Sono in vacanza da qualche giorno, mi godo il monsone, carico di abbondante pioggia che questo clima oramai impazzito, ha il piacere di donarci.
Un pò mi sono incazzata, per il resto arresa al volere della natura.
Tra una sessione e l’altra di palestra, un sonnellino, una chiacchiera, una tanda non sono mai uscita dalla mia galera quotidiana.
Ero fuori solo con il corpo, ma dentro con tutta la mente, le emozioni, le incazzature, l’ansia e la frustrazione.
Il perchè è presto detto, in mia compagnia l’onnipresente smartphone. E tu vedi l’icona delle mail e che fai, ignori? Certo, così dovrebbe essere dato che, nell’ingranaggio, sei solo un micrometrico dentino di una ruota ben più grande. Invece, conscia che i casini sono come la gramigna che germina anche sulle rocce, l’istinto di sapere di quale morte morirai al tuo rientro, fa sì che leggi e sai per filo e per segno ciò che sta accadendo. E poi ti telefonano, ignari o insensibili del tuo tempo libero.
Alla notte, invece che perdermi in dolci sogni, la mia mente continua ad elaborare, a vedere le carte, a immaginare come risolvere situazioni, come rispettare scadenze. Come se la mia persona, la mia presenza fossero strategiche e di vitale importanza per l’apparato che mi inghiottisce ogni giorno.
Così non è, ovviamente, perchė, in quel caso, godrei delle meritate stellette che, invece, nessuno vuole concedermi. Io, come tantissimi altri, sono un efficacissimo cavallo da tiro, di quelli con le zampe grosse e il corpo tozzo, quelli che non sono belli da vedere, che non vanno esibiti nelle cerimonie ufficiali, senza il lavoro dei quali però, non esisterebbe cerimonia.
Allora, la carota che ti danno è a base di tecnologia, per essere sempre connessi, illudendoti che ti te hanno stima ed è quello un primo modo che hanno di riconoscertelo.
Invece ti mettono dentro a una nuova gabbia, dalle sbarre più strette perchè invisibili e te la mettono direttamente dentro la testa.
Sono queste le mie vacanze, passate a cercare di “staccare la presa del cervello” senza riuscirci, a maledire la mia vita attuale che rappresenta la commedia della morte di tutti i miei sogni.
STICAZZI.
Pimpra