascorso 3 anni della mia prima infanzia.
Tornano alla mente le distese senza fine della savana (ero in Nigeria), la terra rossa, l’odore di legno e erba secca, il respiro della terra dopo le piogge tropicali, le corse dentro le pozzanghere con le flip flop gialle di gomma (anche nell’Africa degli anni ’70 erano di gran “moda”).
Non ricordo di aver mai avuto “caldo” in Africa. Forse perchè, il cervello, osservando ciò che c’era, si sintonizzava spontaneamente con l’ambiente, e sopportava con tranquilla e posata dignità. Era naturale, ovvio, non sarebbe stata Africa altrimenti.
Stavo bene laggiù, in una dimensione di libertà e natura che sentivo mie. Nel bush dove vivevo, i comfort erano pochissimi eppure, addormentarmi con i ruggiti dei leoni in lontananza, con il respiro della steppa che all’imbrunire si risvegliava, ripagavano di tutti i disagi di una “modernità” che non era ancora arrivata (per fortuna!).
E poi, da adulta, mi ritrovo spiaggiata nella città di nascita, che amo – per carità- ma dalla quale avrei bisogno di separarmi, almeno a periodi.
Ma le cose adesso sono tanto diverse, non sono il piccolo frugoletto dei miei genitori che seguivo, inconsapevole, negli aereoporti più sperduti, nei paesi più “altri” che il mio dna europeo poteva conoscere.
Adesso quella valigia la devo fare da sola. E la farei molto volentieri ma… non mi è possibile per diverse contingenze.
… non resta che vivermi il ricordo che regala il caldo africano di questi giorni. Anche se, dove sono, il caldo lo sento eccome. Dove vivo, non è Africa…
* * *
BUONE VACANZE [A CHI CI VA]!
Pimpra
IMAGE CREDIT DA QUI
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