NEI PANNI DI UN “MEDIOMAN” TANGUERO. #ditantointango

Alzi la mano chi non ha mai stramaledetto la tanda eseguita, magari per distrazione, con un “medioman” tanguero.

Dicesi Medioman tanguero quel tanguero che dopo percorsi di studio o frequentazione di più o meno svariati corsi di tango, non riesce ad esprimere interpretazione della musica, propone una due o tre sequenze di passi che sono sempre uguali, balla tango-milonga-vals, Pugliese, D’Arienzo, Troilo come se fossero la stessa cosa. Insomma il leader che è la classica X sulla schedina del piacere: non si può dire un disastro ma neppure un fuoco d’artificio, ma, soprattutto, si connota per essere troppo prevedibile.

Per non fare sconti a nessuno, esiste la medesima figura pure per lei. La Mediowoman tanguera è quella follower senza infamia e senza lode, quella che, sente D’Arienzo, Pugliese o Vargas, non modifica nulla nella sua energia, nei suoi movimenti, come se l’onda potente delle note non la riguardasse.

Si muove facilmente, leggera, come una foglia al vento.

Personalità non pervenuta.

Quando due medioman si incontrano nell’abbraccio ce ne accorgiamo: lui impasta le sue sequenze tutte uguali, lei lo segue con distacco. Manca la scintilla, quella connessione vibrante di anime.

Non posso smettere di chiedermi perchè ostinarsi a ballare così, senza colore, con poche forme, senza varietà, almeno energetica.

Allora penso entrino in gioco dinamiche più legate alla psiche che al puro sapere tanguero.

Il leader sente di aver bisogno del controllo per evitare l’errore. Tiene saldamente la regia della tanda. Immagina che un pacchetto preconfezionato di passi/strutture/movimenti possa soddisfare la follower.

Spesso accade che lei non si prenda spazio, non osi, non si esponga. Sta e basta. Quasi passiva mi verrebbe da dire, anche se a marca, esegue.

Qui sta il punto: eseguire non è ballare.

Esecuzione è movimento, gesto, linea. Senza l’emozione che nasce dall’incontro tra musica e abbraccio rischia di essere una combinazione vuota. Magari eseguita tecnicamente in modo ineccepibile, ma assolutamente priva di scintilla.

Ogni danza necessita di un bagaglio che deve necessariamente essere tecnico ed espressivo.

Il tango argentino credo possa essere una delle massime espressioni di questa diade: corpo e cuore.

Come follower mi aspetto, specie da leader navigati, la capacità di ballare per esprimere, non per muoversi. Se voglio solo muovermi, vado in palestra.

So che è molto difficile, specie per il leader: gestire la ronda sempre più impazzita, impegna moltissimo la concentrazione portandola via alla creatività della tanda. Ciononostante vorrei un leader che si sentisse libero di osare anche se- a causa di forza maggiore, il rischio di sbagliare è più alto.

Preferisco una tanda “sporca” ma vissuta, goduta e complice, al compitino ben eseguito.

La modalità “medioman/woman” è forse legata alla stanchezza?

Dopo 5-6 ore ininterrotte di ballo, arriva il momento in cui i serbatoi di energia, vitalità, creatività si esauriscono. E’ quello il momento di togliersi le scarpe e andare via.

Nunquam in medio.

Almeno proviamoci. Ogni volta che entriamo in quell’abbraccio.

Pimpra

IMAGE CREDI DA QUI

1° maggio come si deve! La Revoltosa. #ditantointango

Tradizione vuole che, il 1 maggio, si faccia pic nic con gli amici, piuttosto che andare al concerto in piazza, o, comunque, fare una gita fuori porta, trascorrere il tempo possibilmente all’aperto. Spiace per tutti quelli che, loro malgrado, debbano lavorare durante le feste comandate. La vita non è affatto democratica, si sa.

Quest’anno ho seguito la tradizione, complice fra le altre una bellissima giornata di primavera molto avanzata e, con la solita truppa di oramai “congiunti” tangueri, abbiamo raggiunto la ridente Bassano del Grappa per recarci all’Hangar dove si è celebrata la consueta festa del 1 maggio insieme ai Revoltosi.

In questa occasione a tutti i partecipanti viene chiesto un piccolo contributo in cibo e bevande per creare un buffet super guarnito di prelibatezze “home made” e pure a Km zero, preparate dalle sapienti mani degli ospiti. Il tutto piacevolmente innaffiato, tra gli altri, da ettolitri di prosecco. Siamo in Veneto e bere è una religione.

Una pomeridiana lunga, iniziata mangiando dalle 12.30 che si è protratta fino alle 21.00. I tempi dilatati dall’ottimo cibo, dalle chiacchiere scambiate assaggiando le leccornie campestri, in una modalità di “chill out” che sempre dovrebbe caratterizzare le milonghe.

