GEOMETRIA PER TANGUERI SMARRITI. #ditantointango

Con i numeri non ho mai fatto pace. Davanti a un’equazione, mi si spegne il cervello. Eppure, alla maturità del classico, portai fisica. Perché? Perché mi faceva pensare.

Se persino io sono sopravvissuta alla fisica, le linee geometriche che compongono il “muoversi in ronda”, sono alla portata di TUTTI.

Andare in ronda: girare in tondo.

Un concetto che mi sembra piuttosto elementare nella sua applicazione ma che, nei fatti, non lo è affatto.

Sempre più spesso accade, dalle milonghe sottocasa, a quotate maratone che il muoversi su pista dei ballerini segua le regole dell’entropia universale. Un’esplosione di traiettorie impazzite, come se ognuno ballasse un’apocalisse personale. La fluidità? Sparita. Il comfort? Un ricordo.

Pare che i codigos della milonga siano diventati reperti archeologici piuttosto che solide basi con le quali misurarsi.

E’ anche una questione di educazione e di rispetto, verso il proprio partner e gli altri ballerini.

Quelli che entrano in pista senza chiedere l’ok. Quelli che si lanciano in furiosi inseguimenti (a chi poi? a cosa?). Quelli che indugiano per troppo tempo prima di muoversi creando un fastidioso stop al fluire naturale della ronda.

Oramai in pista accade di tutto.

Più che uno spazio dedicato al tango è diventata l’arena dove esibire conoscenze che – di solito, non si possiedono.

Il disordine incontrollato va a detrimento del buon ballo di tutta la pista.

I leader consapevoli non possono dedicare concentrazione alla musica, alla partner, all’interpretazione del ballo. E’ una una gara di sopravvivenza tra ego sovradimensionati e improvvisati acrobati del caos.

Le stesse follower che di ronda poco si interessano, non vivono bene la situazione. L’energia della pista non è omogenea, non vi è un’onda che accompagna il fluire. Il caos crea dissonanza.

Come risolvere?

Innanzitutto partire dalle basi: gli insegnanti devono insistere sul punto, la ronda serve e va rispettata.

Una volta usciti dalla scuola, ogni ballerino dovrebbe continuare a mantenere quella consapevolezza e adattare il suo stile di ballo allo spazio a disposizione, alla densità di ballerini, alla musica.

Tutti siamo stati neofiti e ci siamo fatti prendere la mano quando abbiamo imparato ad eseguire nuove strutture, la sfida sta nell’utilizzarle per “ballare” non per “performare” come se si stessero calcando le assi di un palco, durante un’esibizione.

Serve una buona educazione, di quelle che non si imparano solo a lezione, ma anche stando zitti, guardando, ascoltando la ronda come fosse una preghiera.

Non sono discorsi da vecchi, sono osservazioni tecniche.

Immaginiamo di fare invasione di campo mentre giochiamo una partita a pallavolo. Che accade? PENALITA’.

Con il tango come potremmo arginare il fenomeno dei “fenomeni” in pista?

Con coraggio. Credo non resti altro.

In eventi di una certa dimensione, se sono presenti i disturbatori seriali, dovrebbero essere prima “ammoniti” e poi, se recidivi, cortesemente invitati ad andarsene.

Fattibile?

Volendo dare una certa forma alla milonga credo sia la sola soluzione possibile. Il retro della medaglia potrebbe essere la cattiva nomea affibbiata a quell’organizzatore così severo.

Se avete altre soluzioni o idee sono ben felice di ascoltarle.

In pista, come nella vita, il rispetto delle forme genera bellezza. Non serve un genio della fisica per capirlo.

Pimpra

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Tango, amore e altre catastrofi. #ditantointango

Cosa c’è di più bello di ballare una tanda legati in un abbraccio che profuma d’amore? Magari condito di una buona dose di frullato di ormoni?

Musica che soffia sul fuoco della passione, accende l’intesa, aumenta quel senso di appartenenza dell’io al tu?

Ok smettiamo di raccontarci le favole: non sono tutte rose e fiori!

Molti amici non tangueri mi chiedono come potrebbe essere iniziare il percorso di studio con il loro partner sentimentale.

Un tempo, da inguaribile romantica quale sono, avrei risposto: meraviglioso.

Oggi, da “risvegliata”, affermerei: non fatelo!

GIOIE E DOLORI DEL BALLO IN COPPIA.

