COSA NON FARE PRIMA DI…

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A volte mi chiedo dove sia finito il manto di esperienza che l’aver compiuto 40 anni regala a una donna.

E parlo di esperienza, non di vecchiaia, sia chiaro.

Mi preparo a trascorrere un fine settimana in un ameno luogo, dotato di tutti i comfort (piscina compresa), dove darò sfogo (SPERIAMO!!!) a tutta la voglia di ballare che mi scorre nelle vene.

Partecipare a una maratona di tango, come ho già avuto modo di spiegare, richiede una grande preparazione psicofisica:

  • ore e ore di ballo o, comunque, di stato di veglia
  • gestione dello stress da  – eventuale (tiè facciamo le corna!) – “tappezzeria”
  • gestione, a seguire, di incazzature di varia natura nei confronti:

– degli uomini stronzi che non ti si filano (Hei, chiedo solo di ballare, non voglio altro da te!!!)

– delle giovani donne che ti soffiano la tanda di sotto il naso (Hei bella, stai al posto tuo! … ma girerai la boa anta anche tu.. e poi ti voglio vedere!)

– di te stessa che potevi trovare di meglio da fare che rovinarti il weekend in questo modo scemo.

Dicevo, una guerra. Sia pure santa, si vive e si muore per il dio tango, ma sempre guerra.

Per preparare me stessa alla grande prova, cosa ho pensato di fare per rafforzare l’autostima e arrivare con il sorriso al mio appuntamento?

Ebbene, sotto PMS, in pieno raffreddore da fieno, ho avuto la brillantissima idea di fare la prova costume!

UN’ IDEONA GE- NIA-LE!!!

La mia pelle albina non vede il sole da mesi sicchè manifesto un colorito così tanto pallido da risultare fosforescente alla luce. Non serve aggiungere che ogni micron del corpo, colpito da un raggio di sole, celebra i difetti di cui è portatore in maniera esaltante.

MORALE:

ho ri-preso al pistola e ho tirato un colpo. Era nuovamente scarica e mi toccherà suicidarmi la prossima volta.

Un tanto per condividere  con tutte le mie lettrici il terribile momento che ci aspetta… e non voglio sentire le voci di quelle, la mia amica A. in prima fila, che mi dicono che sono una stronza a lamentarmi.

Ogni donna ha il suo paesaggio di visioni, di emozioni, di percezioni del suo sè. E per ogni donna, la prima svestizione “pubblica” è un salto nel vuoto.

Così, cercavo di farmi venire in mente una strategia alternativa, ma, fino ad ora, i neuroni non sono venuti a soccorrermi, loro sono già sulla brandina distesi a godersi il sole…

Beata innocenza…

Pimpra

CARNET DI VIAGGIO – “Mi Buenos Aires Querido”

image credit: Pimpra TS

image credit: Pimpra TS

Dal lontano 2007 non mettevo piede su un Boeing su tratta intercontinentale.

Boccetta di Lexotan in borsetta (in caso di attacco di claustrofobia che non verrà mai se lo porti con te), accanto all’inseparabile Lonely Planet.

Pronta per il mio primo viaggio sacro. Alla Mecca. Di ogni tanguero: Buenos Aires!

Sono stati una diecina di giorni o poco più che mi hanno regalato emozioni fortissime, gioie insperate, divertimento, stanchezza, stimoli.

Mi sono chiusa in una scuola di tango per dedicarmi anima e corpo alla mia danza preferita, per insegnare al corpo nuove dinamiche, eliminare gli errori, creare nuova consapevolezza.

Ballare il tango colà è come nuotare in mare per un triestino: naturale.

Come è, per noi, tuffarsi dal molo facendo le “clanfe“, per loro è danzare inventando nuovi giochi ritmici, nuovi movimenti, incorciare sequenze che creano alchimie fantastiche. E lo fanno con il sorriso, nella dimensione del gioco, del piacere.

Poi c’è la megalopoli che, a dispetto di altre che ho visto, è capace di accogliere/raccogliere chi la visita. Non c’è stato un solo attimo del mio soggiorno nel quale mi fossi sentita un’intrusa, una persona “indesiderata”. E’ come se, da subito, Baires fosse anche mia.

Con l’occhio europeo mi sono divertita a fare il gioco del “cerca le differenze” e, per riderci su, ne elenco alcune.

RITMI SUDAMERICANI:

il concetto del tempo che scivola dalle mani e che devi infarcire di più cose possibili, laggiù, a 11.000 km di distanza, viene percepito in modo diverso, senza l’angoscia stressante del mondo sopra equatoriale.

Alla cassa del supermercato- ad esempio- in tutto e per tutto tecnologico e fornito,  il cassiere fa scivolare con lentezza olimpica i prodotti davanti alla fotocellula, sicchè per fare la spesa bisogna mettere in conto un tempo infinito da spendere al momento del pagamento ( non perchè ci sia una particolare coda alla cassa). E non bisogna perdere la pazienza, mai. E il sorriso, mai.

