
Fine settimana, ospite di cari amici, ho calcato la pista del più affollato festival tanguero estivo di queste latitudini. Un mix perfetto di tango, mare, vacanza e – soprattutto, giovinezza.
Per chi, come me, abita al nord est è tappa estiva obbligatoria, il solo evento che non sia a numero chiuso che offre una selezione eccellente di lezioni, esibizioni di livello e millemila ore di ballo in variegati contesti.
La mia ultima volta è stata nel lontanissimo 2014, ne ho un ricordo memorabile. Poi non ci sono più tornata. Quest’anno, complice l’invito, vi ho rimesso piede.
Ben consapevole di quello che vi avrei trovato – giovinezza a tutta forza, e ottimi ballerin* da tutto il mondo, non avevo nessuna aspettativa di ballare. Sono pur sempre un’atleta, alla mia età si compete da “Master” con quelli della stessa categoria (di età), non si può entrare nella categoria “Assoluti” (tutti contro tutti, indipendentemente dall’età). Il festival in questione è storia per “Assoluti”.
La milonga serale, uno dei clou della manifestazione, si svolge in un gigantesco impianto sportivo, idoneo a contenere la folla di tangueros che vi si recano. Ho notato che, negli anni, gli allestimenti hanno reso il luogo più caldo e accogliente. Ottimo e rodato il team di accoglienza, zero inciampi, e via, dentro la bolgia a cercarsi un luogo dove sistemare le proprie cose per poi lanciarsi alla caccia di una mirada.
Gli amici mi hanno subito illustrato le postazioni: il dj set è il cuore pulsante, dove sono posizionati i tavoli dei maestri. In prossimità prendono posto coloro che, attualmente, rappresentano il gotha di specialità (alla sinistra guardando il dj), poi ci sono le schiere di quelli che spingono per entrare nel cerchio magico e, a volte, ci riescono, poi coloro che si illudono di farne parte ed infine quelli che, per la maggior parte del tempo, si limitano a guardare gli inarrivabili ma almeno gli stanno vicino.
Poi c’è il lato a sinistra del dj composto dai quelli consapevoli che la scalata al top è praticamente impossibile e dagli ignari che si accorgono che qualcosa colà accade ma non sanno bene.
In tutto questo brulicare di anime danzanti ci sono le postazioni fisse sui lati lunghi, ci sono le camminate in gran tondo che si fanno per intercettare un potenziale partner di tanda.
Questa incredibile danza della relazione, finalizzata in primis a ballare, costa una sacrosanta fatica in termini di strategia. E poi pure quella non è detto che serva se: non sei abbastanza giovane, se non sei abbastanza belloccio/a, se non sei abbastanza famos*, se non sei abbastanza brav*, se non sei abbastanza dentro i vari cerchi magici degli amici giusti che ti permettono di accedere a un bacino di potenziali tanguer* con i quali intrecciare abbracci. Per farla breve uno sbattimento di maroni che mi fa passare la voglia.
Ai giovani, al contrario, questo agone piace, perchè è naturale, è bella la sfida, la caccia grossa a quella tanda che desideri, con quella lei o lui che ti piace (in termini danzerecci e non, ovviamente).
Quindi tutto ciò detto, ricavo una morale pesante, almeno per me: ci sono contesti idonei e vantaggiosi e contesti assolutamente inappropriati. Toccare con mano che, superato il limite di una età che in chi ne è portatore rimane ancora verde, non lo è per gli occhi di chi guarda. Un sassata all’autostima.
Di buono dall’esperienza ho ricavato stimoli per lavorare sul mio tango che ho inequivocabilemtne riconosciuto come “viejo” o forse semplicemente “classico”, non al passo con i tempi. Provo una certa dose di fastidio ma preferisco avere consapevolezza di ciò che è piuttosto di illudermi di ciò che non è.
Ancora una volta è apparso chiaro come il tango sia un linguaggio universale, in costante evoluzione, come esista uno “slang tanguero” giovanile che si differenzia di molto da quello adulto, di come non sia possibile immaginare che un ragazz* dell’età di tuo figlio, faccia carte false per ballare con te, a meno che tu non sia un* megasonic* e affermat* professionista.
Un festival del genere va vissuto, se uno decide ancora di volerlo vivere, con assoluto distacco, possibilmente organizzando la trasferta con un manipolo di amici così da godere della vacanza mare/tango senza farsi male all’umore quando la mirada per troppe volte, cade nel vuoto.
Ovviamente l’anno prossimo ci riprovo, perchè mi risuonano ancora nelle orecchie le parole del mio allenatore “Non si molla mai!”
😀
Pimpra
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