Il significato di incontrarsi è pur questo: una chiacchiera, una bevuta, una tanda. In totale relax.

Sarà che la sede dell’Hangar, specie nella sua versione estiva con lo spazio all’aperto, si presta particolarmente, sarà che i Revoltosi sono uno squadrone oramai più che affiatato e collaudato, sarà che gli uccellini cinguettavano, l’aria profumava di fiori, il prosecco idratava la gola assetata e golosa, sarà che oramai – almeno di vista- conoscevo tutti, ma la giornata è stata davvero piacevole.

Stavamo così bene all’aria aperta che hanno dovuto suonare le trombe per farci entrare in pista, per poi uscirne poco dopo che ancora quell’assaggino lì al buffet ci mancava. Così per tutto il pomeriggio.

Cosa lasciano milonghe del genere? Un sapore di buono, non solo per l’ottimo cibo, ma per l’atmosfera davvero amicale che si crea. Non è sempre facile percepire quella bella sensazione di stare in un luogo dove si sta bene, dove ci si sente parte di un tutto, dove l’energia fluisce leggera.

Quando poi si balla con questa modalità di spirito, anche il tango ne beneficia, come se si accordasse al benessere generale.

Spesso ci penso quando vado in giro a ballare, quale è quell’ingrediente speciale che crea quel certo non so che di cui tutti godono. Una risposta me la sono data: i padroni di casa, quello che ci mettono, l’idea che hanno in mente quando organizzano l’evento, la loro modalità di “stare insieme” agli amici, agli ospiti, anche agli sconosciuti.

Maggio è iniziato con una sferzata di allegria, speriamo continui così!

Pimpra

I RONDAPIATTISTI. NUOVA FRONTIERA DEL TANGO MODERNO. #ditantointango

Post doppio. Partiamo con la notizia buona o quella brutta?

Iniziamo con LA BUONA NOTIZIA.

XTraordinary tango marathon.

Mancavo da Mantova da parecchi anni, sicuramente dalla pre pandemia, El viejo Almacen Papelero si conferma una sala ideale dove organizzare una bellissima milonga o una piccola maratona.

Il pavimento è uno dei migliori in cui ho messo piede, lo affermo con sicurezza perchè dopo 8-9 ore di fila a ballare sui tacchi non mi è mai venuto il devastante mal di schiena che su altre piste mi attanaglia.

L’atmosfera piacevole, il calore della sala e degli ospiti hanno fatto il resto.

A dispetto di quanto pensavo, una maratona “raccolta” mi ha permesso di ballare con tutti i ballerini con cui desideravo condividere abbracci, cosa che in quelle più grandi non accade spesso, quindi molto soddisfatta.

La defezione all’ultimo nano secondo di un Tj ha sparigliato le carte dei set musicali (ma su questo mi esprimo nella seconda parte). I professionisti presenti si sono alternati per coprire il buco, bravi.

Ho trovato la formula senza pause interessante, non trattandosi di una maratona stanziale, sono sempre rimasta in sala, fino a che le forze mi hanno sostenuta. Pausa cena compresa. Gli organizzatori si sono spesi per offrirci un menu composto da primo e secondo, tutte le sere. Farlo in uno spazio molto esiguo, ha richiesto una particolare premura nel servire le bocche affamate degli astanti.

A tal proposito, suggerisco, per le prossime occasioni, di fornire un tagliandino pasto, perchè più di qualcuno è rimasto a bocca asciutta non potendo scegliere la stessa offerta di cibo, dal momento che altri si erano fatti servire più di una volta, esaurendo le risorse. Non si fa, dovremmo saperlo, ma quando si tratta di fare la pappa regrediamo un po’ tutti diventando bambini che si tuffano letteralmente sul buffet.

Sono tornata a casa con una sensazione piena di piacevolezza, ho ballato davvero bene che è la cosa che spinge tutti noi a spostarci e fare chilometri su chilometri per raggiungere una buona pista.

Grazie Maria Elena e Marcello e allo staff che vi ha supportati, ci avete regalato una maratona soffice come la vostra deliziosa torta di rose!

LA CATTIVA NOTIZIA

Quanto segue non è riferito in particolare alla maratona di Mantova ma è un fenomeno diffuso ma che dico diffusissimo, in ogni latitudine del mondo tanguero.

Esiste una nuova categoria di ballerini i cosiddetti “rondapiattisti” ovvero coloro che negano assolutamente l’esistenza della ronda nella forma che noi tutti conosciamo. Per loro, andare in pista significa esprimere orbitali impazziti, senza alcuna possibilità di controllo o di logica geometrica a regolare le loro evoluzioni su pista.