CORPI SUDAMERICANI:

ma quanto sono belli? sono tonici, longilinei, con la pelle ambrata, i capelli fluenti (ho visto tantissimi uomini con delle favolose trecce o code di cavallo incredibili). Se non hanno sempre un bel corpo, ci sono persone in abbondante sovrappeso, hanno sempre un viso sorridente, sereno. Volti nati da incroci incredibili e incredibilmente profondi, particolari, caldi.

CAOS  SUDAMERICANO:

Come ogni metropoli che si rispetti, anche Buenos Aires, è caotica, spesso in modo imprevedibile. E come ogni metropoli sotto equatoriale, l’utilizzo del clacson a pieno palmo di mano, è attività imprescindibile di ogni persona che guidi un mezzo a due o più ruote.

Ho trovato esilarante il concerto di trombe mentre, incolonnata al casello autostradale (al pagamento pedaggio), cercavo di raggiungere l’aereoporto. Tutti suonavano il clacson come fossero impazziti, sperando che, in questo modo, chi doveva pagare lo facesse più rapidamente. Credo che il clacson sia, per loro, un sofisticato espediente psicologico per resistere allo stress di un traffico infernale.

CLIMA SUDAMERICANO:

Ma che ve lo dico a fare? Due settimane di SOLE, cielo terso, temperatura perfetta, da t-shirt al mattino e copriabito alla sera. Dimenticavo, colà sono in autunno.

Per gli argentini, invece, faceva già freddo, ne ho visti molti andare in giro con il maglione di lana. Spesso mi chiedevano “Signora, ma non ha freddo?”

DONNE/UOMINI E MILONGHE

L’uomo è uomo, indiscutibilmente. La donna è donna, indiscutibilmente. E ho visto tanta femminilità che, mi sono detta, devo tornarci per carpire segreti. Gli occhi di una donna argentina sono capaci di sciogliere una lamiera di acciaio. Non so se  mi spiego. Gli occhi di un uomo argentino, pure.

MORALE:

ho già predisposto il porcellino salvadanaio per il prossimo viaggio, che durerà di più e mi porterà anche in altre parti di quello splendido paese.

… e non ho parlato del “dulce del leche” e di quanto, in generale, amino gli italiani 🙂 …

Pimpra

IL SANTO DEI VIAGGIATORI

Hand Holding Suitcase Covered with LabelsNon mi accade più di viaggiare come ero solita fare in giovanissima età, quando, a seguito dei miei genitori, ho avuto la fortuna di vivere in paesi lontani, diversi, “altri”.

Ricordo come allora il piacere che mi dava l’aereoporto, le  procedure d’imbarco, la consegna dei bagagli, il check-in, le hostess in divisa, i mini pasti serviti in aereo, le nuvole che mi sembravano fatte di  panna…

Bellissimi e indelebili ricordi.

Non sempre però il viaggio – metafora estesa della vita- procede senza intoppi.

Ecco che torna alla mente un volo verso l’Africa che doveva svolgersi con itinerario in due tappe e che, invece, è durato tre giorni, ci ha portati in Inghilterra, in Germania e finalmente in Africa (ma nella città sbagliata) e, all’aereoporto, mio padre non c’era più ad aspettarci.

[Anni ’70, nessun cellulare, Africa nera, una mamma giovane con due bambini, di nove e due anni…]

Cito questa particolare esperienza per evocare il ricordo di quel “santo viaggiatore” che si è fatto carico di noi e ci ha aiutati a raggiungere la destinazione finale senza essere sventrati/violentati/rapiti/venduti nella notte che trascorremmo all’hotel Pam Pam di Lagos, Nigeria. Era il 1978.

Quando si viaggia, e chi lo fa spesso l0 sa, bisogna affidarsi al proprio santo protettore del viaggio. Tutti noi ne abbiamo uno. Parlargli e avere fiducia che, comunque, le cose si risolveranno per il meglio.

Ci credo fermamente perchè ho tante esperienze che lo confermano.

Viaggiare, per me, è porsi in modalità “morbida” verso il mondo, verso l’avventura.

La rigidità, l’incazzo per la valigia che non arriva con te, l’ansia, ad esempio, amplificano la frustrazione a discapito della soluzione più indolore.

Meglio essere morbidi, farsi pervadere da una realtà nuova, ignota, interessante, da scoprire.

La protezione del nostro “Santo dei viaggi” però, va sempre ricambiata, perchè oggi sta a me, domani a te.

Ecco che poco fa, alla richiesta di una signora americana che non sapeva come fare per utilizzare una lavanderia self service, non solo ho fatto tardi nel rientro in ufficio e dovrò recuperare, ma ho telefonato per due volte all’assistenza, ho aspettato che il titolare arrivasse e facesse ripartire la lavatrice per la signora (le spiegazioni solo in italiano!) e le ho spiegato ben bene anche come far funzionare l’asciugatrice.

