E FU VIA DELL’UNIVERSITA’

Uno dei periodi più belli che ricordi è stato senza dubbio quello in cui andavo all’università.

Mi piaceva tutto, l’indipendenza nell’affrontare lo studio, le materie, i personaggi che incontravo, e – elemento non trascurabile- il quartiere della città dove sorgevano gli edifici.

La Facoltà di Lettere e Filosofia ai miei tempi occupava per intero la via dell’Università a cui dava il nome.

Un luogo magico, carico di storia, di vissuto e di pensieri, frequentato dalle piccole-medie e grandi “intellighenzie”.

A spezzare l’uniformità degli istituti che vi si affacciavano, il bar “Vecchia Università”.

Il luogo più orripilante  da un punto di vista architettonico, più insano, con gli arredi più squallidi io abbia mai visto eppure, amatissimo, venerato, imprescindibile.

Sono stati anche anni duri, per me emotivamente violenti, a causa di un lutto disumano che proprio in quegli anni ho vissuto. Eppure, nonostante tutto, non cambierei una sola virgola di quello che è stato.

Oggi, sono tornata per lavoro negli amati luoghi, e, con una ineffabile tristezza, ho scoperto che praticamente tutta la Facoltà è stata trasferita altrove.

Le facciate dei palazzi spente, tristi, senza vita. Il nuovo bar vuoto, anche se molto più bello di prima ma privo d’anima e… della coltrina irrespirabile di fumo di sigaretta, marchio esclusivo del baretto ai miei tempi.

Ho parlato con  il titolare chiedendogli che fine avessero fatto tutti gli studenti ed egli mi ha risposto che non ce n’erano quasi più.

Che tristezza, che profonda e letale malinconia.

E’ stato come andare in visita a un caro defunto, al cimitero. Solo che io non sapevo che la persona fosse morta.

Che colpo.

Sono queste le cose che, una volta in più, mi mettono inesorabilmente di fronte al tempo che passa e non torna.

Quindi, lo ripeto ancora una volta, godiamo il presente!

Pimpra

CENT’ANNI E NON SENTIRLI

Immaginiamo l’evento più stressante per una donna che ha, da poco, passato la boa dei 40: l’incontro con gli ex compagni di liceo.

Aggiungiamo che non si è trattato dell’incontro a 5-10-20- 25 anni dalla maturità con la propria classe ma di un grande evento che ha riunito tutte le generazioni di petrarchini per festeggiare il centenario di fondazione del Liceo.

Serata di gala, abito scuro per gli uomini. Le donne, stando al protocollo, dovevano indossare l’abito da sera.

Parte il giro di mail con gli ex compagni e, tra le ragazze, decidiamo di seguire la regola del galateo: in lungo. Ricordo di avere, tra le pieghe dell’armadio, uno splendido vintage anni ’60 che mi sta a pennello. Perfetto per l’occasione, perchè, mi tocca ammetterlo, sono una petrarchina “vintage” pure io.

Come molte altre donne della mia generazione, ho passato gran parte della giornata di sabato a “prepararmi”, più psicologicamente che fisicamente che, tanto, da quel lato c’era ben poco da poter “rimediare”.

All’arrivo al Molo IV una spaventosa coda all’ingresso dichiarava, senza dubbio alcuno, l’attaccamento degli ex allievi, al loro Liceo.

Ieri sera ho sentito anche io il senso di appartenenza, il piacere di incontrare persone conosciute in ambito professionale e i sorrisi che ne sono scaturiti scoprendo di far parte dello stesso gruppo, l’orgoglio del clan.

Molti ex petrarchini hanno fatto carriera politica ed è stato divertente vederli, di fazioni diverse, scambiarsi gran pacche sulle spalle sorridendo e cantando insieme.

Balli sfrenati a suon di canzonette datate (quelle di quando ero adolescente, per capirci) e gruppi di ex studenti che rivivevano nella danza i festini dell’epoca.

E che dire degli ex amori adolescenziali, incontrati dopo tantissimo tempo? Il cuore che si emoziona ancora al ricordo o lo stupore di aver provato tanto amore per una persona che, oggi, vediamo così improbabile al nostro fianco?

Alcuni sono “cresciuti” (invecchiati è un pessimo termine da usare in queste occasioni) molto bene, mappature di rughe più o meno profonde a merlettare visi con la stessa luce giovane negli occhi, altri, invece, si vede che sono più maturi.

E i ragazzi, con i loro visi freschi, la voglia di fare una gran cacciara, la curiosità di mettere il naso nel mondo e di costruire la loro vita, come erano belli!

E così, tra un brindisi, una risata, un gossip la serata è scivolata via leggera e spensierata.

Ho voluto la t-shirt celebrativa e il centuannuario perchè petrarchini si rimane per sempre.

Adesso non resta che “tener duro” per i festeggiamenti dei 150 anni!

Pimpra

IO GIAMBONETTI E TU?

Ti ricordi quando facevi la merenda a scuola? Alle elementari mi sembra fosse un panino, alle medie a volte una fetta di pizza, raramente un frutto, una merendina, al liceo dipende.

Alle superiori le ragazze cambiano, iniziano a pensare alla linea, molte di loro (ma sto pensando agli anni 80!!!) si accanivano con le sigarette, rinunciando a mettere sotto i denti qualcosa, chi iniziava con i “disturbi alimentari” chi, bellamente, se ne fregava e mangiava a quattro palmenti.

A Trieste, i panini del mio liceo avevano, se non ricordo male, tre scelte possibili: prosciutto cotto, solo formaggio, wurstel e senape e il toast. Non posso dimenticare la coda che si creava alla ricreazione delle 10, quella più lunga, con tutti a saltarsi addosso per accaparrarsi il cibo.

La sottoscritta capì subito che, nella vita, i fornitori vanno trattati con i guanti, quindi, la prima ora, andava in bar e faceva la sua ordinazione, la pagava subito, in modo che, allo scoccare della ricreazione, il suo panino o quel che era, fosse il primo ad essere servito, senza fare la coda. Ho sempre detestato aspettare. 🙂

Mi raccontano, invece che, al centro Italia, andava molto la confezione di Giambonetti e, anche colà, le strategie evita-coda erano le più spassose.

Ogni scuola, ogni istituto, ogni generazione, ha le sue tipicità. Ricordo che mio padre, ad esempio, a merenda beveva birra e mangiava un panino di porcina!!!

Incredibile, no?

E voi, avete qualche bel ricordo da condividere?

Amici Cari, buona giornata!

Pimpra

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