I rondapiattisti sono sempre esistiti, come setta piuttosto celata, esprimendosi in unità singole, al massimo duali, in ogni milonga, nel periodo pre covid. Sono usciti allo scoperto nel post covid, invadendo le piste di tutto il mondo con l’affermazione che la ronda non esiste.

“Houston, abbiamo un problema”.

Con i miei occhi ho visto accadere incidenti in pista con una frequenza devastante: spintoni, colpi che azzoppano letteralmente, gincane assude tra coppie che stanno regolarmente procedendo.

E che vogliamo fare? Ci diamo una regolata o cosa?

Altro discorso interessante, il tj set. Prima di questa volta a Mantova, non avevo mai assistito a un’alternanza “veloce” alla consolle da parte dei tj.

Premesso che si è trattato di risolvere un’emergenza per cui – a prescindere- bravi tutti, personalmente credo che la formula non funzioni.

Mi è apparso molto chiaro come il tj debba accompagnare ogni momento del suo set musicale, accendendo la pista, portandola dentro le varie fasi, creando la buena onda che porta e sostiene l’energia dei ballerini. Ogni Tj inoltre esprime la sua personalità e la sua visione musicale che, in questo modo, risulta frammentata e non sempre coerente con ciò che prima ha preceduto o che seguirà.

Da un certo punto di vista è un peccato perchè poteva essere una nuova formula per mettere musica ma che, evidentemente, per il tango non è azzeccata. [Opinione personale, come sempre].

Osservo con sempre maggiore frequenza la presenza di principianti alle maratone. Questo mi spinge a riflettere sul cambiamento che il movimento tanguero sta vivendo. Un tempo, 15-20 anni addietro, prima di poter accedere a una maratona, si veniva studiati dall’organizzatore. Era come passare un esame: venivano valutati gli anni di ballo, lo stile, venivano indagate le referenze. Quindi una volta presi, bisognava dimostrare con i fatti di meritare quell’ingresso che significava impegnarsi, studiare, mettersi in gioco e… restare umili. Come dire: fare gavetta. Anche se partecipavi all’evento mica ti invitavano, circolo con circolo: tu facevi parte delle burbe, dovevi aspettare il tuo turno, nel mentre rubavi con gli occhi, ti facevi ispirare dai più grandi, e speravi fortissimamente di essere invitat* o di ballare con quelli più brav*.

Un percorso che faceva sì che quelli meno motivati abbandonassero. Non c’era democrazia e inclusività: o eri brav* o stavi fuori. Non c’erano così tanti eventi all’epoca, pertanto andavano sempre sold out ed esserci era come avere la tua medaglietta tanguera che non eri poi così da buttare.

Mi sembra che l’economia dei tempi moderni, obblighi, per puro budget della manifestazione, a far entrare tutti (mi riferisco sempre e solo al livello di ballo, sia chiaro), appiattendo così e uniformando l’offerta. Oramai la maratona, per lo più, è diventata una milonga che dura 3-4 giorni, dove puoi trovare il diamante ma pure molta, troppa, bigiotteria. Tempi moderni.

Per concludere il lungo pippolotto, ci auguro di ballare con varietà di anime danzanti, mescolando il nostro tango a quello di altri abbracci, di altre visioni, di diverse energie cercando quella luce che nasce da tutto questo per diventare esseri umani migliori. E’ questa la nostra magia.

Amen.

Pimpra

LA BOLLA. #ditantointango

Di Brocken Inaglory. The image was edited by user:Alvesgaspar – Opera propria, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=3779509

Fine anno, è tempo di bilanci. Un 2024 estremamente ricco per quel che riguarda la mia attività tanguera, ho preso la valigia molte volte partecipando a numerosi eventi.

Dato per scontato il piacere di viaggiare e, ovviamente, di incontrare persone, come ballerina sono cresciuta.

Scambiare abbracci sempre nuovi mi ha permesso di affinare l’ascolto, imparare a prendere nuove forme nel corpo, percepire tantissime diverse musicalità restituendo a mia volta l’interpretazione. Tutti stimoli necessari per modificare, ampliare, migliorare il mio tango.

Ho finalmente raggiunto la consapevolezza che mi permette di esprimere in libertà chi sono, ballo “nuda”, non ho più il pudore di mostrare nell’abbraccio ciò che sento, ballo al 100%.

Aprire la porta delle emozioni legate alla musica e all’abbraccio mi ha resituito, molte volte, uno stato di grazia che definisco “la bolla”.

Quando la musica entra e disegna all’interno della coppia arabeschi fiammeggianti che pulsano dall’uno all’altro corpo, rispondendosi in totale affinità, la pista, le altre coppie, i rumori di fondo, le luci, il pavimento, i dolori del corpo, magicamente spariscono perchè si balla nella bolla.