Tra i vantaggi sicuramente la disponibilità del partner nell’affrontare il lungo (lunghissimo) percorso di studio.

Innegabile plus la comodità di essere coppia per partecipare ad eventi con iscrizione.

Se la coppia è fresca, giovane (sta insieme da poco), cingersi in un tango, beh, diciamocelo regala una bella botta di endorfine.

MA…

Vogliamo affrontare tutti i piccoli e grandi disagi che si presentano davanti, come minuscoli o immensi ostacoli da superare per i piccioncini che vanno a ballare insieme, coppia sentimentale.

LE REGOLE

Dopo le prime mega baruffe consumate dentro o fuori dalla pista, gli innamorati si danno delle regole, un loro cerimoniale non scritto per affrontare la serata danzante.

La prima e l’ultima tanda sono mie, tuona lei che ha bisogno di sentirsi rassicurata di essere il solo e unico soggetto di desiderio, danzante e non, presente in sala.

Non puntarmi sempre gli occhi addosso quando miro le altre, se non lo faccio non posso ballare, rincara lui che si sente dentro la casa del Grande Fratello con mille occhi addosso che registrano ogni suo movimento.

Questi sono solo due tra i tanti riti che la coppia si dà per non uscire dalla milonga con l’appuntamento dall’avvocato divorzista già prenotato.

Ma, non basta.

Tutti hanno sperimentato, da parte di lui e lei, la BLACK LIST dei ballerin* con cui vige il divieto assoluto di ballare, di mirare, di scambiare qualche parola.

Nulla è più irresistibile di una regola proibitiva: alla prima occasione balleremo proprio con il pirata (o la piratessa) RED FLAG. Come si dice: lontano dagli occhi, lontano dal cuore.

Andiamo la lezione. Territorio neutro.

Le baruffe micidiali che ho visto e vissuto sulla mia pelle con il partner sentimentale. Imparare è anche un gioco di potere dove si riaffermano gli equilibri forti all’interno della coppia, nessuno è disposto a cedere su territori faticosamente conquistati.

Capiamo bene, è un problema: rinfacciare gli errori o le inesattezze del partner con fare insistente o- peggio, insultandolo malamente, non porteranno lontano. Anzi no, spingeranno la coppia direttamente sull’orlo del baratro. Non solo tanguero.

Libertà.

Se ballo in una dimensione psicologica nella quale mi sento libero, ballerò meglio. Senza preoccupazioni di come si sente il mio partner di vita, senza sentirmi a disagio perchè lui/lei si sta divertendo massimamente mentre la mia serata non decolla.

Ci sono tantissime sfumature che possono essere direttamente letali per una coppia che non sia ben equilibrata, stabile, con basi forti.

Per tutti gli altri è come mettere la prua della nave puntando dritto dentro la tempesta.

Può essere una prova (AUGURI!), può essere un escamotage per finirla prima (epperò siete bastard*! non è meglio dirsi prima che non siamo più convinti di stare insieme?), può essere anche la celebrazione dell’amore, dell’armonia, della complicità.

Personalmente ho vissuto entrambe le possibilità: ho ballato da moglie (ora ex – guarda un po’! 😉 ), da compagna, da single.

Il tango migliore, secondo me, lo ballo da single. Nessuno mi scruta, nessuno mi giudica e vado a casa a serata finita con il cuore leggero.

A voi la scelta!

Pimpra

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BALLARE PER NON CROLLARE. IL TANGO OLTRE LA CRISI #ditantointango

Immagine di Radu

Non è sempre tutto scintillante.

Una festa dentro la notte, un farsi dell’alba stretti in abbracci indimenticabili.

A volte è maschera di un sorriso che nasconde una ferita.

Ballare -come lo sport, e forse meglio ancora- ci connette al corpo, che è la più potente medicina quando l’anima e il cuore soffrono.

Il corpo ci riporta nel qui e ora. Ci ancora alla realtà. Ci tiene vivi.

Nel 2023 il mio piccolo mondo mi è crollato in testa.

Senza fare rumore. In un silenzio peggiore di qualsiasi esplosione.

Il cuore si è sciolto, così pure le immagini che aveva creato, rivelando uno scenario squallido.

Ci sono stati momenti in cui non ho più percepito emozioni, sensazioni, ho vissuto dentro una linea piatta, fatta di routine, di gesti conosciuti e oramai meccanici, senza provare alcunchè, dolore e rabbia compresi.