Mi ha detto che si trovava in città in vacanza e come potevo fare a lasciarla così in panne?

So di aver guadagnato un credito dei viaggiatori.

E, a parte questo, mi ha fatto piacere aiutare una signora in difficoltà. Essendo lei straniera, dicesi anche “marketing territoriale”! 🙂

Pimpra

Foto da qui: http://littleturtle.giovani.it/diari/2645745/il_viaggiatore.html

ESTATE INDIANA

Mi sveglio, poco convinta, alla solita ora. La sfumatura della finestra mi offre una visuale ancora ovattata di notte.

A colazione conclusa, godo finalmente delle prime timide sfumature di una luce che si fa via via più intensa.

Lo so, l’estate è già un ricordo che si stempera nella memoria.

Lo so, è autunno.

 

 

L’armadio guardaroba è nel suo momento peggiore – l’interregno – ovvero il passaggio ancora incompiuto, da una stagione a un’altra.

Ogni mattina è una sfida. A iniziare dal rito della “cipolla”. Strati casuali di abiti che durante la giornata, scivolano via e, verso il tramonto vengono indossati nuovamente.

In questo periodo di transito, anche la mia vita “transita”. Non ho ancora capito dove mi porterà l’inverno, che cosa farò.

Per il momento sto così, a godermi questi ultimi tiepidi raggi di sole di questa calda estate indiana.

Pimpra

 

DI NUOVO A CASA

Partir, revenir.

La gioia della mia vita.

Allontanarmi con l’elastico. Cioè, prima o poi, tornare a casa.

E riscoprire i pochi metri quadrati dell’appartamentino carichi di un calore che mi mancava. Il lettone, il divanetto delle pause serali. La cucina che, solo volendolo, potrebbe darmi mille soddisfazioni.

La casa, la tana, il nido.

Tornare  con gli occhi pieni di stimoli e la realtà quotidiana sembra decisamente meno grigia.

E ricordare: quante volte ti hanno scambiata per “straniera” (austriaca, americana con spruzzatine di francesina), ripensare ai colori, all’architettura, al gusto tutto italiano della città, dei suoi arredi, alla scelta di mostrarsi in un certo modo dei suoi abitanti, ai negozi, al cibo.

Fantastica Italia, straordinaria Toscana! Ricordiamocelo! Trattiamolo bene il Bel Paese che bello lo è davvero! Apprezziamolo, impariamo a valorizzarlo per goderne immensamente come fanno tutti coloro che ci rendono visita.

E tornare nel nido, nella cuccia, così familiare ed amata e guardarla con nuovi, innamorati occhi  promettendo che, alla prima occasione, la farai ancor più bella.

Revenir et partir.

Dove andrò la prossima volta?

Pimpra

LEI, IO E LA VALIGIA!

Le amiche del cuore sanno come aiutarsi, sostenersi e ridere insieme delle reciproche disgrazie che la vita non è sempre rosea come vorremmo e il principe azzurro  da un bel po’ di tempo ha perso il suo colore naturale.

Cosa ci resta? Ridere insieme e sdrammatizzare!

Lei parte per due settimane di mare blu e vento e sabbia e altre amiche e relax e chupitos e ogni bendidio che Lanzarote può regalare.

E’ agitata perchè prima della partenza deve prevedere tutte le possibili variabili e, possibilmente, far entrare in valigia le soluzioni.

Ed ecco che intervengo io, nel tardo pomeriggio, ad aiutarla a liberarsi del superfluo che, chi resta, vede con occhi più razionali ed elimina il peso inutile.

E’ stata abbastanza brava, non fosse per: 2 (!!!)  flaconi di olio per capelli, creme solari scadute, le scarpe della zia Pina che sono rimaste a terra, il bagnoschiuma mezzo vuoto sostituito da campioncini, il mezzo kilo di noci/noccioline/mandorle (ma non si trovano ovunque nel mondo???) e … il thè pe rla prima colazione dell’arrivo e 2 lime [“Tesoro, ma tu non sei normale!!! ma che ti porti a fare il lime a Lanzarote??? e il thè??? Fai la spesa e trovi tutto lì’!!!” , Lei “Eh ma il primo giorno cosa bevo a colazione? No, dai mi sento più serena se mi porto il thè da casa!” e lì ho ben compreso che si tratta di patologia da “copertina di Linus” e non ho insistito perchè lasciasse a casa detta mercanzia].

Le dico brava che non si è portata dietro l’armadio intero. Faccio per andare via e Lei, ingenuamente, se ne esce con un “Porto anche questo che altrimenti lo butto”, mi giro e vedo l’amica con un tocco di formaggio puzzone, mezzo avariato che voleva nascondere in valigia.

Vi risparmio quello ciò è uscito dalla mia bocca, prima insulti pesanti che si sono immediatamente tramutati in una colossale e fragorosa risata di entrambe.

Perchè, per noi donne, la valigia è anche questo!

🙂

Pimpra

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