Per entrarci è necessario aprire tutti i canali che il tango chiede e chiuderne uno: il pensiero razionale, quello che non sente, non ascolta ma pensa. Dopo che la tecnica è dentro di noi, lavora per noi, il cervello non serve più, il corpo sa già cosa fare.

Le volte in cui sono entrata nella magia della bolla con i leader, entrambi abbiamo concordato che la tanda aveva un sapore speciale, diverso, più intenso, unico. Difficile da definire. Forse la bolla rappresenta la massima espressione della connessione, forse è qualcosa in più. Credo si tratti di una connessione di anime che si guardano, si toccano, senza filtri, senza inganni, in totale verità.

Ho ballato tandas meravigliose che posso definire gioiose, sensuali, ritmiche, a volte semplicemente ginniche ma, seppure il divertimento non mi fosse mancato e neppure il piacere, non c’era quell’ingrediente segreto che solo la bolla regala.

Sono sempre più convinta che ballare e ballare bene richieda una grande dose di coraggio. Solo se siamo disposti a mostrarci veramente, a vivere il “qui e ora” come se fosse l’ultimo istante della nostra vita, dando al momento un valore enorme, ecco, in quel caso si creerà con il nostro partner quell’alchimia unica capace di creare la dimensione bolla.

La mia esperienza mi dimostra che una follower che entra nella bolla possa anche mettere in crisi il leader, perchè gli arriva un sacco di roba e, riceverla, gestirla, assumerla, non è per tutti. Lo stesso discorso vale al contrario ovviamente. Purtroppo siamo abituati a vivere sulla superficie delle cose, crediamo di sviluppare potenti relazioni umane ma, in realtà sono solo conoscenze superficiali, così non siamo più abituati a mostrarci a dare e a ricevere l’altro.

Ho avuto il piacere e l’opportunità di ballare con fior fiore di ballerini che mi hanno offerto musicalità, un sacco di tecnica ma dei quali percepivo quella porta chiusa: qui non si entra. Tande bellissime, per carità, ma prive di quella carica di vita che solo la bolla può creare.

Quest’anno di tanto tango mi ha vieppiù confermato che ballare tantissimo è la sola strada per crescere. Studiare sempre, mettersi in discussione, osservare quello che accade in pista, come si muovono i giovani, dove sta andando il tango, sono elementi essenziali per mantenere vivo il proprio linguaggio di tanguer*.

Mi auguro di continuare ad essere coraggiosa, mettendo la mia anima a nudo dentro l’abbraccio che mi cingerà, fidandomi della riposta che riceverò, di un’altra anima che si specchia nella mia.

La bolla, in fondo, è il cerchio di un abbraccio che tende all’infinito.

Pimpra

AMARCORD WELCOME BACK HOME. #ditantointango

immagine di Sandra Milena

La donna con la valigia, questo fine settimana si è fermata nella ridente e grassa Bologna, accolta da giornate che sembravano primavera inoltrata non i primi di novembre.

Amarcord è tornata alla sua location storica, l’UNA Hotel fiera, dopo un’edizione ospitata presso la casa di quartiere “Katia Bertasi” (il post qui), indossando nuovamente l’abito di maratona stanziale, per me il preferito.

Impagabile scendere in flip flop e recarsi in sala, risalire anche per prendersi una mezz’ora di break, perdersi in chiacchiere negli spazi dedicati dell’hotel, avere serviti i pasti proprio quando lo stomaco e le energie ti suggeriscono di sederti e mangiare, meglio se in piacevole compagnia. Il cervello lo lasci sul comodino della stanza dell’hotel, non devi pensare a nulla, solo a divertirti e ballare.

Per me la quinta volta, una maratona che non porta i fastidiosi segni del tempo, restando sempre un evento fresco, dinamico dove il mix di età e provenienze dei partecipanti garantisce a tutti di viversi abbracci da scrivere nel taccuino dei ricordi.

Da “veterana” sono tornata a casa con un bagaglio di emozioni che resteranno con me, tande attese per anni che finalmente hanno trovato la via dell’abbraccio, tande che hanno scolpito memorie indelebili, tande giocose, tande appassionate, un caleidoscopio brillante di pura gioia.

Sarà che il luogo mi è noto, ma non mi è stato difficile individuare gli spazi dove lanciare e ricevere mirade, perchè, diciamocelo chiaro, la sala perfetta da questo punto di vista, è quasi impossibile da trovare specie se si ha necessità di fornire una serie di servizi aggiuntivi.

Le tradizioni di maratona, come la degustazione dell’ottimo parmigiano, sono state rispettate, così come si è aggiunto un pensiero dedicato ai più piccoli (e ai loro genitori) con il servizio di baby sitting. Questo è saper organizzare, mettersi nei panni di tutti e rispondere alle numerose esigenze.

