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Ci sono giorni in cui non succede niente. Non un pensiero brillante, non un desiderio, non un sogno da fare ad occhi aperti.
L’estate finalmente brucia sulla pelle, ma tu non sei sintonizzata su quell’onda calda.
Telefonate lunghe, confidenze sussurrate. Ti rendi conto che la tua vita è uguale a quella di mille altri. Rincuora ma fa pensare.
La noia si abbatte dentro ore bruciate di sole. Una voce ti rimprovera e ti dice così non va bene.
Da sola mi sento un gigante. La libertà che ho nelle mani esplode in scintille di godimento. No non posso ridurmi a vegetare, voglio vivere.
L’acqua è di un tenue azzurro, riflette le piastrelle chiare del fondo della piscina. La luce è così potente che trafigge le pupille. Respiro il delicato aroma del cloro. Ascolto il canticchiare dell’acqua mossa da mani asincrone. Mi connetto. Indosso la cuffia, gli occhialini scuri e salto dentro il liquido.
Bracciata dopo bracciata il pensiero svanisce, la mente si libera. Uno due uno due. I punti di leva del mio corpo si fanno caldi e morbidi. Il corpo prende la forma dell’acqua.
Non sono più un’atleta, il mio ritmo è lento e inesorabile.
Uno due, uno due.
Non c’è più nulla intorno, solo lo sciabordio dell’acqua, la luce che riverbera forte, il respiro ritmato e il cuore che accompagna questa danza.
Viviamo in un mondo a tratti stupefacente e terribile, fatto di straordinarie possibilità e di prigioni incredibili, un mondo, o meglio una società che celebra e seppellisce le persone a velocità supersonica.
Credo sia la storia dell’umanità rotolare in discesa verso una meta indistinguibile, rimestare le carte in gioco, modificare le regole, aumentare la velocità.
Il racconto di questa corsa verso il nulla è tempestato di miti che ogni modernità ha affisso nel suo tempo.
Il corpo, nostro motore, fonte di esistenza fisica, è divenuto sempre più significante improprio di un significato in continua trasformazione. Corpo che dovrebbe essere racconto personalissimo e unico con cui l’essere umano celebra il suo vivere, invece…
Ricordo perfettamente la mia adolescenza senza social ma con le riviste di moda che imponevano un’ideale di fisicità/femminilità siderale.
Ricordo lo scoramento che provavo dinnanzi all’evidenza di come fossi divergente da quei modelli imposti, ricordo le prese in giro per il mio fondo schiena abbondante e le tette piccole. Ferite mai rimarginate.
Nel mal di vivere o forse nel vivere male in quanto bersagli di messaggi sbagliati, forse i giovani di oggi hanno una possibilità in più per far sentire la loro voce. A fronte degli odiatori che, a sensazione, sono molto presenti in fasce di età più adulte – il che sembra essere una contraddizione, i giovani, o almeno molti di loro, ritagliano e difendono con forza la loro identità “differente”, scegliendo di allontanarsi dai condizionamenti sociali.
Molti ragazzi esplorano liberi la loro sessualità, non facendo mistero se essa sconfina i canoni tradizionali, giocano con il loro aspetto, rivendicando una libertà che diventa anche potere espressivo.
Numerosi adulti, penso in particolare a quelli dai 45 in su, covano un grande risentimento, un rancore, una gelida rabbia come se tutto ciò che nella loro vita non ha funzionato, meritasse di ricadere sugli altri. Leggiamo spesso di liti sui social scaturite da commenti ignobili scagliati contro altri esseri spesso sconosciuti, come se deridere, distruggere, infamare, seppellire l’altro, fosse il solo modo per risolvere i propri conflitti interiori.
La splendida Vanessa Incontrada posa nuda a difesa del suo e dei nostri corpi, rivendicando la libertà di essere se stessa, nel suo unico canone, ovviamente inverso rispetto a quanto la società attuale disegna.
Siamo sempre più vetrina aperta al mondo e così fragili dinnanzi agli altri e a noi stessi. Forse dovremmo fare un passo indietro e riconoscere che la sostanza migliore di cui siamo fatti è il cervello, con buona pace di tutti gli odiatori seriali.
Coltiva il pensiero e nutri il tuo corpo chissà non sia questa la strategia per vivere finalmente sereni.
Domenica. Facciamo che è un giorno diverso dagli altri, facciamo finta.
Per prima cosa non ho ascoltato il bollettino di guerra.
Per seconda cosa mi sono fatta “meno cessa”: capelli, ceretta, crema corpo, profumo, sostituzione completa del combo quarantena.
Pulita, profumata, liscissima in tutta me, sono uscita nel giardino.
Primavera esuberante, uccellini in piena attività, i primi colori dei fiori novelli, una deliziosa bava di vento. Una cornice perfetta, ideale per dimenticare, per un istante, il demonio invisibile.
Ricerca e oramai scontato ritrovamento del quadrifoglio di ordinanza da dedicare, amuleto riscoperto, agli amici dei social.
Sono una privilegiata, ospite di una dimora con giardino e grande abbastanza da non togliere il respiro. Sono una privilegiata.
Sebbene parta da una condizione di vantaggio rispetto a molti amici costretti in meno piacevoli clausure, lo spirito mal si adatta allo stop forzato. Quindi 100 passi per le immondizie paiono già una libera uscita, qualche raggio di sole da prendere in t-shirt e lo sforzo di mantenermi positiva, ricacciando al destinatario tutti i pensieri funesti che mi arrivano.
Fare 200 passi respirando a pieni polmoni un’aria incredibilmente tersa ha mosso qualcosa dentro.
Musica nelle orecchie, piedi sull’erba e via mi sono scatenata in quello che chiamerò lo “Stretching evolutivo”.
Adesso vi spiego, perché è praticabile ovunque:
musica a random negli auricolari, o, se siete metodici, scegliete la playlist preferita, o le sonorità che voi sapete ricaricarvi l’animo.
iniziate a muovere il corpo senza senso, magari ispirati dalla musica, lasciatelo letteralmente fluire dentro la musica, senza vergogna, senza ritegno, nei movimenti più assurdi, creativi, sgraziati, ampi che vi vengono
se ne avete la possibilità usate uno specchio dove vedervi, oppure le finestre del soggiorno, il contatto visivo è importante. Rafforza la connessione con noi stessi, impariamo dai movimenti sgrammaticati che facciamo a raccontarci una storia senza parole
nel frattempo respirate sempre più gioiosamente, più profondamente
il mio stretching è partito da movimenti veloci, forse suggeriti dalla musica che ascoltavo, poi, piano piano il corpo si è fatto più quieto, con movimenti lenti, ampi, delicati, fluidi. Una sorta di danza del respiro
dal momento della “quiete”, naturalmente, ho accarezzato i chakra, movimentandoli dal basso verso l’alto, come a sbloccare il loro flusso. Premetto che tutti i movimenti sono stati chiamati dal corpo regista dei movimenti.
la mente sopita in totale godimento di questi gesti senza senso ma di grande benessere
ho finito respirando alzando le braccia, come si fa alla fine di un allenamento, ma girando il corpo sui 4 punti cardinali. Su uno in particolare respirare mi dava piacere maggiore.
Questo curioso stretching sarà durato forse 20′, non lo so, ma garantisco l’effetto mirabolante sull’umore, sull’allegria, come una sorta di risveglio di una energia vitale rimasta assopita.
Vi suggerisco di provarci, potreste scoprire degli ineguagliabili benefici sull’umore.
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