QUEL SOTTILE FILO DI SETA

nastrino-seta-habotaiA volte è così difficile immaginare un istante dopo lo spazio e il tempo oltre il nostro naso.

Come se una materia di colla appiccicosa tenesse gli occhi socchiusi ed impedisse alla luce e al panorama di colpire la retina e donare nuove immagini al nostro cervello.

Si fa, o resta, tutto grigio intorno. Quando va bene. Altrimenti è un bel nero pece diffuso.

Ne so qualcosa. Oggi, in  modo particolare.

Per fortuna non ci sono solo i nostri occhi che, molto spesso, possono essere stanchi di vedere più in là, o essere diventati miopi.

C’è una cosa che ci abita nelle profondità, un elemento etereo eppure incredibilmente forte, presente, essenziale alla nostra vita qui: la nostra Anima pulsante.

Accade che questi occhi fisici siano troppo presi a trasmettere immagini da farci distogliere l’attenzione a quanto e quando l’Anima ci parla.

Sì, perchè è quello che fa Lei. L’Anima è una donna, ne sono certa. Non urla, non brandeggia bastoni, non piange.

L’Anima sussurra lieve e noi dobbiamo ascoltarla. Se ne siamo capaci. Altrimenti, dobbiamo imparare.

Ecco che, se ci connettiamo a quel sottile filo di seta che ci lega a lei, possiamo renderci conto che il grigiore dei nostri occhi, in realtà, non esiste. Lì davanti a quello sguardo spento c’è una bella luce. Quella di cui abbiamo bisogno.

E riesci a trovare dei messaggi che ti servono nei luoghi più impensati, e che entrano in profondità, connettendoti agli anfratti più nascosti di te stesso. Ed ogni volta è una meraviglia nuova.

Riprendi il tuo filo di seta tra le mani e guardi sereno davanti a te.

Pimpra

 

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DAL PORNO AL … FORNO (CHE’ A NATALE SI CUCINA!)

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E’ passata poco più di una settimana dalla precedente pubblicazione del post che, fino ad oggi, ha polverizzato ogni record di lettori e provenienze di paesi  che ogni più rosea immaginazione potesse immaginare.

Vi ringrazio tutti, che avete speso il vostro tempo qui, avete avviato discussioni in merito, avete condiviso l’articolo tantissime volte, mi avete dedicato mail con le vostre riflessioni e inondata di apprezzamento.

Grazie.

Non mi capacito ancora di quanto la parolina giusta (porno) e l’immagine strategica a corredo, abbiano scatenato la curiosità. … Bugiarda che sono, lo sapevo benissimo! 😉

Ho deluso alcuni lettori … chissà che bei racconti “porno_soft” speravano di trovare, invece… fa nulla. L’importante è che, il variopinto popolo del tango, si sia fermato per un nanosecondo a riflettere sull’argomento. Poi via andare!  🙂

Oggi è la pre-vigilia di Natale e, non so per voi, ma qui, in gabbietta, ci aspettano i saluti della nostra Queen Lady. Vedremo cosa avrà voglia di dirci.

Per il resto, lo confesso, le mie scarpette e tutta la me che ci sta sopra, attendono con gioia di festeggiare il natale sulla pista da ballo, insieme alla “Famiglia Milonguera”. E’ da tanto che non li incontro tutti, e mi sono mancati, come la zia del cuore che vedi una volta all’anno perchè vive in America! 🙂

L’abito rosso è pronto nell’armadio e, ogni giorno, mi strizza l’occhio ricordandomi che manca davvero poco…

A voi tutti, miei affezionati Lettori, auguro di trascorrere questo tempo in letizia e leggerezza (di spirito, ben si intende, non di forchetta!), grati dell’amore che avete intorno, vi arrivi dalla famiglia, dagli amici, dal vostro animale preferito o da tutti messi insieme.

E che la soavità del nostro spirito sereno ci regali grandi sorrisi!

