Durante la mezz’ora d’aria del carcerato ho la fortuna di potermi aggirare nel salotto buono della città, riempirmi gli occhi di mare e far ritorno alla gabbietta con l’animo sollevato e gli occhi carichi di bellezza…
Teoricamente.
Salotto buono= sede di uffici di rappresentanza, popolato da impiegati/quadri/dirigenti di aziende, banche.
Tra le 13.30 e le 15.00 tutti fuori, a godersi l’aria fresca e la brezza marina.
Da esteta quale sono, credo di incrociare il mio cammino con signori finemente eleganti, sicuri nei loro abiti scuri da lavoro.
E così accade. Nel senso che un gregge di uomini ingabbiati in capi che non sentono loro, si aggira nelle strade pedonali del centro. Come imbalsamati, come dentro una forma di gesso che li comprime e li blocca.
Uno spettacolo che non sono disposta a reggere, che mi fa maledire questa modernità che ha perduto ogni senso di eleganza, di gusto, nel portamento e nei modi.
Sulle donne stendo un velo pietoso, sono pure peggio: esibiscono, sotto i raggi del sole primaverile, tacchi 12 con improbabili tailleur sempre troppo corti, troppo stretti, troppo scollati, biglietto da visita dell’ultimo ritocco del chirurgo plastico.
Che poi li senti parlare e la catastrofe è definitiva.
Non mi resta che impugnare gli occhiali da sole, anninetarmi le orecchie di musica e distorgliere lo sguardo da tanta sciatteria.
Sono snob. E me ne vanto.
Pimpra
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