Con i numeri non ho mai fatto pace. Davanti a un’equazione, mi si spegne il cervello. Eppure, alla maturità del classico, portai fisica. Perché? Perché mi faceva pensare.
Se persino io sono sopravvissuta alla fisica, le linee geometriche che compongono il “muoversi in ronda”, sono alla portata di TUTTI.
Andare in ronda: girare in tondo.
Un concetto che mi sembra piuttosto elementare nella sua applicazione ma che, nei fatti, non lo è affatto.
Sempre più spesso accade, dalle milonghe sottocasa, a quotate maratone che il muoversi su pista dei ballerini segua le regole dell’entropia universale. Un’esplosione di traiettorie impazzite, come se ognuno ballasse un’apocalisse personale. La fluidità? Sparita. Il comfort? Un ricordo.
Pare che i codigos della milonga siano diventati reperti archeologici piuttosto che solide basi con le quali misurarsi.
E’ anche una questione di educazione e di rispetto, verso il proprio partner e gli altri ballerini.
Quelli che entrano in pista senza chiedere l’ok. Quelli che si lanciano in furiosi inseguimenti (a chi poi? a cosa?). Quelli che indugiano per troppo tempo prima di muoversi creando un fastidioso stop al fluire naturale della ronda.
Oramai in pista accade di tutto.
Più che uno spazio dedicato al tango è diventata l’arena dove esibire conoscenze che – di solito, non si possiedono.
Il disordine incontrollato va a detrimento del buon ballo di tutta la pista.
I leader consapevoli non possono dedicare concentrazione alla musica, alla partner, all’interpretazione del ballo. E’ una una gara di sopravvivenza tra ego sovradimensionati e improvvisati acrobati del caos.
Le stesse follower che di ronda poco si interessano, non vivono bene la situazione. L’energia della pista non è omogenea, non vi è un’onda che accompagna il fluire. Il caos crea dissonanza.
Come risolvere?
Innanzitutto partire dalle basi: gli insegnanti devono insistere sul punto, la ronda serve e va rispettata.
Una volta usciti dalla scuola, ogni ballerino dovrebbe continuare a mantenere quella consapevolezza e adattare il suo stile di ballo allo spazio a disposizione, alla densità di ballerini, alla musica.
Tutti siamo stati neofiti e ci siamo fatti prendere la mano quando abbiamo imparato ad eseguire nuove strutture, la sfida sta nell’utilizzarle per “ballare” non per “performare” come se si stessero calcando le assi di un palco, durante un’esibizione.
Serve una buona educazione, di quelle che non si imparano solo a lezione, ma anche stando zitti, guardando, ascoltando la ronda come fosse una preghiera.
Non sono discorsi da vecchi, sono osservazioni tecniche.
Immaginiamo di fare invasione di campo mentre giochiamo una partita a pallavolo. Che accade? PENALITA’.
Con il tango come potremmo arginare il fenomeno dei “fenomeni” in pista?
Con coraggio. Credo non resti altro.
In eventi di una certa dimensione, se sono presenti i disturbatori seriali, dovrebbero essere prima “ammoniti” e poi, se recidivi, cortesemente invitati ad andarsene.
Fattibile?
Volendo dare una certa forma alla milonga credo sia la sola soluzione possibile. Il retro della medaglia potrebbe essere la cattiva nomea affibbiata a quell’organizzatore così severo.
Se avete altre soluzioni o idee sono ben felice di ascoltarle.
In pista, come nella vita, il rispetto delle forme genera bellezza. Non serve un genio della fisica per capirlo.
Pimpra
Image credit da qui



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