Mentre sorseggiavo il caffè e programmavo gli impegni della giornata, per puro caso sono incappata in un video su FB che parlava di donne. La durata di 24′ ha fatto sì che ne vedessi solo uno spezzone e, ovviamente, poi ho perso il link… mannaggia. [grazie all’amica Anna, ecco qui il link che vi invia al citato video, qui]
I pochi minuti che gli ho dedicato, hanno comunque acceso numerose lampadine su alcuni stati mentali miei e, purtroppo, condivisi con molte altre donne.
Sono della generazione di quelli nati in pieno ’68, che sono stati bimbi negli anni ’70 e adolescenti negli ’80.
Ricordo perfettamente quando, da un vivere e da un sentire strettamente connesso al sociale, al gruppo, alle diverse e numerose umanità, intese nelle loro pregevoli sfumature (anni 70), d’un tratto siamo stati proiettati in un universo di significati alterati, indotti e spinti verso tutto ciò che era prettamente “apparenza”, manifestazione visibile, appartenenza in senso negativo poichè impostato solo su “status symbol” imposti dall’alto.
Ricordo che, allora, il mio corpo sportivo, la floridezza del mio viso ancora di bimba e le forme sontuose (abbondanti) del mio didietro, venivano prese in giro in malo modo. Aggredite, quasi, poichè non ideali al modello corrente.
Ricordo ancora quante lacrime ho versato perchè a me non piaceva uniformarmi, non avevo il corpo e l’apparenza di “tutte” (mingherline, alte, ma con grandi tette), io ero me, la ragazza sportiva, allegra, ciarliera e… i cui genitori non avevano (all’epoca) possibilità economiche grandiose per soddisfare le mie eventuali richieste di “simboli”.
Già, perchè noi siamo stati una generazione basata su “etichette”, formali e virtuali che gli adulti dell’epoca, ci hanno imposto.
Ricordo i miei sogni di ragazza, immaginavo me stessa in tailleur a dirigere un’azienda, una donna manager, realizzata ed indipendente. Non vedevo nel mio orizzonte immaginario nè famiglia, nè figli.
Un uomo in teorica gonnetta.
Affatto in connessione e sintonia con la sua femminilità, completamente repressa, chiusa, archiviata poichè, comunque, non corrisondente al “modello”.
E due stramaroni di questi modelli che hanno perseguitato la mia/nostra esistenza! Da quelli fisici (non hai le tette, il culo è troppo grande, sei in sovrappeso, sei bassa, hai le spalle troppo larghe e qui mi fermo) a quelli sociali e psicologici.
Crescendo, per fortuna, ci si libera un po’ di questi colossi che impediscono di vivere la propria esistenza, dandole il taglio che meglio si crede… ci si libera… insomma…
Guadata la boa dei 40, come una pirla, mi ritrovo dentro a questi cliché malati, con tutte le scarpe.
Se per 20 anni, conclusa l’adolescenza, vivaddio!, ho creduto di scegliere secondo le mie corde la vita che volevo fare (più o meno) e la persona che volevo essere, sbarchi nella “mezza età” e sei nella merda un’altra volta.
E certo, perchè a noi donne, ci smaronano di ideali impossibili da raggiungere, come se vita significasse perfezione. Ecco donne che a 50-60 anni ne devono mostrare 20 di meno, ragazze che non godono della loro giovinezza acqua e sapone e sembrano delle matrone (certo senza rughe e con un corpo da svenimento), perchè la società ci vuole “ggiovani”, strafighe, iper sexy, costantemente portate a sedurre il mondo intero.
Da quarantenne, mi guardo allo specchio e invece di cercare la vita che ho vissuto sul mio volto e sul mio corpo, vorrei cancellarne ogni traccia. Ciò è male, malissimo! Sticazzi, mi hanno beccato di nuovo nell’ingranaggio bestiale che mi obbliga ad essere ciò che non sono…
Fortunatamente ci sono gli amici, la famiglia e… un barlume di intelligenza che mi resta e provo a guardare ancora, e vedo me, quella che sono diventata a forza di sberle e sorrisi che la vita mi ha regalato fino a qui… e amo (finalmente) le mie tette piccole e il mio culo grande, perchè sono solo miei e va bene così.
