ANTI-AGE

MOVIMENTOE’ un periodo che non sono in armonia. Che significa che il dentro e il fuori sono come una scarpa e uno zoccolo messi insieme: una cacofonia.

La testa è presa da mille ragionamenti, decisioni da prendere, tanto lavoro anche potenzialmente stimolante ma ancora nella sua fase più embiornale, caotica, quindi stressantissimo.

Il risultato di tutto questo è che si riflette sul corpo imprimendogli una incredibile stanchezza, una forma di spossatezza difficile da definire.

Quando mi allenavo seriamente correndo come una pazza, alla fine della sessione ero un cadavere, ma la fatica durava il tempo di una doccia ritemprante che poi, alla crema per il corpo, già mi sentivo tutta quanta ringalluzzita.

Perchè quella era stanchezza positiva. Poi, più ci si allena con costanza, più il recupero va a regime e si sta solo e semplicemente BENISSIMO.

Altra è, invece, questa privazione di energia dovuta allo stress. E’ un demonio che entra nella mente e s’insinua fin dentro la più remota cellula. E mangia, mangia tutto ciò che trova: allegria, energia, concentrazione, sonno, desiderio… tutto.

Credo che sia un fenomeno noto a noi tutti , amplificato dalle difficoltà che, praticamente ognuno, sta vivendo nel suo quotidiano, non fosse altro che per mandare avanti la baracca.

Che fare?

Il mio rimedio l’ho trovato, ed è sempre lo stesso da quando ho imparato a camminare: muovermi, fare “sport”, andare in palestra, farmi salire le pulsazioni, aumentare la frequenza del respiro, sudare, ballare.

E’ come se mettessi tutta me dentro la lavatrice e la facessi andare, ciclo dei bianchi, 60°, due ore di lavaggio, centrifuga a mille giri.

Esco sconvolta, trasfigurata, inguardabile (non troverò MAI un fidanzato in palestra!!!), ma con un profondo senso di pace, con una connessione ritrovata verso di me, sia dentro che fuori.

Credo che sia questa la risposta che dobbiamo darci per combattere l’invecchiamento. Non si invecchia perchè il volto si segna di esperienza, invecchiamo perchè perdiamo quella fresca gioia del fare, dell’essere attivi.

Mi stupisco quando, per strada, incontro coetanei che non vedo da tempo e che ricordo giovani, scattanti e arzilli e ritrovo invece grigi, imbolsiti, “pesanti”.

Non permettiamo al tempo di aggredirci così.

SIGNORE E SIGNORI: TUTTI A MUOVERE IL CULO!

Sticazzi! 🙂

Pimpra

MOVIMENTO2

IMAGE CREDIT: DA QUI E DA QUI

PERCHE’ IO VALGO.

frasi personaggi cugino itVe la ricordate quella pubblicità di l’Oreal che aveva come claim “Perchè io valgo!”?

L’ho sempre trovata irritante, la patatona di turno che scuoteva la lunghissima chioma ammiccando in camera per dire la supercazzola “Io valgo”, istigava in me voglia di tirarle sberle. Ma che cavolo di frase è?

Ebbene, oggidì, quelle parole, quella frase, sono state la mia forte motivazione per esprimere certe mie idee ai piani alti. Eh sì, perchè, come insegnava la nonna Carla, “Se non si chiede, non si ottiene” o, per farla più filosofica, “Qui timide rogat, docet negare” (Seneca, Fedra, 593-94), bisogna tirare fuori il leone che sonnecchia dentro di noi se vogliamo alzare la testa dal pavimento dove ce la fanno stare.

Non serve essere arroganti, saccenti, presupponenti, esaltati, è sufficiente avere ben chiare in mente le proprie qualità, le abilità. Insomma, essere convinti del prodotto che stiamo cercando di piazzare sul mercato.

Non so come andrà a finire, di sicuro mi ha fatto bene all’animo, ho fatto la mia dichiarazione di intenti, ho delineato lo scenario, ho fatto vedere che la mia testa non è solo attaccata al collo per far dondolare la coda di cavallo, ma la uso anche per pensare, per progettare.

