Quanto sono belle le serate trascorse con una cara amica che non vedi da tempo con la quale resta sempre intatta la confidenza, lo scambio, e un grandissimo affetto.
Nel suo piccolo appartamento, come il nido di un uccellino, delicato e dolce come è lei, pulito, deliziosamente arredato con un’attenzione ai piccoli dettagli che sussurrano la sensibilità vibrante della padrona di casa, mi sono presentata con un frizzantino rosè e Tupperware al seguito….
Le parole sono scivolate fluide, intervallate da argomenti leggeri o seri, così come le donne sono abituate a discorrere.
Lei, come molti di noi, ha visto naufragare un rapporto su cui aveva scommesso “per la vita”, ma così non è stato. Le ossa rotte, l’anima e il cuore feriti, ha ripreso la sua vita tra le mani, con il coraggio e la determinazione che servono ogni volta che si riparte da capo, e si è rimessa nel flusso delle cose.
La dolorosa esperienza, tra i tanti segni che le ha lasciato, ha messo un tarlo nella testa, ovvero: chi si prenderà cura di me quando sarò vecchia? Evidenziando ai massimi sistemi, il dolore esistenziale di questa moderna società.
Mai come ieri sera, ho potuto toccar con mano, la solitudine, il vuoto pneumatico che i single della mia generazione stanno vivendo.
C’è chi brucia la vita, anestetizzandola sulla propria pelle agendo comportamenti e sentimenti di totale edonismo, vuoto però di contenuti, nulla a che vedere con un sano epicureismo consapevole e goduto, altri, invece, tuffano il loro essere negli abissi del più profondo “mal di vivere”, basato sulla prima, sostanziale, mancanza: l’amore (per se stessi e per gli altri), la solitudine di rapporti che poggino su qualcosa di vero.
Il futuro, a quel punto, diventa un mostro che terrorizza, mancando le strutture caratteriali e definite certezze sul proprio sé e sulla propria essenza. Partono così i pensieri bui, l’idea della vecchiaia come malattia e non come compimento gioioso di un percorso di vita. Si immagina il corpo debilitato, impossibilitato a provvedere a se stesso e quindi, esplode il bisogno dell’altro.
Credo non abbia senso andare così avanti con il pensiero, immaginare e ipotizzare situazioni che non abbiamo nessun reale strumento per essere comprese.
La sola cosa che siamo capaci di conoscere è il QUI ED ORA. Nulla più. Il resto sono solo proiezioni, più o meno belle, di emozioni positive o negative, che vivono dentro di noi.
Allora sai che c’è? Resto connessa a questa dimensione, cerco di vivermela al meglio, con fiducia e gioia di me, di quello he posso portare nel mondo e dal mondo ricevere.
Forse semplificare, alleggerire è la sola via per vivere meglio.
AMEN.
Pimpra
IMAGE CREDIT DA QUI
Von Calypso
/ 14 dicembre 2016sono d’accordo con te…poi mi immagino una persona che quando conosce un partner potenziale gli dice: “vorrei fare una cosa seria con te che duri fino al termine della mia vita così se da vecchia mi piglio qualche brutta malattia tu mi possa accudire.” Per me i rapporti basati sulla soddisfazione di un bisogno….per esempio colmare la solitudine…sono rapporti che partono male già dai presupposti.
Io non sto con qualcuno perchè mi sento sola, perchè mi andrebbe bene chiunque. Io sto con qualcuno perchè mi piace stare con lui…perchè stare con lui mi arricchisce. Il mio mantra è: l’importante è che io stia bene e tutto il resto e un di più. In questo di più ci sono le relazioni….la ricchezza…e tutto quello che è di più rispetto al mio stare bene. E’ una questione di rispetto sia per me che per il prossimo a cui mi rivolgo. Mi sentirei usata se una persona volesse stare con me solo per non sentirsi sola e perchè io gli faccia da badante quando è vecchia e si ammala.
Soprattutto l’unico modo di viversi bene la vita è come dici tu: qui ed ora.E’ solo nel presente che possiamo agire.
Miao miao miao!
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PIMPRA
/ 14 dicembre 2016Sono d’accordo con te, ovviamente! Ma la mia cara amica, non ha focalizzato sul bisogno di qualcuno per quando sarà vecchia e forse i mio scritto penalizza la sua visione, quanto piuttosto quella sensazione di paura verso ciò che sarà (e che comunque non possiamo prevedere) che le ha fatto dire “Chi sarà con me a tenermi la mano?” capisci, una lecita risposta a una umana paura…
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Von Calypso
/ 14 dicembre 2016Capisco…anche se ad essere onesta non capisco e non condivido questa preoccupazione e forse un po’ è colpa dell’età, principalmente però è responsabilità della mia personale visione delle cose scaturita dalla mia esperienza.
Forse io sono un po’ troppo radicale, me ne rendo conto, ma è così che la vedo e non rimpiango il fatto che se non fosse successo ciò che mi ha reso così l’avrei pensata diversamente. Anzi, penso che tra le cose buone che la mia esperienza mi ha regalato c’è proprio questo estremo desiderio e bisogno di bastare a me stessa, di essere libera di decidere per me stessa e per la mia vita senza rinunciare per questo a creare legami anche intensi, nonchè duraturi, col prossimo.
Forse le uniche persone che credo possano restare per una vita sono gli amici, ma nemmeno su quelli ci scommetterei.
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Fedifrago ®
/ 14 dicembre 2016Chi starà con me a tenermi la mano? Ma la badante ventenne che spererà di ereditare …ahahahahaha
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PIMPRA
/ 14 dicembre 2016😂😂😂😂😂
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marcog
/ 28 dicembre 2016con il maggior grado di degenerazione psicofisica (soprattutto psyco) del genere maschile non è che il bastone della vecchiaia diventa il bastone tra le ruote della ultima parte della vita? altrimenti perché tante donne ringiovaniscono quando diventano vedove……
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PIMPRA
/ 29 dicembre 2016Interessante spunto Marco… molto interessante… mi trovi impreparata, non saprei rispondere. A volte, per talune donne lo stato di vedovanza rappresenta la possibilità (che non hanno avuto fino ad allora) di volgere lo sguardo verso se stesse, osservando e scoprendo e realizzando i loro desideri, le loro passioni per troppo tempo messi da parte.
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