La vita scivolava a gocce scolorite, così i giorni. Il corpo si muoveva come un automa. Vuoto di senso. Vuoto di stimoli. Solo vuoto.

Poi, una mattina, nella quotidiana passeggiata verso l’ufficio, la playlist del cellulare mi ha sbattuto in faccia uno dei miei tanghi preferiti. Un monito. Un richiamo. Uno schiaffo alla mia apatia.

Ho concluso il mio anno orribile andando in maratona da sola, viaggiando da sola, restando da sola. Un’iniziazione. Una consacrazione alla mia nuova me. Alla giaguara ferita, ma ancora palpitante di vita, pronta a rialzarsi.

E così è stato. Weekend dopo weekend, ho ripreso a viaggiare e a ballare. Tanto. Con tutti.

Non era una fuga, la mia, era la dimostrazione della mia resistenza ai colpi della vita, agli inganni delle persone, alla solitudine.

E sono rinata.

E il mio tango è rinato.

Anzi: è nato per la seconda volta.

Gli abbracci sono una forma di regolazione emotiva, riducono l’ansia, ricompongono la frammentazione. Pezzo dopo pezzo, il tango ha incollato i miei cocci, riassemblandomi in un insieme decisamente migliore.

Gli abbracci del tango non chiedono nulla eppure ti restituiscono tutto. Ti rimettono in mano la tua vita, la tua persona, i tuoi desideri. Riaccendono i sogni.

Le crisi oggi arrivano a onde, come la risacca. Tornano, sempre.

A vent’anni cerchi il tuo posto nel mondo.

A cinquanta ti chiedi chi sei diventato.

In tutto questo il tango. Che resta, accoglie, contiene, racconta.

Oggi, quando tocco le assi di legno della milonga mi emoziono ancora. Quel tango, quello che mi ha salvato, mi risuona dentro.

Da allora ho la mia playlist di preferiti, brani che sanno suonare dentro di me tutte le note delle emozioni.

Chiudo gli occhi e inizio a muovere i passi.

Rinasco, una volta ancora.

Pimpra

Abbracci, risate e Barolo: 247 leghe per la felicità #ditantointango

247 vi dice qualcosa? Sono le leghe che separano casa mia dalla location della maratona del fine settimana appena concluso. (549 km se non avete voglia di fare il calcolo).

Una maratona di chilometri per raggiungere Alba dove alloggiavo, con l’aggiunta di altri 16 km per arrivare all’ameno paesino di La Morra, sede dell’evento.

Mentre mi trovavo in macchina, non potendone più, la mente annebbiata provocava ulteriore fastidio stuzzicandomi la testa con pensieri negativi: “varrà la pena aver fatto tutto questo viaggio? Ci sarà l’atmosfera gaia di abbracci e sorrisi che tanto piace a me? Ballerò? Mi divertirò? La musica si accorderà ai miei desideri?”.

La sala è accolta nel paesino in cima a una collina che, con il buio della sera del venerdì, mi pareva di essere finita dentro a un campionato di corsa in montagna, tra tornanti e curve e un asfalto che te lo raccomando. Ancora più martellanti e furiosi i pensieri “Ahò ma siamo sicuri che ne vale la pena?”

All’arrivo i primi sorrisi luminosi alla reception degli ospiti mentre ti annodano il nastrino rosso color barolo come fil rouge della festa, la caramellina gourmet dell’antica confetteria Converso di Bra (i dettagli fanno la differenza!) trovata nella busta dei ticket della ristorazione, e già mi è partito il primo sospiro di sollievo.

E poi i volti degli altri, più o meno stanchi del fine settimana alle spalle, chi del viaggio (ovviamente meno lungo del mio, ma tanto è un’ovvietà), ma tutti sereni, molti di loro a sorseggiare qualche bollicina che il bar in fondo alla sala ne offriva di deliziose.

Così è partita la mia prima edizione di Barolera, una maratona piemontese di cui avevo sentito molto parlare.

L’atmosfera del luogo è percepibile da subito, c’è quell’educazione e quell’accoglienza elegante che caratterizza i sabaudi e definisce i loro eventi.

Dopo un sonno ristoratore, dimenticati i km alle spalle, l’entusiasmo di trovarmi in gita tanguera si è impossessato di me e delle amiche con cui ho fatto la trasferta.

Alba ha un ridente centro storico, colonizzato da un mercatino che ne riempie le stradine ma, ancor più bello il contorno di colline e vigneti che cinge la cittadina.