BUONE FESTE!

Pimpra

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DI TANTO IN TANGO. IL PORNO_TANGO. E IO NON LO SAPEVO

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Si definisce “Porno_tango” quella pratica onanistica, ammantata di tango argentino, con la quale singoli e coppie, si compiacciono di manifestare la parte più estrema e pericolosa del loro narcisismo incontenibile.

Evoluzioni, movimenti, passi e contropassi prodotti all’interno di uno spazio che, dimenticano, non è di loro esclusiva proprietà, con lo scopo finale di mettersi in mostra, nel tentativo – vano- di affermare la loro presenza.

La musica, che dovrebbe essere la magia sulla quale la coppia si muove, per costoro, ovviamente, è un elemento relativamente indifferente, poichè, si tratti di tango vals o milonga, ballano tutto allo stesso modo, con la stessa frenesia.

Ed è proprio la FRENESIA l’elemento che danneggia la ronda poichè costoro, non ascoltano, non si connettono con l’onda generata dagli altri corpi che danzano, ma vanno per conto loro, spintonando, colpendo, fregandosense bellamente se, qualcheduno, ha il piacere della fermata, dell’attesa, della connessione e dell’ascolto o solo perchè il flusso della pista è “bloccato”.

Ballare non significa  correre i cento metri piani, non significa arrivare primi, non significa cercare di dimostrare al mondo quanti si è bravi, quanti passi e combinazioni si possono produrre.

Sono letteralmente basita, sconcertata, inorridita e indignata dal livello di arroganza e di supponenza dei neofiti i quali, invece di rubare con gli occhi osservando i più bravi (quelli che hanno chilometri di ballo nelle gambe!), li sfidano a farsi più in là.

Inconcepibile l’ignoranza dilagante delle “buone maniere” in pista rivolte alla propria partner e alle altre coppie con cui lo spazio viene condiviso.

Vogliamo parlare del”fuori pista”, del momento dell’invito???? Quando il porno_tanguero in frenesia da esibizione non si preoccupa di osservare se la prescelta lo sta mirando, se risponde visivamente al suo segnale d’invito, se non ha proprio voglia di ballare…Loro se ne fregano, ti si parano davanti ed allungano la mano per invitarti… mi spiace, ma è quasi certo ottenere un rifiuto, perchè non è così che si fa!

E, di questo, bisogna fare atto di accusa ai maestri che non dedicano il tempo necessario per insegnare le basi del comportamento in pista, producendo Kamikaze invece che ballerini sensibili, rispettosi ed educati.

E così si rischia di perdere per sempre la poesia dell’abbraccio, la soavità di lasciarsi andare dentro brani musicali capaci di evocare un universo di sensazioni.

Il tango non è una performance da porno_attore/rice. Il tango sta su un piano dove sensibilità, connessione, ascolto, rispetto regalano i migliori accordi.

 

Pimpra (molto incazzata questo dì)

 

Già scrissi che ci vorrebbe una PATENTE DEL MILONGUERO 😉

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UN PENSIERO PER NATALE

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Non so a voi, ma a me,  da qualche anno a questa parte, il Natale non parla più, non mi prende.

Desto la kitscheria dilagante degli addobbi, la carneficina dei poveri abeti nati e cresciuti per diventare nature morte a dicembre, l’intimo rosso/zoccola che dilaga per l’occasione, le tonnellate di dolciumi che solo a guardarli mi si ingigantisce il culo.

Non mi prende, il natale non mi prende…

Forse perchè mi piace sentirmi libera. Di festeggiare quando mi va, non quando me lo impongono.

Vorrei una bella festa per salutare l’inizio dell’inverno che chiude, di fatto, l’anno appena trascorso. Una celebrazione per dire che siamo ancora qui, felici o provati del percorso fatto, dei doni e delle perdite che abbiamo subito, di quanto siamo diventati più saggi o di come ci rendiamo contro di essere dei pirla.

