Dopo quasi un mese di fine settimana in giro per l’Italia, mi sono fermata, arresa alle richieste del mio piccolo nido che abbisognava delle mie cure.
Esaurite le faccende, organizzo la borsa per il mare. E’ giunta l’ora di andare al Bivio.
Trieste, per chi non la conosce, è dotata di una amena costa, il Carso si affaccia sul mare, producendo un paesaggio molto verde in cui l’Adriatico abbraccia gli scogli calcarei creando un colpo d’occhio d’effetto. Le falaises italiane.
I triestini sono tossici di sole e di mare. Si dice che non abbiano molta voglia di lavorare, a differenza dei cugini friulani, più dediti ai doveri.
No, a noi piace vivere. In tutti i sensi e con tutti i sensi, pelle compresa. E quindi vai di spiaggia senza ritegno.
Spiaggia “si fa per dire”, non esiste la sabbia da queste parti, ci sono gli scogli, c’è il cemento e a noi piace così.
E poi c’è il Bivio. Ultimo baluardo di triestinità, dopo i “topolini”, il “California”, la “Marinella”, tutti siti posti sulla strada Costiera, che da Trieste porta fuori, verso il resto del mondo.
In questa appendice di terra dimenticata nel nord est del Bel Paese, tutte le estati si perpetua una specie di “danza sacra”: la giornata al mare.
C’è un rito da rispettare:
fase 1: allestimento della borsa da mare che prevede anche vettovaglie e generi di sopravvivenza varia, se la sessione si protrarrà per l’intera giornata.
fase 2: sistemazione del bagaglio e (per i più) annessa brandina, sullo scooter. In macchina per le famigliole o gli over 60. I restanti in bus, con la 6.
fase 3: presa di posizione del posto, possibilmente “in prima fila” che significa più fronte mare possibile. A Trieste solo 2 file possono crearsi, trattandosi di “bagnasciuga” sito su strada pedonale, ma sempre strada. Al triestino piace tornare sempre (possibilmente) nello stesso metro quadrato di costa, è piuttosto abitudinario.
fase 4: “inzivamento” (leggi: “incremazione” di tutto il corpo, capelli compresi) con varie pozioni magiche, possibilmente senza filtro solare (i più talebani) con filtro per i triestini evoluti (era ora!)
fase 5: inizio delle “ciacole” da spiaggia, gossip, lettura de “Il Piccolo” ed eventuale commento delle notizie di cronaca e – soprattutto – esternazioni variopinte sui morti del giorno.
fase 6: bagno solare, “tocio” in acqua – anti collasso/svenimento da colpo di calore, bagno solare, ciacole, gossip, caffè.
fase 7: (opzionale, dipende de la seduta si tiene durante la settimana lavorativa, nella pausa prnazo, oppure nel week end): allestimento pranzetto, con apertura Tupperware, contenenti, in formato ridotto, un pranzo estivo. [Parentesi: i triestini, al mare, sono abbastanza “pudici”, nel senso che non abbondano mai con libagioni esagerate, anche se sono in sovrappeso. Vige una sorta di pruderie che evita di mostrarsi in pubblico nel pieno delle proprie attività mandibolari (eccessive)].
fase 8: dopo un numero di ore (per la sottoscritta) improponibili, impacchettamento di tutto e via a casa.
Ciò che è incredibile è che si potrebbe sintonizzare un orologio sulla precisione dei flussi migratori da e per il mare e sul target di popolazione.
I pensionati e gli over over 60 sono i più mattinieri, poi arrivano le mamme con i figlioli ancora lattanti, poi il grande cambio ora e turno tra le 12.30 e le 13.30 in cui arrivano i lavoratori e i più giovani che sono in vacanza da scuola e/o gli universitari (che hanno fatto bisboccia la sera precedente).
Che ve lo dico a fare, per noi sono riti ancestrali quelli di goderci la nostra Barcola, amarla in ogni sua pietra, in ogni anfratto, in ogni centimetro quadrato del suo lungomare.
E vuoi mettere quanto sia divertente osservare la gente nel suo momento di relax… ma questo ve lo racconto la prossima volta! 😉
Pimpra
IMAGE CREDIT: Pimpra_Ts
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