Non è facile “ritrovarsi” in questo marasma di stimoli demenziali che provengono da ogni dove e sentirsi una giaguara serena e rilassata in pace con se stessa e felice di quello che è, adesso, in questo momento.
Vabbè, concludo il pippolotto invitando tutte Voi che siete meravigliose nella vostra unicità, nel vostro difetto e nella bellezza del pregio, ad AMARVI, come solo voi meritate davvero.
Per il resto: a fanculo tutti!
ALLEGRIA!
Pimpra
IMAGE CREDIT DA QUI
ps: mi sono scappate un bel po’ di parolacce… abbiate pazienza… 😦
koredititti
/ 28 giugno 2016Per niente facile, neppure semplice. Con lo specchio (volutamente evito di parlare dei giudizi ) ci facciamo i conti tutte. Ma nei miei 60 ho imparato che ogni applicazione di crema e maquillage sono le carezze che mi merito e concedo in abbondanza perché mi voglio bene e mi piaccio. E a tutti coloro che sono stupiti del mio rifornimento io sorrido. Poveri. … che ne sanno loro come si veicola l’amore. ..
Abbraccio a Pimpra. Grazie di questo articolo. Foooorse lo condivido. Se ti fa piacere
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PIMPRA
/ 28 giugno 2016Tesoro l’amore per noi stesse passa anche attraverso le piccole coccole che ci concediamo, ti capisco… Se vuoi condividere ne sarò felice! Ti abbraccio
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Fedifrago ®
/ 28 giugno 2016Non mi sembrava grande, nel confronto fotografico degli abiti da tango 😛
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PIMPRA
/ 28 giugno 2016Adesso non lo è più particolarmente.. Adesso…
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Von Calypso
/ 30 giugno 2016Da una parte posso dire di essere molto fortunata anche se ovviamente essendo di una generazione di dieci anni più giovane della tua…mi sono beccata anche io, per quanto riguarda la mia stazza (1,75), battutine tipo: ma sei sicura di non essere un trans (anche da un trans vero e proprio).
Dall’altra comunque per fortuna o sfortuna (dipende dai punti di vista) non ho potuto assorbire tutti quei condizionamenti che hanno le altre donne perchè ne ho avuti altri da risolvere e dover risolvere quei condizionamenti e i problemi che creava la bizzarra educazione ricevuta non solo mi ha permesso di crescere immune a quelli di massa…ma mi ha anche vaccinato a vita nel senso che ora vedo costantemente tutta l’assurdità dei messaggi che veicolano i vecchi e i nuovi media e tutto questo mi fa schifo.
Considera anche che sono grafica pubblicitaria con un’insana passione per il marketing e le strategie: io non vedo più la tv e gli spot e le pubblicità come li vede il resto del mondo e i non addetti ai lavori. Li giudico in un’altra maniera e questo radicalizza il mio schifo e il mio disgusto circa l’evidentissimo lavaggio mentale continuo che ci propinano.
Concordo con Koredititti: non è facile ne semplice ma con un buon allenamento ce la si fa…ed è, a mio parere, lo stesso allenamento cognitivo che è consigliato agli affetti da Disturbo Compulsivo Ossessivo (http://psyco.forumfree.org/index.php?&showtopic=46965) e aggiungerei io anche per riuscire ad uscire dalle dipendenze (che di fatto determinano comportamenti ossessivi e compulsivi a fare/assumere le sostanze di cui siamo dipendenti): Primo: Ridefinire; Secondo: Riattribuire; Terzo: Rimettere a fuoco; Quarto: Riconsiderare.
E’ facile in momenti particolari in cui magari ci sentiamo giù esserne maggiormente succubi… ma bisogna tener duro e andare oltre….
siamo noi che guardiamo allo specchio. Nessun confronto vale la candela. Siamo noi e non possiamo essere altre…men che meno donne che, di fatto, non esistono (trucchi e parrucchi e photoshop, negli spot e sulle pubblicità sono ormai un dato di fatto), come la Barbie (quest’ultima poi biologicamente non potrebbe sopravvivere con quel corpo)…
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