I 16 km che separano Alba da La Morra, sono una delizia per gli occhi, alternando dolci colline a nocciolaie e vigneti a pastini. Un senso di pace, di armonia si è impossessato di tutta me facendomi arrivare in milonga con il migliore dei sorrisi.

Le sorprese non sono mancate, dallo zabaione home made offerto nel pomeriggio ai danzanti per ricaricare le batterie, alle meringhe, al budino specialità locale che già ho dimenticato come si chiama (il bünet, grazie Veronica Anna Federica!). Tutto parlava del territorio, la qualità parlava del territorio.

Foto credit Mauro Tonchich

Piacevolissime le coreografie di danza moderna che hanno spezzato la solennità dei tanghi ballati e dato vigore agli astanti sulle note della febbre del sabato sera e non solo, e, dulcis in fundo, la coreografia “open” dedicata ai tangueros, “appresa” in soli 20′. Con il tango ci sappiamo fare ma quanto al resto siamo piuttosto negati ma volonterosi e dotati di grande sangue freddo per esibirci insieme alle bravissime ballerine moderne!

(ps: l’anno prossimo inviateci il tutorial del brano con anticipo che almeno proviamo a prepararci! 😀 )

Una menzione speciale spetta al buffet della domenica che ha coccolato il palato con piatti deliziosi, un risotto ai porri buonissimo, e poi una scelta di ottimi affettati, formaggi del luogo, i famosissimi grissini, altri stuzzichini vari, un vero capolavoro di ospitalità!!! BRAVI!

Tra zabaione, dolcetti, caramelline, budini vari avevo il fuoco delle calorie che bruciava violento dentro di me facendomi ballare come una invasata. Che bello!

Consiglio assolutamente di venirci, anche se non amate il vino e siete astemi come me, è tutto il contorno che coinvolge, mettendo in una dimensione di relax, dentro una piacevolissima onda di allegria.

247 LEGHE. Un ottimo numero per stare bene.

Pimpra

TANGO “OVER”: IL CORPO CAMBIA, LA DANZA EVOLVE. #ditantointango

Quando si è agli esordi, spesso non ci si pensa, tanto siamo travolti dal desiderio di imparare, poi, più avanti si porta la passione, più ci rendiamo conto di un fattore importante: il tempo balla con noi.

Quando il corpo è nella sua verde età, diciamocelo, gli puoi far fare qualsiasi cosa e gli effetti collaterali sono minimi e di breve durata. Serate infinite, seguite da levatacce orrende per tornare al lavoro, ore ed ore issate su tacchi, piedi/caviglie/ginocchia/schiena devastati da pavimenti inidonei eppure, ogni fastidio, nel giro di poco sparisce e si riparte con foga.

Una costante rimane: le litrate di caffè ingurgitate per reggere i ritmi infernali, perchè, quando la passione brucia, bisogna stare dentro la sua fiamma e pensare di fermarsi e riposare non sono opzioni ammissibili.

Ballare da “over” è altro, è come stare sulla luna e guardare da lontano quel che accade sulla terra. Si percepisce tutto, si conosce molto bene il “pianeta tango” ma si è al contempo “dentro e fuori”.

Ci sono trasformazioni oggettive nel nostro involucro esterno che influenzano moltissimo anche l’aspetto emotivo di noi tangueros diversamente giovani.

Si abbassa la soglia di energia fisica, se non altro per affontare le sessioni lunghissime che un tempo si ballavano senza battere ciglio, c’è meno fame di mangiarsi più e più volte tutto ciò che il banchetto tanguero propone in termini di ballerin*, non ci interessa più assaggiare “tutto” ma solo ciò che ci piace veramente.

Il Tanguero over viaggia con una pochette in più, quella dei rimedi per affontare tutti i dolori che attanagliano i vari distretti del corpo. Oramai il Voltaren è un fedele compagno, da condividere con gli amici se sprovvisti.

Se tutto ciò può essere inteso come un panorama di decadenza, e fisicamente un po’ lo è per forza, dall’altro lato si apre un nuovo sipario che svela un inedito palcoscenico: impariamo a ballare per la gioia di noi stessi, non per piacere agli altri, per farci vedere quanto siamo bravi e belli.

Si apre la stagione dell’intimità vissuta in profondità, scambiata con il partner di tanda, lontana da frenesie vibranti giovinezza. E’ un dialogo diverso, raffinato, seduttivo in modo più intrigante e silenzioso.