Partecipare a più edizioni di un evento permette di vedere il fim della vita che scorre, coppie che si formano, bambini che arrivano, il filo del tempo che si srotola a ritmo di musica.

Resto sempre dell’idea che per far funzionare una maratona bisogna metterci cuore e tantissimo impegno, quello che non manca sicuramente all’abbinata dei suoi ideatori, Antonella e Fabio e a tutto il loro numeroso staff di aiutanti. Grazie.

Casa resta casa e noi felici di esserci ritornati.

Pimpra

800 Tango Party: un weekend di ballo e amicizia a Ferrara. #ditantointango

La donna con la valigia.

Anche questo fine settimana è stato l’opportunità per allontanarsi dalle rotte domestiche e giungere nella ridente Ferrara. La città ci ha accolto al suo meglio, due giornate dal clima mite e asciutto, il tempo di fare shopping nei negozi del centro prima di tuffarsi dentro la buena onda della festa.

Il teatro Verdi, sede dell’evento, lascia senza parole, una struttura riadattata e resa multifunzionale ha ospitato 350 tangueri provenienti dalla penisola e oltre. Abbiamo ballato su una pista sovrastata da una cupola che sembrava quasi di toccare il cielo, una struttura ovale, piuttosto insolita.

Mi accade sempre più spesso di utilizzare il primo giorno dell’evento, qualunque esso sia, per prendere confidenza con gli spazi, anche in questa occasione è stato così. A volte, sarà per stanchezza o raggiunti limiti di età, confrontarmi con ambienti nuovi, grandi, mi mette un po’ in crisi e mi fa partire in sordina. Una volta dominato lo spazio è come se mi si accendesse la festa ed ogni singolo elemento trovasse il suo posto.

La versione lunga dell’800 Tango Party ha mantenuto le promesse, nonostante qualche perplessità emersa dalla logistica dell’intero complesso teatrale.

Il servizio che ne è stato penalizzato è senza dubbio il buffet che, per le limitazioni strettissime imposte dalla struttura ospitante, non sempre è riuscito a soddisfare le elevate aspettative degli ospiti presenti.

Il tema è che quando sei posizionato nel mercato dell’offerta tanguera come l’evento che offre incredibili coccole al palato, la gente si aspetta di trovare sempre i fuochi d’artificio. Non che non ci siano stati, ci mancherebbe, ma l’erogazione delle pietanze è stata messa in difficoltà dalle limitazioni imposte dall’alto costringendo tutto il personale a fare i salti mortali per provvedere alle necessità.

A parte questo piccolo dettaglio, ampiamente compensato da certe chicche da leccarsi i baffi, l’atmosfera che abbiamo respirato è stata sempre gioiosa e molto amichevole. Ritrovare gli amici, incontrarne di nuovi, scambiarsi abbracci sotto la cupola bluette ha reso la festa grandissima.

Alex Parise si riconferma ospite premuroso e attento sempre in ascolto delle esigenze dei suoi numerosissimi ospiti.

Sono tornata a casa raggiante, mi sono divertita molto, ho ballato tanto, mi sono tolta pure soddisfazioni di palato ma cosa volere di più? Semplice: la prossima edizione!

Ci sono certi marchi di fabbrica che non deludono mai, 800 Tango Party è uno di questi.

Pimpra

DI ROSE E DI SPINE. #ditantointango

Questo post è composto da due parti. La seconda vi darà fastidio, già ve lo dico. Ma non voglio più tacere.

PARTE PRIMA: EROICA TANGO MARATHON

Torno da uno squisito weekend di maratona in una città che amo molto: Torino. La 7° volta di Eroica che ho avuto il piacere di visitare per due edizioni negli anni pre Covid. Ero molto curiosa di tornarci per i ricordi piacevoli che ne avevo.

Non sono stata delusa, Eroica si conferma una tappa da segnare nel panorama degli eventi italiani. Il sito mi piace assai, affacciato alla Dora, una pista enorme, ampie vetrate, luce, aria, il pavimento di legno, posato in modo non convenzionale.

Scelte musicali molto apprezzate da parte dei tj, ma ho imparato che questa è anche una questione di gusti, ciò che piace all’uno non è detto sia gradito all’altro. A me sono piaciuti moltissimo.

Tante piccole dolcezze pensate per gli ospiti, quelle cortesie che lasciano un piacevole ricordo di un’atmosfera accogliente, ospitale, aperta.

Non ho percepito la presenza di quei maledetti gruppi che rompono l’onda lunga del mescolarsi delle diverse correnti, quella di conoscere e ballare con persone nuove, evviva.