C’è da augurarsi che, dall’altro lato, chi ascolta abbia voglia di farlo, e che, una volta colto il messaggio, abbia l’interesse di agire.

Ma questo solo il tempo saprà dirlo.

Nel frattempo, esorto le mie lettrici donne, di AVER BEN PRESENTE IL LORO VALORE. Quello vero, quello intrinseco che non è fatto di belle tette o di un bel culo, ma di capacità, di talenti, di intuito, di intelligenza creativa.

A tutti dico “Vogliamoci bene!” evitiamo di fare la guerra a noi stessi, vedendo sempre il nostro bicchiere piccolo, vuoto e sporco e tutta la bottiglia di champagne dentro la coppa del nostro vicino.

Volgiamo uno sguardo amorevole e sincero verso noi stessi e, chissà, magari qualcuno di lassù (dai piani alti alle immensità del cielo stellato) forse ci darà ascolto…

Pimpra

IMAGE CREDIT DA QUI

DI TANTO IN TANGO: IL TANGO DELLA GELOSIA

embrace

Senza dilungarmi su quale massa energetica sensibile è capace di movimentare questa danza, chi la pratica lo sa benissimo, mi piace soffermarmi sulle dinamiche tipicamente europee dell’abbraccio fatale.

Perchè fatale?

Innanzitutto il tango regala o toglie. Dona magici incontri, abbracci speciali che possono essere solo un momento e durare il tempo di una tanda o uscire dalle pareti ovattate della milonga ed entrare nella vita reale di due persone.

Il tango toglie poichè, fedele rappresentazione delle dinamiche della coppia, se questa è lì e lì per scoppiare, è l’ago sul palloncino e bumm la coppia si dissolve.

Ma non è solo questo, sarebbe troppo facile, riduttivo.

Esistono tutta una serie di dinamiche più o meno perverse che si snodano in momenti diversi: a lezione, alla pratica e in milonga.

Analizziamo il punto n. 1: la lezione

A seconda se la coppia è composta da amici o da due partner nella vita, si possono osservare movimenti energetici diversi. Il focus va sulla coppia. Se è in equilibrio, di recente costituzione, ha un livello di tango accettabile, normalmente vive il momento come una scusa in più per creare quell’armonia che regna profonda nella vita dei due innamorati. Può comunque accadere che escano già le future dinamiche della coppia che preludono a scontri piuttosto pronunciati, ma, su questo, solo il tempo dirà la sua.

Gli amici, di solito, hanno tre strade: diventano  più amici, a beneficio reciproco del ballo, si innamorano o cominciano a non sopportarsi più. Anche in questo caso, il tempo darà il suo verdetto.

Punto n. 2: la pratica

La pratica è una milonga “mascherata” dove il cerimoniale di corte è molto ammorbidito, dove l’invito si può fare a voce e non è solo l’uomo ad avere questa possibilità. Ci si confronta, si “prova”, si studia insieme ma aprendo la coppia all’esterno.

MORALE: se sono amici in fase uno= nessun problema. Se sono in fase due= probabilmente balleranno insieme con poche uscite all’esterno della coppia. Se sono in fase tre= balleranno con altri e buona pace.

La coppia, invece, affornterà le dinamiche proprie della milonga e, conseguentemente, farà i conti con il demone della gelosia.

Ma che sarà mai?

Difficile dare una spiegazione logica a un fenomeno che parte tutto dalla pancia, dall’irrazionale. Da una parte, diciamocelo, abbracciare altre persone con grande enfasi e pieno godimento (del ballo, ovviamente! 🙂 ) procura al partner una sensazione di pizzicore, come un piccolo fastidio, un pruritino immediatamente silenziato ma che di fatto c’è. Annusare l’altrui collo, certo, può anche essere una sensazione spiacevole ma, diciamocelo, è un po’ come andare alla scoperta di qualcosa di nuovo.