Oramai scegliamo di ballare con chi ci fa stare bene, non con chi è reputat* vip della pista.

Le milonghe sono dominate dall’estetica giovane? Gli over sono valorizzati o trascurati? C’è spazio per tutte le età nel tango?

Ad ognuna delle domande risponderei di sì e di no, assecondando il valzer della vita, la risacca dell’onda, che viene e va.

Danzo, quindi sono. E’ il solo senso per cui sto, per cui mi accollo ancora chilometri per trovare gli abbracci e le milonghe preferite, per cui ho sempre voglia di studiare. Nonostante tutto.

Il tango over come atto di resistenza, di identità e di amore per sé.

Lunga vita alla Giaguara. Per il resto: STICAZZI!

Pimpra

1° maggio come si deve! La Revoltosa. #ditantointango

Tradizione vuole che, il 1 maggio, si faccia pic nic con gli amici, piuttosto che andare al concerto in piazza, o, comunque, fare una gita fuori porta, trascorrere il tempo possibilmente all’aperto. Spiace per tutti quelli che, loro malgrado, debbano lavorare durante le feste comandate. La vita non è affatto democratica, si sa.

Quest’anno ho seguito la tradizione, complice fra le altre una bellissima giornata di primavera molto avanzata e, con la solita truppa di oramai “congiunti” tangueri, abbiamo raggiunto la ridente Bassano del Grappa per recarci all’Hangar dove si è celebrata la consueta festa del 1 maggio insieme ai Revoltosi.

In questa occasione a tutti i partecipanti viene chiesto un piccolo contributo in cibo e bevande per creare un buffet super guarnito di prelibatezze “home made” e pure a Km zero, preparate dalle sapienti mani degli ospiti. Il tutto piacevolmente innaffiato, tra gli altri, da ettolitri di prosecco. Siamo in Veneto e bere è una religione.

Una pomeridiana lunga, iniziata mangiando dalle 12.30 che si è protratta fino alle 21.00. I tempi dilatati dall’ottimo cibo, dalle chiacchiere scambiate assaggiando le leccornie campestri, in una modalità di “chill out” che sempre dovrebbe caratterizzare le milonghe.

Il significato di incontrarsi è pur questo: una chiacchiera, una bevuta, una tanda. In totale relax.

Sarà che la sede dell’Hangar, specie nella sua versione estiva con lo spazio all’aperto, si presta particolarmente, sarà che i Revoltosi sono uno squadrone oramai più che affiatato e collaudato, sarà che gli uccellini cinguettavano, l’aria profumava di fiori, il prosecco idratava la gola assetata e golosa, sarà che oramai – almeno di vista- conoscevo tutti, ma la giornata è stata davvero piacevole.

Stavamo così bene all’aria aperta che hanno dovuto suonare le trombe per farci entrare in pista, per poi uscirne poco dopo che ancora quell’assaggino lì al buffet ci mancava. Così per tutto il pomeriggio.

Cosa lasciano milonghe del genere? Un sapore di buono, non solo per l’ottimo cibo, ma per l’atmosfera davvero amicale che si crea. Non è sempre facile percepire quella bella sensazione di stare in un luogo dove si sta bene, dove ci si sente parte di un tutto, dove l’energia fluisce leggera.

Quando poi si balla con questa modalità di spirito, anche il tango ne beneficia, come se si accordasse al benessere generale.

Spesso ci penso quando vado in giro a ballare, quale è quell’ingrediente speciale che crea quel certo non so che di cui tutti godono. Una risposta me la sono data: i padroni di casa, quello che ci mettono, l’idea che hanno in mente quando organizzano l’evento, la loro modalità di “stare insieme” agli amici, agli ospiti, anche agli sconosciuti.

Maggio è iniziato con una sferzata di allegria, speriamo continui così!

Pimpra

Ballare a Bologna: la magia di BOCAtangoday. #ditantointango

Tornare a Bologna per ballarci è sempre un’opzione che fa bene al corpo e allo spirito. Non so come e perchè e quale sia la magica alchimia che si vive nella città, ma fatto è che le milonghe funzionano (molto bene).

Sono tornata a BOCAtangoday con il trolley carico di aspettative e una meravigliosa parrucca lilla per festeggiare, anche con il colore, la gioia di tornare in un luogo del cuore, con la scusa del periodo carnevalesco.