E poi i torinesi sono sabaudi, hanno modi eleganti, accolgono con classe, sono discreti, è sempre un piacere incontrarli.

Ho ballato molto, mi sono davvero divertita e torno a casa con un bagaglio di bellissime emozioni tanguere. Ciò che tutti cerchiamo in eventi di questo genere.

BRAVI tutti, gran bella edizione!!!

PARTE SECONDA: I SASSOLINI NELLA SCARPA

E dopo la rosa, arrivano le spine, che non sono rivolte a questo evento in particolare, ma a tutti gli eventi a cui di recente ho partecipato.

La prima assoluta cosa che mi manda ai matti è la totale mancanza di controllo della ronda. Ho sempre pensato che i milongueros talebani fossero, appunto, talebani, ma devo ricredermi. L’assenza totale di ronda crea una situaizone ingestibile per tutti coloro che sanno ballare e desiderano farlo bene.

Allo stato delle cose, dopo il covid che ha segnato un punto di rottura con il movimento tanguero degli anni 2010-2020, in pista si trovano i supersiti della “vecchia” generazione con quelli della nuova. Il che, in senso assoluto, non solo manifesta il farsi naturale della vita, ma rappresenta pure il passaggio del testimone verso la nuova era. Così come deve essere.

La convivenza però si sta rivelando piuttosto difficile poichè, a fronte di coloro che sono stati cresciuti con la conoscenza dei codici basici della milonga: rispetto della ronda ed educazione in pista (entrata e uscita) e gestione del movimento (leggi “passi/strutture”) della coppia nel contesto della ronda stessa, ci sono le nuove leve che se ne fregano alla grandissima di queste regole basiche. O forse, semplicemente, i loro maestri non hanno ritenuto abbastanza importante e non hanno insistito a sufficienza per insegnargliele.

Un tempo la maratona esprimeva l’eccellenza dei ballerini, tanto che i maratoneti erano considerati gli spacconi, quelli che se la tiravano. I maratoneti ballavano nel loro circolo magico, eventi nei quali si entrava solo se il livello di ballo raggiungeva un minimo standard che era ben più alto della sufficienza.

Le maratone moderne sono sicuramente più democratiche ma, di contro, accolgono soggetti che non hanno assolutamente la competenza per poter stare lì. Con la parola “competenza” intendo la padronanza delle tre regoline sopra esposte: rispetto della ronda, educazione in pista, gestione del proprio movimento.

La parola educazione, ne vogliamo parlare? Può capitare a tutti di avere un contatto nella dinamica del ballo ma, almeno, ci si scusa, non si fa finta di niente e chissenefrega. Se la coppia che ci precede non si muove, non la si invita ad andare avanti semplicemente speronandola.

La ronda, ogni ronda, specie quella di maratona, non è il teatro dove mostrare il campionario di figure, molte volte prestate da esibizioni di professionisti (che ballano DA SOLI su un palco), che il lui o la lei di turno esibiscono per sentirsi più cool. No, decisamente no.

Il tango cerca altro, vuole connessione profonda, vuole pause, vuole respiri di anime danzanti, vuole movimenti che raccontino una storia, un’emozione, non un’immagine per la bacheca di instagram.

Cosa sta succedendo?

Avrei altro da dire, per oggi mi fermo qui. Credo che noi tutti dovremmo farci un esame di coscienza e cercare di portare in pista la parte migliore di noi stessi come ballerini che si trova esattamente nella direzione opposta all’espressione della nostra vanità e del nostro ego strabordante.

Amen, andate in pace.

Pimpra

LISBONA TANGO MARATHON: THE GREAT 5#. #ditantointango

Resterà nella mia memoria questa quinta e ultima (mai dire mai!) edizione di Lisbona tango marathon.

Resteranno i colori vividi della città nel rincorrersi dei suoi azulejos e delle nuvole in cielo. Resterà la caciara festosa dei giovani che inondano le strade in un tripudio di festa continua. Resterà il sapore dolce e cremoso del pastel de nata, il sapore ferroso e robusto del bacalao in tutte le sue sfumature. Resterà l’atteggiamento rilassato dei portoghesi che, pur nel fastidioso trambusto della metropoli, paiono mantenere un distaccato aplomb. Resteranno le meravigiose chiome degli alberi di Jacaranda che appaiono dentro piazzette improvvisate create dalla salita a pastini dei quartieri della città vecchia.

Resterà la sensazione di aver sentito delle note di fado, scappate dalle intimità delle finestre aperte accompagnate dalla brezza costante che accarezza la città.

Con uno scenario del genere, era difficile non avere il mood perfetto per affrontare la maratona, la mia terza maratona all’estero.