Ora, tutto questo non sarebbe elemento sufficiente per scatenare tempestose nubi cariche di pioggia, ma – ed è qui il mistero buffo del tango – qualcosa ha alterato l’equilibrio.

Che accade? Che si balla male, perchè il corpo vive su di sè il fastidio e quindi non si lascia andare.

Il tango della fase milonga vera e propria, accende ed esalta tutto ciò che è stato detto fin qui. In milonga si va per ballare, certo, ma alla base del gioco vi è la seduzione che è stumento per farsi invitare (per le donne), istinto di caccia per gli uomini. In milonga si vive senza protezioni, la cosiddetta “lotta per la sopravvivenza” di darwiniana memoria.

Esagero? Certo, si fa per ridere, ma l’energia detonante che si può scatenare è davvero forte.

Come combattere il fenomeno gelosia?

Non ne ho idea, ovviamente.

E, sapete che c’è? Una gelosia contenuta, in limiti davvero sotto-sotto soglia fastidio, in fondo in fondo regala uno stimolo in più per mettersi in gioco, per fare meglio  (dell’altro/a), per avere voglia di cercarsi ancora (come coppia).

O NO????

🙂

Pimpra

CONOSCI TE STESSO

gnozi

Ricordo perfettamente la lezione di filosofia del compianto professore che, il solo, all’epoca credette nelle mie capacità di pensare. Pace alla buona anima del prof. Roberto Calafati che mai dimenticherò.

Ho ancora davanti agli occhi il suo sguardo triste quando, conclusa la maturità, gli dissi che no, non avrei studiato filosofia ma lingue. Fu veramente dispiaciuto e me lo disse.

Ci sono persone che non si dimenticano e, nella mia formazione giovanile, un posto lo detiene per sempre il mio amato professore. Che all’epoca, in verità, non sapevo di amarlo, l’ho scoperto poi.

Burbero, per nascondere una grande timidezza, sempre vestito con una giacca/maglione blu, marinaresca e di ottima fattura. Per tutti gli anni del liceo. La sua divisa esistenziale, direi, la sua armatura verso il mondo e verso di noi, suoi giovani e spensierati allievi ben poco attenti alle sue lezioni di storia e di filosofia.

Lo vedo ancora camminare intorno all’aula, la mani conserte dietro la schiena, una voce pastosa frutto delle centinaia di sigarette fumate, mentre dissertava su Talete o su Hegel. Un piacere, per me, che mi perdevo nei suoi ragionamenti e annotavo, ligia, gli appunti.

La filosofia mi piacque da subito, rimasi affascinata dalla dialettica del pensiero che, nel corso dei secoli, distendeva i suoi ragionamenti sui massimi sistemi. La filosofia non si memorizza, si vive sulla propria pelle, entra a far parte della nostra vita come una trancia di DNA.

Ricordo l’illuminazione esistenziale del celeberrimo motto iscritto nel tempio di Apollo a Delfi, quel “Conosci te stesso” che, ora come allora, mi accompagna nella vita.

In questa ricerca, come Diogene, sperimento ogni sorta di sistema per andare più a fondo, nei meandri di me, e provare a comprendere me stessa e il mondo.
E, la sfida più grande, cercare di imparare dalla serie infinita di errori che ho fatto fin qui.

Ieri il mondo era grigio. Oggi ho armato la mia conoscenza di “prospettiva”, di “visione laterale”, di “bisogno costruttivo”. I colori sono tornati.

Amen.

Pimpra

SCALA DI GRIGI

catene

Oggi mi è presa così, e non ci sono ormoni che tengano, pms che destabilizzano. Oggi mi è presa che vedo le cose con il loro colore naturale, senza filtri.

Una scala di grigi.

La mia vita lavorativa fa schifo.

Grigia è la mia vita quotidiana, senza stimoli, senza persone interessanti con le quali avere uno scambio di opinioni intelligenti che facciano vibrare il neurone stanco.

