DOVE ERAVAMO RIMASTI?

Manco da questo schermo da parecchio, non che sia un male, per carità, ma non posso fare a meno di tornarci, di tanto in tanto.

La metà di novembre è oramai già alle porte, siamo dentro l’autunno profondo che porta con sè colori stupendi e i primi freddi. Tutto sta nel farselo piacere, come ogni mutamento, necessario, che la vita ci propone.

La normalità sembra nuovamente lontana, almeno a casa mia, Trieste, diventata vessillo di protesta e focolaio di numerosi contagi. Capoluogo spaccato a metà, diviso tra il pensiero illuminista di città della scienza e il moto libertario degli oppositori.

La frattura sta creando un maremoto di scontento e di aggressività a tutti i livelli, legami che si spezzano, coltelli che volano e parole taglienti che piovono da ogni dove.

A questa energia potenzialmente deflagrante, aggiungiamo un nuovo picco che la sanità locale sta vivendo a causa dell’impennata di contagi, specie a Trieste.

Da qualche giorno spira la bora. E’ arrivata finalmente e con lei quel cielo azzurro invernale saturo di una luce argentea. Faccio fatica a sentire il suo canto, a volte urlato altre sussurrato in gemiti lievi. Il malcontento delle persone copre la melodia frusciante delle foglie in caduta libera, difficile accorgersi degli uccelli che organizzano i loro nidi invernali.

Anche quest’autunno è fuori dalla normalità del prima. Non siamo riusciti a sconfiggere il virus burlone che ci illude di una vittoria e poi torna più fastidioso che mai.

Anche il tango ne risente, di nuovo. Oltreconfine un festival annunciato mesi addietro è stato revocato a causa della situazione molto pesante di contagi. La quarta ondata, dicono.

Come molti di voi, oramai non ascolto più, notizie nefaste entrano da un lato ed escono a velocità subsonica, dall’altro. Sono stanca dei dibattiti che tirano la copertina e ti lasciano scoperti i piedi o il busto, ognuno a lottare per l’idea che si è fatto della situazione.

Basta, non ne posso più.

Nel mentre questo film surreale mi scorre accanto, pedalo nel vento, respiro, sento male ai muscoli delle gambe, mi compiaccio del cuore che pulsa più veloce.

E continuo a godere della Vita, ad apprezzarne ogni piccola sfumatura, a svegliarmi sorridente al mattino. A fanculo il resto.

Pimpra

IMAGE CREDIT: DRAZEN NESIC

L’AVVENTURA INIZIA CON LA PRIMA PEDALATA

La scorsa notte ho faticato a dormire, esagitata come una bambina all’idea di cambiare mezzo di trasporto, di tornare alla bicicletta, come negli anni più verdi.

Diventare una ciclista urbana mette la donna di fronte a una serie di difficoltà da superare, in primis, il necessaire tecnico fondamentale per affrontare ogni tipo di meteo. Con lo scooter è uguale: sempre con me il kit da pioggia, così lo chiamo io.

In bicicletta la faccenda si complica poiché non ci sono bauletti contenitivi della mercanzia necessaria, sicché, lo zaino è il contenitore da usare (fino a che non attrezzerò il mezzo con le sacche laterali).

Problema n. 2 e siamo ancora sul tecnico: porto gli occhiali da vista, con il casco da moto, nessun problema, la visiera protegge da tutte le avversità metereologiche, ma in bicicletta? Il caschetto ne è sprovvisto, quindi, quando sarò sotto il diluvio, due le possibilità: tolgo gli occhiali e vedo quel che vedo oppure uso le lenti a contatto che mi danno un gran fastidio e che non sopporto quando lavoro davanti al pc, quindi dovrei organizzarmi per un “togli e metti” in ufficio. Fattibile e, temo, necessario.

Quando soffierà brutale la bora, affronterò il problema gelo, ma non adesso.

Lo zaino dicevo, dentro il quale devono starci: il kit da pioggia, il pranzo, il kit vestiti palestra, e, ovviamente la borsetta. Il solo elenco di questi oggetti richiede una capacità di non so quanti litri, cosa peraltro impossibile, considerato che mi devo muovere agile e lesta nel traffico cittadino.

La borsetta, dicevo, io che mi muovo portandomi dietro financo i mattoni di casa, ho dovuto micronizzare lei e il suo contenuto. Non lo credevo ma pure questo è stato possibile.

L’esperienza mi sta mettendo di fronte a una serie di sfide che, al momento, trovo più stimolanti che fastidiose, ma oggi è il mio giorno zero e, sebbene “bagnato”, mi sembra comunque molto fortunato!

Pimpra

SONO UNA CICLISTA URBANA. IN ERBA.

Un mese fa, un martedì qualunque, mi è capitata una disavventura, un improvviso svenimento che mi costringerà ad un lungo periodo di stop, precauzionale, dalla possibilità di condurre mezzi a motore.