Tutti noi amanti del tango dovremmo spingerci oltre i confini della penisola, non solo per fare i turisti, ovviamente, ma per confrontarci con l’altro, il diverso da noi.

Non è stata una maratona “facile” da un punto di vista di puro ballo. Ho vissuto la frustrazione di non essere invitata, di non essere vista. E ho vissuto anche l’esatto opposto, la gioia di tande incredibili, con ballerini stupefacenti. Un sali scendi di sensazioni e di emozioni perfettamente in sintonia con la geografia collinare della città.

Mi ha insegnato molto questa esperienza che metto nel cofanetto dei tesori, pietra miliare da conservare con cura. Il confronto più intenso con partner stranieri ha evidenziato in modo incredibile le differenze nel “sentire” e quindi nel “vivere” ogni singolo segmento di ballo. Che incredibile arricchimento!

Bisogna sforzarsi e andare, sempre, nella vita e nel tango. Uscire dalla zona confort, sbatterci il muso (le serate no, quelle che non partono e hai voglia di mollare tutto per poi essere ripagata con momenti di pura gioia che arrivano inaspettati). Bisogna starci, godere e a volte soffrire, ma sempre imparare, evolvere, confrontarsi con i propri limiti.

L’organizzazione non ha avuto sbavature, la location meravigliosa, il vecchio mercato riadattato a zona ristoranti, la pista era capiente, i dj set di pregio, un ottimo mix di nazionalità che ha reso la ronda davvero variegata.

Fortunatamente per me, la compagine di italiani era nutrita, la mia copertina di Linus quando mi sentivo Calimero, arrivavano gli amici e mi raccoglievano nel loro affettuoso abbraccio e poi via, mi passava il malumore e tornavo a godermi ogni istante di musica.

Ho apprezzato tutte le cortesie per gli ospiti che Augusto e la sua numerosa squadra ci hanno offerto, il sacchettino maratona, contenete il mug di ferro (indistuttibile!) e il ventaglio. Tre oggetti assolutamente utili che continueremo a usare anche dopo. L’open bar, alcolici compresi, ha dissetato le ugole più esigenti. Il buffet gestito come solo uno chef poteva fare, con ritmo, senza lunghe attese o sbavature di sorta.

L’edizione n. 5 si merita il massimo dei voti chiudendo con lode il cerchio della maratona. Mi resta un po’ di saudade, perchè le esperienze belle è bello poterle rifare, ma qualcosa mi dice che non è veramente finita qui.

Obrigada.

Pimpra

COLEGIALA #9 OTTIMO GIRO DI BOA VERSO LA GRANDE #10 EDIZIONE! #ditantointango

Settembre ha almeno tre facce: le ferie tardive, l’autunno astronomico e metereologico e la Colegiala.

Vero che in giro per l’Europa ci sono millemila maratone ma la Colegiala è sicuramente unica nel suo genere.

Ho perso il conto delle edizioni a cui ho partecipato, come se, entrata all’asilo ora fossi una studentessa dell’università, il tempo passa, si vede sui volti e sui corpi, ma la Colegiala resta fedele a se stessa, eternamente giovane, fresca come una Dorian Grey dei tempi moderni.

La formula è magica, un combinato disposto di location, la colonia estiva della Fiat degli anni ’30 del secolo scorso, il mare che ne lambisce il perimetro, il baretto sulla spiaggia che inizi con il caffè e concludi la mattinata a prosecchi, e una pista da ballo di ampio respiro dove scatenare la passione tanguera senza freni.

Ogni volta che scendo dalla macchina e mi avvio al desk di accoglienza, rido, mi entra una gioia puerile quando mi trovo laggiù. Sono iniziate le vacanze, il pigiama party di tre giorni con gli amici (pigiama? ma quale pigiama che si dorme una manciata di ore per notte!), un’allegria istintiva che benedice di sé tutti i pervenuti.

Colegiala è anche la preparazione del look per il sabato sera, perchè – diamine! c’è la festa a tema e che vuoi essere il solo che non si traveste? Ogni anno una sfida di creatività che produce gli outfit più divertenti che abbia mai visto. Quest’anno Dirty Dancing ci ha trovati un po’ tutti spaesati che gli abiti del film non erano ancora perfettamente connotati di un’epoca.

Il programma, come una vera colonia estiva, offre numerose attività collaterali di intrattenimento (lezioni di pilates, streching, folklore argentino), come se ballare non ci fosse sufficiente. Ho visto che nel complesso residenziale c’è una bella piscina e non ho mai letto di lezioni di nuoto… si potrebbe rimediare per la prossima edizione.

La musica è il filo rosso che lega i momenti di ballo con selezioni di alto livello, il buffet con le merendine di frutta, banane a go go e assaggi vari di prelibatezze “made in Italy” che pure a noi italiani fanno scendere l’acquolina in bocca.

