Un fine settimana trascorso a fare il cambio di stagione. Mai come quest’anno mi è costato fatica. Ci ho messo un giorno intero, con la casa sottosopra, e la gatta choccata per la costante movimentazione merci.
E dire che, di anno in anno, provvedo con grande zelo a liberarmi del superfluo. Ed è meglio che qui mi fermi, avendoci messo quasi 12 ore a trasferire l’inverno nell’armadio dell’estate e viceversa.
Consumismo globale, niente da fare, ci sono in mezzo con tutte le scarpe… ah sì … cambiato anche quelle…
Nel mentre, ascoltavo musica e riflettevo, perchè non vi è nulla di meglio per snebbiare il cervello che dedicarsi ad attività dove il portato neuronale è ai minimi termini.
Tra una spruzzata di antitarme e l’altra è apparso molto chiaro che, la sottoscritta, non ha un sogno. Non vi è una sola cosa per cui dedicherei tutta me stessa, accollandomi i sacrifici più estremi per raggiungere e realizzare il mio/miei “desiderata”.
E’ tragico, se ci penso bene, di una tragicità che porta con sè un vuoto cosmico di esistenza.
Perchè non ho un sogno?
Ci ho pensato, rimuginato, ho spremuto i ricordi, dato ascolto alle emozioni e … nulla. I sogni non ci sono, o, non ci sono più.
Ricordo molto bene che da ragazzina la mia mente era popolata di visioni, di progetti immaginifici che mi sarebbe piaciuto realizzare, o, almeno, provare a farlo.
Da sportiva immaginavo me stessa alle olimpiadi, prima ero una ballerina classica, vedevo la mia casa da adulta, sapevo che avrei viaggiato il mondo per raccontarlo con parole e con immagini, sarei stata una donna di successo, indipendente e fiera.
Uno ad uno, queste visioni della mia vita e di me si sono sgretolate nella quotidianità, nel “non puoi”, nel radicamento a una realtà che era di altri, non mia.
Così la scelta di un lavoro del cazzo, in un ambiente ancor peggio, perchè “devi benedire la possibilità di avere uno stipendio fisso”. Sì certo, la benedico, ma questo accadeva molto molto prima della crisi, ed io non sono nata per fare questo, in un ambiente tanto decrepito e insano.
Le ali me le hanno tagliate da subito, credo mia madre. Mio padre mi ha sempre incoraggiata con la frase “volere è potere”, ma quando dovevo spiccare il volo, lui è volato via (la sfiga… a volte…) e mi sono cuccata tutte le paturnie materne, una ad una. Incastonate a dovere nella mia pelle, nella mia autostima, fino a farmi percorrere una strada che, di certo, non è quella che avrei scelto per me. L’ho fatto solo per dovere.
Che errore.
Adesso, ahimè, non sono più capace di sognare, non trovo dentro di me qualcosa che mi renda felice al solo pensiero di poterlo realizzare.
Però credo di essermene accorta ancora in tempo, di questa mia grave falla di sistema, perciò mi ci impegnerò a trovare questo sogno… e non sia mai che la vita cambi per davvero…!
Sticazzi.
Pimpra
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