Preferirei inneggiare al farsi della natura, che so, organizzando un incontro con le persone più care, per stare insieme, magari cucinare insieme e ridere e scherzare, senza obblighi, senza forzature.

Mi pare tanto assurda la corsa al regalo che non sai quasi  mai cosa donare perchè in quel periodo sei a corto di finanze o a corto di idee e quel “doverlo fare per forza” ti priva istantaneamente anche dei migliori propositi.

Il Natale è silenzioso. Non canta più, non suona, non balla.

Ho piuttosto desiderio di “abbracciare” virtualmente (se non posso farlo fisicamente), le persone che, per me, sono importanti e che mi accompagnano durante l’anno, dentro la vita.

Questo vorrei festeggiare.

Le persone davvero speciali che  popolano la mia vita.

E sono tante, e sono grandi, e io le amo di tutto cuore.

Pimpra

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RE E REGINE E UNA MARATONA DI TANGO

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Le prime volte partecipare ad una maratona tanguera era più cercare di sopravvivere agli stimoli, all’adrenalina dell’attesa, alla scommessa della tanda perfetta,  riuscire a catturare “quel” ballerino, mettere “bandierina” perchè – finalmente -ti ha invitato.

Andare in maratona era come andare in “guerra”. Più con se stessi che con altri, in verità, combattere con le proprie insicurezze e dubbi di ballerina e, perchè no, anche di donna…

Poi, maratona dopo maratona, entra un sapore nuovo, più maturo.

Forse ora sanno chi sei e ti vengono a prendere anche senza fare tanti sforzi. Poi sei felice di rivedere persone che vivono molto distanti ma con le quali hai un gran piacere a stare e godi nello scambiare parole, non solo abbracci.

Si evolve e, sempre di più, si cerca una qualità particolare in ogni singola tanda. Perchè, in maratona, normalmente i brocchi non li trovi, e puoi goderti le essenze raffinate di ogni singolo danzatore. Il discorso, vale – ovviamente – anche per l’altro sesso.

La “Queen of the night tango marathon” ha fatto sentire anche me, una regina della pista. Mi ha regalato tandas che porterò nel cuore. Grandi musicalizadores che, con diversissime sensibilità,  mi hanno portata in un viaggio dentro e fuori dal tempo.

Una goduria. Una massima goduria.

Non eravamo in molti, anzi, ma, proprio per questo, ho potuto apprezzare un altro aspetto di questo genere di manifestazioni, ovvero “l’incontro con l’altro”, fatto non solo di approccio “fisico”, regalato dall’abbraccio tanguero, ma una vicinanza “emotiva”, di scambio dialettico, di risate e di discorsi più profondi.

Anche questa maratona si è chiusa lasciandomi una scintilla, come sempre mi accade, che illuminerà questi prossimi giorni, in attesa che arrivino altre tandas, altri abbracci…

Pimpra

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DA SATURNO CON AMORE

 

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Ci pensavo stamattina, a colazione, leggendo l’oroscopo mensile che, per puro caso, si è paventato sulla finestra del tablet.

Pare che Saturno si levi dalle palle per un po’, sollevando noi tutti dalle sua pesante presenza.

Cosa vorrà dire mai? Finalmente si portà godere di un po’ di “discesa”? Lo spero. Questi recenti sono stati anni pesanti, sicuramente ricchi di stimoli, ma difficili da gestire, a volte assurdi, contraddittori.

A quanto pare si va verso un periodo di maggiore “leggerezza” (che mi auguro non sia di portafogli che, quello, tra poco vola via tanto è “leggero”!!!), e di consapevolezza acquisita.

Per me è così.

Ho imparato tanto, fuori e dentro di me.

Credo che l’insegnamento più bello che ho ricevuto sia questo: ho appreso a vedere, a riconoscere, ad amare e ad apprezzare la forza incredibile dell’energia femminile.