Alla Colegiala torniamo giovani e spensierati, peccato che dura solo lo spazio di un weekend e poi si torna nella routnaria e rutilante vita di tutti i giorni che, a volte, prova a cancellarci quel radioso sorriso.

Prepariamoci per la #10 edizione sono certa che saprà stupirci più che mai!

Grazie al dream team dei Colegiali che non sbaglia mai un colpo, questa edizione, per me, una delle migliori!

Pimpra

LA LATINA RELOADED. UN MARCHIO DI FABBRICA #ditantointango

Fine settimana lungo in una assolata e caldissima Roma, contavo i giorni come i bambini che aspettano le vacanze estive, non vedevo l’ora di partire. Gita con amici che è la cosa più divertente che si possa fare.

La fortuna ha voluto che il viaggio iniziasse il giovedì, per essere presenti sin dalla vigilia, alla pre-marathon, per non perdere nulla, per farla tutta, per godere di ogni istante. Viaggiare in macchina ci ha evitato di essere ostaggi del bug di Microsoft che ha letteralmente fatto saltare il sistema: aerei e treni cancellati, ritardi apocalittici, tangueros che non sono riusciti a partire, altri arrivati con un giorno di ritardo.

La kermesse di ballo è iniziata con un delizioso “pizza party” che ha permesso di rompere il ghiaccio, ritrovarsi con gli amici di sempre e con quelli che si incontrano meno di frequente. Alla sera la pre-marathon più bagnata di ogni tempo (una centralina elettrica incendiata nel quartiere ha messo ko la fornitura di energia), eravamo tutti così sudati che faceva quasi ridere ma, nonostante gli ottomila gradi, era impossibile mollare il colpo fino a che, nel mezzo della notte, la centralina è stata riparata e – miracolo!- si è potuta accendere l’aria condizionata.

La formula “all in” della maratona per me resta sempre una scelta vincente. La vivi al massimo, la vivi comoda, non devi pensare a nulla, solo a ballare a divertirti a conoscere persone, per l’intero weekend.

Cosa c’è di più godibile che riposare il corpo dopo le fatiche della pista, immergendosi nella piscina dell’hotel, prendere la tintarella a bordo vasca, in compagnia, tra risate e chiacchiere in un melting pot incredibile di persone, dai quattro angoli del globo?

La Latina reloaded non è per i deboli di cuore, in pista si trova un livello di tango siderale, come ci avevano abituato tutte le edizioni precedenti, la maratona dove i maestri di alto rango, i professionisti, vanno a divertirsi. Una gran quota di giovanissimi incredibilmente talentuosi che era un piacere guardarli, e poi quelli come me, di sicuro in minoranza, a completare l’incredibile parterre.

Il programma è stato, come sempre, impeccabile: tj set favolosi e variegati, ospiti cosmopoliti, l’intrattenimento che ha spaziato dallo show cooking, alla degustazione olio, alla degustazione vini ai pizza party, al gelato time che mai nella vita mi sono scofanata tre coppette di fila da quanto era buono , siamo in Italia e promuoviamo la nostra enogastronomia. Spazio relax a bordo piscina, con una gentilezza in più per gli ospiti: il cuscinetto per il mare personalizzato da portarsi a casa, senza dimenticare la scatolina di liquirizia Amarelli personalizzata con il logo maratona. Tanti piccoli dettagli che evidenziano la cura e la ricerca del progetto di base.

Menzione a parte per il contenitore della manifestazione, l’hotel dove eravamo ospiti, che non si è del tutto rivelato all’altezza della situazione.

Probabilmente solo chi ha partecipato alle edizioni precedenti ha percepito questo disallineamento, i neofiti, al contrario, ne hanno apprezzato ogni aspetto, senza se e senza ma. Il tema è che quando abitui i tuoi ospiti a standard qualitativi elevatissmi, questi definiscono il posizionamento dell’evento e ogni minimo scostamento dall’eccellenza viene percepito.

Sono tornata a casa carica di stimoli tangueri, di tantissima voglia di migliorare il mio tango. Ho visto cose in pista che voi umani non potete immaginare, ho invidiato (bonariamente) i talentuosissimi giovani che ballano in modo mirabolante, ho toccato con mano che il tango è un linguaggio in evoluzione continua e poterlo vivere e godere in eventi come questo, resta sempre un grandissimo arricchimento personale.

Ben consapevole della fatica fisica ed emotiva che è stata, ringrazio i meravigliosi Mauro, Antonio, Bobo, Fabrizio, Eleonora e lo staff che li ha coadiuvati per averci regalato un’altra memorabile edizione. Non resta che aspettare le date della prossima!

Pimpra

 

 

 

 

 

 

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