TRAGEDIA.

Abito in semi periferia, in una zona malservita dai mezzi pubblici e poi, inutile dirlo, sono una scooterista fin dentro al midollo, piuttosto che prendere il bus vado a piedi.

Così ho fatto: 30′ di camminata vivace ad andare (in ufficio), altri 40′ per tornare (è salita tutto il percorso), tempo perso per ogni attività debba fare in città.

I primi giorni camminare non era nemmeno un fastidio e, di fatto, non lo è nemmeno adesso, il problema è il tempo che perdo durante il tragitto. Di certo riempio questi momenti saturando le orecchie di telegiornali, ascolto le rassegne stampa, insomma arrivo a destinazione mediamente piuttosto informata di politica ed economia, quindi bene. Il problema sono le ore che mi mancano per fare le attività ordinarie della mia routine quotidiana.

Un giorno, presa dallo sconforto ho deciso: bici elettrica.

Va detto che a Trieste, la bicicletta non è precisamente il mezzo più utilizzato per muoversi, complici le salite di cui la città è costellata. La tecnologia, in questo senso aiuta, poiché la spinta offerta dal motorino elettrico permette di affrontare ogni asperità di percorso.

Così oggi festeggio il mio giorno n. 1 da ciclista urbana.

Ho ritirato nel pomeriggio il mezzo e, con un’adrenalina che non posso descrivere, dopo le necessarie spiegazioni d’uso, mi sono immessa nel traffico.

Un altro mondo, un’altra sensazione, un velato timore, i sensi in allerta, attenzione ai suoni, ai movimenti, e poi le gambe a spingere, il respiro da regolare, gruppi di muscoli che dopo poco ti raccontano che non li hai usati per troppo tempo.

Una scoperta anche piuttosto gioiosa.

Devo mettere mano all’armadio, rinnovare l’abbigliamento tecnico che per lo scooter funzionava ma non è adatto alla pedalata. Una piccola grande rivoluzione.

Il mio giorno n. 1, ho pedalato con Scimano a 7, aiuto batteria low. Alla fine avevo mal di gambe.

Sono una figa, super atletica. Lo so.

Pimpra

MOBILITA’ SOSTENIBILE E PROBLEMATICHE DA RISOLVERE

Dopo una vita passata a scorrazzare sulle due ruote dello scooter, mi trovo catapultata – non per mia volontà – nel mondo della mobilità sostenibile, in una parola, per un anno niente motori per la sottoscritta unicamente bicicletta.

Considerato che la città in cui abito si connota per continui saliscendi, la mia scelta verso un velocipede elettrico è stata quasi obbligata.

Ho scoperto un universo di possibilità, di modelli, di performance del mezzo accumunati da una costante: il prezzo esorbitante (almeno per le mie tasche bucate).

Fino ad oggi, e sono trascorsi quasi 30 giorni senza poter guidare alcunché, sono sopravvissuta, nel senso che, casa mia, dista praticamente un raggio di 3 km dalle mete cittadine che mi interessa o devo raggiungere. In pratica: ho camminato assai, tutta salute, certo, ma un discreto e non sempre possibile, dispendio di tempo. Finisce che devo mettere sempre in conto 30′ (più o meno scarsi) di tragitto per raggiungere le mie destinazioni. Ovviamente altrettanti per il ritorno.

Stavo per comprare una bici elettrica da una fabbrica polacca trovata sul web, poi però, una visita informativa presso un rivenditore locale, mi ha fatto cambiare idea.

Morale della favola: sto aspettando la piccola Ferrari, come altro chiamare un mezzo con quel prezzo?!, che dovrebbe arrivare in settimana. Nel frattempo cammino e osservo.

Noto come, nonostante ovunque si parli di mobilità sostenibile, di lotta all’inquinamento e tutti i bla bla bla del caso, ad esempio, manchino quasi del tutto gli stalli dove poter correttamente e con un minimo margine di sicurezza, posteggiare il prezioso mezzo a due ruote.

Questa bici, dove la assicurerò mentre sarò in palestra? Dalla parrucchiera? A bere l’aperitivo? Insomma in tutti quei luoghi cittadini in cui normalmente ci si reca?

PRATICAMENTE DA NESSUNA PARTE!

Capite bene l’angoscia che mi sta salendo all’idea di non trovare un luogo idoneo di parcheggio, dove alloggiare il prezioso bene in potenziale balia di ladri.

Vero è che nessuno stallo protegge le biciclette dalla possibilità di essere rubate e mi chiedo come fanno i possessori di questi mezzi elettrici così costosi a fare sogni tranquilli. Ho decisamente un mondo tutto da scoprire.

Nel frattempo, come una bambina di 4 anni, non vedo l’ora di ricevere la telefonata del rivenditore che mi annuncia “Signora, può venire in negozio, la bici è arrivata”.

Pimpra

IMAGE CREDIT DA QUI

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