E’ tutto piatto, immoto. E’ il regno delle sabbie mobili. Più ti muovi per cercare di uscirne, più vai giù, ingoiato da bocche invisibili e affamate.

Ogni giorno, appena entro nella mia gabbia, devo spegnere tutta me, la testa, i pensieri, devo dimenticare tutto ciò che ho imparato perchè, qui dentro, nelle stanze di caucciù, ogni germoglio di pensiero nuovo, diverso, viene inondato di diserbante.

L’ordine costituito non si deve modificare, pena il collasso dell’immobile sistema.

Allora ricacci i propositi in gola e conti i minuti che ti separano dalla palestra dove, ogni giorno che passa, fai uscire sotto forma di sudore, tutto il dolore che hai per te, per la tua vita grigia e senza stimoli.

La creatività, che è scintilla vitale per ognuno, qui dentro viene cauterizzata. Il regno della paura è governato dalle tenebre dell’inazione, dal virus della non assunzione di responsabilità. Un sistema basato su Ponzi Pilato clonati.

E io ho paura, tanta paura di svegliarmi, un giorno, grigia come loro. Triste come loro. Spenta come loro.

STICAZZI.

Pimpra

 

IMAGE CREDIT: PIMPRA_TS

VOLEVI LA BICI? PEDALA.

Pedalare-stanca_main_image_objectQuando ero bimba i miei mi hanno sempre detto che, se volevo la bici, dovevo pedalare. Se una cosa la desideri, ti fai il mazzo per ottenerla. E quando l’hai ottenuta, ti impegni per mantenerne lo status quo.

Inutile aggiungere che la mia vita è costellata di salite difficilissime, di piccole vette conquistate solo con sudore e lacrime. Ma sono mie, senza dubbio. Sono “successi” che ho fortissimamente voluto, desiderato, cercato e ottenuto.

In tutto questo, posso aggiungere di non avere fatto morti per strada, di essermi piuttosto riempita di ferite ma senza MAI ledere l’interesse o l’esistenza del mio prossimo.

Se vuoi correre, e ti piace farlo da competitore, ti devi allenare alla morte e sperare che, il giorno della gara, il tuo corpo stia bene e sia capace di rispondere allo stimolo, altrimenti ciccia, sono sempre e solo cavoli tuoi.

Tutto questo pippolotto per dire che oramai il mondo è infestato di una categoria di donne che definisco “uomini a metà”, il che è di per sè un errore biologico, ma cosa non vi è di “sbagliato” in questa società?

Mi riferisco a tutte coloro che amano detenere lo scettro del comando, nel lavoro, nella vita personale ma che non sono assolutamente in grado di dirigere, di essere veri leader e si limitano a un’azione di mero “autoritarismo” (non vi è peggior “capo” di quello autoritario) perchè prive delle necessarie, imprescindibili capacità di essere al comando e della fondamentale “autorevolezza”.

Sono quelle che alzano la voce, parlano in continuazione e ti parlano sopra, interrompono, hanno sempre un esempio da portare che a loro è successo qualcosa di più che a te, rispondono al telefono anche quando sono in riunione perchè non sanno dare e darsi le corrette priorità.

Questi soggetti, ovviamente, desiderano essere sempre al centro, visibili, riconoscibili, conosciuti, il loro nome deve circolare. Non importa come se ne parla, ma tutti devono essere al corrente della loro esistenza.

Coloro, ovviamente, che nulla sanno di quali siano i corretti comportamenti organizzativi, al primo problema sganciano un’ansia nucleare che, come una bomba, scoppia sulla testa di tutti, perchè, coloro che tutto vogliono fare, che sempre vogliono esserci e dire la propria, forse, non si rendono conto che non hanno le capacità basilari per il posto che ricoprono.

Perchè peggio di un uomo che non sa comandare c’è sicuramente una donna che non sa farlo.

Amen.