L’avevo già percepito, ne ho avuto conferma proprio in questi recentissimi tempi, quando, una cara amica sta affrontando una dura prova e, l’universo femminile, si è unito come una falange romana, intorno a lei, per sostenerla e per darle tutta l’energia, la positività, l’amore e l’amicizia che le servono per avere le pile ben cariche ed affrontare la difficile prova.

Le donne sono questo. Tutto e il contrario di tutto.

Possono innescare le peggio guerre, creare le più spiacevoli situazioni, possono odiarsi tra di loro, farsi i dispetti (più o meno gravi) ma, quando serve, sanno come agire per il bene.

E’ come tornare alla Grande Madre, a quella radice animistica che noi tutte abbiamo, e che, alla bisogna, ci richiama all’ordine per proteggere, difendere, accudire una di noi.

E’ questo, probabilmente, il dono più grande che ho ricevuto da questo transito così pesante. Questa consapevolezza, alla quale più volte ho provato ad avvicinarmi, ma dalla quale ho sempre preso le distanze.

Oggi non è più così. E mi piace poter gridare al mondo: VIVA LE DONNE!

Pimpra

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PROFUMO DI CASTAGNE E DI VENTO

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E’arrivato così, senza tanti complimenti, da un giorno all’altro.

Ti addormenti dentro a un autunno colorato di foglie di sambuco, odoroso di muschio e quercino e ti risvegli una mattina che le tapparelle della stanza suonano il ritmico “tam tam” delle raffiche di bora.

E’ arrivato, l’inverno si annuncia così.

In scooter comincia la danza degli equilibrismi, perchè la bora ama giocare d’improvvisazione e, d’un tratto, ti ritrovi dentro la raffica e fatichi a non farti tirare giù.

Ho cambiato abbigliamento tecnologico, sono passata dal piumino autunnale, ovversia corto a giacca, a quello che copre fino al ginocchio. Mi piacerebbe averne uno ancora più lungo.

E’ questa la magia dell’inverno al nord est, si vive nelle folate d’aria che spezzano  – apparentemente – l’inquinamento. Certo, fa un freddo difficile da gestire, per chi non è abituato, perchè punge e s’insinua ovunque.

A Trieste ci si deve letteralmente “blindare” oppure vince lei, la nostra amatissima bora, manifesto e simbolo di questa città.

A riscaldare gli animi ci pensano i venditori di castagne che sono i nuovi ricchi, perchè, mi chiedo, come sia possibile che trovino ancora clienti a cui vendere i preziosi frutti alla modica cifra di 6 euro per 4 castagne. A me sembra una follia, non vi pare?

L’aroma delle caldarroste però è impagabile, riporta, a suon di olfatto, a tutti gli inverni che sono già passati e con essi si snoda la malinconia dei ricordi.

Amo questo farsi delle stagioni, mi piace immettermi nel flusso della natura senza ostacolarlo.

Aspetto il freddo, più freddo ancora. Poi ci saranno le luci di natale, i botti di capodanno e via, verso il nuovo, verso una stagione rinnovata, verso il domani che, forse, è già qui…

 

Pimpra

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SIAMO CIO’ CHE MANGIAMO

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Dovendo ricaricare le batterie fisiche e non disponendo di liquidità monetaria per darmi alla pazza gioia folleggiando tra le note e gli abbracci di un bellissimo festival di tango nella vicina Lubiana, mi son dedicata a fare biscotti.

Adoro prepararli.

Amo mettere mano all’impasto, scegliere le farine – di grani rigorosamente bio e “antichi” (kamut, farro…), giocare con gli stampini, glassarli di cioccolato fondente…

Un godimento per tutti i sensi e, incredibilmente, un profondo momento di relax, anche se la seduta di preparazione, tra una cosa e l’altra, non è durata meno di 4 ore… in piedi, in cucina…!

Alla sera, mollemente distesa sul divano, il tecomando mi porta a scegliere il film “Something good” prodotto e diretto da Luca Barbareschi e uscito a novembre dell’anno scorso.