Non è sempre detto che ciò che ha funzionato l’anno precedente, continui a farlo nei mesi a venire, in questo caso, posso certificare che il test è stato brillantemente superato.

BOCAtangoday si connota per un sapore particolare che è quello dell’abbraccio amichevole e aperto, del ballo che è davvero sociale. Una meraviglia non aver bisogno di doversi impegnare per essere invitata, di fare la mirada assassina sperando di essere vista.

Nulla di tutto ciò, uno sguardo in relax e via a ballare. Se non è la prima sarà la seconda o la terza ma la tanda arriva, sempre.

Questa atmosfera così accogliente, rilassata, “cozy”, permette a tutti di ballare meglio perchè le ansie da prestazione, ansie da invito che non viene mai colto, ansie di sentirsi “i brutti anatroccoli” della milonga, restano fuori dalla porta.

E questo è un plus straordinario.

Il lavoro di selezione porta buoni frutti, è necessario ammetterlo. Non è questione di democrazia, nel senso “dentro tutti”, dentro solo quelli che condividono la filosofia “abbraccia, sorridi, apriti e balla”.

Quindi che aggiungere se non che BOCAtangoday è una delle numerose gemme tanguere bolognesi che non so quale sia la l’incantesimo, ma Bologna accoglie. Ecco.

Grazie Antonella, Marianna, Luciana per regalarci tanta bellezza.

Pimpra

Image credit Samuel di Luca che ha colto l’espressione beata della fata turchina 😉

LA BOLLA. #ditantointango

Di Brocken Inaglory. The image was edited by user:Alvesgaspar – Opera propria, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=3779509

Fine anno, è tempo di bilanci. Un 2024 estremamente ricco per quel che riguarda la mia attività tanguera, ho preso la valigia molte volte partecipando a numerosi eventi.

Dato per scontato il piacere di viaggiare e, ovviamente, di incontrare persone, come ballerina sono cresciuta.

Scambiare abbracci sempre nuovi mi ha permesso di affinare l’ascolto, imparare a prendere nuove forme nel corpo, percepire tantissime diverse musicalità restituendo a mia volta l’interpretazione. Tutti stimoli necessari per modificare, ampliare, migliorare il mio tango.

Ho finalmente raggiunto la consapevolezza che mi permette di esprimere in libertà chi sono, ballo “nuda”, non ho più il pudore di mostrare nell’abbraccio ciò che sento, ballo al 100%.

Aprire la porta delle emozioni legate alla musica e all’abbraccio mi ha resituito, molte volte, uno stato di grazia che definisco “la bolla”.

Quando la musica entra e disegna all’interno della coppia arabeschi fiammeggianti che pulsano dall’uno all’altro corpo, rispondendosi in totale affinità, la pista, le altre coppie, i rumori di fondo, le luci, il pavimento, i dolori del corpo, magicamente spariscono perchè si balla nella bolla.

Per entrarci è necessario aprire tutti i canali che il tango chiede e chiuderne uno: il pensiero razionale, quello che non sente, non ascolta ma pensa. Dopo che la tecnica è dentro di noi, lavora per noi, il cervello non serve più, il corpo sa già cosa fare.

Le volte in cui sono entrata nella magia della bolla con i leader, entrambi abbiamo concordato che la tanda aveva un sapore speciale, diverso, più intenso, unico. Difficile da definire. Forse la bolla rappresenta la massima espressione della connessione, forse è qualcosa in più. Credo si tratti di una connessione di anime che si guardano, si toccano, senza filtri, senza inganni, in totale verità.

Ho ballato tandas meravigliose che posso definire gioiose, sensuali, ritmiche, a volte semplicemente ginniche ma, seppure il divertimento non mi fosse mancato e neppure il piacere, non c’era quell’ingrediente segreto che solo la bolla regala.

Sono sempre più convinta che ballare e ballare bene richieda una grande dose di coraggio. Solo se siamo disposti a mostrarci veramente, a vivere il “qui e ora” come se fosse l’ultimo istante della nostra vita, dando al momento un valore enorme, ecco, in quel caso si creerà con il nostro partner quell’alchimia unica capace di creare la dimensione bolla.