Pimpra

IMAGE CREDIT QUI

LA BUSTA BLU DELL’IKEA: UNA STORIA DA RACCONTARE

busta blul ikeaCi pensavo in questi giorni di festa quando, spinta da una voglia insana di dare una sistemazione più consona alla stanza più importante della casa – il bagno- mi sono recata all’Ikea.

Passi che all’uscita mi sono letteralmente persa nell’immenso parcheggio che la mia macchinetta proprio non avevo idea di dove fosse finita (mi è stato spiegato, poi, dagli “assistenti ai dispersi” che, non solo il numero della posizione del parcheggio bisognava ricordare, ma pure il settore colorato!) e che mi stava prendendo il primo vero attacco di panico della mia vita  – scongiurato, fortunatamente – la cosa più stupefacente che ho compreso è il “portato emotivo” legato alla busta blu Ikea.

Al suo interno non si collocano solo “oggetti”, si insinuano “progetti” di vita (da soli o accompagnati), l’arrivo di un bambino, il trasloco in un novo posto, la fine di qualcosa e l’inizio di qualcos’altro che- chi per esorcizzare, chi per necessità – prevede un cambio o un acquisto.

Anche io l’ho vissuta questa busta, in più d’uno dei suoi usi: ho modificato una casa, perchè la relazione con l’inquilino che viveva con me, era finita. Ho aiutato amici a iniziare nuove stagioni, prestando loro i miei preziosi sacchetti che sono stati riempiti di ogni cosa. Davvero di ogni cosa.

La mia Pimpra viaggiatrice, ha la sua busta blu dedicata: “Pimpra travel” c’è scritto con il pennarello indelebile, e porta in giro il suo wc e gli altri effetti personali da gatto,  quando si sposta dalla nonna o mi segue nelle case degli amici.

La busta Ikea racconta delle nostre vite, e chi lo avrebbe mai detto, ci dice a che punto siamo, come siamo cambiati, se viviamo un bel momento oppure no.

Ho trovato tutto questo molto romantico e un pizzico melanconico, epperò è la vita ad essere così…

La prossima volta che andate all’Ikea, fate attenzione alle buste blu e all’espressione di chi le maneggia, sono sicura che saprete intuire un appassionante racconto…

Pimpra

DA DOVE COMINCIO?

2014

Ahi quanto mi è duro riprendere il solito ritmo di vita: la gabbietta, la palestra, gli impegni vari… ma, soprattutto, la sveglia.

Sono stati giorni di distacco totale dalla realtà, quando ti chiedi sarà mercoledì o giovedì, perchè hai perso il conto… e che dire, ne avevo proprio bisogno.

Certo, mi sarebbe piaciuto colorare la mia vacanza con qualcosa di più eclatante di quanto non abbia fatto in realtà, ma va bene così, non sono tempi (almeno per il mio conto in banca…).

Comunque, nella semplicità di ciò che è stato, ho alcune chicche che mi hanno regalato tantissima gioia: un capodanno passato a ballare tango al Farolito, coccolata come una principessa, sono arrivata da ospite e uscita alle 5 del mattino carica di squisitissimi doni!

Poi un pomeriggio bassanese dove il tango amalgama le meglio anime, talentuosi ballerini/e, valentissimi Tj, creando un evento (privato) ad altissimo godimento. Di quelli, per intenderci, che lasciano un ricordo indelebile, un sorriso sul volto, ogniqualvolta ci ripensi. E, ultimo, ma solo in ordine di tempo, la milonga pomeridiana in quello spazio che per te è casa, dove ti piace fondere la suola delle scarpette, dove trovi i tuoi maestri e amici.

E mi lamento? No!

Solo che oggi è il “primo giorno di scuola” dopo le vacanze, e io non ho studiato e non ho fatto tutti i compiti… e, in una parola, ho il magone grande così… ma passerà anche questa!

FELICE 2014 AMICI!

Pimpra

PS: dicesi “gabbietta”, l’ameno luogo di lavoro. Grazie a dio che c’è, ma resta sempre una galera… 🙂

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