Trattasi di “food thriller”, ispirato al libro “Mi fido di te” di Abate e Carlotto che ha come tema la sofisticazione alimentare e i danni, a livello globale, che sta producendo.

Ok, è un film, ma sono certa che molto di quanto passato a schermo, raccontasse di avvenimenti reali, tristemente reali. Nuovi mercati, come l’Africa, dove vendere latte in polvere destinato ai bambini che di “latte” ha solo il colore, maiali così infestati di antibiotici da essere tossici anche solo a toccarli, pesci radioattivi di Fukushima venduti in tutto il mondo, scarti di cuoio russo esportati nei mercati dell’America Latina per farne poi mangime per animali… e qui mi fermo…

Allucinante. Non ho altre parole.

Non riesco neppure ad immaginare cosa entra nei nostri corpi a nostra completa insaputa… e poi rimaniamo stupiti se ci ammaliamo????

Un tempo, un innamorato che lavorava proprio nel settore alimentare, quando andavo a far la spesa di pesce surgelato mi insegnò a leggere le etichette “Non acquistare assolutamente se proviene dalle zone: 57 71 61 51”, ed io “ma che sono queste zone?”, lui mi spiegò che i mari sono divisi in settori e ad ognuno di essi corrisponde una o più zone del globo. I numeri da evitare, guarda caso, riferiscono tutti ai bacini asiatici…

Guardo i miei biscottini “home and hand made” così imperfetti eppur fragranti e profumati di buono, oserei dire “belli” perchè, almeno, so perfettamente quali ingredienti ho utilizzato e, mi auguro, che le materie prime fossero di qualità, considerato il prezzo a cui le ho pagate.

Di sicuro non ho più voglia di andare per ristoranti… non sai mai quali schifezze di infima qualità ti mettono nel piatto…

Che tristezza… che grande tristezza.

Pimpra

Ps: il salmone di qualsiasi ristorante cino/giapponese in cui sono stata, non lo digerisco, mi si ripresenta per ore. Il trancio di salmone acquistato dal pescivendolo, quello, in qualsiasi preparazione, lo digerisco perfettamente.

Strano no?

 

 

DONNE, PROFESSIONI E TACCHI

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Quest’oggi, mentre transitavo da un piano all’altro della gabbietta, sono stata letteralmente folgorata dal tacco 12 di una ospite del palazzo.

Qui da me, spesso accade che si svolgano eventi di rappresentanza, ed oggi era un giorno di questi.

Dallo stiletto risalgo alla gamba e su su fino ad avere la visione completa dell’insieme. Un abito nero ben segnato nei punti giusti, issato su un paio di stabilianti decolleté dal tacco altissimo.

Oggi ospitavamo la categoria “legulei” in svariate declinazioni: avvocati, magistrati, consiglieri, praticanti, professori… insomma la variopinta umanità che ruota attorno al macrocosmo della “Legge”.

A parte il solito abito da lavoro degli uomini, su cui non mi soffermerò (benchè ci sarebbe, comunque, tanto da dire), sono rimasta colpita dalle calzature sfoggiate dal gentil sesso.

Tutti voi conoscete la mia passione radicale per i tacchi, i tacchi a stiletto, per la precisione, quelli aguzzi, affilatissimi, sottili e pericolosi. Li adoro. Venderei la macchina per potermi permettere un paio di Louboutin. Un paio a settimana. 🙂

Ciò detto e premesso, le signore presenti mi hanno inondato di non poche perplessità.

Ho notato che, brutte o belle fossero, tutte indossavano scarpe da capogiro (anche per l’altezza!). Adirittura fuori contesto tanto erano eleganti e/o evidentemente da sera.

Molto spesso le ho viste traballare e avere un portamento non precisamente da danzatrici classiche ma, loro, se ne fregavano assai di ciò. L’importante era svettare, elevarsi, farsi notare, rubare gli sguardi.

