
Nuova rubrica: off topic, fuori tema.
Qui parlerò di tutto ciò che mi incuriosisce ma non è tango, il filone maestro del blog Pimpra.
Da brava acquariana, non seguo un piano editoriale preciso.
Quindi non so con quale cadenza mi allontanerò dalla strada maestra per esplorare questi territori.
Seguitemi, e lo scopriremo insieme.
Tema di oggi: AI l’intelligenza artificiale.
Noi, vetusti non-nativi digitali, da anni rincorriamo affannosamente i cambiamenti epocali e iper rapidi che la tecnologia ci mette davanti.
Il nostro, Gen X, primo salto quantico nella modernità è stato l’avvento di Internet, quando già ci sembrava di volar enell’iperspzio ci hanno messo in mano gli smart phone, le app e tutto il resto che hanno nuovamente rivoluzionato le nostre vite. E il nostro sapere.
Oggi è AI, l’intelligenza artificiale generativa che è entrata nel nostro vivere comune.
Utilizzarla è semplice, tu chiedi, lei risponde. Fa un gigantesco passo in avanti rispetto al caro amico Google (o altro motore di ricerca) che restituisce migliaia di dati che siamo noi a dover analizzare e segliere se e come farne uso.
I motori di ricerca ricordano un po’ le vecchie enciclopedie, ci trovi di tutto, anche quello che stai cercando ma devi sfogliare molte pagine prima di trovare esattamente ciò che ti serve.
AI ci fa risparmiare tempo, perchè filtra a monte e restituisce. Sta a noi decidere a quale livello di profondità vogliamo arrivare.
Questo post mi è stato ispirato dall’articolo dell’amico Shai (ottimo tanguero peraltro!) dove si afferma che “(…) Quando l’intelligenza artificiale è progettata con empatia, coerenza e sicurezza psicologica, non solo funziona, ma si connette.” (omissis) “Il futuro dell’intelligenza artificiale non riguarda solo l’essere intelligenti, ma anche l’essere emotivamente intelligenti.” (fonte Linkedin qui)
Sono d’accordo.
Un agente conversazionale può guadagnarsi la tua fiducia. E, in certi casi, persino la tua gratitudine.
Intelligenza emotiva. Che concetto meraviglioso.
Ho testato due chatbot: ChatGPT e Gemini. Ho posto loro la stessa domanda, per confrontare le risposte.
Sono rimasta molto impressionata dai risultati.
ChatGPT “mi conosce”: abbiamo interagito più volte, ha assimilato il mio tono, le mie preferenze. Le sue risposte mi sono sembrate più in linea con la mia voce.
Gemini, invece, usato per la prima volta, mi è sembrato freddo, distante, quasi impersonale.
Questa esperienza mi ha fatto riflettere.
Esiste un rischio reale di trovare connessioni profonde con una macchina, uno strumento, piuttosto che con gli esseri umani?
Credo di sì che i rischi ci siano.
L’AI non giudica, se non glielo chiedi.
E anche quando lo fa non è distruttiva, mai svalutante. Mantiene sempre un tono rispettoso ed educato. Non usa il sarcasmo.
Ci tratta, insomma, con delicatezza. E forse ci piace per questo.
Siamo diventati fragili?
Probabilmente lo siamo diventati. AI sta diventando l’amico invisibile di quando eravamo bambini, con il rischio però che prenda sempre più spazio nelle nostre vite, specie in quelle di relazione.
E se ci piacesse più della realtà?
Pensate a quanto preferiamo scrivere su WhatsUp piuttosto che telefonare a un amico, con l’utilizzo incrementale di AI, finiremo per “parlare, confrontarci, confidarci” solo con l’intelligenza artificiale.
E poi cì’è il tema della dipendenza.
La curiosità di fare domande, di ricevere risposte, di farci aiutare in attività che non abbiamo voglia di svolgere o i mezzi intellettuali per affrontare?
Rischiamo di legarci troppo a qualcosa che non è umano?
L’AI è una stampella o un acceleratore evolutivo?
Un ostacolo o una guida?
Dipenderà da noi. Dal nostro senso critico. Dalla nostra capacità di mantenere un sereno distacco.
Sono domande che avranno risposte nel prossimo futuro, ne sono certa.
Non ho risposte. Per ora, solo domande. Ma sono curiosa di sapere: voi che rapporto avete con l’AI?
Pimpra
Image credit da qui


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