CARNET DI VIAGGIO – “Mi Buenos Aires Querido”

image credit: Pimpra TS

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Dal lontano 2007 non mettevo piede su un Boeing su tratta intercontinentale.

Boccetta di Lexotan in borsetta (in caso di attacco di claustrofobia che non verrà mai se lo porti con te), accanto all’inseparabile Lonely Planet.

Pronta per il mio primo viaggio sacro. Alla Mecca. Di ogni tanguero: Buenos Aires!

Sono stati una diecina di giorni o poco più che mi hanno regalato emozioni fortissime, gioie insperate, divertimento, stanchezza, stimoli.

Mi sono chiusa in una scuola di tango per dedicarmi anima e corpo alla mia danza preferita, per insegnare al corpo nuove dinamiche, eliminare gli errori, creare nuova consapevolezza.

Ballare il tango colà è come nuotare in mare per un triestino: naturale.

Come è, per noi, tuffarsi dal molo facendo le “clanfe“, per loro è danzare inventando nuovi giochi ritmici, nuovi movimenti, incorciare sequenze che creano alchimie fantastiche. E lo fanno con il sorriso, nella dimensione del gioco, del piacere.

Poi c’è la megalopoli che, a dispetto di altre che ho visto, è capace di accogliere/raccogliere chi la visita. Non c’è stato un solo attimo del mio soggiorno nel quale mi fossi sentita un’intrusa, una persona “indesiderata”. E’ come se, da subito, Baires fosse anche mia.

Con l’occhio europeo mi sono divertita a fare il gioco del “cerca le differenze” e, per riderci su, ne elenco alcune.

RITMI SUDAMERICANI:

il concetto del tempo che scivola dalle mani e che devi infarcire di più cose possibili, laggiù, a 11.000 km di distanza, viene percepito in modo diverso, senza l’angoscia stressante del mondo sopra equatoriale.

Alla cassa del supermercato- ad esempio- in tutto e per tutto tecnologico e fornito,  il cassiere fa scivolare con lentezza olimpica i prodotti davanti alla fotocellula, sicchè per fare la spesa bisogna mettere in conto un tempo infinito da spendere al momento del pagamento ( non perchè ci sia una particolare coda alla cassa). E non bisogna perdere la pazienza, mai. E il sorriso, mai.

CORPI SUDAMERICANI:

ma quanto sono belli? sono tonici, longilinei, con la pelle ambrata, i capelli fluenti (ho visto tantissimi uomini con delle favolose trecce o code di cavallo incredibili). Se non hanno sempre un bel corpo, ci sono persone in abbondante sovrappeso, hanno sempre un viso sorridente, sereno. Volti nati da incroci incredibili e incredibilmente profondi, particolari, caldi.

CAOS  SUDAMERICANO:

Come ogni metropoli che si rispetti, anche Buenos Aires, è caotica, spesso in modo imprevedibile. E come ogni metropoli sotto equatoriale, l’utilizzo del clacson a pieno palmo di mano, è attività imprescindibile di ogni persona che guidi un mezzo a due o più ruote.

Ho trovato esilarante il concerto di trombe mentre, incolonnata al casello autostradale (al pagamento pedaggio), cercavo di raggiungere l’aereoporto. Tutti suonavano il clacson come fossero impazziti, sperando che, in questo modo, chi doveva pagare lo facesse più rapidamente. Credo che il clacson sia, per loro, un sofisticato espediente psicologico per resistere allo stress di un traffico infernale.

CLIMA SUDAMERICANO:

Ma che ve lo dico a fare? Due settimane di SOLE, cielo terso, temperatura perfetta, da t-shirt al mattino e copriabito alla sera. Dimenticavo, colà sono in autunno.

Per gli argentini, invece, faceva già freddo, ne ho visti molti andare in giro con il maglione di lana. Spesso mi chiedevano “Signora, ma non ha freddo?”

DONNE/UOMINI E MILONGHE

L’uomo è uomo, indiscutibilmente. La donna è donna, indiscutibilmente. E ho visto tanta femminilità che, mi sono detta, devo tornarci per carpire segreti. Gli occhi di una donna argentina sono capaci di sciogliere una lamiera di acciaio. Non so se  mi spiego. Gli occhi di un uomo argentino, pure.

MORALE:

ho già predisposto il porcellino salvadanaio per il prossimo viaggio, che durerà di più e mi porterà anche in altre parti di quello splendido paese.

… e non ho parlato del “dulce del leche” e di quanto, in generale, amino gli italiani 🙂 …

Pimpra

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