Non posso negare che le ho pure invidiate un po’, perchè, in sala, ho visto più d’una suola rossa…

Nello stesso momento mi ponevo una domanda: “Come mai, dai tempi dell’Università le studentesse di legge erano sempre le più fighe di tutte, quelle tiratissime (e che se la tiravano anche…) a dispetto di tutte le altre?”

[Per inciso quelle di lettere erano considerate ottimo territorio di caccia, ma più per il concetto che a lettere i “costumi” erano più lassi ovvero vigeva l’allegro motto del “darla_via” (e di non doverlo nascondere che la vita è bella e va vissuta pienamente)].

A ben pensarci, non credo che le future avvocatesse, notaio, magistrato lo fossero meno, zoccole, intendo, solo che, nel loro caso, vigeva il codice d’onore del darla_via “segretamente” e – così i malevoli vociferano – solo a quelli da cui poter ricavare un qualche vantaggio. Ma si sa queste sono dicerie di campanile, perciò lasciano il tempo che trovano… 🙂

Tornando all’oggi, eppure mi chiedo, dove risieda il bisogno di “esagerare” così tanto, di manifestare una femminilità talmente eccessiva da essere quasi violenta.

Che sia per far paura ai colleghi maschi, incutendo in siffatta maniera, una sorta di rispetto professionale che, altrimenti, non sarebbe altrettanto riconosciuto?

Perchè, le signore, più che “normali” professioniste, davano la sensazione di essere delle tigri appena uscite di gabbia.

Belle, ma tremendamente pericolose.

Quindi, donne all’ascolto, adesso guardatevi i piedi e ditemi che cosa indossate. Da lì saremo in grado di capire il vostro livello di prestigio sociale, di volontà di emergere,  di realizzazione professionale, l’aggressività presunta o latente,  e un sacco di altre cose belle!

😉

Pimpra

UN MONDO DI MERDA

Mendicante-ginocchia-memoria_540 Stamattina, ancora completamente immersa nei recenti sogni notturni, mentre percorro i pochi metri mancanti all’ingresso in gabbietta, vedo, ancora, una donna, mia coetanea, accovacciata a terra, con un fazzoletto in testa e un piccolo cestino di vimini davanti a sè, mentre aspetta che qualche passante le dia qualcosa.

E’ quasi “invisibile”, nel senso che la logora giacca blu che indossa (anche d’estate) la mimetizza pressocchè completamente con l’asfalto che la ospita.

Vedendola la prima volta, mi sono chiesta perchè non cercasse una posizione dove fosse più “visibile”.

Le ho dato più volte denari. Non so resistere alla tristezza e al vuoto di certi sguardi, a certa condizione in-umana.

Quando non c’è, mi chiedo dove sia finita. Lei non è di quei poveri insistenti, questuanti, lei è il Silenzio.

Stamattina l’ho rivista.

Tra me e me ho pensato che non ho il potere di risolverle la vita con i pochi euro che sono in grado di lasciarle.

Ho proseguito e sono entrata dal “gioielliere” (il fruttivendolo più caro della città), dove ho acquistato una mela. Di lì a qualche passo avrei speso € 3,5 di cingomme, droga che mi serve per sopravvivere alle mie quotidiane frustrazioni in gabbietta.

Mi sono fermata dopo due passi, dietrofront, e sono rientrata dal gioielliere. Ho deciso di offrirle del cibo, non qualche misero euro, e così ho fatto.

Passandole davanti, le ho lasciato il pacchettino di frutta, i suoi occhi si sono illuminati e mi ha ringraziato tantissimo.

Non mi sono sentita bene, nè un essere umano migliore. Affatto. Nè, tantomeno, ho pensato di avere ottenuto un piccolo “credito” per la mia anima, all’induista maniera.

Sono entrata nel tabacchino e ho acquistato ciò che dovevo.

Pimpra

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