Ricordo che quando ero una bambina, guardavo a quelli che mi sembravano i vecchi, sempre con occhi dolci e grande rispetto. Gli anziani, nel mio target relazionale, sono stati sempre un soggetto preferito.
Mi piaceva starci insieme perché era bello farsi raccontare le storie della loro vita così lontana nel tempo, nello spazio e nelle abitudini, dalla mia.
Guardavo i volti segnati dalle rughe che disegnavano solchi carichi di esperienza. A volte erano visi sorridenti, altre carichi di vita, altre ancora pieni di malinconia se non di dolore.
Forse è per questo che mi sono stati sempre molto cari i vecchi che ho incontrato, perché i miei occhi cristallini di bambina erano capaci di cogliere le sfumature dei loro, annacquati di ricordi che andavano e svanivano, come onde.
I vecchi più felici non erano quelli più abbienti, ma quelli circondati dai loro bambini, dai figli e dai nipoti, dalla loro linea della vita che si affacciava fresca alla finestra dell’esistenza.
Le mani degli anziani sono fresche, come il ruscello che scorre limpido, oppure sono calde. Non hanno quasi mai la temperatura di tutti gli altri.
Le mie anziane profumavano di viola, oppure di mughetto o di Chanel n. 5. Ricordo ogni sfumatura del loro odore, della lavanda di cui erano impregnati i fazzoletti di stoffa, la lacca sui capelli, lo smalto sulle affilatissime unghie rosse.
Ieri ho trascorso la prima giornata di primavera all’Itis di Trieste, un tempo considerato l’ospizio dei poveri, dove i miei amati “vecchi” venivano abbandonati nelle mani della morte che tardava sempre troppo a portarseli via, lasciandoli soli, nel buio vuoto della loro vecchiaia.
Adesso l’istituto è stato completamente rinnovato ed è diventata una residenza dove, gli anziani, non sono più buttati via come cenci usati, ma un luogo caldo e accogliente dove possono trascorrere il tratto finale della loro esistenza, circondati da un calore che prima non c’era.
Nel bar che è il cuore della struttura, tavolini in stile barocco e poltroncine di velluto rosso accolgono ospiti e residenti, simulando da vicino i caffè tanto cari ai triestini. Nella Hall, un pianoforte a coda a disposizione di chi vuole accarezzarne i tasti per riempire di melodia le pareti marmoree e monumentali dell’ingresso. Alle pareti quadri moderni, a indicare il fluire della modernità sul passato, in un legame indissolubile tra ciò che è stato e ciò che sarà.
Amiamoli questi vecchi, tutti i vecchi del mondo, che sono la nostra memoria, i battiti del nostro cuore, il nostro passato e che, con i loro occhi acquerellati ci raccontano di infinita malinconia.
Ho ancora negli occhi l’immagine di una giovane ragazza che leggeva Roth a una anziana signora in carrozzina che, ad occhi chiusi, le teneva una mano mentre godeva del racconto riprendendo a sognare.
Pimpra
Foto mia, ieri, primo giorno di primavera.
mauri53
/ 21 marzo 2017splendido pezzo che trasuda nostalgia e amore
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PIMPRA
/ 21 marzo 2017Grazie Maury 😘
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Marco
/ 21 marzo 2017Bella quest’ultima immagine della giovane che leggeva alla anziana …..restituiva il favore fatto dalla signora che raccontava di Trieste alla ragazza in treno 🙂 le belle azioni ritornano …..
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PIMPRA
/ 22 marzo 2017Giusto Marco, ben detto…
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Fedifrago ®
/ 22 marzo 2017Chissà se hanno una camera anche per me …
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PIMPRA
/ 22 marzo 2017Chissà… 😉
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