
L’aspettavo. Senza nemmeno rendermene conto. Una chiamata dal profondo, la mia personale nota d’inverno.
Trieste senza bora perde uno dei suoi colori più brillanti, i triestini la amano di un sentimento ondivago, a tratti scolpito da un profondo fastidio, per dimenticarsene poco dopo.
Mancano una manciata di giorni alla fine di questo anno orribile e ci stiamo chiedendo come ci destreggeremo tra i mille ostacoli dei DPCM che, come caselle del calendario dell’avvento, tracceranno la strada verso le festività.
Personalmente non ne faccio un problema, non fosse il fatto che gli spostamenti sono vietati e non sarà possibile ripetere il natale al sud dell’anno passato, uno dei più belli di questi ultimi anni.
L’importante è scollinare il 2020, credo sia il sentimento di tutti, in un modo o nell’altro, ritrovarsi nell’anno nuovo per ricominciare a sperare di avere una vita, se non proprio uguale a prima, almeno molto somigliante.
Credo che il 2020 sarà immediatamente rimosso dalla mia memoria, non c’è una cosa che voglio ricordare, non una.
Non amo guardare indietro, perciò mi sto preparando ad immaginare lo scenario migliore, quello più bello per l’anno a venire. Lo voglio positivo, risolutivo, pieno di carica vitale, radioso, brillante. Lo voglio immaginare così, senza soffermarmi sul dolore, sui problemi, su tutto quello che non va.
Finalmente bora fu.
È lei che ripulisce i miei pensieri, elimina la negatività, mi fa tornare la gioiosa bambina che amava stare all’aperto a sfidare le raffiche.
Aspetto la spruzzatina di neve per chiudere il cerchio in bellezza.
Pimpra
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