La mia esperienza mi dimostra che una follower che entra nella bolla possa anche mettere in crisi il leader, perchè gli arriva un sacco di roba e, riceverla, gestirla, assumerla, non è per tutti. Lo stesso discorso vale al contrario ovviamente. Purtroppo siamo abituati a vivere sulla superficie delle cose, crediamo di sviluppare potenti relazioni umane ma, in realtà sono solo conoscenze superficiali, così non siamo più abituati a mostrarci a dare e a ricevere l’altro.

Ho avuto il piacere e l’opportunità di ballare con fior fiore di ballerini che mi hanno offerto musicalità, un sacco di tecnica ma dei quali percepivo quella porta chiusa: qui non si entra. Tande bellissime, per carità, ma prive di quella carica di vita che solo la bolla può creare.

Quest’anno di tanto tango mi ha vieppiù confermato che ballare tantissimo è la sola strada per crescere. Studiare sempre, mettersi in discussione, osservare quello che accade in pista, come si muovono i giovani, dove sta andando il tango, sono elementi essenziali per mantenere vivo il proprio linguaggio di tanguer*.

Mi auguro di continuare ad essere coraggiosa, mettendo la mia anima a nudo dentro l’abbraccio che mi cingerà, fidandomi della riposta che riceverò, di un’altra anima che si specchia nella mia.

La bolla, in fondo, è il cerchio di un abbraccio che tende all’infinito.

Pimpra

800 Tango Party: un weekend di ballo e amicizia a Ferrara. #ditantointango

La donna con la valigia.

Anche questo fine settimana è stato l’opportunità per allontanarsi dalle rotte domestiche e giungere nella ridente Ferrara. La città ci ha accolto al suo meglio, due giornate dal clima mite e asciutto, il tempo di fare shopping nei negozi del centro prima di tuffarsi dentro la buena onda della festa.

Il teatro Verdi, sede dell’evento, lascia senza parole, una struttura riadattata e resa multifunzionale ha ospitato 350 tangueri provenienti dalla penisola e oltre. Abbiamo ballato su una pista sovrastata da una cupola che sembrava quasi di toccare il cielo, una struttura ovale, piuttosto insolita.

Mi accade sempre più spesso di utilizzare il primo giorno dell’evento, qualunque esso sia, per prendere confidenza con gli spazi, anche in questa occasione è stato così. A volte, sarà per stanchezza o raggiunti limiti di età, confrontarmi con ambienti nuovi, grandi, mi mette un po’ in crisi e mi fa partire in sordina. Una volta dominato lo spazio è come se mi si accendesse la festa ed ogni singolo elemento trovasse il suo posto.

La versione lunga dell’800 Tango Party ha mantenuto le promesse, nonostante qualche perplessità emersa dalla logistica dell’intero complesso teatrale.

Il servizio che ne è stato penalizzato è senza dubbio il buffet che, per le limitazioni strettissime imposte dalla struttura ospitante, non sempre è riuscito a soddisfare le elevate aspettative degli ospiti presenti.

Il tema è che quando sei posizionato nel mercato dell’offerta tanguera come l’evento che offre incredibili coccole al palato, la gente si aspetta di trovare sempre i fuochi d’artificio. Non che non ci siano stati, ci mancherebbe, ma l’erogazione delle pietanze è stata messa in difficoltà dalle limitazioni imposte dall’alto costringendo tutto il personale a fare i salti mortali per provvedere alle necessità.

A parte questo piccolo dettaglio, ampiamente compensato da certe chicche da leccarsi i baffi, l’atmosfera che abbiamo respirato è stata sempre gioiosa e molto amichevole. Ritrovare gli amici, incontrarne di nuovi, scambiarsi abbracci sotto la cupola bluette ha reso la festa grandissima.

Alex Parise si riconferma ospite premuroso e attento sempre in ascolto delle esigenze dei suoi numerosissimi ospiti.

Sono tornata a casa raggiante, mi sono divertita molto, ho ballato tanto, mi sono tolta pure soddisfazioni di palato ma cosa volere di più? Semplice: la prossima edizione!

Ci sono certi marchi di fabbrica che non deludono mai, 800 Tango Party è uno di questi.

Pimpra

DI ROSE E DI SPINE. #ditantointango

Questo post è composto da due parti. La seconda vi darà fastidio, già ve lo dico. Ma non voglio più tacere.

PARTE PRIMA: EROICA TANGO MARATHON

Torno da uno squisito weekend di maratona in una città che amo molto: Torino. La 7° volta di Eroica che ho avuto il piacere di visitare per due edizioni negli anni pre Covid. Ero molto curiosa di tornarci per i ricordi piacevoli che ne avevo.

