Recentemente, dopo secoli che non lo facevo, mi è capitato di andare a zonzo per la città, senza una meta particolare, così, per prendere aria fresca e guardare in giro.
Trieste, mi spiace dirlo, non si distingue per la qualità e la scelta di quanto i negozi offrono al passante. Si va dai negozi gestiti dai cinesi ai peggio franchising che il mercato propone, pochi gli spunti interessanti, di gusto e qualità.
Economia globale. Merci tutte uguali. Consumo acritico.
E non solo nell’estremo nord est.
Torno da poco dalla splendida Lucca dove il dominio cinese sta mangiando di sè l’artigianato locale. In Toscana, non so se mi spiego.
Fa male la perdita di identità, la scomparsa di quanto connota il gusto italiano nelle sue forme e rappresentazioni più tipiche.
In un grande magazzino a sbirciare, sono letteralmente inorridita. Non parliamo dei materiali con cui vengono costruiti abiti, borse, scarpe, biancheria per la casa ecc, l’orrore è stato vedere il “brutto”, il “cattivo gusto” esibirsi in ogni metro del negozio!!!
Non è pensabile che solo i danarosi possano varcare la soglia delle boutiques e – sperare – di trovare ancora il buon gusto italiano.
O hai i soldi e puoi apparire almeno un po’ decente, altrimenti… è quasi impossibile…
Eppure non posso abiturarmi che, anche noi, stiamo lentamente scivolando nel cattivo gusto.
Peccato, è proprio un grande peccato…
Pimpra



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