Pausa pranzo fiacca, il tempo è vergato di una sfumatura di grigio che ha lasciato nascoste le sgargianti coloriture estive, si prepara la pioggia della sera e, come la cappa sopra la testa, anche l’umore ne risente un po’.
Necessito di caffè.
La mia fedele Amica ed io ci dirigiamo verso la nostra mezz’ora d’aria. La bevanda è bollente e scorre amara nella gola, assesta un colpo all’atonia e ci permette di avere voglia di muovere due passi prima di rientrare in gabbietta.
Lì intorno è tutto un pullulare di negozietti, e – ahimè per il conto in banca – i saldi occulti sono già iniziati.
Per favorire l’abbandono delle frustrazioni ed aumentare i livelli di serotonina, entriamo in un negozio di scarpe che ci priva del piacere gaio dell’acquisto. Siamo donne di un certo pregio e le nostre presidenziali estremità non godono di essere accolte nel PVC made in China pertanto desitiamo.
Poco oltre, mi cade l’occhio su un paio di gaudenti espadrillas facenti capolino da uno storico negozio di scarpe. Storico anche per le clienti. O sessantenni e oltre o resti fuori.
Prendo la mia amica per mano ed entriamo.
La macchina del tempo: arredi antichi, iper classici e assolutamente dissonanti con tutte le teorie moderne del marketing, commesse e scarpe anch’esse fuori dal tempo.
Vengo rapita, torno alla mia infanzia, quando la mamma mi comprava le Balducci in un negozio molto simile. Faccio foto e mi accerto che la proprietà voglia mantenere intatto tutto l’esprit du lieu . Le espadrillas paillettate mi vanno benissimo poiché, storico negozio e storica clientela, hanno bandito la merce scadente e qui, il cuoio lo è veramente e i piedi, riconoscenti, ringraziano.
Convinco la mia amica a comprarle anche lei, ma di diverso colore, e, dalla vetrina scelgo un altro paio sicura le stessero bene, compra pure quelle.
Faccio lo stesso per me, sfilata avanti e indietro nel negozio, davanti allo sguardo interessato di un gruppo di turiste americane.
Acquisto anche il mio paio. Ma sono extra scontate e faccio l’affare.
Le signore mi osservano, applaudono ad ogni mia scelta sia per l’amica che per me, poi, una di loro si innamora delle mie e gliele faccio avere.
Ovviamente le prende. Sono una straordinaria venditrice, ma chi mi conosce già lo sa.
Alessandra chiede da dove venissero e le gentili signore ci raccontano di essere americane, ma iraniane di origine.
COUP DE THEATRE.
M’illumino d’immenso, sorrisone a 54 denti e dico loro che ci ho vissuto, in Iran, tanti anni or sono e porto sempre nel cuore quel paese anche mio fratello è nato colà e uno dei suoi nome è Rezah, in onore della terra che gli ha dato i natali.
CATARSI.
Scatta foto di gruppo, scambio di email e biglietti da visita, la mamma, la signora più anziana, portava la collana con il simbolo dell’Iran (il leone e il sole) , mi abbraccia stretta, commossa per quanto, come lei, amassi il suo paese.
MORALE:
Sono uscita dal negozio con il conto in banca più leggero (ma non di molto), con due paia di scarpe nuove, e con l’invito ad essere ospite della famiglia iraniana in California a Los Gatos. Per la cronaca le tre signore, mamma figlia e cugina, tutte laureate, tutte con il PHD. Insomma le iraniane sono donne colte, raffinate, di mondo e di una apertura e accoglienza immutate, così come le ho conosciute tanti anni or sono.
Today I made my day!
Pimpra
Il negozio storico della foto è Rosini, via Dante 1 a Trieste
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