Non sono stata delusa, Eroica si conferma una tappa da segnare nel panorama degli eventi italiani. Il sito mi piace assai, affacciato alla Dora, una pista enorme, ampie vetrate, luce, aria, il pavimento di legno, posato in modo non convenzionale.

Scelte musicali molto apprezzate da parte dei tj, ma ho imparato che questa è anche una questione di gusti, ciò che piace all’uno non è detto sia gradito all’altro. A me sono piaciuti moltissimo.

Tante piccole dolcezze pensate per gli ospiti, quelle cortesie che lasciano un piacevole ricordo di un’atmosfera accogliente, ospitale, aperta.

Non ho percepito la presenza di quei maledetti gruppi che rompono l’onda lunga del mescolarsi delle diverse correnti, quella di conoscere e ballare con persone nuove, evviva.

E poi i torinesi sono sabaudi, hanno modi eleganti, accolgono con classe, sono discreti, è sempre un piacere incontrarli.

Ho ballato molto, mi sono davvero divertita e torno a casa con un bagaglio di bellissime emozioni tanguere. Ciò che tutti cerchiamo in eventi di questo genere.

BRAVI tutti, gran bella edizione!!!

PARTE SECONDA: I SASSOLINI NELLA SCARPA

E dopo la rosa, arrivano le spine, che non sono rivolte a questo evento in particolare, ma a tutti gli eventi a cui di recente ho partecipato.

La prima assoluta cosa che mi manda ai matti è la totale mancanza di controllo della ronda. Ho sempre pensato che i milongueros talebani fossero, appunto, talebani, ma devo ricredermi. L’assenza totale di ronda crea una situaizone ingestibile per tutti coloro che sanno ballare e desiderano farlo bene.

Allo stato delle cose, dopo il covid che ha segnato un punto di rottura con il movimento tanguero degli anni 2010-2020, in pista si trovano i supersiti della “vecchia” generazione con quelli della nuova. Il che, in senso assoluto, non solo manifesta il farsi naturale della vita, ma rappresenta pure il passaggio del testimone verso la nuova era. Così come deve essere.

La convivenza però si sta rivelando piuttosto difficile poichè, a fronte di coloro che sono stati cresciuti con la conoscenza dei codici basici della milonga: rispetto della ronda ed educazione in pista (entrata e uscita) e gestione del movimento (leggi “passi/strutture”) della coppia nel contesto della ronda stessa, ci sono le nuove leve che se ne fregano alla grandissima di queste regole basiche. O forse, semplicemente, i loro maestri non hanno ritenuto abbastanza importante e non hanno insistito a sufficienza per insegnargliele.

Un tempo la maratona esprimeva l’eccellenza dei ballerini, tanto che i maratoneti erano considerati gli spacconi, quelli che se la tiravano. I maratoneti ballavano nel loro circolo magico, eventi nei quali si entrava solo se il livello di ballo raggiungeva un minimo standard che era ben più alto della sufficienza.

Le maratone moderne sono sicuramente più democratiche ma, di contro, accolgono soggetti che non hanno assolutamente la competenza per poter stare lì. Con la parola “competenza” intendo la padronanza delle tre regoline sopra esposte: rispetto della ronda, educazione in pista, gestione del proprio movimento.

La parola educazione, ne vogliamo parlare? Può capitare a tutti di avere un contatto nella dinamica del ballo ma, almeno, ci si scusa, non si fa finta di niente e chissenefrega. Se la coppia che ci precede non si muove, non la si invita ad andare avanti semplicemente speronandola.

La ronda, ogni ronda, specie quella di maratona, non è il teatro dove mostrare il campionario di figure, molte volte prestate da esibizioni di professionisti (che ballano DA SOLI su un palco), che il lui o la lei di turno esibiscono per sentirsi più cool. No, decisamente no.

Il tango cerca altro, vuole connessione profonda, vuole pause, vuole respiri di anime danzanti, vuole movimenti che raccontino una storia, un’emozione, non un’immagine per la bacheca di instagram.

Cosa sta succedendo?

Avrei altro da dire, per oggi mi fermo qui. Credo che noi tutti dovremmo farci un esame di coscienza e cercare di portare in pista la parte migliore di noi stessi come ballerini che si trova esattamente nella direzione opposta all’espressione della nostra vanità e del nostro ego strabordante.

Amen, andate in pace.

Pimpra

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